Q&A: FIL BO RIVA

di Michela Luciani

Q&A:

FIL BO RIVA

di Michela Luciani

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Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Filippo Bonamici, in arte Fil Bo Riva, giovane, bello e con una delle voci più calde e potenti che si possano trovare in circolazione. What’s missing? nulla, diremmo.
Romano d’origine, diviso poi tra Dublino e Berlino, non ha mai perso la voglia di tornare e farsi conoscere meglio in Italia, per questo ci siamo fatti raccontare qualcosa di più su l’impossibile, l’inaspettata traccia cantata in Italiano. Tutto ciò che ci racconta, lo racconta in modo estremamente misurato e con un’eleganza senza tempo, proprio come il suo disco.
Ecco cosa siamo riusciti a farci dire sul suo album Beautiful Sadness…

Che differenze ci sono dallo scorso Ep a questo nuovo album? Qual è l’upgrade?

Mi sono impegnato di più a scrivere e produrre le canzoni, l’Ep è uscito molto spontaneo, ci abbiamo messo forse due settimane, era come un’eruzione. Con l’album ci siamo presi tempo, avevo voglia di provare diverse cose, molte canzoni le abbiamo registrate e buttate e registrate di nuovo fino a quando non abbiamo avuto la canzone che ci aspettavamo, anzi forse la canzone che non ci aspettavamo avendo provato molte versioni, il tempo ci ha dato la possibilità di sperimentare.

Come nascono i tuoi testi?

I miei testi sono sempre molto personali, scrivo solo di cose realmente successe, sono cose che hanno a che fare con problemi, relazioni, amo mettere su carta i problemi, quando sono felice non mi metto a scrivere, faccio altro. Mi faccio ispirare dalla tristezza.

È legato a questo quindi il titolo Beautiful Sadness? Hai cominciato a suonare dopo una grande delusione d’amore, c’è una costante quindi nel tuo rapporto con la tristezza…

Si assolutamente, è un carburante per me.

Hai mai pensato di fare altro nella vita?

Musica e design, ma la musica mi sembrava il to do più giusto da fare prima dei trent’anni, il design posso farlo anche dopo, sono infatti il coautore della copertina del disco.

Musica e design non sono così lontani…

Si, in effetti mi aiuta molto anche nel modo in cui penso e scrivo, sono molto libero ma allo stesso tempo schematico e matematico.

Forse la passione del design torna anche nell’eleganza di fondo che si percepisce dall’album, nel senso di ordine e di mettere tutte le cose al loro posto, no?

Sicuramente, per esempio banalmente abbiamo passato molto tempo a decidere l’ordine della tracklist, settimane, giorni, ore…

Come viene percepito all’estero un Italiano che canta in Inglese?

Ha solo che aiutato, ha aumentato l’interesse, il fatto di aver viaggiato così tanto mi ha aiutato a formarmi sia come songwriter che come persona, è stato un moltiplicatore. Le diverse culture mi hanno davvero influenzato.

Come mai la scelta di inserire una parte cantata in Italiano all’interno del brano L’impossibile?

La canzone è nata in Italia nel 2017 mentre ero in vacanza in Sardegna, le canzoni a me vengono così… da qualche idea, prendo il telefono e registro le prime melodie che ho. Mi è uscita così, avevo in testa la pubblicità di Dolce e Gabbana che fa “gli occhi tuoi belli brillano” stavo nuotando su un canotto e avevo la mia ex ragazza vicino che mi ha registrato con il telefonino, mi sono fatto ispirare dall’idea di essere in una pubblicità sul mare, per fortuna ha funzionato.
È stato un episodio, ma ho già nuove idee con testi in Italiano.

Ad oggi cosa rappresenta l’impossibile per te?

Ogni canzone rappresenta molto e dietro ad ogni canzone c’è una storia, devo ammettere però che ho sempre avuto il feeling che l’impossibile fosse la mia canzone preferita dell’album.

A livello personale invece? Quando dici sognando l’impossibile, a cosa ti riferisci?

Scrivere testi è una cosa molto spontanea, però quello che sogniamo al momento è di poter continuare a sognare questa realtà e suonare con i musicisti in diversi paesi. Io sono sempre del parere che le cose impossibili non ci sono o sono veramente poche, dipende da quanto le si vuole. C’è impegno, c’è fortuna… la fortuna tocca saperla prendere e sfruttarla.

Mi parli di Go-Rilla?

È una canzone nata a Manchester, in un club chiamato appunto Gorilla club, quando scrivo canzoni spesso non mi siedo e scrivo, ma mi vengono delle idee che registro. Ho avuto questa idea di melodia mentre osservavo un poster appeso al muro, questa è la storia principale, il testo che si è sviluppato intorno alla canzone erano testi che avevo già sviluppato in passato, erano sogni ed idee che ho avuto poco prima e che poi ho combinato con Go Rilla che mi sembrava una frase bizzara, un po’ da sogno.

Segui la scena italiana?

A Roma ho sempre ascoltato musica Italiana, quindi fino ai quattordici anni, ascoltavo i Lunapop, Cesare Cremonini, Neffa, poi per dieci anni non l’ho seguita per niente durante la mia permanenza all’estero, da qualche anno invece ho ricominciato a scoprire cantautori italiani, come Luigi Tenco, Mina, Battisti è venuto tardi ma sono artisti che mi stanno ispirando nelle melodie e negli arrangiamenti per le nuove canzoni. Anche nella nuova scena indie ho scoperto artisti che mi danno la spinta per voler scrivere più spesso in Italiano, come per esempio i Canova, Calcutta…

L’anno scorso c’è stata un’unica tappa del tour in Italia, quest’anno le date sono diventate quattro, hai deciso di metterti alla prova?

Era il mio sogno suonare qui in Italia, essendo rimasto soddisfatto dall’esperienza dell’anno scorso ho deciso di riprovarci aggiungendo date, il calore e l’energia del pubblico Italiano è incredibilmente forte.

Cosa dobbiamo aspettarci dal concerto di questa sera?

Sono molto emozionato, sarà il primo concerto che faremo in cinque, l’altro anno eravamo in quattro, il primo concerto in cui suoneremo tutte le canzoni del nuovo album e di quello vecchio, ci siamo impegnati molto, una paura ed un’emozione così grande mai avuta.



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