RAIN DOVE: I AM I
di Federico Ledda
RAIN DOVE: I AM I
di Federico Ledda
“Dovremmo essere liberi di poter scegliere noi stessi cosa essere, se essere uomini o donne.”
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Appena la incontro mi mette subito a mio agio. Arriva, un po’ in ritardo, accompagnata dalla fidanzata Sierra. Il ritrovo è un bar in Piazza Cavour, c’è un po’ di vento ma si sta bene, è una delle sera d’estate e il cielo su Milano è di un blu intenso.
Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo tre margarita, così per rilassarci un po’. La prima cosa che le chiedo mi esce proprio spontanea, come ti definisci? Che tipo sei? La sua risposta poi, è stata bellissima. Io sono io. Non sono uomo, non sono donna. Sono Rain.
Così è iniziato il mio incontro con Rain Dove, la modella gender fluid che sta facendo parlare di sé per il suo impegno sociale in difesa degli esseri umani oltre che per la sua immagine che perfettamente si abbina al mondo maschile e a quello femminile. Lo sa bene Sisley che l’ha appena resa testimonial della campagna con il messaggio sociale #OneOfAKind o, Calvin Klein che lancia la sua carriera facendola sfilare per il menswear a New York coperta solo da un paio di boxer da uomo. È coraggiosa Rain, (sì, si chiama come la parola “pioggia” in inglese e sì, è il suo vero nome, ndr.) che è riuscita a fare della sua particolarità un talento, rompendo un po’ di più il muro dei pregiudizi.
Chi sei?
Chi sono? Io sono Rain Dove. Io sono io. Sono un essere umano, così come tutti gli altri. Sono una modella, attivista e attrice.
Come è iniziata la tua carriera?
E’ iniziata dopo che ho perso una scommessa di football americano contro un’altra modella. Non mi interessava essere una modella, non mi era nemmeno mai passato per la testa, mentre invece lei sosteneva che avessi il viso giusto. Abbiamo quindi scommesso sull’esito di una partita e se io avessi perso, mi sarei presentata a un casting di sua scelta. Così andò, e così mi presentai a un casting di Calvin Klein qualche mese dopo.
E come andò?
Quando mi presentai là, mi dissero di essere nella giornata di casting sbagliata. Guardandomi in giro infatti, vedevo solo modelle con i capelli lunghi e bionde. Giuro che erano tutte bionde, a parte una con i capelli rossi. Pensai quindi facessero il casting diviso per colore di capelli e così mi presentai il giorno dopo. Al mio arrivo realizzai che il casting era solo maschile, pensai: ”mi hanno scambiata ancora per un uomo”, ma la cosa mi divertiva. Così feci il casting e mi presero, realizzando quale fosse il mio sesso reale. Al momento della sfilata, mi diedero il mio outfit che era solamente un paio di boxer maschili.
La sfilata era iniziata, erano momenti frenetici. Avevo quindi un secondo per fare la mia scelta, che poteva essere scappare in lacrime oppure, far rimpiangere alla mia amica di aver vinto la scommessa sulla partita. Scelsi la seconda, e sfilai in topless, coperta solo da un paio di mutande da uomo. Così iniziò la mia carriera da modella.
Cosa ti spinse ad andare avanti anche dopo la scommessa?
Il fatto che se la gente può spendere anche tremila dollari per una borsa, forse ne può spendere tre al mese per garantire acqua pulita a chi non ce l’ha. Ogni persona ha diritto ad avere acqua, cibo e un rifugio. Ho pensato che questo lavoro avrebbe potuto garantirmi una piattaforma per raccontare a molte più persone quello per cui mi batto.
Come sei diventata attivista?
Lo sono sempre stata. Ho sempre voluto fare qualcosa per gli altri. Ho avuto un paio di esperienze dove sono stata molto vicina alla morte, anzi, a volte penso di essere proprio morta. Questo mi ha fatto apprezzare di più la vita. Anche quando sei triste, quando sei arrabbiato. E’ comunque fantastico potere provare delle emozioni. Ti rendono vivo. Avendo passato dei periodi estremamente bui nella mia vita, dove non sentivo niente, ho deciso di aiutare le persone, così che non si sentano mai sole e perse come lo sono stata io. Ho sempre pensato che essere un’attivista significava esclusivamente andare nei paesi del terzo mondo e aiutare. Tipico pensiero da persona bianca. Invece non è così, si può aiutare in tantissimi modi e con qualsiasi mezzo.
Che tipo di attivista sei tu quindi?
E’ un misto tra esperimenti sociali, arte ed espandere la mia voce. Lo amo. C’è così tanto che si può fare.
Qual è il tuo obiettivo principale come attivista?
E’ un obiettivo semplice: garantire a ogni essere vivente accesso ad acqua, cibo, un posto dove dormire e cure mediche. Le quattro cose che ognuno di noi ha bisogno per sopravvivere. So che non ce la farò mai da sola, ma ce la metterò tutta. Siamo tutti una cosa sola, allo stesso livello.
SISLEY #OneOfAKind advertising
Cosa fai nel tuo piccolo per attuare un cambiamento?
Faccio diverse cose. Innanzi tutto ”dono” i miei canali social come piattaforma a chi ha bisogno di fare sentire la sua voce. Associazioni, organizzazioni, etc. Ad esempio, se c’è un’organizzazione che si occupa dei diritti di persone di diversi colori ed etnie, o sessualità, do libero acceso ai miei canali così che possano diffondere la loro voce.
Poi?
Mi piace fare esperimenti sociali. Credo nella differenza tra gender e sesso. Il sesso è quello che ti caratterizza in base a come nasci. Sei una donna se hai la vagina, sei un uomo se hai il pensa. Il gender è invece quello che completa la tua persona. Chi è che può definire quello che siamo se non noi stessi? Dovremmo essere liberi di poter scegliere noi stessi cosa essere, se essere uomini o donne. Dovremmo essere apprezzati e definiti in base a quello che scegliamo di essere, non a quello che dovremmo essere. Io sono io, tu sei tu e non ci sarà mai un’altra persona così.
Cosa pensi di Beyoncé? E del suo essere femminista?
Sono fermamente convinta che le donne esistano perché la società ci ha separate definendoci donne in base a quello che abbiamo nelle mutande. Io non credo nei corpi, credo nell’essere. Mi definisco un’esistenzialista, ognuno è com’è e non dovrebbe essere definita donna solo per un paio di tette. Le femministe combattono l’oppressione del genere femminile all’interno di alcune culture denunciandolo, cercando l’equazione dei sessi. Rispetto davvero tanto tutto questo. Così come ammiro Beyoncé che utilizza la sua rilevanza per fare del bene. Sta facendo un lavoro incredibile.
Parlando del tuo lavoro, ti trovi più a tuo agio indossando vestiti maschili o, vestiti femminili?
Con quelli socialmente definiti da uomo. Perché puoi fare come ti pare. Con quelli da donna hai da rispettare degli standard: fianchi, seno, taglia etc… Sono più a mio agio indossando menswear, ma quando mi vesto a donna mi sento potente. Forte. E’ divertente perché quando mi vesto da donna, la gente creda che sia un transgender, pensano: ”starà diventando una donna? Starà diventando un uomo? Quale direzione starà prendendo?”