LEGENDS –

EGREEN

di Michela Luciani

LEGENDS –

EGREEN

di Michela Luciani

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Per gli appassionati di rap parlare con Egreen e ripercorrere le tappe più significative della scena è una figata, niente revisioni storiche, niente censure solo il sincero punto di vista di uno che un paio ne ha viste e ne ha sentite. Abbiamo parlato a lungo, abbiamo toccato temi attualissimi e ci siamo fatti raccontare meglio del suo ultimo attesissimo quanto chiacchieratissimo disco Fine primo tempo. Nessuna sconfitta, semmai l’inizio di una nuova partita che punta alla vittoria.

Primo album che esce per Sony. Come ti sei trovato a passare in una major?

Il disco era pronto da molto prima che arrivasse questo accordo con Sony, eravamo pronti ad uscire da indipendenti, abbiamo avuto qualche proposta che non ci è sembrata consona. Quindi più che una rottura è stata una cosa maturata nel tempo dovuta alla longevità nella mia militanza in questo ambiente, arrivavo da situazioni lavorative che mi avevano profondamente deluso e ho sentito l’esigenza di fare questo passaggio, mi sono detto stai a vedere che il coglione sono io, uno passa la vita a puntare il dito verso gli altri senza guardarsi in primis.

Domanda un po’ stronza, sei passato a major perché eri tu pronto o ti hanno cercato solo ora?

Non mi ha cercato nessuno, non mi cerca quasi neanche mia madre (ride, ndr)
Questa cosa è successa davvero per caso, indubbiamente ho deciso di non chiudermi delle porte a prescindere. Ho detto vaffanculo, possiamo anche dire molto tranquillamente che ho cercato io delle alternative.

Hai deciso di fare un lancio piuttosto coraggioso pubblicando come singolo Ho sbagliato, suscitando anche qualche polemica.

Con onestà intellettuale ti posso dire che c’era la volontà di riaccendere la macchina, ma allo stesso tempo c’è stata una grande volontà da parte mia di voler far uscire quel pezzo prima di tutto per levarmelo dai coglioni, scusa il francese (ride, ndr) affinché tutto quello che è in realtà il disco non avesse quella pesantezza di dover girare intorno a questa cazzo di polemica, questo è quello che ho pensato.

Dici: Il rap italiano bella sola. Licenza poetica o c’è un fondo di verità?

C’è del vero, mi sono sentito un po’ preso per il culo e circondato da ipocrisie in un ambiente, quello dell’underground, che si autoproclama limpido e puro. Volevo solo riferirmi a questo, senza enfatizzare un dramma, ma dire che le sole ci sono. E come c’è l’ipocrisia nel mainstream
posso assicurare che ci sono anche nel famigerato underground, anzi, forse in alcuni casi è anche peggio. Nell’underground c’è tanta gente che ci prova e che ci spera, poi per svariati motivi non arriva ad avere dei risultati e questo scaturisce frustrazioni, invidia e rabbia. Anche io ho attraversato vari stati d’animo negli anni, perché con i social, con internet, i rumors di settore, con le opportunità che capitano sempre agli altri e viceversa…io non posso dirti di essere esente da ogni tipo di accusa, negli anni ho dovuto fare pace con il cervello.
Per molti motivi per me è una sola, io ci ho creduto e come me molti della mia generazione, ci abbiamo creduto un botto a questa roba, abbiamo settato il nostro percorso credendoci come se ci fosse il grande libro dell’hip-hop e fosse la sacra Bibbia, ma così non è stato e io sono contento di aver cambiato idea.

Parlando di generazione… è vero che quelli della vostra hanno spianato un po’ la strada a quelli della nuova che hanno trovato indubbiamente un pubblico più pronto, ne avete un po’ pagato lo scotto forse.

