BRUNO BARBIERI

SUMMER RESIDENCY

di Federico Ledda

special thanks to Locauto Rent, Realize Networks, Andrea Deotto, Julia Rönnqvist Buzzetti

edit Simona Ladisa

hair and make up by Emanuela Caricato

fashion by Federico Ledda, Chiara Pastori

pictures by Alessandro Levati

BRUNO BARBIERI

di Federico Ledda

pictures by Alessandro Levati

style by Federico Ledda, Chiara Pastori

hair and make up Emanuela Caricato

videographer Andrea Moter

Edit by Simona Ladisa

special thanks to Locauto Rent, Matteo Rrapaj, Andrea Deotto

Julia Rönnqvist Buzzetti


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Nel vibrante mondo culinario italiano, un nome risplende sopra gli altri: Bruno Barbieri. Ma non si tratta di un normale chef stellato, Barbieri ha raggiunto un livello di eccellenza che pochi possono vantare, sfoggiando ben sette stelle Michelin a coronare la sua carriera. La sua presenza carismatica e il senso dell’umorismo affilato lo hanno reso il giudice più longevo di MasterChef. Il suo sguardo esperto e la sincerità tagliente si combinano per creare momenti televisivi memorabili, che catturano l’attenzione degli spettatori e la capacità di comunicare la passione per la cucina e di ispirare gli aspiranti chef è un dono che lo rende una figura di culto per gli amanti della gastronomia. E come non citare “4 Hotel”, il format spensierato che lo vede esplorare il mondo dell’hotellerie.
Lontano dall’essere il classico personaggio serioso e introverso, Barbieri incarna una vivacità contagiosa e un carisma ineguagliabile. In questa copertina speciale per The Eyes, esploriamo il suo lato più audace e divertente. Preparatevi a immergervi in un mondo in cui la tradizione incontra l’avanguardia e il gusto si trasforma in uno spettacolo mozzafiato e, soprattutto, a conoscere e vedere Bruno Barbieri in una luce completamente nuova.
Con un ringraziamento speciale a Locauto Rent

Durante questo set, devo dire che ci siamo spinti oltre: abbiamo giocato con la tua immagine. Non è così scontato che una persona del tuo calibro si metta ancora in discussione. Quanto è importante per te non rinunciare al gioco?

Diciamo che il mondo della moda un po’ mi appartiene, lo frequento sin da piccolo in quanto mia mamma è stata una grande sarta: mi ricordo che da piccolo adoravo giocare ad attaccare i bottoni delle camicie e cose così, ci passavo molto tempo. Sicuramente, se oggi non avessi scelto di fare lo chef e avessi poi conosciuto il mondo televisivo, avrei sicuramente lavorato in sartoria perché è un settore che tutt’ora mi entusiasta e cerco di fare cose con i miei amici.

Ad esempio?

Collaboro con il progetto “Memories”, fondato da un amico e che punta al riciclaggio di capi militari dismessi per dargli nuova vita. Lui si chiama Alessandro Marchesi ed è uno dei più grandi conoscitori del denim che abbiamo in Italia e considera che insieme abbiamo girato il mondo! Siamo stati anche in Giappone nella Jeans Valley dove ho imparato a riconoscere il tipo di denim a occhio nudo, infatti, vedendo il tuo, posso dire che è un dieci once, capito che intendo? Quello che abbiamo fatto oggi mi ha permesso di conoscere ancora meglio un mondo che mi appartiene già.

Riesci a traslare questo entusiasmo giocoso anche nella cucina? Immagino di sì, ma in che modo?

Diciamo che nella cucina la parola “gioco” non è la più adatta, però condivide tanto con il mondo della moda. La cucina è creatività. Se realizzi un piatto, dentro deve esserci la tua storia, deve parlare di te. È un po’ come quando un artista pubblica un album o uno stilista un vestito: stai raccontando chi sei.

Come trovi ispirazione quando stai creando i tuoi piatti?

Sono molto creativo quando piove, mi sento tremendamente ispirato. Sarà perché siamo fatti d’acqua? Non lo so, però ci sono stati dei momenti nella mia carriera in cui, quando di notte pioveva molto, prendevo la macchina e iniziavo a guidare. Questo mi permetteva di pensare, pensavo a degli ingredienti, a degli elementi… Così sono nati molti dei miei piatti.

Se dovessi scegliere solamente un piatto di quelli che hai creato fino ad oggi, che bene rappresenta questo tuo estro artistico, quale sarebbe?

È davvero molto difficile. Ci sono stati dei piatti nella mia storia gastronomica che sono entrati nei miei menù e che ci sono ancora oggi. Uno su tutti sono sicuramente gli spaghetti freddi alla chitarra con astice selvaggio e verdure croccanti all’olio di scalogno: è un piatto che ho creato negli anni ’80, quando pensare di fare una pasta fredda era una follia totale. Pensa, secondo tutti ero matto da legare, e invece quel piatto, oggi nel 2023, è ancora attualissimo.

Prima di questa popolarità totalitaria arrivata grazie al piccolo schermo, tu eri già uno chef di rilevanza mondiale. Quando, però, la cucina ha iniziato a funzionare in televisione, ti sei reso conto che il tuo lavoro era improvvisamente diventato ancora più rilevante?

