MEG

THE LAVA DREAM

di Federico Ledda

special thanks to Carryover PR, Astarte Agency

edit Simona Ladisa

make up by Emanuela Caricato

pictures by Alessandro Levati

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THE LAVA DREAM

di Federico Ledda

special thanks to Carryover PR, Astarte Agency

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“Mi piacerebbe arrivare a chi mi ascolta come una forza che li sussurra all’orecchio di resistere”

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Quando a tornare sulle scene è una figura rivoluzionaria e che ha lasciato un segno profondo nella musica, fa sempre rumore. Crea sgomento ed è verosimile porsi la domanda: “riuscirà ad essere al passo con i tempi?”. Meg ci è riuscita eccome, anzi, con “Vesuvia”, il suo nuovo lavoro, li ha proprio anticipati: è il primo album dopo qualche anno e ben 14 dall’innovativo “Psychodelice”, (quando era decisamente raro trovare qualcosa di diverso nel genere proposto).
Da quel progetto è completamente cambiato il mondo, la musica e i mezzi con cui produrla e lavoro dopo lavoro, è cambiata anche l’artista campana. Ciò che si evince, ascoltando quest’ultimo progetto, è l’integrità che Meg ha mantenuto nel corso della sua carriera: prima con i 99 Posse e poi da solista con un progetto completamente diverso ma altrettanto ambizioso.
Il suo segreto per emergere e rimanere credibile anche dopo così tanti anni è forse stato proprio l’essere reale.
Con “Vesuvia”, si è denudata di tutte le sue certezze (etichetta compresa) mettendosi nuovamente in gioco. È nata, così, la collaborazione con Asian Fake e, in seguito, con il contributo di Frenetik, Gemitaiz e altri musicisti, il nuovo progetto della cantante è stato arricchito da interessanti sfumature. Ascoltando il disco e leggendo quest’intervista, vi sentirete come in cima al Vesuvio, mettetevi comodi.

Sei tornata sulle scene e con te hai portato un nuovo immaginario interamente sviluppato da zero. Hai voglia di spiegarmelo?

Quando è affiorato il titolo “Vesuvia”, si è automaticamente aperto un mondo e mi sono chiesta: chi è? Dove vive? Qual è il suo habitat? Ho immaginato un cratere, una situazione scura… Di conseguenza anche il sound doveva essere coerente. È come se fosse il mio alter-ego, diciamo che l’album non l’ho scritto io, ma a farlo è stata Vesuvia.

Quindi Vesuvia vive di vita propria?

Assolutamente sì: è un po’ come Ziggy Stardust per David Bowie, un universo a parte. Io ho immaginato una donna estremamente forte, una guerriera che erutta come un vulcano ma che al posto di distruggere diventa vitale per tutto l’ambiente circostante. Per crearla ho fatto molta ricerca, volevo delle ritmiche possenti e che richiamassero la terra che trema. Per quanto riguarda la vocal production devo tutto a Frenetik che, da persona estremamente entusiasta quale è, ha saputo trovare la chiave perfetta interpretando al meglio il mio immaginario e ha fatto proprio una magia. Prendi le voci, per esempio, le ha triplicate: ha preso la mia, l’ha pitchata un’ottava sopra, un’altra ottava sopra e poi un’ottava sotto. È uscito un coro estremamente potente.

Se è il tuo alter ego, da che parte di te è composta?

Arriva da dentro. È la parte più profonda di me, quella che ha sempre avuto più difficoltà ad emergere.

Cosa significa per te essere nata a fianco del Vesuvio?

Sono cresciuta in una casa a Torre del Greco dove aprivo la finestra e da un lato avevo il vulcano, dall’altro il mare. Quindi è casa, assolutamente. Tuttavia, è una casa che ho sempre vissuto con minaccia: ricordo di quando al telegiornale si parlava spesso del fatto che il vulcano avesse ripreso la sua attività. A quel punto, partiva l’iter dell’evacuazione, tutti che scappavano e il panico prendeva possesso della situazione. Quando vivi alle falde di un vulcano è così, passi moltissimi momenti con l’ansia che tutto quello a cui tieni potrebbe sparire in un secondo. Avevo, infatti, incubi ricorrenti: la mia famiglia bloccata in casa, la lava, l’incendio, mia sorella intrappolata dentro il Vesuvio… Se da una parte abitarci significava tutto questo, dall’altra voleva dire vivere in un terreno estremamente fertile, magico e con frutti deliziosi. Se ti dovessi descrivere il mio nuovo disco, ti direi che è esattamente una descrizione di queste due sensazioni.

Qual è l’obiettivo che hai con questo album?

Mi piacerebbe arrivare a chi mi ascolta come una forza che li sussurra all’orecchio di resistere. Il discorso che ti facevo sulla mia situazione precaria con la paura di vedere tutto ciò a cui tieni e in cui credi venire spazzato via, è purtroppo facilmente riadattabile a ciò che stiamo vivendo oggi nel nostro paese, ecco perché dobbiamo resistere. Quando è uscito “Non ti nascondere”, il primo singolo, ho ricevuto molti messaggi di ringraziamento perché quel brano ha dato loro la forza giusta per prendere delle decisioni di cui erano dubbiosi.

Qualche settimana fa sono “inciampato” in un video di te, insieme ai 99 Posse, al Primo Maggio con Pino Daniele.

Wow, sì, che cosa epica. È una storia bellissima perché come gruppo eravamo stati espulsi dalla manifestazione. Quando partecipi al Primo Maggio, sei obbligato a non parlare di politica, non puoi fare nomi ed entrare nell’esplicito (cosa che assolutamente non rispettammo). Infatti, non ci permisero più di salire su quel palco, non per lo meno, fino a quando chiamarono con insistenza il signor Pino Daniele che, dopo aver rifiutato più volte l’invito degli organizzatori, decise di accontentarli solamente ad una condizione: essere il chitarrista dei 99 Posse.

E loro che cos’hanno risposto?

Assolutamente sì. Pino ci chiama, ci racconta cos’era successo e ci chiede se ci andasse di ospitarlo come chitarrista: noi siamo impazziti! Ci troviamo così in sala prove con Pino Daniele che impara i nostri pezzi e che ogni tanto mi guarda e mi chiede cose del tipo: “Maggie che ne dici se metto un assolo qui, ti piace?” È stato un onore, davvero emozionante.

Che musica ascolta Vesuvia?

Ultimamente “CDA” di Bonnie Banane. Devo anche dire che mi piace e inquieta allo stesso tempo Eartheater che trovo una forza della natura, specialmente trovo interessante il brano “Solid Liquid Gas”, davvero imperdibile.



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