NICOLA SICILIANO:

UNO SKUGNIZZO MODERNO

di Federico Ledda, foto Alessandro Levati

NICOLA SICILIANO:

UNO SKUGNIZZO MODERNO

di Federico Ledda, foto Alessandro Levati

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A soli 22 anni, Nicola Siciliano ha trasformato la sua passione per la musica in un mezzo per parlare alla sua generazione, mescolando messaggi di resilienza, introspezione e consapevolezza sociale. Quattro anni dopo il suo ultimo lavoro, torna con un album che è molto più di una raccolta di tracce: SKUGNIZZO è un vero concept album, un ritratto di sé, dall’infanzia alle esperienze che lo hanno reso l’artista di oggi. Un racconto onesto del suo percorso, il valore delle esperienze vissute – come il viaggio in California che gli ha cambiato la prospettiva – e il suo desiderio di lasciare qualcosa di profondo a chi lo ascolta. Tra testardaggine e vulnerabilità, il disco si snoda come un dialogo aperto con il pubblico, toccando tematiche personali e universali.

Chi è lo “skugnizzo” che sei diventato?

Un ragazzo di 22 anni con la passione per la musica, con la voglia di dover raccontare qualcosa con un significativo, ricco di un messaggio positivo, sociale e soprattutto stimolante.

Trovo il progetto un lavoro molto personale, raccontamelo un po’…

Super personale sì, ci sono io al 100%, una percentuale altissima. Ho cercato appunto di mostrare tutti i lati di me stesso, l’idea era che già dal primo ascolto la gente potesse istantaneamente riconoscermi. Dopo quattro anni dall’ultimo disco, è evidente la crescita artistica, ho lavorato molto più attentamente e dettagliatamente alle liriche e al messaggio del progetto.

Ci hai messo un po’ prima di rilasciare un nuovo album e infatti si sente tanto la tua crescita. Volevo che mi raccontassi un po’ questi anni, quanto tempo prima ti sei messo a lavorare al disco?

Un anno e mezzo dopo l’uscita di Napoli 51 ho iniziato a lavorare all’album. Non avevo ancora il titolo ma avevo un concetto che volevo esplorare. Poi, piano piano, vivendo esperienze, facendo viaggi, conoscendo nuove persone, vivendo nuove situazioni insomma, si è formulata una cornice attorno a tutto il quadro. Pezzo dopo pezzo siamo riusciti ad arrivare al concetto che volevamo dare.

Guardando appunto questi quattro anni, i viaggi che hai fatto, qual è stato quello che secondo te ti ha più aperto mentalmente?

Sono stato in California, la mia prima volta in America, la prima volta assoluta. Da lì mi si è aperta la visione delle cose, della vita, soprattutto musicale. Mi ha colpito il lato artistico in generale, che non sia solo musica ma anche ballo, graffiti, arte in generale. Mi ha motivato anche la costanza che hanno lì, l’organizzazione. Mi ha aperto una visione più ampia su tutto.

È stato difficile entrare così nel personale?

Devo dire che un po’ sì, ma era essenziale affinché si capisse la visione del progetto. Desideravo che la comprensione fosse la base essenziale, infatti devo dire che dall’uscita, sempre più persone lo stanno capendo e apprezzando.

Cosa vorresti che i tuoi fan prendessero di te dal disco?

La testardaggine. Sono molto testardo quando c’è bisogno di esserlo. Mi piacerebbe che chiunque mi ascolti, prendesse questo mio aspetto e lo facesse suo.

Parlando dei brani, qual è quello che è stato un peso lasciare andare?Ti dico, secondo me “Divorziati In Casa”, perché è un pezzo molto introspettivo, conscious, che racconta la storia di una famiglia del mio quartiere. È stato difficile non tenere più la cosa per me e mostrarla a tutti, avevo paura che non fosse comprensibile da parte dell’ascoltatore, ma devo dire che erano paure infondate, la gente ha capito molto bene il mio messaggio.

Parlando di rap a 360°, se dovessi abbinare il tuo disco a un disco famoso, storico, quale sarebbe?

Good Kid, M.A.A.D City, di Kendrick Lamar.

Come mai proprio quello?

Perché il concetto che ha nel disco, il messaggio principale, la lavorazione della grafica, delle copertine, della comunicazione, dei video, mi ha rispecchiato tantissimo.

Concludo chiedendoti: se una persona che non ti conosce dovesse capire chi sei con una traccia del nuovo album, quale sarebbe?

Gli direi di ascoltare Scugnizzo. Parla di me da bambino, fino al momento esplosivo della mia vita, quello che mi ha cambiato e fatto sì che questa passione per la musica diventasse un lavoro. È la traccia perfetta per chi vuole conoscermi.

 

 

 

 


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