Q&A: DONDIEGOH & MACRO MARCO

Di Michela Luciani

Q&A: DONDIEGOH

& MACRO MARCO

Di Michela Luciani



” …la musica forse serve un po’ anche a questo, a darti un quadro preciso di quello che fai, metterlo nel tuo spazio mentale, per poi buttarlo fuori… “

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Abbiamo incontrato all’interno della Macro Beats Macro Marco e Don Diegoh, ed abbiamo parlato del loro ultimo, spudoratamente sincero, lavoro Disordinata Armonia. Un disco ricco, denso di contenuti e di bisogni, bisogni che possono essere colmanti soltanto sviscerandoli. I beats sognanti di Macro e le liriche personalissime e vissute di Diegoh, funzionano meglio di una seduta dallo psicanalista. Ci siamo lasciati andare ad una lunga conversazione, in cui entrambi da subito, mi hanno trasmesso l’amore per questo progetto e per ogni singolo dettaglio. Il loro feeling artistico non poteva far altro che creare qualcosa di unico e che forse, come siamo riusciti a farci anticipare, potremo gustare lentamente ancora per un po’…

IL TITOLO RAPPRESENTA UN ELEMENTO FONDAMENTALE, LA PRIMA IMPRESSINE CHE SI DECIDE DI DARE DEL PROPRIO LAVORO, MI RACCONTATE COME MAI SIETE PARTITI DA UN’ANTITESI E COSA SIGNIFICANO PER VOI QUESTE DUE PAROLE?

DD: Io ti parlo della parola disordine (ride, ndr)
No, a parte gli scherzi… il titolo non è arrivato proprio subito, e questo è un aspetto importante, è stata quasi una conseguenza molto naturale- tra l’altro eravamo proprio in questa stanza- di quanto stavamo registrando, arrivati alle battute finali del lavoro ci sembrava il miglior contenitore in cui racchiudere una sorta di caos che il disco un po’ vuole declinare. È un disco in cui ci sono tante aree semantiche, tante sfere emotive e questo caos trovava una sua sistemazione mano a mano che andavamo a sviluppare le immagini. In ogni pezzo c’è questa volontà di rimettere un po’ tutto a posto, anche quando le cose non hanno un posto preciso… la musica forse serve un po’ anche a questo, a darti un quadro preciso di quello che fai, metterlo nel tuo spazio mentale, per poi buttarlo fuori… da qui appunto, Disordinata Armonia.
MM: Sai…parlando molto della nostra quotidianità e quella della gente comune, la quotidianità odierna non è ordinata…è un delirio, però in quel delirio trovi la tua armonia, trovi il tuo il tuo flow il tuo modo di convivere in questo disordine, quindi ci sembrava la cosa più adatta al concept del disco. Sai quando si scherza e si dice “ho la casa stra disordinata però so perfettamente dove trovare le cose”, ecco l’idea invece di un ordine estremo ci sembra una cosa che al giorno d’oggi non è possibile…

DD: In effetti questo non l’abbiamo mai detto, ma entrambi nel parlare, come intercalare, siamo abituati a dire sempre TUTTO A POSTO, per poi parlare delle cose che magari non sono a posto, ma nel parlarne si rimettono quasi in ordine…
MM: Anzi il modo di dire che proprio usiamo spesso è quello di rispondere al “tutto a posto?” Con “tutto a posto e niente in ordine, come sempre.” (ridono, ndr)

LA SECONDA SCELTA PARTICOLARE È QUELLA DI DISTRIBUIRE IL VOSTRO LAVORO FISICO SOLO IN LP, COSA C’È DIETRO A QUESTA SCELTA?

