VEGAS JONES
LOVES GOOD MUSIC
di Federico Ledda
pictures by Alessandro Levati
VEGAS JONES
LOVES GOOD MUSIC
di Federico Ledda
pictures by Alessandro Levati
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Alla fine l’importante nel rap game è essere veri. Real recognize real dicono in America, ma tra gli artisti degni di nota, che ci aiutano ad assimilare il genere nella nostra cultura, troviamo anche delle caricature, figli di un trend destinato a svanire.
Parlando di rapper che si contraddistinguono, non possiamo però non citare il fuoriclasse fuoriclasse Vegas Jones, che di questa cosa ha fatto il suo marchio di fabbrica. Da sempre attaccato al suo quartiere, Cinisello Balsamo (provincia di Milano), Vegas, classe 1994, sta facendo parlare di sé per ‘’La Bella Musica’’, il suo ultimo album, nonché uno dei suoi migliori lavori. Nato dopo un anno di lavoro che ha contribuito a una sorta di rinascita per il rapper, il disco è intimo e fatto per stare bene. Lo abbiamo incontrato qualche giorno fa…
Ti faccio una domanda che in questo periodo ti staranno facendo un po’ tutti: cos’è “La Bella Musica”?
Innanzi tutto è il mio nuovo album. E’ il diario di quello che mi è successo durante tutto l’ultimo anno. L’ho chiamato così perché quando mi rilasso, mi piace farlo ascoltando bella musica. Che sia qualsiasi genere musicale, eh. Si intitola così perché è un disco che va semplicemente ascoltato. E Non va visto come molti dei progetti ‘’finti’’ che escono oggi… Comunque, ‘’La Bella Musica’’ è anche per fare capire alla gente che non è Trap come la chiamano in giro, ma è musica. Non sono un trapper. Sono un rapper che fa anche Trap.
Questo album arriva dopo un importante cambiamento burocratico che da Universal ti ha fatto approdare in Sony… Ha influito sul materiale del disco?
Sicuramente sì. A livello pratico, quando faccio un disco, la gente con cui lavoro è la stessa di sempre. A livello di che cosa ti succede intorno però, questo ha sicuramente influito sul resto. Mi ha cambiato la percezione delle cose, mi ha motivato sotto alcuni aspetti e demotivato sotto altri.
In che senso?
Diciamo che se lavori sodo e non c’è qualcuno che valorizza il tuo lavoro è tremendo. Non vedo perché io lavoro e tu no. Perché devi farmi fare il culo quando tu non stai facendo niente? Non va bene questa roba. A me piace quando c’è un team che sa fare il suo lavoro, ti imbastisce e ti aiuta. Però di base mi trovo molto bene in questo periodo e ha sicuramente influito il cambio di etichetta, metodo di lavoro, collaboratori…
Come ha reagito il quartiere al nuovo album?
Da Dio, sono tutti presi bene. Non solo i giovani, ma anche gli adulti, che magari prima non si interessavano. L’altro giorno hanno appeso il disco d’oro che gli ho regalato al Fabrique, capito? Quella roba è peso, perché faccio un lavoro dove è tutto questione di approvazioni. Avere l’appoggio del mio quartiere è una gioia immensa. Vedere i ragazzini che sono così gasati, è indescrivibile, lo farei solo per loro…
Ascoltando l’album, uno dei pezzi che più mi ha colpito, è sicuramente ‘’Today’’ dove parli di un tuo amico che purtroppo non c’è più. Puoi raccontarmi cosa è successo?
E’ morto sul lavoro a 35 anni. Gli è caduta una trave in testa ed è morto sul colpo. Ho saputo la notizia cinque o sei giorni dopo in occasione del funerale. Io quella mattina dovevo andare in studio a registrare, ero già bello preso nella lavorazione del disco. Ero in un mood un po’ spirituale dark, sono arrivato in studio e ad aspettarmi c’era un beat di Joe Vain che si sposava benissimo. Ho subito scritto il ritornello, poi dopo il funerale l’ho completata. Ho fatto una contrapposizione tra la prima strofa, dove uno se ne va senza aver fatto quello che voleva nella vita, e poi, nella seconda parte racconto di una persona che va via avendo fatto qualcosa nella vita. Soddisfatta e che quindi va via con serenità, cosa che, per esempio, è successa a mio nonno pochi mesi prima.
Continuando ad esplorare l’album, l’unica collaborazione che troviamo, è con Fabri Fibra…
In realtà è colpa di Boston George che ha prodotto “Presidenziale”. Quando ho sentito quel cazzo di beat ho detto ‘’questa si chiamerà presidenziale e quindi deve esserci Fibra, basta.”. E’ lunica volta che l’ho pensato mentre lavoravo al disco. Alla fine Fibra è il presidente del rap italiano, per me è un esempio. Infatti nell’ultima parte della prima strofa l’ho anche detto. Presidential shit.
Qual è la domanda che vorresti ti facessero, ma che non ti fanno mai?
Cavolo…Forse questa, sai?
Dai, pensaci
Penso che alla fine ho davanti a me uno che ne sa, quindi, puoi chiedermi tutto quello che vuoi: cosa mi chiederesti?
Qual è il trucco per fare successo ma rimanere saldi al quartiere di appartenenza?
Ecco, vedi, questa per esempio è una bella domanda.
Grazie.
Comunque, il trucco è semplicemente rimanere lì. Fisicamente. E’ l’unica. Quando è arrivato il momento in cui ho iniziato a fare i soldi, e, che ne so, potevo comprarmi un attico a Milano, ho deciso di non farlo e di stare là. Cosa cazzo racconti bro, fai quello del quartiere e come fai due soldi scappi? No, io no. Io faccio il rapper di lavoro, racconto e ho bisogno di condividere. Sono quelle le ricchezze vere per me.
Senza fare nomi, nella tua testa, quanti rapper secondo te sono veri e quanti no?
Solo cinque o sei, non di più. Allora, aspetta, credo che sia un problema di età, infatti della vecchia scuola sono praticamente tutti reali. Nella nostra generazione, veri, puri al 100% ne conosco davvero pochi frate…
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