DUE PAROLE CON

NASKA

di Federico Ledda

DUE PAROLE CON

NASKA

di Federico Ledda

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The Freak Show è il terzo album in studio di Naska, un mix esplosivo di punk-rock, ironia e riflessioni profonde. Con brani che parlano di amore, alienazione ed eccessi, Naska mostra ancora una volta la sua capacità di trasformare esperienze personali in musica energica e coinvolgente. In parallelo, l’artista ha creato The Freak Family, un film di animazione satirico che completa il racconto del disco, mettendo in luce la sua vena creativa e il suo stile unico. In questa intervista, Naska ci racconta il processo dietro il nuovo album e il mondo che ha creato attorno ad esso, mentre si prepara al grande evento del 7 dicembre all’Unipol Forum di Milano.

Raccontami un po’ di questo nuovo disco.

The Freak Show, come gli altri dischi, non è partito da un concept preciso. Credo che darsi una direzione prima di iniziare a scrivere sia molto limitante, perché ti impone delle linee guida che non voglio avere. Così, The Freak Show è nato in modo naturale. Solo una volta concluso il lavoro ho scelto un tema: il Pagliaccio, la traccia numero 10, mi è sembrato il simbolo perfetto. Da lì è nato tutto l’immaginario che poi ha caratterizzato il disco.

Sei mai stato a un freak show?

No, però sono stato al circo, anche se poche volte nella mia vita, perché vedere gli animali in gabbia mi faceva soffrire. Nel paesino in cui vivevo, il circo si fermava spesso. I circensi vivevano nelle roulotte e, col tempo, sono diventati parte della comunità. Il circo mi ha sempre affascinato, soprattutto per le loro vite on the road, che, se ci penso, alla fine è un po’ quello che è diventata la mia vita.

Oggi riflettevo sul tuo percorso e ho notato una crescita rispetto ai dischi precedenti. È evidente una maturazione, anche nel sound. Ti chiedo, l’approccio a questo lavoro è stato diverso?

Devo dire di no. Entro in studio solo quando sento la necessità di tirare fuori qualcosa. Se trattengo tutto dentro, faccio fatica a esternare le mie emozioni, anche con le persone a me care. Ho bisogno di liberarmi da certi pesi che sento sulle spalle.

Parlando sempre del disco, qual è il tuo pezzo preferito?

Non ho veri e propri pezzi preferiti, ma se proprio dovessi sceglierne due, direi Piccolo e Pagliaccio. Il tuo è Piccolo, immagino?

Ti dirò, Berlino mi ha divertito molto! È nato da un’esperienza recente o si basa su vecchi ricordi?

Vado spesso a Berlino, ho degli amici lì e adoro la cultura del party berlinese. Ho pensato: perché non provare a mischiare il punk rock con la techno? Da lì è nata l’idea. Poi, una volta tornato a Milano, ho scritto Berlino insieme a Renzo, Andrea e Greg Willen. Successivamente ho chiesto a Gemitaiz se voleva fare la seconda strofa. Sono un suo fan da quando ero ragazzino, quindi per me è stato un vero onore collaborare con lui.

Qual è il tuo posto preferito a Berlino?

Il Berghain.

Ti hanno mai rimbalzato all’ingresso?No! Sono stato tre volte e in due occasioni siamo entrati subito. Una volta eravamo in gruppo, e si sa che entrare in gruppo è sempre più difficile.

Dentro è un freak show?

Esattamente (ride, ndr.). Ho visto cose che forse non posso raccontare, ma ti dico che nel cartone animato c’è qualcosa che ho visto davvero. Penso al tipo che usciva dal bagno su quattro zampe!

Com’è nata l’idea del cartone animato?

Ogni volta che pubblico singoli o dischi, ho sempre utilizzato il cartone animato per promuoverli. Sapevamo che sarebbe uscito un disco prima della data all’Unipol Forum, quindi insieme a Pietro Cascavilla abbiamo pensato: perché non fare un cartone animato anche questa volta?

Che cosa hanno detto i tuoi genitori quando l’hanno visto?

Hanno commentato: “Diego, speriamo che le persone non pensino che siamo noi quelli del cartone animato!”

Se dovessi scegliere tre dischi punk che per te sono fondamentali, quali sarebbero?

Sicuramente Nevermind dei Nirvana, anche se non è proprio punk, è uno dei miei dischi preferiti. Poi American Idiot dei Green Day, uno dei miei primi amori musicali. E infine ti direi Enema of the State dei blink-182.”

 

 

 

 



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