IL RITORNO DEI

NU GENEA

di Federico Ledda

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NU GENEA

di Federico Ledda

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Qual è il trucco per suonare freschi, solari e d’avanguardia? Trasferirsi nella fredda Germania. Ebbene sì, sembra essere questo il cocktail perfetto per il sound dei Nu Genea. I ragazzi napoletani tornano con un nuovo nome e ancora più forti di prima.
Parlandoci, cercavo di capire come si potesse riuscire a rimanere interessanti sfornando brani eleganti, di un sapore diverso e dal suono internazionale. Il contrasto che si crea tra il lavoro e la propria residenza, Berlino fa sì che il mantra dei Nu Genea sia il pensare fuori dagli schemi. Ed è esattamente ciò che hanno fatto proponendo all’artista francese Celia Kameni di collaborare con loro portandola perfino a cantare in napoletano. Missione che l’artista ha compiuto più che egregiamente donando a Marechià (questo il titolo del brano) un’atmosfera davvero speciale. Per concludere, direi quindi che, sì, il trucco per suonare così bene è pensare in maniera libera, farsi contaminare e sicuramente vivere dove c’è freddo.

Un nuovo nome. Da cosa nasce questa idea?

Il precedente nome era stato scelto in relazione alla natura dell’isola della Nuova Guinea che con la sua varietà faunistica e floreale ci ispirava una musica ricca di colori. Con il passare del tempo abbiamo avuto modo di fare una riflessione più profonda sull’origine della parola Guinea e il pesante passato colonialista che sia l’isola del sud pacifico che la nazione africana si portano dietro.
Siamo assolutamente per lo scambio musicale e culturale e proprio per questo non ci sentivamo che fosse di giusta sensibilità mantenere un nome del genere. L’argomento dell’appropriazione culturale vive su una linea sottilissima ed è complicato definire ciò che è universalmente giusto o sbagliato. Noi abbiamo fatto quello che abbiamo sentito più vicino al nostro messaggio musicale, che parla di interazione, scambio e condivisione, che per noi sono un mantra.
Abbiamo così trovato nel termine Genea – dal greco “nascita” – il termine perfetto che racchiude il senso del nostro viaggio musicale: mescolare ed amalgamare svariati suoni e culture per dare vita a qualcosa di sempre nuovo e diverso.

C’è stata un po’ di confusione all’inizio?

Lucio: C’è tutt’ora! Capita che io stesso mi sbagli (ride, ndr.). È solo una questione di tempo. Devo dire però che la gente ha recepito bene. Per esempio a Milano, eravamo fuori dal Castello Sforzesco e dei ragazzi hanno detto “Raga ci sono i Nu Genea!”, quindi ho pensato: “che bello che sanno già il nuovo nome!”. Sta arrivando, è una fase di transizione che spero durerà poco.
Massimo: Devo dire che abbiamo anche ampliato il nostro pubblico riuscendo ad arrivare a persone che magari prima non ci conoscevano e che quindi ci conoscono solo come Nu Genea.

Siete tornati in grande stile collaborando con un’artista (Celia Kameni) molto interessante e che tra l’altro qualche settimana fa divideva il palco con Sting. Come l’avete conosciuta?

Massimo: L’abbiamo conosciuta durante un festival in Belgio. Noi eravamo con la nostra band al completo e lei cantava con Leroy Burgess. Immediatamente ci ha colpito la sua voce quindi abbiamo cercato di rimanere in contatto promettendoci che avremmo lavorato insieme. In seguito, io e Lucio abbiamo scritto il brano e ci siamo detti che potesse funzionare benissimo con Celia. Lei è rimasta contentissima pur non conoscendo per niente il napoletano.

Come è andata?

Massimo: È stata una grandissima interprete. Durante il lockdown abbiamo fatto varie prove di pronuncia, purtroppo tutto a distanza. Abbiamo parlato con lei e le abbiamo fatto registrare vari take, sia della parte francese che di quella napoletana. Talmente ci siamo allenati credo che a questo punto abbia ormai un accento napoletano. Nessuno ci ha detto “si sente che non è napoletana”. È stata davvero meticolosa.

Qual è il trucco per fare brani che sanno di estate pur vivendo metà dell’anno in un posto sempre freddo?

Lucio: Bella domanda! Sai, forse è proprio la voglia di andare al mare che ci sprona. (ride, ndr.).
Massimo: Partiamo dal presupposto che veniamo da Napoli e che quindi abbiamo una solida appartenenza alla città che ci ha formati. Infatti, “Nuova Napoli”, l’abbiamo scritto a Berlino proprio in un momento in cui ci mancava particolarmente casa. Anzi paradossalmente, quando abitavamo a Napoli abbiamo fatto anche cose più techno e scure. Probabilmente, la magia è stata proprio quella del trasferirsi. In più, ascoltiamo tantissima musica degli anni ‘70 e ’80 tutta molto colorata e che senza dubbio ci contamina.

Qual è la cosa che quando siete a Napoli vi manca di più di Berlino e vice versa?

Lucio: Capito che poi a queste domande si risponde con banalità? In primis il mare, poi il cibo e i rapporti umani. A Napoli c’è questa cosa della chiacchera con qualsiasi personaggio che incontri, dal salumiere al fruttivendolo. Fanno parte di tutto questo mondo teatrale che si porta dietro Napoli e che purtroppo a Berlino manca.
Massimo: Dall’altro lato però una cosa di Berlino manca sicuramente a Napoli. È una città piena di culture diverse ma purtroppo c’è molta meno integrazione rispetto alla Germania dove puoi avere confronti senza pregiudizi.

Qual è la missione di questo nuovo progetto?

Massimo: Il messaggio è sempre lo stesso, si è solo rafforzato. Tendenzialmente, con questo progetto puntiamo a poter esprimere le nostre influenze musicali di periodo in periodo. Il tipo di musica che facciamo è versatile e ci permette di sperimentare mutando nel corso del tempo. L’idea è quella di collaborare, di conoscere e imparare da culture diverse dalla nostra. Ci saranno artisti che sicuramente ti diranno che come obiettivo hanno quello di diventare i più famosi al mondo. A noi non interessa, vogliamo divertirci e farci contaminare per ingrandire il nostro bagaglio culturale e condividerlo con chi ci ascolta. È la cosa più importante di tutte.

Tre dischi che hanno contribuito alla vostra contaminazione musicale e che ascoltate spesso.

KOKOROKOBaba Ayoola
Enzo CarellaMare Sopra e Sotto
Peppino di CapriNun Può Dicere



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