GENERIC ANIMAL:

IT’S NEVER TOO EARLY

di Michela Luciani

foto di Domenico Nicolini

styling by Anna Carraro

GENERIC ANIMAL:

IT’S NEVER TOO EARLY

di Michela Luciani

foto di Domenico Nicolini

styling di Anna Carraro

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Presto per cosa? È quello che mi sono chiesta appena ho ascoltato il disco di Luca Galizia, in arte Generic Animal. L’ho ascoltato e riascoltato e sono arrivata alla conclusione che presto è semplicemente un modo per esorcizzare le paure e le ansie che ci accompagnano durante la crescita. È un album denso, pregno di significati nascosti e di cara e buona nostalgia a cui ci ha sempre abituati Luca. Ci siamo confrontati con lui poco prima dell’uscita del disco e quello che ne è uscito è un’unica consapevolezza: Generic Animal non si può circoscrivere all’interno di nessun genere se non semplicemente quello della buona musica.

Hai cominciato interpretando i testi scritti da Jacopo (Fine Before You Came, ndr.) che ha sicuramente una sua scrittura molto particolare, com’è stato per te interpretarli?

È molto più semplice usare i testi di qualcun altro, non senti la responsabilità delle parole, invece quando scrivi qualcosa partendo dalla tua idea succede proprio mentre lo stai facendo, senti ansie varie. Quando invece un tuo amico ti manda un testo e ti dice facci quello che vuoi e poi vediamo, puoi scartare, rimodellare e ripensare…se ti piace il testo non devi pensare troppo a quello ma ti puoi dedicare ad altro. È stato un grandissimo aiuto per me, penso che non avrei cominciato a scrivere testi in italiano se non ci fosse stato Jacopo, perché era un momento di rottura fortissimo, non riuscivo più a suonare bene con la mia band, non riuscivo più a scrivere pezzi, non volevo più studiare… insomma è stato un momento fortissimo.
Riuscire poi a scrivere i miei testi da solo è stato lo sviluppo naturale, ma non nego che Jacopo è stato fondamentale.

E cos’è cambiato invece ora che scrivi i tuoi testi da solo?

Lo scatto è stato un viaggio in Canada, stavo lavorando ad altre cose e ho cominciato a scrivere bozze, è stata la prima volta che ho scritto un testo mio di senso compiuto, l’ho fatto e l’ho messo da parte. Quando ho capito che riuscivo a scrivere, ho sentito l’urgenza di farlo. Come ti dicevo nel processo c’è molto più ragionamento e proprio per questo non riesco a fare le cose, ma questi blocchi mi aiutano a far scattare i momenti in cui invece il processo è puro. Ho cambiato un po’ il modo di scrivere la musica negli ultimi tempi, anzi in realtà continuo a cambiare quindi non saprei dire come scrivo le canzoni, le scrivo. Sono ancora un po’ vecchia scuola diciamo, ci sono dei periodi in cui scrivo tantissimo e dei periodi in cui mi fa male perché è fisiologico, non deve essere forzato.

Ora che li scrivi tu, a chi vorresti farli cantare?

A Jacopo! (ride, ndr) Non saprei, a persone strette. Mi piacerebbe scrivere per amici, ho scritto qualcosina per i Tre Allegri Ragazzi Morti, poi di fatto vediamo se succederà. Con Mecna mi sono sempre trovato molto bene e credo che ci sia proprio una bella affinità di spirito, però i rapper non vogliono cantare cose scritte dagli altri perché se no non sono veri rapper.

Mi parli un po’ delle tue collaborazioni?

