CHEF CICCIO SULTANO

E LE SUE MERAVIGLIE

di Federico Ledda

CHEF CICCIO SULTANO

E LE SUE MERAVIGLIE

di Federico Ledda

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Da più di vent’anni, Ciccio Sultano ha incantato il palato degli intenditori con il suo Ristorante Duomo di Ragusa Ibla, divenuto un faro dell’alta cucina internazionale. Proprietario e anima creativa di questa oasi gastronomica, Sultano ha raggiunto vette culinarie straordinarie, guadagnandosi la stima della critica che grazie al suo duro lavoro l’ha premiato con la bellezza di due stelle Michelin. Il suo viaggio inizia modestamente, a soli tredici anni, tra i fornelli di una pasticceria locale a Vittoria, ma il suo talento innato e la passione per l’arte culinaria lo portano presto a fare esperienza in cucine di rinomati locali e, successivamente, all’estero. Dopo periodi formativi in Germania e Stati Uniti, accanto a luminari del settore come Lidia Bastianich, Sultano torna in patria con una visione raffinata e ambiziosa. Nel 2000, coronando il suo sogno, apre il Ristorante Duomo, segnando l’inizio di un’epica avventura gastronomica che ha conquistato il mondo.Con la sua devozione alla tradizione e un occhio attento all’innovazione, Sultano ha reso Duomo un tempio culinario, dove ogni piatto è un’opera d’arte che celebra i sapori e i profumi della Sicilia. Nel corso degli anni, il suo impegno per la sostenibilità e l’autenticità lo ha portato a stringere legami profondi con i produttori locali, trasformando il Duomo non solo in un ristorante di fama mondiale, ma anche un punto di riferimento per la comunità locale. Le sue iniziative, come il recente Movimento Citrico, testimoniano la sua continua ricerca di eccellenza e la sua volontà di portare avanti la tradizione culinaria siciliana con un tocco di innovazione. Il suo ultimo progetto, un nuovo menu per il Duomo, è un tributo agli ingredienti e alle ricette che hanno plasmato la storia culinaria dell’isola, offrendo ai commensali un’esperienza enogastronomica indimenticabile.

Qual è stata l’ispirazione dietro il nuovo progetto di esplorazione dei sapori agrumati e come si integrano nella sua cucina?

La mia cucina e io siamo citrici, perché nati in Sicilia. Un fato, una condizione esistenziale, pre anagrafica.

Può condividere qualche esempio di come ha utilizzato erbe e carni con note citriche nei suoi piatti?

Più di quindici anni fa nasceva la pasta taratatà. Lì c’è in nuce un metodo che dà forma allo stato d’animo, all’attuale refrain «mi sento citrico, penso come un limone». Il piatto ha, infatti, per aureola un pesto citrico, estremamente complesso dove sono riuniti tra gli altri il timo citrodoro, il lemon grass, lo zenzero. Ma il mondo è pieno di cibi citrici a partire dall’ostrica e dalle carni scure di certi animali. Io, personalmente, curo la realizzazione di curry alla lavanda, alla rosa damascena, ai boccioli d’agrumi.

Qual è il ruolo dell’alga Dulce rossa nelle sue preparazioni e come contribuisce alle note citriche?

Tutte le alghe servono ad aggiungere un tocco marino, iodico. Come capita nell’insalata Triscele, frutti di mare, agrumi e pomodoro, dove il lato citrico è ottenuto dall’acqua di pomodoro e di melone.

Cosa l’ha spinta a creare un manifesto? Me ne parli.

Perché abbiamo iniziato a classificare tutto il mondo citrico che ci circonda. Niente di cervellotico, basta passeggiare in campagna e trovare dal fiore di ginestra alla gemma del pino d’Aleppo. Vere leccornie.

Come si è evoluto Cantieri Sultano dalla sua apertura e quali sono i principi fondamentali della mixology di Mattia Cilia?

Cantieri Sultano è e continua a essere il nostro salotto e il nostro laboratorio quotidiano. Un luogo in cui far incontrare destini e pensieri. Seguiamo come per il ristorante la linea citrica che attraversa come una falda o una faglia non solo la Sicilia, ma tutto il Mediterraneo.

Quali sono le caratteristiche distintive dei cocktail presenti nella nuova carta di Cantieri Sultano, in particolare quelli che includono elementi citrici?

Seguiranno una mappa floreale. Ognuno con il suo fiore di riferimento, come a marcare un vertice di emozioni.

In che modo la collaborazione con i produttori locali si riflette nei suoi piatti?È un impegno che inizia ventiquattro anni fa. Fin da allora ho basato il mio rapporto sulla qualità. Non solo cosa, ma soprattutto come. Dire che il prodotto è locale non garantisce che sia eccellente. A me interessa la bontà e la salute oltre ogni ragionevole dubbio.

Mi parli del nuovo menù di Duomo. Quali sono i piatti di cui va più fiero?

Pasta ricci per la scossa di nocciola dell’Etna, sanapo e mandarino; caprese di pomodoro per la dolcezza senza freni di scampi, lamponi e pomodoro; il pesce d’amo per il mare in sé, il tempo e la possibilità mai certa di trovare il pesce giusto.

 

 

 

 


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