NICE TO MEET YOU

MISSEY

di Michela Luciani

NICE TO MEET YOU

MISSEY

di Michela Luciani

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In questi giorni di clausura forzata sarà capitato a tutti di buttare un occhio fuori dalla finestra e di guardare i colori del cielo al tramonto. Ora, il mio consiglio è di ripetere questo gesto lasciandovi accompagnare dalle sfumature vocali di Missey, per entrare completamente nelle atmosfere del suo primo Ep.
Ci siamo fatti raccontare qualcosa in più su di lei ed abbiamo conosciuto una ragazza determinata, che non ha paura di sperimentare e di attraversare con sicurezza questa sua prima parte del celeste.

Ciao Missey, ci racconti chi sei?

Ciao! Sono Missey, ho venticinque anni e canto da quando ne ho dieci. Ho deciso di scommettere sul mio progetto tra Foggia, la mia città natale e Milano, la città in cui mi sono trasferita sperando di sviluppare i miei piani (fortunatamente è andata così). La musica ha seguito la mia intera crescita, tra Jazz, Hip Hop, R&B, Soul e generi più sperimentali: tutto quello che mi hanno trasmesso le voci dei miei artisti preferiti mi ha toccato così in profondità da spingermi a voler dire la mia, a superare forti timidezze e insicurezze raccontando esperienze personali e pensieri nei pezzi che scrivo.

Il 6 marzo è uscito Prima parte del celeste, com’è nato questo progetto?

Questo progetto è nato in maniera molto naturale, ho aspettato gran parte della mia vita per realizzare una cosa che sentissi tanto mia, in cui decisioni e responsabilità fossero prettamente mie nella produzione di tutti i brani. Quindi quando si è deciso di creare un EP, ho semplicemente cominciato a scrivere, a modo mio, curandomi veramente poco di quali potessero essere le aspettative esterne, delle persone che avrebbero ascoltato: volevo dare spazio a idee e sentimenti sinceri, perché era questo il primo valore importante che ero sicura sarebbe arrivato durante l’ascolto.

Se dovessi definire questo album con 3 aggettivi quali useresti? E colori?

Irrequieto, combattivo e speranzoso. Rosa, arancio e naturalmente celeste: i tre colori che mi son ritrovata di fronte, durante la scrittura e la registrazione delle prime demo del disco, di fronte alla mia finestra, nei tramonti invernali, il mio sostegno.

Ciò che salta subito all’occhio è la collaborazione con alcuni dei produttori più importanti sulla scena, come sono nate queste collaborazioni e quanto peso hanno?

Queste collaborazioni sono nate in modo differente tra di loro, in alcuni casi ho ricevuto dei beat eccezionali che subito ho voluto rimaneggiare, scrivendoci sopra, ancor prima di incontrare dal vivo alcuni produttori: avevamo già deciso di essere nella stessa squadra, a lavoro su qualcosa di figo. In altri casi è invece capitato che a priori si decidesse di realizzare un brano insieme, in quanto amici e musicisti: ci divertiamo così. Credo abbiano avuto un grosso peso queste collaborazioni nel disco, poiché tutti i diversi produttori sono stati capaci di lasciare la loro impronta sul beat, ma anche di lasciare che si mischiasse serenamente alla mia, con umiltà, disponibilità e sperimentazione.

Hai delle sonorità molto particolari, il Soul mischiato all’R&B e all’elettronica ricordano sicuramente scenari che vanno fuori dall’Italia. Ti sei mai chiesta come potessi essere recepita in Italia?

Me lo chiedo sempre più spesso, per anni ho studiato canto e la cosa che più mi ha segnato è stato capire di non dover imitare il modo di cantare di qualcun altro, mai, ma di “agevolare” e modulare la propria voce sempre secondo le proprie necessità e il proprio modo di essere. Ed è così che sono cresciuta, sviluppando la mia voce in un modo così personale che a volte forse confonde, la voce sale e scende, fa dei gradini che possono sembrare artificiosi, troppo edulcorati, ma la verità è che queste sonorità, questo utilizzo della voce per me rappresenta il modo più naturale, semplice e bello che conosca di cantare. Quindi spero che col passare del tempo la tendenza alla distinzione di generi musicali, quali più commerciali, quali più di nicchia, scompaia in virtù della voglia di scoprire il singolo artista e l’universo che porta con sé.

Anche la scelta di cantare in Italiano è molto insolita per il genere che hai deciso di portare avanti…

Insolita ma forse necessaria, quando scrivevo in inglese non sopportavo l’idea di non poter interpretare l’R&B in maniera credibile nella mia lingua, non lo trovavo né giusto né possibile. Andavano trovate le parole adatte, ma se fossi riuscita a trovare la chiave, sapevo che avrei potuto creare in italiano qualsiasi cosa volessi, a livello sonoro. Sicuramente questa decisione così insolita non è sempre comprensibile ad un primo ascolto, ma questo non è niente in confronto alla ricchezza che questa scelta mi ha donato.

Qual è il pezzo a cui sei più legata e perché?

Sono legata a tutti, sono diverse parti di me, ma forse “Mancava il tempo” con i B.W.B. è stato il pezzo in cui ho più messo a fuoco quello che voglio dalla mia vita e quello che voglio fare nella mia vita. Non è sempre semplice ammettere, soprattutto agli altri che ti ascoltano, che stai mettendo tutto te stesso nella cosa che ami, che bisogna essere sempre grati a tutti ma per prima cosa a se stessi per il coraggio, la pazienza e la determinazione messi costantemente nel proprio percorso.

Hikikomori significa chiudersi, stare in disparte. Come mai la scelta di chiudere il tuo EP con questo brano?

“Nessuno”, il brano con cui si apre l’EP, mette in luce la mia diffidenza, anche quando sono in mezzo alle persone a cui voglio bene e sono legata, cosa che mi rende costantemente nervosa. Questo è stato il mio punto di partenza nella vita quotidiana quando è cominciata la mia avventura musicale. Poi con calma e con l’accettazione dei miei limiti e pregi, sono cambiata, mi son lasciata andare e ho riscoperto il piacere di fidarmi e godermi la stabilità dei rapporti che mi sono intorno. Per questo “Hikikomori” era la chiusura perfetta di questo percorso: significava stare in disparte, ma non più da sola. Nello specifico tratta di due persone che si incontrano, e che sole in una stanza sentono di non aver bisogno di altro, se decidono di essere se stesse l’una con l’altra. Questa è stata esattamente la mia metamorfosi.



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