CLEMENTINO

TAKES HIS THRONE BACK

di Federico Ledda

foto di Dino.Zoor @Cattura Production

CLEMENTINO TAKES

HIS THRONE BACK

di Federico Ledda

foto di Dino.Zoor @Cattura Production

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Dopo due intensi anni di lavorazione e di riflessione è tornato Clementino. 
Il rapper napoletano, decide di tornare sulla scena rap in maniera irruenta, forte come uno schiaffo, che è infatti quello che rappresenta ‘’Tarantelle”, il suo ultimo album. 
Disco sincero, intimo e sentito, si presenta come uno dei migliori della sua carriera. Ricco di significato e autobiografico al 100%, arriva a due anni di distanza dal suo ultimo lavoro e dopo un periodo non troppo felice per l’artista, in cui ha un po’ smarrito la sua strada. La musica come terapia e lo scrivere come sfogo, hanno fatto di questo album un lavoro che aiuta a riflettere sia per l’ascoltatore, che per l’artista stesso. L’inverno prossimo Clementino sarà in tour e noi intanto, abbiamo fatto con lui una bella chiacchierata riguardo le tarantelle della sua vita…

Come è stato realizzare questo disco?

Ci sono voluti un paio di anni. Due anni di lavoro in totale relax: sono stato in Olanda, Portogallo, Napoli, Milano, Salento, Cilento… Ho scritto tanto.

E’ un album personale, forse il più intimo che tu abbia mai fatto, cosa ne pensi?

Sicuramente! E’ il più introspettivo: c’è la mia anima a tutti gli effetti, sia quella divertente che quella più seria. Sono contento perché in molti mi stanno dicendo che hanno trovato in ‘’Tarantelle’’ il mio miglior lavoro.

Parlando nel dettaglio delle tracce che compongono il disco, c’è “Tarantelle”, che oltre a dare il titolo all’album, è anche uno dei pezzi più tosti…

Sì, è una delle tracce più ‘’serie’’, diciamo. Ho ritrovato una cassetta del 1985, dove c’è mia mamma che mi parla, che lei stessa registrò quando avevo tre anni. L’ho estrapolata e messa su un beat e già dall’intro quindi capisci che voglio parlare di me da bambino. Sono io che guardo Clementino da ragazzino, quando era pieno di sogni. Poi parlo di tutto quello che è successo: dalle scuole elementari fino ai passaggi delle mie canzoni in radio e di come è stata dure superare determinati ostacoli…

Invece poi c’è la parte più divertente, che comprende anche ‘’Chi Vuole Essere Milionario’’ con Fabri Fibra

Quella è sicuramente la hit estiva. Io e Fibra abbiamo una storia che va avanti da un po’ di anni, dall’album Rapstar. Poi ci siamo alternati con collaborazioni l’uno negli album dell’altro… Un po’ mi mancava stare sul beat con lui e dopo qualche anno siamo finalmente tornati insieme e sembra che la ricetta funzioni ancora alla perfezione. Al di là poi della leggerezza, il brano ha anche una morale, ovvero che chi cerca di volere per forza tutto, non lo sa gestire e poi si ritrova con niente, che è un po’quello che è successo a me… Diciamo che non ho saputo gestire la troppa fama, mi sono sempre messo in mano a situazioni sbagliate convinto di essere un supereroe e di poter superare tutto. Alla fine però non ho superato un cazzo, anzi, sono caduto dentro questo vortice e adesso che sto finalmente bene, sono riuscito a rendermi conto di tutto quello che è successo in questi anni, mettendolo nero su bianco nel disco.

E’ stato difficile uscirne?

Sì, perché alla fine è vero che ci vuole l’amore della famiglia e dei tuoi amici, ma è la tua testa quella che deve uscire dai problemi.

Cosa ti ha fatto capire che ti era sfuggita la situazione di mano?

Che non ero più me stesso, ecco. Non ero Clemente, ma solo Clementino. Non c’era più Clemente, ma senza di lui Clementino ‘ndo cazzo va?

Ti ha aiutato scrivere questo disco?