MM: Ci sono due facce della stessa medaglia, la prima è quella strettamente legata ai canali di distribuzione della musica di oggi, la famosissima musica liquida, ed è normale che la fruizione maggiore sia quella legata agli Store digitali, d’altro canto per noi che veniamo da una certa scuola, il supporto fisico è sempre una cosa a cui teniamo. L’idea di fare solamente il vinile è nata in contemporanea con l’idea del progetto grafico, che abbiamo affidato a questo artista calabrese che si chiama Massimo Sirelli e… avevamo necessità di spazio, come abbiamo detto nella presentazione del disco è un contenitore che è già contenuto, il disco non è soltanto la musica ma è la totalità, lo abbiamo ragionato proprio in questo senso e quindi l’idea di stampare il vinile, che è un supporto cardine della cultura hip hop, unito all’idea di affidare la grafica a Massimo ci sembrava il connubio perfetto, non abbiamo avuto dubbi, subito abbiamo detto: vinile e digitale.
DD: Essendo appunto un contenitore già contenuto, quello che trovi in copertina diventa quasi a ben vedere e a leggere tra le righe, una guida dei pezzi, una traduzione pressoché fedele di quello che poi abbiamo messo nelle canzoni.

MM: Si…da qui la scelta di Sirelli, che è un artista che conosciamo da moltissimo tempo, che parte dal writing quindi ha un background molto vicino al nostro… sapevamo che era la persona adatta per tradurre quello che era il vocabolario del disco e trasformare il nostro linguaggio nel suo linguaggio artistico. Era da tantissimo tempo che avevamo voglia di collaborare assieme, abbiamo trovato l’occasione adatta per farlo.

PASSIAMO A VOI… INSIEME PER LA SECONDA VOLTA, COME È NATO QUESTO ALBUM E QUESTA COLLABORAZIONE?

MM: Si, in realtà avevamo già collaborato prima, ancora prima di XL in tempi non sospetti, più di dieci anni fa… io avevo prodotto alcuni brani nel secondo disco di Diego. Nonostante siamo di due generazioni un po’ diverse, io sono un poco più grande, avevamo già avuto questa collaborazione e siamo sempre rimasti in contatto, ci siamo confrontati molto nel corso degli anni su i vari progetti, ad un certo punto c’è stata l’idea di fare XL che è un brano pensato come fine a sé stesso. Avevamo voglia di dire determinate cose e di fare uscire un determinato sound e si è presentata quell’occasione, subito dopo abbiamo fatto un tour che si chiamava Radio XL, una forma particolare, un ibrido tra dj set e rap. Passare tanto tempo insieme, anche in viaggio, sicuramente ci ha dato l’opportunità di confrontarci sempre di più… abbiamo avuto l’idea di fare un secondo brano e di farlo uscire a un anno esatto di distanza da XL, nel momento in cui il brano ancora doveva uscire ci siamo ritrovati per cose tecniche, tipo shooting fotografici ecc… quasi inconsciamente ci siamo seduti a tavolino…nel senso di un tavolino del ristorante semplicemente per pranzare, non per fare progettualità (ride, ndr) e da lì il disco era già in lavorazione, non è un discorso di progettualità, è stato tutto molto naturale e spontaneo, che poi secondo me è la chiave migliore di lettura del disco, la spontaneità, probabilmente la chiave che ci ha permesso di fare tutto molto facilmente, il disco infatti è stato fatto in soli due mesi e mezzo.