Sai, è da tanti anni che faccio questo mestiere: ho iniziato l’alberghiero che era la fine degli anni ’70. Adesso, per quanto mi riguarda, credo di essere un po’ su con l’età. Mi spiego meglio: per il mondo della cucina, io ho già dato. Secondo me, un grande chef, per diventare grande davvero, deve affermarsi tra i 35 e i 50 anni, perché dopo devi solo godere del tuo lascito. Non hai più gli stimoli che avevi dai vent’anni in su. Sono uno che è sempre andato controcorrente, infatti, quando decisi di intraprendere questa strada, non fui subito capito dalla mia famiglia. Sembrava una cosa strana, uno stratagemma per non studiare, un lavoro da femmina, mentre in paesi tipo la Francia era ai pari di fare l’ingegnere o l’architetto. Nella mia vita ho fatto tanto: sono andato via di casa che avevo 17 anni, sono andato a vivere negli Stati Uniti, ho lavorato nelle crociere. Per dirti, fino ai 35 anni io non ho visto un soldo e tutto quello che guadagnavo lo reinvestivo su di me e sulla mia istruzione. Pur di lavorare con un determinato chef, accettavo anche lavori di stage, talvolta perfino non retribuiti. Tutto questo per dirti che quando è arrivata la televisione, non è arrivata a caso. Cercavano un uomo di cultura, qualcuno che potesse stare davanti alle telecamere e che avesse esperienza. Mi ricordo ancora i primi casting per MasterChef o Hell’s Kitchen, è bastato raccontare due o tre cose della mia vita e quello è stato. Entrare a far parte di questo mondo è stata per me la ciliegina sulla torta. Certo, se non fossi stato all’altezza non sarei durato 15 anni, invece eccomi qui.

Qual è il tuo obiettivo con la TV?

Cercare di raccontare storie vere. Oggi che c’è internet poi, non è che puoi raccontare balle, capisci? Cioè, oggi vuoi sapere cosa si mangia in Papua Nuova Guinea, schiacci un bottone sul telefono e in un secondo sai cosa sta succedendo lì. Devi essere credibile, altrimenti in televisione non ci puoi stare.

A proposito di credibilità, ci tengo a precisare che sì, con queste foto abbiamo estremizzato il tuo stile, ma in realtà ciò che abbiamo creato oggi non è per niente lontano dal tuo immaginario. Sei arrivato con uno zaino e scarpe Off-White, sei assolutamente nel mood giusto!

Adoro Virgil Abloh, era un visionario. Tu pensa che mi trovavo proprio a Miami quando Louis Vuitton ha organizzato la sfilata celebrativa in suo onore ed è stato stupendo, davvero una grande emozione. Per me lui vivrà per sempre, è eterno. Penso che chiunque debba possedere alcuni suoi pezzi e usarli è come entrare dentro la sua anima, oltre ovviamente a un modo per omaggiarlo. Ti posso svelare un segreto?

Certo, siamo qui apposta!

Quando acquisto qualcosa che mi piace, lo compro sempre doppio. Due di tutto.

E perché lo fai?

Sai, quando mi piace tanto una cosa, tendo ad usarla tanto e quindi la consumo. Allora mi piace pensare di avere una riserva, che mi tengo lì. (ride, ndr.)

Tra le tante cose che hai fatto, hai anche partecipato al cast di un film. Com’è stato?

Sì, il film si chiama “Sosia – La vita degli altri”. Devo dire che è stata un’esperienza molto interessante e ho lavorato con un regista molto bravo. La pellicola è un noir e parla del mio sosia ma, più in generale, della vita che vivono i sosia dei personaggi famosi. È un progetto molto profondo che consiglio a tutti di vedere perché fa capire molte cose.

Arriviamo a una domanda per me importantissima: dove si mangiano i migliori tortellini?

A casa di mia madre. Se vuoi, ti do l’indirizzo. Mia madre è molto bizzarra, ha 90 anni ma è super attiva. Fa sempre da mangiare a tutti, al vicinato e anche ai ragazzi che fanno le consegne. Pensa, dato che tutte le case vicino durante il giorno lavorano, fanno arrivare i pacchi da lei, allora quando glieli portano, si fermano anche a mangiare qualcosa. L’altro giorno sono andato a trovarla e ho trovato un corriere seduto che mangiava! (ride, ndr.) Pensa che a volte prendo le scorte e me le congelo, rimangono buonissimi.

Che consiglio ti senti di dare a tutti i giovani che vogliono seguire le tue orme?

È un mestiere durissimo e difficilissimo. Tutti possono fare un piatto di spaghetti, ma per diventare chef devi avere talento e mettere in conto che per i prossimi venticinque anni vivrai di rinunce, che però ti faranno crescere. Prendi la valigia e vai via di casa, conosci il mondo, lasciati ispirare e impara da chi è bravo, fai un mestiere perché ti piace, non perché ti serve. Non ti portare dietro i soldi, non ti servono. Cerca di fare le cose con il cuore e la testa, e se stai per fare qualcosa di importante, fai un bel respiro. Sono parole da vecchio, ma fidati: funziona.


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