THE UNBREAKABLE ALBOROSIE

di Federico Ledda

pictures by Alessandro Levati

THE UNBREAKABLE

ALBOROSIE

di Federico Ledda

pictures by Alessandro Levati



” La musica non è mai cambiata, si è semplicemente modernizzata, va al passo con i tempi. “

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Non capita spesso di trovarsi a condividere un divano, in uno studio di registrazione con una persona dal talento immenso. A me è successo poco meno di un mese fa. Durante una caldissima giornata milanese, quando l’asfalto bruciava, io e Alessandro, siamo andati a conoscere il master del reggae nel mondo: Alborosie. Ci ha raccontato del suo nuovo album Unbreakable, uscito lo scorso 29 giugno. Il disco, il nono della fortunata carriera dell’artista siciliano residente in Jamaica, vanta la collaborazione della formazione originale dei Wailers, l’iconica band che insieme a Bob Marley, ha completamente stravolto i canoni del reggae donandone luce nuova. Unbreakable si presenta come un disco interessante e piuttosto moderno, che affronta tematiche di spessore con il timbro inconfondibile di Alborosie. Tornando al divano, ecco cosa ci ha raccontato durante la chiacchierata…

Ti posso chiamare l’uomo unbreakable?

(Ride, ndr.) Io sono very breakable, è la mia musica che è unbreakable.

Di cosa parla il disco?

Di amore, di politica, esperienze di vita. Diciamo che è un po’ un disco che racconta delle storie…

Come sei arrivato ad avere i Wailers nel disco?

Ho lavorato molte volte con Tyrone Downie, che viene spesso nel mio studio, abbiamo quindi creato un volume di lavoro di un certo livello. Con il figlio di FamilyMan, Carlton, che suona la batteria, suonando, è uscito questo sound che era molto Wailers. Io sono un grande fan di AlphaBlondie, che già fece un disco, meraviglioso secondo me, con i Wailers. Quindi mi sono detto, a distanza di trent’anni, posso riproporre questa visione? Così abbiamo iniziato a lavorarci. Nel disco non ci sono solo i Wailers, ma anche altri musicisti bravissimi, satelliti diciamo, che hanno contribuito alla mia visione e al mio sound…

Come lo descriveresti con un termine?

Unbreakable!

Come pensi sia cambiata la musica reggae con l’arrivo dei social e delle nuove tecnologie?

Adesso siamo tutti un po’ più imprenditori. Il reggae non è un’industria, ed è una sfortuna. Non ci sono i canali. Il pop, il rap, hanno tutti l’attenzione del media, il reggae non più. Ed è un peccato. Prima avevamo i nostri meccanismi, sapevamo come funzionava, adesso siamo con questa zattera in mezzo al mare e non sappiamo dove andare… ci siamo riorganizzando! Il reggae si sta rimodernizzando, si sta ricostruendo. Secondo me nel giro di due o tre anni, il reggae tornerà a essere un genere di punta.

Rimanendo sul fattore tecnologia, ha influito sul tuo sound?

C’è sempre stata! A me viene in mente la tecnologia degli anni 60/70. Che è la stessa di oggi, solo che è computerizzata. La musica non è mai cambiata, si è semplicemente modernizzata, va al passo con i tempi. Io invece cerco sempre di mantenermi fedele alla linea degli anni d’oro della musica.

Com’è vivere in Jamaica?

È come vivere in Italia. Dicono che vivere là è pericoloso, io dico che ci sono città europee che in questo momento sono più pericolose. Se sono qua a parlare con te, dopo venticinque anni che ci abito, evidentemente non è così “dangerous”. Io sono tranquillo, mi sento proprio a casa là. Ovviamente devi farti gli affari tuoi, io non ho mai detto a…

E allora non dirlo!

Se dico a è per dire Alborosie! (ride, ndr.)



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