Q&A: ANDREA AMATI E IL SUO MONDO

di Federico Ledda

Q&A: ANDREA AMATI

E IL SUO MONDO

di Michela Luciani



” Sarà sempre la cosa che io preferisco, quella di suonare dal vivo, che sia in un locale davanti ad un pubblico di dieci persone piuttosto che cento o mille. “

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Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con il cantautore romagnolo Andrea Amati prima del suo live al Ronchi 78 di Milano. Abbiamo parlato del suo ultimo lavoro, Bagaglio a mano, e di quello che ci saremmo dovuti aspettare dal suo live, ma anche di teatro, ispirazioni e aspirazioni.
Fin da subito sono rimasta piacevolmente colpita per la sua grande ironia, semplicità ed una spiccata dialettica, tutti ingredienti che troviamo all’interno del suo lavoro, specchio della sua personalità e frutto della sua quotidianità.
Andrea affronta il suo ultimo lavoro come un distacco dalla classica scena cantautorale, portandoci dentro un po’ di pop e tutta la sua voglia di stare sul palco.
A riguardo siamo riusciti a strappargli qualche anticipazione…

Il tuo passato da attore rende molto personale il tuo modo di cantare che è caratterizzato da una forte interpretazione. Quando hai capito che non bastava più esprimerti solo attraverso la recitazione?

L’ho capito quando mi è capitato di cantare obbligatoriamente per la prima volta su un palco. Volevo fare una cosa su Fabrizio De Andrè e fai fatica, capisci no? A fare un qualcosa su De Andrè senza cantarlo, quindi ho provato per la prima volta a cantare, e lì ho deciso che era quello che volevo fare e lo preferivo alla mera recitazione ed a quello che avevo studiato fino ad allora.
Quindi preferisci cantare?
Lo preferisco, ma continuo a portar con me il mio carico, non avendo palesemente una formazione musicale, necessariamente devo usare alcuni trucchi. (ride, ndr.)

Ronchi 78 ha una storia importante come “dopo teatro” Milanese: tutti gli attori più celebri, al termine degli spettacoli, venivano a concludere le serate qui. Lo sapevi? Hai scelto apposta di venire ad esibirti qui?

In realtà è abbastanza casuale. Questo è un posto in cui ero già stato, so che ha una storia rilevante e che ha ospitato piccoli ma importanti spettacoli. Può anche darsi che questa sera omaggeremo la scena milanese…

Parliamo un po’ di musica, spiegando l’intenzione della canzone Mi sono perso brano che apre il tuo disco Bagaglio a mano, dici di voler uscire dai classici suoni della musica d’autore. Cosa ti differenzia da tale genere?

Beh penso che questo brano brilli a livello di cantato sicuramente per anti-musicalità, quindi non c’è pericolo che siamo usciti, nel senso che è tutta parlata. (ride nuovamente, ndr.) È un pezzo in cui ho voluto divertirmi in primis, diciamo che è stato scritto in un periodo nerissimo e per raccontare una storia così cupa ho capito che il modo migliore fosse proprio quello di provare a riderci su. È un pezzo che apparentemente è molto divertente, c’è molta ironia, poi in realtà con solo il testo davanti sarebbe un altro tipo di effetto.
Parlando del disco in generale invece?
Allora, venivo da un primo lavoro, in cui ho percepito un po’ troppo legame con una canzone d’autore eccessivamente anni settanta, un po’ slegato da quello che oggi uno studio di registrazione può dare. Quindi ho detto, in fondo anche per il mio modo di stare sul palco, vorrei cercare di fare un qualcosa di più legato al mio tempo, anche a un’idea di canzone d’autore che possa avvicinarsi alla musica pop. In questo senso ho proprio sperimentato l’uso di elettronica e tanti strumenti diversi, senza pormi il problema di come suonarla dal vivo e di fare una cosa assolutamente fedele a quello che sono io dal vivo, ma liberare le possibilità che oggi uno studio di registrazione ti dà che sono sicuramente tante.

La ballata della moda è l’unico omaggio all’interno del tuo lavoro, cosa ti lega a questo brano? Come ti sei approcciato alle parole di un grande come Tenco?

Ho fatto un lavoro su Tenco anni fa, in cui ha lavorato con me anche Federico Mecozzi (il suo violinista, ndr.) abbiamo fatto uno spettacolo che si chiamava Io sono uno, ricordando Tenco che alternava monologhi scritti da me e canzoni. Quindi, studiando il repertorio, ho scoperto tutta questa serie di canzoni come la moda molto ironiche e molto distaccate dall’idea del personaggio, tutte canzoni censurate all’epoca e mai uscite su disco, ho scoperto proprio un lato b di un artista che non conoscevo e la ballata della moda è probabilmente quella, come messaggio, più attuale. L’ho rivisitata molto a livello di arrangiamento coerentemente anche con il disco però, ecco, l’ho voluta mettere anche perché dal vivo negli anni non è mai mancata, è il mio omaggio fisso.

