
SLF:
LA FAMILY
di Federico Ledda, foto Alessandro Levati
SLF:
LA FAMILY
di Federico Ledda, foto Alessandro Levati
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SLF non è una semplice crew, ma un collettivo con un’identità precisa, capace di trasformare il legame tra i suoi membri in un valore aggiunto. Un gruppo che ha fatto della coesione e dell’autenticità il proprio marchio di fabbrica, fino a diventare un simbolo per Napoli e un punto di riferimento per tutta la scena. Lo dimostra anche Guè, che li ha voluti nel video di Oh Mamma Mia con Rose Villain, riconoscendone il peso culturale. Con il nuovo lavoro WE THE SQUAD 2, il progetto si evolve senza perdere la propria essenza: street rap e trap si mescolano con quella melodia inconfondibile che ha reso SLF un nome di rilievo nel panorama nazionale. Anticipato dal disco d’oro Sarò con te, in collaborazione con Geolier per la colonna sonora dell’omonimo documentario, e REAL OG, manifesto di riscatto. Il 17 aprile 2025 il collettivo salirà per la prima volta sul palco del Palapartenope di Napoli, un evento destinato a entrare nella storia del rap italiano. Un traguardo che celebra un percorso fatto di lealtà, talento e determinazione. SLF è Solo La Fam, e questa è la loro storia.
Secondo progetto. Da dove nasce?
MV Killa: È nato dall’idea di dare un appuntamento annuale con questo disco. Oltre al fatto che siamo sempre in studio insieme, quindi è inevitabile creare cose nuove.
Lele Blade: Abbiamo quasi l’obiettivo di presentare un progetto ogni anno. Se fai un Volume 1, poi devi fare il 2, e così via…
Come nascono le canzoni dell’album? Sono pensate appositamente per il progetto o vengono create mentre lavorate ai vostri album solisti?
MK: No, quando facciamo SLF, facciamo roba apposita per il gruppo. Non prendiamo pezzi scartati dai progetti solisti per inserirli qui. Certo, la difficoltà sta nel passare da un mood all’altro, perché lavoriamo ai progetti singoli quasi in contemporanea, ma ogni cosa ha il suo spazio e la sua identità.

Cosa vi fa cambiare mentalità tra SLF e i vostri progetti solisti?
LB: Il gruppo ha un mood più leggero, che non significa superficiale, ma più spontaneo nel modo di esprimerci. Essendo tutti insieme, c’è più confronto, più ispirazione e anche una sana competizione: se uno scrive una strofa fortissima, ti viene voglia di farne una migliore. Nei progetti solisti invece, ognuno porta avanti un discorso personale e ragiona in un’ottica individuale. SLF è un melting pot.
Dal progetto precedente a oggi, quanto siete maturati a livello di suono e liriche?
LB: Tanto. Questo disco è molto più riuscito. È un cliché dire che l’ultimo lavoro è sempre il migliore, ma qui c’è una produzione più curata e pezzi più forti. Riascoltando il primo, ci rendiamo conto di quante cose siano cambiate, non solo nella musica, ma anche nelle nostre vite. Questo album è più coinciso, più adatto al momento.

Se doveste descrivere il progetto con un solo termine?
Yung Snapp: Crudo. Ha episodi diversi, ma l’essenza è quella: deve essere crudo, con stile.
Come si fa ad avere il vostro stile? Un consiglio?
MK: Non guardare l’Italia ma allargare gli orizzonti. Noi guardiamo l’Europa, ma non per snobismo: semplicemente, vogliamo confrontarci con realtà più ampie e creare qualcosa di competitivo, non a livello di numeri, ma di arte.
Nel disco si percepisce un legame fraterno con Geolier. È il quinto membro adottato?Vale Lambo: Sì, possiamo dire di sì. Non è ufficiale, ma lo è di fatto.
Un pezzo di qualcun altro che avreste voluto fare voi?
YS: DtMF di Bad Bunny.
LB: Until the End of Time di 2Pac
MK: Can’t Tell Me Nothing di Kanye West
VL: Per forza qualcosa di Mauro Nardi
Quale?
Innamorarsi, quel pezzo è proprio la nostra storia.
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