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EALA: IL GETAWAY CHE DEVI CONOSCERE

di The Eyes

EALA: IL GETAWAY

CHE DEVI CONOSCERE

di The Eyes

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A Limone sul Garda, sospeso tra acqua e roccia, si affaccia Eala: non un semplice resort, ma un rifugio che ripensa l’ospitalità contemporanea secondo nuove coordinate di lusso, sempre più legate all’essenziale. Adults-only, rigoroso e insieme empatico, Eala abbraccia il silenzio come valore e lo traduce in un’estetica che non vuole stupire, ma far respirare. Qui, ogni dettaglio è studiato per sottrarre, non per aggiungere. Le camere sembrano fluttuare sul lago, incorniciate da linee pulite e materiali naturali. La spa si sviluppa come un’estensione fluida del paesaggio, dove l’acqua interna si fonde visivamente con quella esterna in un continuum quasi meditativo. Il servizio è misurato, discreto, ma capace di accogliere con calore autentico. Non si viene a Eala per fare, ma per abitare un tempo diverso, più lento e più consapevole.

Nel cuore di questo equilibrio c’è anche Senso, il ristorante gastronomico firmato Alfio Ghezzi, che si inserisce nel racconto senza sovrastarlo. La cucina parla la lingua del territorio — pesce di lago, formaggi d’alpeggio, radici contadine — ma lo fa con una tecnica precisa e uno sguardo che non cerca l’effetto. Il percorso degustazione è netto, coerente, privo di compiacimento. Memorabili il panzerotto alla formaggella di Tremosine con crema di sarde e caviale di trota; lo storione con olive, limone e cioccolato bianco; e l’omaggio agricolo “Patate, patate, patate”, costruito su tre consistenze e attraversato dal profumo discreto del coregone affumicato.

In sala, il racconto continua con una squadra giovane e preparata. Antonio, sommelier dalla personalità decisa, sorprende con abbinamenti mai banali — un Marsala 2004 sul pesce, uno Champagne artigianale sulle patate — mentre Davide è una presenza affilata, attenta, capace di muoversi tra i tavoli senza mai distogliere dal paesaggio. Il dessert gioca sui ricordi d’infanzia dello chef — polenta, latte, stracciatella — ma si chiude con intelligenza, evitando ogni tentazione nostalgica.

Senso è parte di un insieme, non il suo fine. Il racconto di Eala si estende oltre la cucina, in un’idea di accoglienza che passa dalla selezione della carta dei tè all’uso della luce naturale, dalla silenziosità delle camere all’architettura che sembra voler sparire nel paesaggio. La sostenibilità non è uno slogan, ma una postura: l’acqua viene filtrata e servita in bottiglie di vetro serigrafate; il pane viene sfornato ogni giorno con lievito madre; l’olio extravergine arriva da piccoli produttori locali.

A Eala si respira un’aria rarefatta, quasi ipnotica. È un luogo che non ha bisogno di alzare la voce per farsi ricordare. Un equilibrio raro, che si raggiunge solo quando la visione è chiara.