DAVIDE SHORTY E

IL SOUL

di Federico Ledda

DAVIDE SHORTY

E IL SOUL

di Federico Ledda

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A chi se lo stesse chiedendo, tranquilli, in Italia il Soul è vivo e vegeto e, anzi, non è mai stato meglio.
È tutto merito di Davide Shorty che grazie al suo recente album “fusion” ha portato nuove sfumature a un genere che nel nostro paese è visto sempre come qualcosa di troppo lontano. “fusion.” si presenta come un disco intenso ed elegante che ti cattura con intelligente delicatezza.
Passione, stile e originalità hanno portato l’artista a gareggiare a Sanremo con il brano “Regina”, pezzo che gli ha fatto guadagnare ben tre premi, tra cui quello della sala stampa Lucio Dalla. Lo abbiamo intervistato.

Cosa è significato per te partecipare a Sanremo e provare a portare il soul su Rai 1?

Una bellissima opportunità. È arrivato finalmente il momento di dare spazio a questo genere in Italia, avere una piattaforma così grande rappresenta una possibilità di educare l’orecchio dell’ascoltatore medio a qualcosa di nuovo. Al di là di tutto ciò, per me è stata davvero una visione che è diventata realtà, e non posso che esserne infinitamente grato.

Come credi abbia reagito il grande pubblico al tuo brano?

Sono quasi stordito da tutto l’amore che è arrivato in questi mesi. “Regina” mi ha sicuramente cambiato la vita e ha segnato l’inizio di una nuova avventura. Ho ascoltato tantissime cover e mi sono commosso nel vedere quanto la mia musica fosse entrata a far parte della vita di così tante persone.

Arriva poi il tuo nuovo album, “fusion.”. Che significato ha per te?

È il mio manifesto. È lo specchio degli ultimi 3 anni di vita, una fusione di tantissime esperienze, persone ed emozioni. L’aver avuto la possibilità di entrare in contatto con culture diverse fuori dall’Italia è probabilmente una delle ricchezze più grandi che ho conosciuto.

“fusion.” ma anche confusion. Cos’è per te la confusione?

Uno stato naturale, ma passeggero se vogliamo.
La confusione a volte è stata una grande consigliera nella mia vita che ha come innescato un istinto di sopravvivenza.
Mi è capitato tante volte di trovare le parole nella confusione, come se la soluzione fosse all’interno della confusione stessa.

Hai di recente suonato al Primo Maggio di Bologna, come è stato tornare su un palco?

Ne avevo veramente bisogno. La performance è sempre stata una delle più belle terapie nella mia vita. È sempre un’esperienza nuova e a tratti trascendentale. Non mi era mai successo di fermarmi così a lungo. Nonostante la bellissima opportunità di essere sul palco a Sanremo, l’energia e l’atmosfera di un concerto è qualcosa di veramente poetico che non può essere rimpiazzata.
Dovermi distaccare dal palco così forzatamente, per ormai un anno, è servito a scrivere musica nuova e a conoscermi meglio, ma adesso è davvero il momento di ripartire.
Una folla di persone che vibrano alle stesse frequenze… Una magia che abbiamo dato per scontata. Non vedo l’ora di poter rivivere tutto questo! Quando mi è arrivata la mail con le date del tour il cuore mi batteva fortissimo!

Parlando sempre di Primo Maggio a fare “scalpore” è stato Fedez e il suo discorso contro la censura politica. Cosa ne pensi a riguardo? Qual è secondo te il modo in cui le cose possono cambiare?

Wow… bella domanda. Non ce lo siamo sempre chiesti tutti come possono cambiare le cose? Ammiro il gesto di Fedez e sono felice che abbia utilizzato un momento mediatico così grande per puntare il dito su un problema altrettanto grande. È stato chiaro e ha esposto delle verità che le persone hanno bisogno di ascoltare, per crescere e combattere il pregiudizio. Parlare di censura nel 2021 francamente mi fa un po’ paura, ma la paura può rivelarsi un nemico interessante da combattere. Purtroppo, la libertà di amare chi si vuole e di essere come si vuole, è costantemente minacciata. Esporre il problema è certamente un passo in avanti, ma non ci si può fermare mai. Mi sembra quasi che educare le persone alla libertà sia un tabù nel nostro paese ma credo parta tutto da lì. Dall’educazione.

Mi ha particolarmente toccato il brano “Non Respiro”. Quanto è cambiato il mondo secondo te dalla nascita del movimento BLM e, quanto ancora c’è da fare nel nostro paese?

La verità è che io scrivo canzoni per processare la rabbia che certi eventi mi causano.
Sono bianco e non ho mai subito alcun tipo di discriminazione in base al colore della mia pelle. Non so quanto è cambiato il mondo, spero stia cambiando, perché delle volte sembra senza speranza. Quando vedi esseri umani essere uccisi da coloro che dovrebbero essere protettori, sembra non ci sia limite al peggio. In Italia la faccenda è leggermente diversa. Il razzismo assume tante altre forme tendenti alla xenofobia. Per combatterlo bisogna parlarne, bisogna studiare ed essere disposti ad ascoltare. Può suonare ripetitivo, ma la scuola non ti insegna a riconoscere il razzismo in maniera chiara. Sarebbe bello che si studiasse una storia più equa. Chi ha un privilegio ha il dovere morale di utilizzarlo per controbilanciarlo, a maggior ragione se si ha una piattaforma per poter divulgare un messaggio di uguaglianza.

È stato interessante sentire l’estrema cura che hai avuto nella lavorazione di questo progetto. Come è stato lavorarci e, da dove viene l’ispirazione?

Grazie di cuore per averla notata. A Settembre 2018, io, Claudio Guarcello (piano), Emanuele Triglia (basso) e Davide Savarese (batteria) abbiamo passato una settimana vicino a Lago Maggiore, nello studio del nostro amico Andrea Guarinoni. La natura, la meditazione, la vita, le persone, l’ansia, gli ostacoli, il dolore ma anche la liberazione. È stato un bellissimo viaggio poterlo creare insieme ad anime speciali. Si sono create nuove connessioni e nuove amicizie grazie a questa musica. Adesso è tempo di portare tutto questo sul palco.

Un brano che secondo te ha fatto la differenza nella musica?

Blue In Green, Miles Davis



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