BEATRICE VENEZI
E LE SUE EROINE
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati
BEATRICE VENEZI
E LE SUE EROINE
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati
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Tra le poche donne al mondo a dirigere orchestre a livello internazionale: dal Giappone alla Bielorussia, dal Portogallo al Libano, dal Canada all’Argentina, dagli Stati Uniti all’Armenia, abbiamo imparato a conoscere Beatrice Venezi durante l’ultima edizione di Sanremo e di Sanremo Giovani. Direttore Principale Ospite dell’Orchestra della Toscana e Direttore Principale dell’Orchestra Milano Classica, Venezi è il cambiamento di un settore prettamente maschile ed elitario come quello della musica classica. Estremamente giovane per il suo ruolo, Beatrice ha già portato a casa molte soddisfazioni collaborando con interpreti di fama internazionale come Bruno Canino, Stefan Milenkovich, Andrea Bocelli, e rilasciando il suo nuovo progetto Heroines: un omaggio all’empowerment femminile e alle sue icone che rivivono attraverso l’album dell’artista italiana. È un disco concentrato su Preludi, Sinfonie, Intermezzi e Suite orchestrali tratte da opere che presentano degli straordinari personaggi femminili di Verdi, Strauss, Shostakovich, Cherubini, ma anche di Piazzolla e Lloyd Webber. Sono presenti i ritratti sinfonici di quelle che nell’immaginario collettivo sono considerate delle icone per eccellenza – personaggi senza bisogno di presentazioni – come Giovanna d’Arco, Isotta o Evita, o ancora la Lady Macbeth di Shostakovich, una donna vessata e abusata che si conquista la propria libertà con l’omicidio. Il progetto diventa così un viaggio di oltre due secoli e un eroico inno alla forza personale.
Come stai?
Molto bene, grazie. Sono emozionata per questo nuovo progetto e spero che stia piacendo alla gente.
Sei riuscita a portare la musica classica a tutti, grazie anche alla tua partecipazione sanremese come ospite. È la tua missione? Come mai prima di te nessuno ha avuto successo nell’impresa?
Penso che il problema sia proprio la comunicazione. È risaputo che la musica classica sia nota come qualcosa di difficile o di elitario, non credo però sia così. Se si parte dalle storie che vengono trattate in queste opere, ci si rende conto dell’estrema attualità dei racconti e di come, in realtà, parlino veramente a tutti.
Hai notato dei cambiamenti?
Sì. Giusto qualche giorno fa ho tenuto un concerto a Cagliari ed era gremito di giovani. C’era molto entusiasmo, nonostante parte del pubblico non aveva mai avuto approcci con questo tipo di musica.
Qual è un’opera che consigli ai neofiti?
Forse “La Bohème” di Puccini perché è un ritratto risalente a poco più di un secolo fa e che racconta di alcuni giovani fuori sede che condividono casa. È interessante, ha dei ritmi molto veloci, succedono tante cose, è stata una novità nel suo genere, in quel momento c’erano opere lunghe, dove per dirsi ti amo ci mettevano venti minuti. È sicuramente più vicina alla sensibilità di un film o di una serie televisiva.
La tua opera preferita?
Difficile deciderne solo una! Forse “Lady Macbeth” di Šostakovič è un’opera che per me è un sogno nel cassetto: mi piacerebbe tanto poterla dirigere e spero possa accadere un giorno.
Tornando al tuo progetto, di cosa parla nel dettaglio? Eroine, figure femminili, ma in che modo hai scelto chi omaggiare?
loro storie. Hanno vite molto diverse: c’è la storia di una madre, di un’eroina del popolo, di una donna che parte dai bassi fondi, l’amore di Tristano e Isotta e molto altro. Ci sono tanti aspetti del femminile raccontati attraverso la musica.
Cosa ascoltai nel suo tempo libero?
Un po’ di tutto. Ascolto anche molta radio per capire quali sono i trend, che cosa funziona. Mi piace molto il brit rock alla Muse ed è forse ciò che preferisco.
La tua è una figura difficile e spesso improbabile nel mondo della musica classica. È stato difficile emergere come donna in un ambiente così tanto maschile?
Assolutamente. Lo è tutt’ora, parti con una marcia in meno. Se sei una donna e fai questo lavoro, nonostante il curriculum che hai e tutte le cose che tu possa aver fatto, quando sali sul podio devi dimostrare. Un collega di sesso maschile e con la mia stessa esperienza arriverebbe in scena e non dovrebbe dimostrare nulla, se non saper fare il suo lavoro. Invece una donna sarà sempre giudicata e questa è una cosa assolutamente tangibile.
Cosa possiamo fare per riuscire a risolvere questa differenza?
Io credo che ci sia un naturale ricambio generazionale che fa sì che questa cosa venga sempre meno percepita. Lo vedo quando lavoro con giovani musicisti e questo problema nemmeno si pone. Si risolverà credo in maniera abbastanza naturale. Nel concreto si può parlare di equiparazione degli stipendi perché purtroppo è ancora un tema, e supportare le donne e tutte quelle figure femminili che credono nella famiglia ma che non vogliono smettere di lavorare.