IL RITORNO DI

MUDIMBI

di Michela Luciani

IL RITORNO DI

MUDIMBI

di Michela Luciani

Nullam consectetur mauris in nisl porta mattis. Proin id malesuada metus, eu venenatis nunc. Sed a lectus sem. Vestibulum eu lacinia erat. Quisque ac porta ligula, et consectetur libero. Nullam auctor, arcu eu tincidunt tincidunt, metus nulla faucibus ligula, eget condimentum mauris nibh eget ante. Praesent tincidunt velit velit, vitae tincidunt enim congue id. Duis varius mollis ipsum, eget mattis elit consequat id. Vivamus congue faucibus condimentum. Maecenas arcu mauris, sollicitudin ut tortor nec, ultricies lacinia erat. Phasellus finibus lectus ut lectus euismod pellentesque. Morbi lorem nibh, pulvinar viverra diam sed, rhoncus accumsan urna. Aenean vestibulum lectus placerat nisi fermentum euismod.

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Mudimbi che, da pochissimo, ha rilasciato il suo ultimo lavoro Miguel. Di sicuro un disco sincero, a suo modo crudo, che mira ad essere specchio di una società. Come è giusto che sia abbiamo toccato anche temi “scottanti”, quelli che fanno irrigidire e iniziare a sudare tutti quelli a cui vengono poste certe domande, ma Mudimbi è rimasto fermo e questa sua sicurezza si riflette direttamente nel suo lavoro.

Ciao Mudimbi! Ho notato che questo nuovo album è pressappoco fatto interamente da te: progettato, prodotto e arrangiato.
Credi per caso nel detto “chi fa per sé fa per tre?”


Ci ho dovuto credere per forza, perché avevo una voglia matta di creare e volevo farlo in intimità, perché avevo bisogno che il risultato finale fosse “puro”, nel senso non contaminato da idee di altri.

Ho trovato molto curioso il fatto che per arrangiare i brani tu abbia usato la voce, essendo effettivamente l’unico strumento che sai usare. A volte le ambizioni vengono frenate da tecnicismi e tu hai superato questo scoglio alla radice, pensi abbia portato un valore aggiunto questo modo di arrangiare?


Decisamente. Questo album è molto più personale del precedente, perché ho davvero avuto modo di sperimentare qualsiasi cosa mi venisse in mente e l’ascoltatore si trova davanti a delle canzoni pensate interamente da me. Questa musica è più mia e mi rappresenta più di quanto non sia, comunque, successo in passato.

In cosa si differenza sostanzialmente Michel da Miguel?

Sorvolando sulla creazione stessa, di cui abbiamo appena parlato, in Miguel c’è ancora più onestà. Anche dal punto di vista tecnico si differenzia parecchio. Proprio ieri riascoltavo un brano di Michel e mi sono reso conto di quanto non provassi mai a cantare o, quando lo facevo, era in maniera molto timida. In Miguel sento di aver sbloccato e messo a frutto tanto di tutto ciò che ho acquisito nel tempo che distanzia questi 2 dischi.

Parliamo di Ballo (mi spiace ti è andata di sfiga, sono una donna!) nel 2020 ha ancora senso parlare in questi termini secondo te?

Immagino tu intenda gli epiteti sessisti. Sì, ha senso parlare in questi termini (in una canzone) nel momento in cui il linguaggio di quella canzone si rifà e descrive quello che è il linguaggio attuale della società in cui viviamo. Parlarne in certi termini fa si che poi se ne parli, per esempio, in un’intervista come questa e in qualche modo, se pur piccolo, l’argomento in oggetto venga a galla.

Ti cito: “ora diranno Mudimbi è sessista, le femministe mi sparano a vista”
Secondo te è un problema delle femministe o dei testi rap che non sanno adattarsi ad una società che sta prendendo finalmente sempre più posizione riguardo alcuni temi?

Non è un problema delle femministe così come non lo è dei testi rap. Come dicevo prima, il rap è uno specchio della società in cui viviamo, per immagini e linguaggio. Non dico che tutto il rap usi gli stessi temi e la stessa dialettica, così come non penso che la situazione attuale sia solo quella che viene raccontata nel rap, ma è una porzione che ancora esiste, nel bene e nel male. Dì fatti, nonostante la posizione che sempre più si sta prendendo riguardo il sessismo e la disparità di genere, i problemi sono tutt’altro che risolti. Il rap non parla di cose che non esistono, ma ammetto che sia sempre un coltello nella piaga sentire sottolineata l’esistenza di una problematica.

In Parlami viene fuori uno stile più intimistico e introspettivo, com’è nata e da quale esigenza?


Uno stato d’animo, dei pensieri. È nato tutto da lì. Non stavo male nel momento o nel periodo in cui la scrissi, anzi. Ma certe cose ti albergano dentro, vengono fuori nel momento in cui sono chiamate in causa da una situazione in particolare, ma se si è abbastanza sensibili e si è speso sufficiente tempo per conoscersi, si riesce ad attingervi quando se ne ha bisogno. Ed è quello che è fatto quando ho scritto Parlami, un tuffo nell’abisso.

Chiedere a qualcuno qual è il proprio pezzo preferito è un po’ come chiedere ad un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà però
Qual è il tuo brano preferito del disco e perché?


Mi dispiace, perché vorrei davvero rispondere a questa domanda ma è per me impossibile, perché mi viene in mente un brano ma poi, subito dopo un altro, e tutti hanno qualcosa che, ai miei occhi, li rende troppo unici e speciali, da non poterne far primeggiare uno in particolare.