IN VIAGGIO

CON STABBER

di Federico Ledda

foto di Alessandro Levati

IN VIAGGIO

CON STABBER

di Federico Ledda

foto di Alessandro Levati

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STABBER, un rinomato produttore che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama musicale italiano con la firma di alcuni dei brani più innovativi degli ultimi anni, fa il suo ritorno con il suo primo progetto ufficiale. Dopo anni di carriera dedicati alla produzione musicale, l’artista Stefano Tartaglini, questo il suo vero nome, ha finalmente deciso di dare vita a “TRUENO”, un viaggio sonoro che incarna un’identità consolidata e riconoscibile. In questa intervista, il producer condivide il concetto alla base del nuovo lavoro, ispirato dalla cultura del drifting e dalla sua continua ricerca artistica e personale. Coinvolgendo più di venti artisti nel progetto, STABBER ha plasmato ogni traccia su misura per ogni ospite, trasformando le voci in elementi integrali della struttura musicale del lavoro.

Come mai un disco ora?

Non lo volevo fare, ho evitato in tutti i modi di fare questa cosa perché sapevo che sarebbe stata estremamente faticosa. Devo dire però che mi hanno convinto e ci ho messo tutto me stesso dentro.

Per lavorare a questo progetto hai guardato agli album dei producer stranieri?

Forse l’unico che mi viene in mente è quello di Metro Boomin, lui è bravissimo. Però no in verità, se devo guardare fuori, musicalmente parlando non mi pare ci sia qualcuno che abbia fatto qualcosa di simile alla mia.

Che cosa ti ha contaminato durante la lavorazione? Penso anche ai cerchioni nella tracklist, spiegami.

Ho sempre avuto una grossa fissazione per le auto giapponesi, infatti ho posseduto due Honda City Hatchback. Ricordo che durante l’università ne avevo, diciamo che mi sono sempre piaciuti i motori, specie quelli giapponesi. Il Trueno è sempre stato di riferimento per me, direi proprio che non è una bella macchina, però è diventata un simbolo grazie al movimento del drifting e tutto quello che ne ha derivato. Da subito ho detto che se mai avessi fatto questo disco, l’avrei chiamato Trueno.

La cosa interessante di questo lavoro sono sicuramente i featuring di mondi completamente diversi ma che comunicano in maniera eccelsa tra di loro, penso Gemitaiz, Angelina Mango e Lele Blade…

Quello è colpa mia (ride, ndr.).

Come hai sperimentato la cosa?

È un disco che ho assemblato man mano che cresceva. Alcune cose le avevo chiare da subito, altre lo sono diventate con un po’ più di tempo. Quando decidi di fare delle canzoni, cerchi una sinergia, devi pure pensare alle persone giuste, che comunichino bene tra di loro e devi essere anche capace a mettere gli ospiti a loro agio. Diciamo che quindi ho avuto il pregio e il merito di aver guidato questi artisti, per rimanere dentro la metafora sulle automobili.

È stato faticoso mettere insieme i vari ospiti?

È successo tutto in modo molto naturale, a parte alcuni momenti che ovviamente sono stati più pesanti e intensi e soprattutto scanditi dall’attesa. Devo dire che però ci siamo tutti divertiti molto, penso che i pezzi siano interessanti anche per quello, perché comunque si sente che chi ne ha preso parte lo ha fatto per fare una cosa diversa, ecco.

Qual è il brano che ti rende più fiero?

Più fiero non saprei perché mi piacciono veramente quasi tutti allo stesso livello, essendo pochi li ho proprio selezionati con cura. Uno che sicuramente mi ha riempito di gioia è “il profumo delle rose” con Danno e Dj Craim. Per me ha un valore umano proprio enorme, sono le due persone con cui ho cominciato questo lavoro. Cercare di ricreare quella forma di magia che c’era ormai 16 anni fa è stato bellissimo e aprire così l’album poi trovo che sia l’inizio giusto.

Secondo te sono pezzi che potrebbero funzionare anche all’estero?

Credo fermamente che se fossero stati cantati da artisti internazionali potrebbero tranquillamente fare la loro figura. Ho lavorato tanto al sound, ci ho messo mesi, specialmente mentre aspettavo la consegna dei featuring. Ho cambiato tante direzioni, questo mi ha permesso di sperimentare moltissimo. Mi piace pensare che potrebbe quindi avere un respiro più internazionale.

Chi includeresti di internazionale nel disco?

Probabilmente metterei insieme Mahmood con 070 Shake o con Sevdaliza, andrei sicuramente in questa direzione.

Magari nella parte 2?

Sì, se la farò, certo.

Nel tuo privato invece, che musica prediligi?

Ascolto musica tutto il tempo anche quando non voglio perché a casa anche la mia compagna ascolta tanta musica. Totalmente diversa da me, lei sente dai Joy Division a Chelsea Wolfe, questo però fa sì che io venga anche involontariamente, contaminato da suoni differenti e che aiutano sicuramente le mie produzioni.

Un brano che non deve mancare quando ascolti musica?

Sicuramente Comfortably Numb dei Pink Floyd.



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