Con Alessandro (Massimo Pericolo, ndr.) ci siamo sempre considerati nel fare musica, anche quando non avevamo una carriera attiva, da quando ancora facevamo musica nelle nostre camerette, a lui piace il rap a me piacciono le band pop-punk però c’è sempre stato un dialogo. Fargli sentire il mio disco era d’obbligo, ha sentito una traccia ed ha detto ‘bellissima, voglio fare una strofa’ è stato semplicissimo (ride, ndr). All’inizio avevo un’idea un po’ più forzata dei feat. perché sai, comincio ora a muovermi vorrei capire un po’ come esperimentare con la voce di altri artisti, molto più come strumenti che non come marchettata, uso il tuo nome per… è una cosa molto comune e non è che discrimino, però volevo coinvolgere persone che sapevo avrebbero fatto una figata in ogni caso, e così è stato. Magari all’inizio volevo una feat. con Tedua perché mi piace un sacco, ma alla fine non siamo nella stessa brocca d’acqua, non ci conosciamo così bene. Ero un po’ confuso, poi ho capito che le persone che mi vogliono meglio e che tengono al mio progetto sono le prime che devono avere opinioni a riguardo e che devono intervenire. Franco (Franco126, ndr) è una persona che ho sempre stimato e che conosco da quando ha iniziato il progetto con Carl Brave, da quando ho incominciato a lavorare un po’ di più con la Love Gang ci sono state più occasioni per incontrarci, c’è sempre stata nell’aria l’idea di fare qualcosa, abbiamo semplicemente coronato una cosa che era in discussione da tempo.

E le donne? in Como by night compare una voce famigliare

Si, c’è una voce (Joan Thiele, ndr) è stata una scelta last minute. È una voce che svolta tutto il brano, era un pezzo già fatto e secondo me era la voce e la persona più adatta a completarlo e così è stato. Non ho ancora avuto l’opportunità di avere una collaborazione a tutto tondo sulla scrittura, però anche nei miei precedenti dischi ci sono state collaborazioni femminili, per dire c’era Myss Keta, Qualcuno che è andato senza Adele (degli Any Other, ndr) sarebbe stato un’altra cosa, Birth è una mia cara amica ed ho lavorato al suo disco.
Al momento mi piacerebbe molto lavorare con la Niña che spacca, ci sono un sacco di artiste in realtà. In Italia prima o poi verrà sdoganata questa cosa del feat. e dell’essere rappresentato, ci sono cose che valgono molto di più per me, ovvero fare cose fighe.

È sempre stato complicato definirti all’interno di un genere, ma è davvero necessario farlo?

No brava, non credo. Io onestamente non sono in grado di definirmi dentro ad un genere, però se serve a qualcuno per essere più sereno faccio indie triste come le playlist di Spotify (ride, ndr)
È evidente che ci sia un piccolo ritardino mentale nel modo in cui si categorizzano le cose in Italia, c’è nella politica, nel sesso… ma il problema sta nel modo in cui le persone sono abituate a fruire le informazioni che gli vengono date. Detto questo, penso che indie possa andare bene dai, tanto qualcuno sarà sempre pronto a dirmi “si ma sei anche un po’ strano” (ride, ndr)

Quali sono i tuoi ascolti?

Sicuramente e questo è innegabile negli ultimi tre anni ho ascoltato un botto i Brockhampton che sono una delle boy-band più stilose sul pianeta in questo momento. Una delle band che mi ha sempre ispirato invece sono gli Adult Jazz una piccola/media band inglese, ma la verità è che ascolto tante cose del momento e le abbraccio un po’.
Musica italiana invece sempre meno, ci sono poche cose che mi gasano e dico wow, Venerus, Tha supreme anche se in realtà faccio fatica a capirlo, è super fresco fa prendere bene il fatto che non riesca a capirlo (ride, ndr). C’è una band di Pesaro che spacca, si chiamano Gastone mi ricordano un po’ Bersani in versione post-rock, ci stanno.

Come mai hai deciso di chiamare l’album Presto? da quel che ho capito non è stato fatto molto presto.

Esatto per la solita storia delle antitesi (ride, ndr)
La parola Presto può essere vista simbolicamente come il contrario delle mie canzoni che non sono state fatte in poco tempo ma può anche essere collegata a scarpe#2, perché è un modello di scarpe (Nike Presto, ndr) che ho sempre amato fin da bambino.
Pensa che inizialmente volevo chiamarlo Letto, che aveva la doppia eccezione del letto sul cellulare…del visualizzato o non visualizzato ma anche del letto nella camera dove stai sdraiato a fare la cotoletta perché non riesci a dormire.
Però non era una parola così forte, Presto era perfetto.

