IL REALISMO

DI COLOMBRE

di Federico Ledda

IL REALISMO

DI COLOMBRE

di Federico Ledda

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Signore e signori, vi porto delle ottime notizie: la musica italiana è salva grazie all’incredibile talento di Colombre. Da un po’ di tempo avevo tenuto d’occhio questo artista che, a mio parere, è una delle penne più brillanti degli ultimi anni. Devo dire che con il suo ultimo album, intitolato “Realismo Magico in Adriatico”, ha superato persino le mie aspettative. Il suo stile di scrittura, la voce delicata e la musica elegante si combinano in una composizione che, se fosse un quadro, sarebbe il capolavoro di un museo.
Colombre è un vulcano di creatività e quando non sta lavorando sulla sua musica, si dedica con altrettanta maestria alla produzione, contribuendo con la stessa qualità al repertorio di artisti come Chiello, Franco 126 e persino al leggendario Alan Sorrenti.
Il nuovo progetto dell’artista, con la sua atmosfera malinconica e spensierata, rappresenta un ritratto completo del mondo di Giovanni Imparato, il vero nome del cantautore che, con il suo nome d’arte, rende omaggio al mostro marino del racconto di Buzzati. Colombre ricreerà questa magia per tutta l’estate grazie a un tour che lo porterà in diversi palchi italiani.

Complimenti per il nuovo lavoro, davvero. Lo consideri come una continuazione del precedente? Di cosa tratta?

Parla del realismo magico presente sulla costa e nel mare. È qualcosa di enigmatico, più profondo di quanto appaia e molto più reale di quanto sembri. A mio parere, la sostanza delle persone si riflette anche nel mare, in particolare nell’Adriatico, un mare molto simbolico. È piccolo, calmo, quasi come un lago, ma da queste tranquille acque possono scatenarsi tempeste improvvise, un po’ come nella vita di tutti i giorni. Accade qualcosa che non ti aspetti, reagisci e si apre una sliding door.

Vivi vicino al mare?

Sì, a Senigallia, proprio lì sull’Adriatico.

Com’è vivere lì?

Apparentemente tranquillo, è una vita diversa da quella di Milano o Roma, le cose hanno un ritmo diverso, hai la possibilità di prenderti un po’ più di tempo per goderti ciò che accade, elaborarlo

Ascoltando il tuo repertorio, il mare e l’estate in generale tornano spesso nei tuoi brani, penso ad esempio a “Il sole non aspetta”. Qual è il segreto per trovare sempre nuove ispirazioni affrontando apparentemente lo stesso tema?

Direi che mi piace esplorare le profondità del mare e dell’animo umano, e quella cosa là non finisce mai di rivelarsi. Per esempio io non ti conosco, ci stiamo conoscendo, magari se un giorno finiremo per bere qualcosa insieme, mi racconterai un dettaglio, qualcosa che scaturisce una conversazione, e potrei trarre ispirazione da un sentimento che è tutto tuo, che tu stai vivendo. Parliamo di profondità umana, che ha mille sfaccettature.

Parlami del processo di creazione dell’album, come nascono le canzoni?

Dipende dai casi, ad esempio “Durerebbe un’ora” è nata dopo un viaggio notturno lungo la costa. “Midollo” parla di una situazione difficile in cui ti rendi conto di non avere nulla sotto controllo. Succedono delle cose, stai lavorando su qualcosa e poi in un certo momento arrivano delle situazioni che ti fanno completamente perdere il controllo e vorresti solo andartene perché ti chiedi: “Ma cosa ci faccio qui?”. Quindi sogni di fuggire nell’irrealtà, su uno scoglio che sembra la tua casa.

Ascoltando abbastanza frequentemente questo progetto, ho, come giusto che sia, i miei brani preferiti. Quali sono i tuoi?

Eh, queste sono domande difficili. Ogni canzone è legata a un momento particolare che ha avuto il merito di essere raccontato. Penso che se devo scrivere una canzone, deve esserci qualcosa degna di essere raccontata e poi devi considerare se sia abbastanza potente da far parte dell’album. Sicuramente una canzone che ha un grande valore per me è “Io e te certamente”, scritta insieme a Maria Antonietta, che rappresenta un riassunto di dieci anni di vita insieme.

Oltre al tuo progetto personale, sei sempre attivo in varie attività. Quando lavori su progetti al di fuori dei tuoi, c’è sempre Colombre o a lavorarci è Giovanni?

Sai, non credo molto in questa visione, è affascinante ma non è la mia strada. Giovanni e Colombre sono la stessa cosa. Sai quando le persone famose dicono sempre che sono diverse nella loro vita privata, ecco, lo capisco, è giusto, quando sei sul palco mostri solo ciò che vuoi far vedere, ma quando fai la spesa e vivi la tua quotidianità è diverso. Purtroppo, io non riesco a separare le due cose, per me è sempre un mix di entrambe le identità. Chiello e tutti gli altri con cui lavoro collaborano con entrambe le sfaccettature, ecco.

Come è nata la collaborazione tra voi due?

È una storia che dura da più di un anno e mezzo. Mi ha contattato dopo aver ascoltato la mia musica e mi ha chiesto di lavorare insieme. Gli ho detto di mandarmi qualcosa, senza sapere cosa aspettarmi. Mi ha inviato “Abisso di Xanax” e mi ha colpito immediatamente. Abbiamo finito per lavorare a metà dell’album, siamo andati in tour insieme e siamo tornati in studio anche per “Mela Marica”, il suo ultimo album.

Immagino che ogni collaborazione ti abbia insegnato qualcosa, potresti parlarmene?

Mi piace pensare che ogni lavoro che faccio sia una sorta di scambio di esperienze, ogni volta che ricevi la palla, stai imparando qualcosa di nuovo. Credo molto nelle contaminazioni e nelle condivisioni, senza di esse saremmo persi. Ogni persona ha modi diversi di lavorare: parli con Alan Sorrenti e ti lasci affascinare dai suoi bellissimi racconti, parli con Chiello e ricevi una ventata di aria fresca, lavori con Maria Antonietta e scopri il suo modo di lavorare. È proprio un gioco di scambi.



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