THE ITALIAN TOMMY KUTI

di Federico Ledda

foto di Dino Gulino

THE ITALIAN TOMMY KUTI

foto di Dino Gulino

di Federico Ledda



” Sono davvero cresciuto con la convinzione di essere straniero, perché guardando i miei compagni li vedevo diversi. “

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Abbiamo incontrato Tommy Kuti, rapper bresciano che sta facendosi notare grazie alla sua qualità di scrittura e alle importanti tematiche affrontate nei suoi pezzi. Nato in Nigeria ma cresciuto in Italia, a Brescia e a Castiglione delle Stiviere, ha mosso i primi passi nella underground bresciana, rilasciando quest’anno per Universal il suo primo disco ”Italiano Vero”. Un album sincero, che parla a nome di tutti gli italiani di seconda generazione che molte volte si sentono fuori posto e non riconosciuti dalle istituzioni. Lo abbiamo incontrato per chiedergli cosa significa essere dei veri italiani secondo lui…

Chi è Tommy Kuti?

E’ un rapper afro-italiano nato in Nigeria e cresciuto in Italia e con svariate esperienze all’estero, quindi cittadino del mondo. Ho incominciato a fare musica nel 2011, facendo uscire il mio primo mixtape chiamato ”Tutti Vogliono l’Album”. Da là ho fatto vari progetti underground e nel 2015 con degli amici abbiamo aperto la ‘Manca Melanina Records” e lanciando un mixtape tutti insieme e le T-Shirt con scritto ”Non sono straniero, sono solo sara nero”. In quel periodo, quando ho conosciuto Paola (Zukar, ndr.) e Fibra, ho incominciato a lavorare alle mie cose da solista, arrivando a firmare poi per Universal e facendo uscire il mio primo disco! Ecco chi è Tommy!

Cosa significa per te essere un ”Italiano vero”?

Sai cosa? Sono davvero cresciuto con la convinzione di essere straniero, perché guardando i miei compagni li vedevo diversi. Quando sono andato in Inghilterra a fare l’università, mi sono reso conto che tra gli Inglesi, non ero visto come il ragazzo nigeriano, ma come quello italiano, perché comunque sono cresciuto in Italia! Con i cartoni animati italiani, con il cibo, la musica etc… La mia risposta è che sono un Italiano vero perché faccio parte di questa generazione, parlo in italiano, penso in italiano e, come dico nella canzone ”#AFROITALIANO”: ”La prima volta che ho detto ti amo, l’ho fatto in italiano”.

Sei ancora legato alla Nigeria?

In realtà la sto riscoprendo! Conosco anche il mio dialetto madre, sono legato alla cultura e alla musica. Diciamo che quando ci vado, ci vado per scoprirlo, perché sono un po’ un estraneo. Conosco meglio Brescia e Castiglione!

La tua doppia cittadinanza ha influito sul tuo sound?

Credo proprio di sì, alla fine ogni artista credo che non sia nient’altro che il risultato di quello che ci portiamo dietro e che siamo. Se penso alla mia persona e al mio sound, è chiaramente influenzato dalla musica africana e dall’hip hop inglese/francese. Più che la mia cittadinanza, mi hanno influenzato le contaminazioni culturali.

Come descrivi il tuo sound?

Cosmopolita direi. Il mio tentativo è davvero quello di fondere varie sonorità e culture. Nell’album ci sono vari mood, da sound più africano a quello più trap o vero e proprio hip hop. Faccio distinzione perché facendo interviste ho scoperto che si fa differenza fra trap e hip hop, ma dove sta il confine? Mi domando se c’è tipo il comitato di valutazione che definisce cosa è Trap e cosa Rap! (ride, ndr.)

Qual è la traccia a cui sei più affezionato del disco?

E’ triste, ogni volta che mi fanno questa domanda, rispondo in maniera diversa! In base al mood cambia! Ad esempio, mentre venivo qui ed ero sul tram, mi ascoltavo ”Il Disco di Tommy” e mi sono preso benissimo! Tuttavia, quella a cui sono più legato è forse ”#AFROITALIANO” perché è diciamo, il mio manifesto. Non tanto per il significato che ha per me, ma per quello che ha per le altre persone. Mi rendo conto che era una canzone che andava fatta, ricevere ringraziamenti per averla scritta mi fa veramente piacere.



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