Presto come troppo presto per crescere. L’album parla di un processo di crescita e di evoluzione ma ne parla sempre con un filo di nostalgia e con un occhio verso il passato, come se volessi scappare dall’inevitabile…

Anche! Da un lato la parola si ricollega all’ansia che ho provato in quest’ultimo periodo.
Ci sono i ricordi di famiglia, di adolescenza legati alla scuola, il lavoro…cose un po’ più romantiche come i Nirvana, cose che non hai mai potuto fare perché ancora non eri nato ma ne hai sempre sentito parlare da tutti. Un po’ si, si cerca di scappare ma credo sia normale.

A proposito di nostalgia, anche la cover dell’album ha un richiamo all’infanzia, ai giochi. È tutto molto simbolico…

Si infatti, chiaramente è tutto un po’ concettuale, c’è molto movimento nel disco e molta staticità nella copertina. Le reference principali appunto sono state i giocattoli, fumetti, le videocassettine di film vecchi…ci sono tante cose che fanno un po’ avanti e indietro e si scontrano tra di loro. L’idea dell’omino viola è data da uno sketch che ho fatto e che poi ho dato ai ragazzi che si sono occupati della parte creativa, è la prima volta che faccio fare qualcosa a qualcuno da fuori, le ho sempre curate io le mie grafiche, loro invece sono andati a fondo, avendo tante cose in comune è stato semplice, abbiamo lo stesso background musicale ma loro sono dei veri grafici a differenza mia (ride, ndr). Con le tracce ci sono tanti elementi che possono suscitare… dal dentone che è presente in molte canzoni, come simbolo ma anche come parola, il cellulare e lo scrollaggio perenne di quando sei a casa da solo ma non riesci a stare buono. Queste cose qua…

Il dentone…parliamo di Sorry allora, ti cito: ‘non l’ho scritta per chiedere scusa ma per far finta che fosse tutto ok, poi mi sono accorto che volevo chiedere scusa perché niente era ok’
è più difficile ammetterlo a sé stessi o all’altra persona seconda te?

Ammetterlo a sé stessi sicuramente, entrare nello specifico è un po’ sbatti ma senza ombra di dubbio a sé stessi. L’ho scritta in un momento in cui effettivamente stavo mandando in rovina una relazione, ho fatto addirittura sentire la canzone alla persona con cui stavo, quindi era proprio un dire “non sto capendo dove sto andando, non mi sto orientando” non so bene perché lo sto facendo ma sto cercando di arrivare ad una soluzione indolore, ma sto sbagliando tutto. Ammettere effettivamente a te stesso che probabilmente stai rovinando un rapporto in modo un po’ passivo è una cosa difficile, ma è la soluzione per poi ammetterlo agli altri e ammettere che stai facendo una cazzata. Un giorno mi sono chiesto per che cazzo di motivo ho scritto questa canzone, è una canzone che chiude un po’ tanti punti di vista ed è stato uno sbatti anche accoglierla in tutto il disco ma ho capito che potevo portarla con la giusta malinconia.

Un po’ un cane che si morde la coda, come dici in qualcuno che è andato.

ESATTO, cazzo.

E ora hai ricominciato a capire qualcosa di te?

Si, dai (ride, ndr)

Scarpe#2 chiude l’album ma chiude anche un po’ il cerchio di Scarpe#1…

Sicuramente ci sarà anche un scarpe#3! (ride, ndr)
Scarpe#2 è l’ultima traccia ed è proprio una risposta un po’ romantica a scapre#1 che invece non lo è affatto, anche se può sembrare. Scarpe#2 per me ha un significato un po’ più stratificato, nasconde delle ombreggiature, ho pensato fosse giusto chiudere così.

Adesso che sei tornato alla tua origine con la band live, cosa dobbiamo aspettarci?

Premetto che mi sto cagando addosso (ride, ndr) no seriamente, sono molto gasato, è una bomba vedere le tue cose in una quarta dimensione…provino, demo, studio e live. Non so ancora come mi comporterò ma sono molto contento di essere sostenuto e di essere stato accolto da persone che ci credono un botto. Sarà sicuramente una bella docciona, spero per me più calda che fredda (ride, ndr). Ho provato per un mesetto pieno, neanche troppi esperimenti, era già tutto pronto per essere fatto. Mi sento un po’ cambiato devo dire, nel senso che sì sono introspettivo da sempre, ma oggi stiamo parlando dai, spero di riuscire a farlo anche live se non mi prende qualche schizzo strano (ride, ndr).