LE CONFESSIONI

DI SETHU

di Federico Ledda

LE CONFESSIONI

DI SETHU

di Federico Ledda

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Sethu, artista che ha saputo conquistare il pubblico italiano con la sua partecipazione a Sanremo 2023. Dopo un periodo di riflessione e di rinnovata consapevolezza, il musicista è tornato con un nuovo progetto musicale che affronta temi personali e delicati, legati anche alla salute mentale. In questa intervista, ci racconta le sfumature del suo ultimo lavoro, “tutti i colori del buio”, le influenze che lo hanno ispirato e l’evoluzione della sua carriera. Inoltre Sethu è impegnato in un entusiasmante summer tour che lo porterà nelle principali città italiane, regalando ai fan l’opportunità di ascoltare la sua musica dal vivo.

Di cosa parla il tuo nuovo progetto?

Parla di me e del periodo buio che ho affrontato dopo Sanremo 2023, un momento in cui ho dovuto nuovamente fare i conti con tante problematiche irrisolte riguardanti la mia salute mentale. È un album molto sentito e che tocca temi per me molto difficili. Non è stato facile scrivere le canzoni, alcune sono ancora ferite aperte. Però sono contento di come abbiamo lavorato a questo album, è stato tutto realizzato negli ultimi sei mesi circa, dopo il mio ritorno in terapia.

Descrivimi il sound dell’album.

Le sfumature citate sin dal titolo si ritrovano sia nelle tematiche affrontate sia nel sound; c’è tanta diversità sonora, tenuta assieme da un filo rosso che collega tutto. È il lavoro più unitario che ho fatto, grazie anche a mio fratello gemello Jiz, che ha saputo dare il giusto contorno alle mie parole. Ci sono molte influenze punk, ma anche cantautorali. Ci siamo aperti a influenze breakbeat e drum and bass, pop e rock.

Se dovessi abbinarlo a un film, quale sarebbe?

Ovviamente “I ragazzi perduti”, il titolo è un richiamo diretto a quel film.

Ci sono diverse influenze nel progetto, chi ti ha ispirato?

Ci sono tante influenze: dal punk al cantautorato, al rap. Sono molto trasversale nei miei gusti musicali e negli ascolti. Nella mia vita sono sempre passato da un genere all’altro, trovando un mix di elementi il più personale possibile. In questo album mi hanno ispirato molto Lucio Dalla e Olivia Rodrigo, per esempio, ma ci sono anche le influenze – e le citazioni – dei CCCP e di Kaos One.

A chi dedichi il disco?

A tutti i ragazzi perduti.

Un brano con cui sei in fissa in questo periodo?

“Poetica” di Cesare Cremonini.

Qual è, invece, il tuo brano di cui vai più fiero?Forse proprio “I ragazzi perduti”, una delle tracce per me più importanti del disco. Continuo a emozionarmi molto quando la canto o la riascolto. Il messaggio è: nonostante ti senta perso e smarrito, un giorno anche tu riuscirai a ritrovare te stesso e a stare bene. Dalle lacrime nascerà qualcosa di buono, anche se oggi ti sembrano vane.

Il disco è molto personale, è stato difficile scendere così in profondità?

Sì, è stato molto difficile. Uso la musica come uno sfogo ma, al contempo, soffro la competizione e le aspettative. Caricarla di tanto sentimento e di componente autobiografica rende tutto più complesso, ma al contempo è liberatorio. Un atto catartico. Alcune canzoni fanno ancora male perché sono nel pieno di quello che sto raccontando.

Hai fatto Sanremo, in che modo ha contribuito alla tua carriera?

Beh, Sanremo mi ha dato tantissimo. È stato un grande punto di inizio, è successo tutto in maniera molto inaspettata, ma mi sono fatto trovare il più pronto possibile e sono molto contento di com’è andata. Ha lasciato dei ricordi indelebili nella mia mente. Mi ha fatto crescere tantissimo, facendomi accorgere dei miei pregi e dei miei difetti. Quindi direi che mi ha fatto crescere sia umanamente sia artisticamente.

Lo rifaresti?

Certo.

 

 

 

 


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