DD: È stato fatto in due sole session di registrazione, più ovviamente la cura di tutti quanti gli altri dettagli… perché nel momento in cui coinvolgi altre persone al di là della cosa che può sembrare quasi fastidioso dover dare loro delle scadenze brevi su una cosa che poi, infondo, non è strettamente loro, perché comunque è un tuo progetto, abbiamo però avuto, uno: la fortuna di avere da Massimo, da tutte le persone che ci hanno aiutato per quanto riguarda l’audio, dai featuring, la massima disponibilità… due: secondo noi, la bravura di curare in prima persona tutti gli aspetti e di seguirli passo a passo, di interfacciarci continuamente nel mezzo di questa lavorazione che è quella che ha assorbito gran parte del tempo, perché sì… sono stati quattro o cinque giorni di registrazione, però due mesi e mezzo dove ogni giorno, anche su whatsapp, ci confrontavamo sul presente e su quello che poi saremmo andati a fare a disco uscito o da Gennaio in poi con il live e tutto quanto…
MM: Si fondamentalmente come ti dicevo prima, ricollegandomi al discorso della spontaneità del progetto, sicuramente ti porta anche a lavorarlo in una maniera diversa, ad essere preso bene, ad avere voglia di fare, di sentirci, di consigliarci… e la cosa bella è che tutte le persone che hanno collaborato sono entrate un po’ in questo mood, quindi non era tanto il discorso della scadenza… tutti sono entrati dentro al progetto con la voglia di fare qualcosa di bello, di divertente, di interessante, senza orari…essendo nostro il progetto è ovvio che noi abbiamo un’attenzione di un certo tipo, anche noi l’abbiamo dovuto incastrare tra mille altre cose che facciamo della giornata, però vedere che anche le altre persone si siano interfacciate con questo spirito, ci rende molto felici… anche perché non ci correva dietro nessuno, non avevamo fretta perché avevamo delle scadenze discografiche… è stato puro divertimento, ovviamente questo non significa che sia stato fatto così tanto per fare.

RIMMEL È SICURAMENTE LA TRACCIA PIÙ PARTICOLARE DELL’ALBUM, IL TITOLO SI PRESENTA COME OMAGGIO A DE GREGORI, ANNUNCIA L’UNICA COLLABORAZIONE FEMMINILE, MA RIPRENDE ANCHE LA CHIUSURA DELLA BARRA… COME VA INTERPRETATA VERAMENTE?

DD: Esattamente così! (ride, ndr) Questo è un pezzo sul quale abbiamo lavorato tanto e bene, perché l’idea era di portare a bordo Caroline (CRLN), è stata probabilmente la prima cosa che ci è venuta in mente proprio durante quel pranzo galeotto di luglio, in questo mega ristorante abruzzese buonissimo (ride, ndr). Portarla a bordo ma soprattutto farla esprimere prima di tutto come lei sa fare meglio, come ha detto Marco in altre occasioni che segue Caroline sin dall’inizio, non ci andava di farle fare un ritornello, di fare il pezzo e mettere il ritornello cantato in mezzo…
MM: Il classico pezzo rap con il ritornello cantato femminile…
DD: Quindi proprio parlando di questo, aggiungo una cosa mia, sono molto attento alla penna di chi scrive e canta, nel senso che magari hai una bellissima voce però ti manca quell’immaginario e fortunatamente hai un’altra persona che ti aiuta a scrivere, oppure scrivi con più lentezza…Caroline invece ha una penna incredibile, tira fuori delle immagini che mi piacciono tantissimo e mi sono sempre piaciute, anche nei due lavori precedenti, quindi di conseguenza per me era prima di tutto questo lo stimolo, avere una persona che con la sua autonomia, con la sua voglia, il suo mood scrivesse determinate cose. Abbiamo cucito un’atmosfera per lei, abbiamo fatto in modo grazie a Marco e Nicholas, che ci ha aiutato su questo brano, di fare convivere quell’atmosfera con l’atmosfera della seconda parte che ho fatto io, ed il risultato è davvero soddisfacente. Per il titolo al di là che io sono sempre stato uno fissato con De Gregori, come hai detto tu, c’è questa chiusura, e se ci fai caso il discorso di dire “le tue non son rime, è rimmel” al di là della provocazione è poi in qualche modo legato al concetto della traccia #nofilter…
MM: Si, ci sono più punti in cui trovare la risposta, giustamente ci sono queste tre cose che hai notato anche tu, anche il discorso dell’ambito femminile… poi ognuno può trovare un po’ la sua, probabilmente anche noi dobbiamo trovarla, nel senso che vanno bene tutte e tre (ride, ndr). Come diceva Diego, è stata la prima cosa che abbiamo immaginato ma è stato l’ultimo pezzo del disco che abbiamo chiuso, quindi comunque nonostante il tempo sia stato breve, nel tempo breve c’è stato molto lavoro, proprio per fare sì che il risultato fosse quello che avevamo in mente.
Ho pensato di costruire queste due atmosfere molto diverse, che potessero convivere l’una con l’altra, ma più che convivere, vivere assieme su una spina dorsale comune, siamo contentissimi di quello che è venuto fuori e di aver dato uno spazio a Caroline che si meritava, come abbiamo provato a farlo anche con gli altri featuring, non abbiamo incollato dei ritornelli sui nostri brani, siamo riusciti ad andare oltre e creare delle cose veramente compatte.