La musica per me è la prima terapia, mi ha aiutato molto. Scrivere, viaggiare, stare gli amici che ti vogliono veramente bene… Sono contento, perché quando produci molti dischi, e tutto quello che ho fatto nella mia carriera, riesci con il tempo ad acquisire una maturità tale per poter pretendere di tirar fuori l’album perfetto. Per farlo, non esiste nient’altro se non la musica. Ed è quello che ho fatto, accompagnato da una squadra fortissima come Universal, Polydor, Big Picture…

Come lo descriveresti con un termine?

Vero. Io lo dico sempre: il rap è verità, non ci sono cazzi. E’ un genere che ti aiuta se dimostri quello che sei e quanto vali.

Essendo stato lontano due anni dalla scena, cos’hai trovato al tuo ritorno? Ti aspettavi un mercato così saturo?

Io non rappo da due anni, arrivo dagli anni ’90, li ho visti crescere, diventare famosi e poi boom, crollare, così tantissime volte. Io ho mantenuto sempre la mia linea. Che cosa vuol dire: io un giorno mi devo trovare sul palco a impazzire per la scaletta perché ho talmente tanti brani che non so quali eseguire live. Ma devono essere tutti pezzi di cui vado fiero, tranne magari qualche scheletro nell’armadio. L’importante, anche a distanza di anni, è essere originali. Perché quando hai l’originalità, dopo che senti tre secondi di un pezzo, riconosci subito chi stai ascoltando. Quindi tutto okay, basta che non arriva il nuovo Clementino, ecco. (ride, ndr.) Poi credo che con questo album il mio posto non me lo levi nessuno.

Perché lo credi?

Sai, aver aspettato due anni è stato un bel salto nel vuoto, però credo che se avessi aspettato tre mesi, bene o male sarebbe uscito lo stesso Clementino di sempre, invece così è andata diversamente. In due anni ho scritto oltre 70 pezzi…

E come hai fatto?

Vai in studio ne scrivi due, poi ad Amsterdam e ne fai altre otto, poi a Napoli altre otto, poi ti chiama un tuo amico e ti viene in mente un ritornello… Sono arrivato ad averne veramente tante, credimi, non immagini.

Come sei arrivato ad averne quattordici poi?

Perché escono da sole le più forti. Magari levi una strofa da qua e la metti di là. Riesci a tirare fuori un prodotto serio e di qualità.

Avendo uno storico così grande, qual è il pezzo di cui vai più fiero, ma anche, quello di cui ti vergogni di più?

Ci sono tanti pezzi di cui vado molto fiero. “O’ Vient”, “La Mia Musica”, “Chimica Brother”, “Cenere”… Ma il pezzo che mi ha fatto piangere durante la stesura, è stato “Quando Sono Lontano”. Il bello è che non l’ho scritto mentre ero lontano, ma tornando a casa. Sono stato tre anni a Roma, cinque a Milano, ho visitato tutto il mondo e quando sono tornato a casa, dopo il mio periodo milanese, ho scritto “Quando Sono Lontano” e riascoltandola poi mi sono messo a piangere.

E quelli di cui ti vergogni?

Dai, ce ne sono tanti! Quando inizi da ragazzino e poi ti riascolti dopo vent’anni pensi: ma che merda è sta roba? Ne ho fatti tanti, molti avrei anche evitato in realtà, ma non me ne vergogno, fanno parte del mio percorso e mi hanno portato a essere ciò che sono oggi.

Uno dei video presenti su YouTube che più mi diverte è il tuo insieme a Helen Mirren che cantante “Cos Cos Cos”, mi puoi raccontare come è successo?

Eravamo a Capri. In Sostanza io ho incontrato, uno dietro l’altro Gerald Butler, Antonio Banderas e poi lei. Per dire, pure la regina Elisabetta ha cantato “Cos Cos Cos”! Il mio caro amico Pascal Vicedomini, ogni volta che ha a che fare con queste importanti occasioni, mi coinvolge sempre. La cosa bella è che loro si mettevano in gioco e cantavano! Non è che pensavano “ma che cosa mi fai fare” e si rifiutavano. Stavano proprio al gioco! E’ internazionale “Cos Cos Cos”, son tre lettere, quindi la imparano proprio tutti! Che poi, il pezzo ha fatto il disco d’oro per la legge musicale, ma secondo me è disco di diamante, perché il disco tarocco sulle spiagge di Caserta e di Napoli, ce l’hanno tutti! Pure in America (ride, ndr.)



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