La vittoria al bando S.I.A.E s’illumina ha dato origine a queste nuove date, immagino che per te rappresentino una doppia soddisfazione, cosa significa per te avere un contatto ravvicinato con il pubblico?

Sicuramente la soddisfazione è doppia, anche perché io non sapevo dell’esistenza del bando siae S’illumina, quindi è stato proprio casuale e la prima volta che ci ho provato siamo riusciti a vincere, ringrazierò infinitamente la mia etichetta che mi ha messo al corrente dell’opportunità. Per quanto riguarda il contatto con il pubblico in generale con la musica dal vivo, è banale dirlo, ma è evidente che sia comunque la dimensione in cui mi sento a mio agio, in primis perché come dicevi tu prima, ho un passato non musicale e poi perché da adolescente studiavo come stanno sul palco gli attori di teatro. È lì che voglio stare, inoltre non è che sia esattamente un vocalist così puro e perfetto anzi… ho bisogno che la gente mi veda anche, per arrivare un po’ di più, almeno credo. (ride, ndr.) Sarà sempre la cosa che io preferisco, quella di suonare dal vivo, che sia in un locale davanti ad un pubblico di dieci persone piuttosto che cento o mille.

Come scrivi solitamente? Hai una scrittura molto sentita e di getto, si vede che quello che racconti è autentico. Come ti viene?

Bene! Ti ringrazio! Mi viene in realtà, a questo punto direi, come ti appare, nel senso che è una cosa che arriva molto di getto, non sono uno che tutti i giorni si mette lì a scrivere una canzone, ma va proprio a gettate, mi arriva l’ispirazione. Appunto testi ed alcuni diventano canzoni altri no. Nella canzone bagaglio a mano per esempio, tre quarti del testo sono rimasti identici e sono nati su un treno mentre tornavo a Rimini da Milano, dopo che avevo letto l’omonimo libro. Mi è proprio venuta fuori senza neanche avere in testa una possibile melodia, è venuta così…però il testo è rimasto quasi interamente quello.
Vieni spesso ispirato da libri?
No in realtà no, è stato proprio un caso, una botta di fortuna. Però ora leggo molto, sia mai ne capiti un’altra (ride, ndr)

Quale artista rappresenta la tua massima ispirazione?

Beh credo che a livello emozionale, Tenco sia tra i primissimi. Se parliamo di ispirazione che cerco di emulare non saprei, cerco di prendere tanto da tutti… sarebbe semplicissimo dirti anche Lucio Dalla e sicuramente per certe cose è stato più ispirante lui, le ispirazioni poi sono belle perché variano, negli anni, nei lavori stessi…L’importante è ascoltare tante cose senza mai fossilizzarsi, anzi i cantautori da un po’ di tempo li ascolto anche meno, appunto perché con bagaglio a mano è stato un percorso di distacco e di orizzonti ampliati anche come ascolti.
Tipo?
Un disco che mi è piaciuto tantissimo ultimamente è quello dei The war and drugs, ma ascolto tutto, prima ancora che un cantautore sono un ascoltatore, sono più gli anni nella mia vita in cui ho ascoltato, quindi ho proprio l’imprinting dell’ascoltatore. Bisogna mantenere la valvola dello stupore sempre su on.

Per concludere, cosa dobbiamo aspettarci da questo live?

Spero un live intenso, caldo e con la stessa sincerità che pervade nel mio lavoro, almeno questo è quello che io mi auguro.

Ma ci sarà qualche colpo di scena? Prima stavi anticipando qualcosa…

È previsto un finale a torso nudo, tipico di un cantautore… (ride, ndr)
L’omaggio che forse faremo alla scena milanese non è esattamente quello della ballata della moda, quello c’è di default. È un omaggio molto più sottile, forse sconosciuto anche a molti milanesi stessi, sono andato a ripescare un gruppo davvero storico che ha fatto tanto… te lo devo dire?
Certo!
I Gufi, erano un gruppo cabarettistico fondato da Nanni Svampa, attivi solo ed esclusivamente negli anni ‘60 che hanno fatto questo pezzo sudameritalia, può essere, se avremo il coraggio di fare questo…chissà che non siano venuti anche qua, loro sono durati proprio pochi anni, ma sono stati seminali per quel che è arrivato dopo, se pensi a Jannacci, Gaber lo stesso Tenco.