LA CONSAPEVOLEZZA DI

DISS GACHA

di Federico Ledda

foto di Alessandro Levati

LA CONSAPEVOLEZZA DI

DISS GACHA

di Federico Ledda

foto di Alessandro Levati

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Con il suo stile inconfondibile e un percorso sempre in evoluzione, Diss Gacha si riconferma uno dei nomi più freschi e originali della scena musicale italiana. Il secondo capitolo di Cultura Italiana amplia l’universo creato con la prima parte, arricchendolo di messaggi più profondi e di una consapevolezza nuova. Tra influenze West Coast, tracce che mixano beat inaspettati e un’attenzione meticolosa ai dettagli, emerge il ritratto di un musicista che non teme di sperimentare, rimanendo autentico e fedele al proprio pubblico. In questa conversazione, il visionario artista ci racconta un viaggio attraverso la cultura hip-hop, il senso di appartenenza e la voglia di lasciare un segno unico e personale.

Cosa si prova ad essere il rapper più fresco in Italia?

Benissimo! Oggi me l’hanno detto un sacco di persone, troppo bello.

Raccontami questo secondo capitolo.

Allora, diciamo che questo secondo capitolo nasce un po’ dal motivo per cui all’inizio abbiamo deciso di dividere l’album in due parti. Sia per i fan affinché loro potessero ascoltare bene la prima parte e renderla propria, sia per dare il giusto respiro al progetto. È anche vero che in fase d’opera, mentre stavamo lavorando, abbiamo completato tutti i pezzi della parte due. Uno sarebbe stato compreso nella parte uno, ma tutto il resto l’abbiamo cambiato e lavorato successivamente. Nella parte uno volevamo dire: “Guardate che, oltre alla roba leggera, siamo artisti, abbiamo qualcosa da dire”. Una volta avuto l’ok da tutti, con la parte due abbiamo voluto dare messaggi, secondo noi, importanti.

È un mondo che si amplia, no?

Diventa più grande, diventa più ballas.

Lavorandoci avevi una consapevolezza diversa rispetto alla prima parte? Ti sei sentito più libero di ostentare?

Mi sono sentito più libero di esprimere concetti che prima non sarebbero stati capiti. Allo stesso tempo, non ci siamo sentiti frenati, ma prima di consegnare abbiamo detto: “Questo è il massimo che possiamo dare in questo momento”. Volevamo che la parte uno diventasse cultura all’interno del nostro percorso, non una semplice successione di brani, ma che tutti i pezzi avessero un peso e senso.

Per la prima parte sei andato in California a lavorare?

Esatto!

Sei tornato anche per la parte 2?

In realtà è tornato solo Sala in California perché io avevo delle cose da fare qui. Però sono sicuro che ha portato una bella parte di California sul disco.

Questa contaminazione dell’OG rap west coast si sente tanto. Chi ti ha contaminato, chi ti ha fatto diventare così?

Sicuramente la musica che ho ascoltato da piccolo, tipo NWA, Ice Cube, 2Pac, sonk artisti che mi hanno assolutamente formato. Artisticamente, però, è stato Sala a crescermi un sacco, spingendomi a dare un senso a ogni pezzo.

Ti ha introdotto verso alcuni artisti specifici?

Sì, mi ha aperto verso Kanye West, Kendrick Lamar, cose più meticolose e raffinate. Prima ascoltavo solo roba old school, ma lui mi ha spinto a esplorare e ad apprezzare tutto senza criticare nulla.

Qual è il brano, del progetto, a cui sei più legato?

In questo momento, “America”, il pezzo con Clara. Mi piace per i due switch di beat incredibili e il mood super carico. Poi ci sono anche “14€” e “Punto di vista”, che approfondiscono diversi temi.

Hai un lessico tutto tuo, che ha dato il via a un vero e proprio movimento. Tra gli altri ermini, mi ha incuriosito tantissimo il termine “BleahBlah”, me lo spieghi?

È una persona che non riesce a capire il nostro stile, che non capisce la nostra cultura swag e stilosa.

Dove ti vedi tra cinque anni?

Sempre a fare musica, con un pubblico più ampio, ma sempre autentico e vero. Non inseguo i risultati come un disco di Diamante; voglio restare come sono ora.

Se potessi scegliere un featring con qualsiasi artista al mondo, chi sceglieresti e perché?

Probabilmente Kanye West, perché è la persona più artistica mai esistita, con un pizzico di follia geniale. Se no, Baby Keem, che rappresenta la stessa scuola di Kanye in una versione più fresca e che mi sono pure tatuato.

Cosa vorresti che chi non ti conosce cogliesse da questo album?

Il messaggio che bisogna essere grati per essere unici, senza uniformarsi alla massa. Il rispetto per chi va controcorrente, sapendo esprimersi e mostrando profondità. Voglio che la mia musica possa parlare a tutti, in qualunque fase della vita.



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