Quelli che davvero hanno asfaltato la strada secondo me, che l’hanno asfaltata a quelli che sono arrivati esattamente fra i vecchi e la mia, sono per esempio i Dogo, che sono un po’ più grandi di me, sono i pionieri e sono quelli che davvero hanno asfaltato una strada e chi aveva le chiavi di lettura per leggere determinati messaggi è stato molto intelligente.
Con quelli della mia ci siamo trovati davvero con le pezze al culo, in un pezzo ho definito la nostra generazione ‘rap dopo guerra’, ho iniziato a rappare nel 2000/2002 e lì davvero non c’era niente, era finito tutto. Noi abbiamo fatto quello che potevamo con quello che avevamo, noi siamo i figli di una mentalità retrograda e conservatrice e purtroppo al posto di spianare la strada non abbiamo fatto altro che dire che tutto quello che c’era di nuovo era una merda. Questa ideologia è uno dei miei più grandi rimorsi, quando qualcuno leggerà questa cosa smentirà e dirà che non è vero, ma era così eccome, credimi. Questo semplicemente perché noi siamo cresciuti con i calci nei denti e nient’altro, solo poi sono arrivati i primi contratti ecc. La generazione trap per dire, non gli ultimissimi ma quelli poco prima di loro quindi Mirko (Rkomi, ndr) Mario (Tedua, ndr) tutta ‘sta gente qua ha fatto un gran gioco di squadra, hanno fatto quello che volevano senza badare troppo a quello che dicevamo noi e, giustamente, a molti di noi è arrivato un po’ quello che ci meritavamo. Solo uno stupido non avrebbe capito lo scossone che ha dato questo senso di unità tra di loro e io ci ho messo un po’, perché all’inizio come ti dicevo ero solo ‘ma sta roba fa schifo al cazzo’, però in realtà poi ci ho pensato, ho ascoltato i dischi e ho capito che c’è sempre qualcuno che ha qualcosa da dire, che ci sono dei motivi per il quale vengono abbracciate delle sonorità diverse quindi questo è stato il momento della svolta, era inevitabile accorgersi di quello che stava accadendo. Poi certo anche Fibra ha sempre fatto numeroni, Gue anche, Marra… ma questa è gente che ha sempre rappato in una certa maniera, livelli altissimi ed hanno stravolto tutto. Ma lo stesso Sfera, come puoi continuare a dire questa è merda e non farti una domanda?
La mia visione storica della cosa è questa, non è legge quel che dico però per come l’ho vissuta io, così è stato.

La generazione rap post guerra, è rimasto qualcosa di questo spirito?

Io cerco di tenermi molto informato, ascolto e mi scrivono molti ragazzi nuovi e posso dire che gente che rappa con una certa mentalità c’è ancora, il problema è che tutto questo discorso viene completamente annientato dai numeri e quindi sembra che non ci sia uno strato sotto questa cosa che c’è in questo momento, in realtà c’è eccome. Il grosso rischio che si corre nell’undeground è quello di fare il gioco del buono e del cattivo e passare per invidioso, secondo me chi è legato ai suoni vecchi ed al rap fatto in una certa maniera dovrebbe capire che la guerra tra il real ed il fake è finita, non esiste più. Lo dice il generale massimo di questo concetto (ride, ndr).

Dammi una definizione precisa di rap fake

È un’invenzione, è quello che una volta veniva definito il non degno di far parte. Sicuramente è la parte del rap più frivola e superficiale con carenze tematiche, meno sensibilità sociale e meno orientamento politico. Però non voglio più giudicare, l’ho fatto per anni, magari è il mio il primo rap fake.

Parliamo dell’autocelebrazione nel rap e in che modo si è evoluta.

Questa è una cosa interessante, una volta l’autocelebrazione era una delle più grosse componenti se non la componente predominante, ed era legata al fatto di avere stile. Avere flow, avere scorrevolezza nel dire le cose, avere originalità… Ci tengo a precisare che questi sono sempre mie opinioni e posso dire che secondo me all’inizio era un discorso molto più di autocelebrarsi per dire io sono molto più stiloso nel fare questo rispetto a te per questo e questo motivo, il concetto era dire le stesse cose in un modo molto originale e diverso. Io sono cresciuto con una mentalità che ti spingeva a differenziarti il più possibile, tutti rappavano i beat erano tutti uguali, ciò nonostante in maniera contradditoria venivi fuori solo se eri originali e se eri diverso nel dire certe cose, ma dovevi sempre ruotare intorno al ‘rispetto un botto questa cosa, questa cosa non si tocca io ho un botto di stile’ stop. Ora che i libri sono stati tutti bruciati c’è un’omologazione gigantesca e, a mio parere, questa musica e i suoi sottogeneri, tra cui la trap, punta un po’ ad adottare la filosofia del ‘squadra vincente non si cambia’ c’è un po’ la tendenza a provare a fare continuamento lo stesso prodotto nella stessa maniera perché ha già funzionato. Ora l’autocelebrazione è anche inutile che io dica intorno a cosa ruota, ruota intorno all’hype all’ostentare delle cose materiali… è un dato di fatto e non spetta a me giudicare, ma soprattutto non voglio neanche colpevolizzare gli Italiani perché nella maggior parte dei casi in cui vengono ostentate queste cose sono prese pari pari dagli esempi oltre oceano.

Meglio il rap che raggiunge tutti oppure meglio il rap mirato e di nicchia?

Nel mondo dei miei sogni vorrei che tutti i dischi fossero come Neffa & i messaggeri della dopa dove c’era aspettando il sole, ha fatto disco d’oro e questa roba è arrivata davvero a tutti e dici ‘Cristo era Neffa!’. Non potrà mai essere così, però io preferisco di gran lunga il rap che piace a tutti perché quello darà sicuramente vita a uno stronzo che in camera si incazza e scrive una roba incazzata nera su questo. È una reazione a catena che ci sarà sempre, ci sarà sempre una controproposta per chi vorrà andare più a fondo. Penso che sia un ecosistema questo dove c’è un gioco delle parti e varie situazioni che devono correre assieme. Se il rap non fosse arrivato al livello che è arrivato ora in Italia c’è un’ottima probabilità che io non sarei qua ora con te in questa sala a parlare di queste cose.

Vorrei fare una piccola riflessione con te, sono una ragazza e quello che mi sento chiedere spesso è: come fai ad ascoltare ed esaltarti con il rap che il più delle volte è misogino? Premesso che non mi sono mai sentita offesa, volevo però confrontarmi con chi i testi li scrive e capire cosa ne pensi a riguardo.

Ti dico una cosa non bella, questo genere in moltissimi casi anche negli Stati uniti, nella costituzione di questo genere c’è sempre stata l’omofobia e la misoginia. Esiste, è una realtà e fa parte di come socialmente questa cosa viene concepita all’interno della comunità Afro Americana, è un discorso molto più complesso di quel che sembra. Con questo io non è che la sdogano, la legittimo o l’appoggio, è un dato di fatto. Io parlo sempre degli Stati Uniti perché è da lì che arriva ovviamente, non voglio buttarmi la zappa sui piedi però ti dico, questa è una cosa che secondo me ci sarà per sempre, che poi adesso siamo in un momento storico in cui bisogna stare sempre molto attenti a quel che si dice…ad esempio la roba che è successa a Cally è stata veramente una cosa di una bassezza incredibile, questo non vuol dire che io lo difenda, non me ne fotte un cazzo, però c’è tanta ignoranza di fondo, tanta voglia a priori di non voler comprendere un linguaggio. A me non piace farlo perché sono troppo concentrato su quanto io sia bravo a rappare e su quanto voglia farlo sapere a tutti, però ragazzi è inutile negare che l’omofobia e la misoginia ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Il rispetto è un’altra cosa e quello che è l’artista al di fuori dello studio di registrazione è un’altra cosa, ci sono secondo me tantissime donne e ragazze che ascoltano dei rapper che dicono delle robe oscene ma giustamente la musica va presa per quello che è, musica.