SENZA TRUCCO, #NOFILTER… IN EFFETTI è UN TEMA CHE RICORRE SPESSO ALL’INTERNO DELL’ALBUM

DD: Si, come dicevamo prima è fondamentale la genuinità e la spontaneità, perché mettere tutti questi specchi prima di uscire? Perché zuccherare troppo la cosa quando in realtà è amara? Anche per le aree concettuali che sono state fatte esplodere pezzo dopo pezzo, dal lavoro alle relazioni personali, il modo migliore per parlare di queste cose, che appartengono a tutti, è quello di farlo come ognuno di noi farebbe con sé stesso, senza raccontarsela. Per cui quando fai questo lo evidenzi, perché hai voglia che si capisca…magari sono io troppo ripetitivo, ma mi faceva piacere sottolinearlo. Ti ci puoi interfacciare, perché non trovi fronzoli, non trovi troppe costruzioni o cose patinate, ti arriva…la musica ti deve proprio arrivare e a me arrivano le cose più spontanee.

CHE POI È UN PO’ L’INTENTO DEL RAP…NONOSTANTE FORSE SI SIA UN PO’ PERSO.

DD: Si, ma anche della nuova Indie.
MM: Si, ma questo è un concetto che può essere interpretato male, sai nel rap c’è sempre stato un po’ questo discorso conflittuale del vero hip-hop…quello che noi diciamo nel discorso del #nofilter non è perché noi facciamo il vero hip hop, è una cosa strettamente legata all’immaginario di noi, di come ci approcciamo a determinate cose con la musica che è parte fondamentale della nostra vita, è lì che sottolineiamo la cosa, non nella contrapposizione con qualcun altro o qualche altro genere o sottogenere. Parliamo di noi, della nostra vita quotidiana la contrapposizione magari è sui fenomeni culturali di costume come l’utilizzo esagerato e finto dei social network, delle instagram stories dove tutto è bellissimo, tutti si divertono…è lì che subentra l’hashtag nofilter, perché per noi non è così, ed è quello di cui parliamo.

DON MI PARLI DI “DODICESIMA RIPRESA”?

DD: Grazie mille, non me lo chiede mai nessuno! Dodicesima ripresa è un brano di cui andiamo parecchio fieri perché ci abbiamo lavorato tanto, con l’aiuto di Benjamin Ventura, tastierista che ha tanti progetti con molti personaggi del panorama Italiano, ci siamo trovati veramente bene a lavorare, condividiamo anche un po’ il mood, sia nel modo di lavorare, in cosa suonare sia in cosa produrre, lui ha dato un po’ il là…poi se n’è occupato Marco. Eravamo presi bene dalla strofa e ci abbiamo costruito questo immaginario musicale che, secondo me, insieme a Rimmel è l’altro elemento più particolare di Disordinata Armonia, e se posso dirlo, non è un tipo di sound che si sente tantissimo in giro, è un crescendo di emozioni. Io sono molto legato all’immaginario della Boxe, di conseguenza mi faceva piacere non proprio scrivere un pezzo sulla boxe nonostante io abbia visto tanti di quei film, che avrei potuto benissimo prendere un po’ di spunti di qua e di là e farne un pezzo, ma primo: questa cosa è già stata fatta, mi riferisco a Toro scatenato ( dei Colle der Fomento, ndr) un pezzo super classico del rap Italiano, secondo: questo discorso di andare al tappeto ma non andarci mai, mi piaceva ancora una volta ricollocarlo nell’immaginario quotidiano, comune, di fare un pezzo che sembra quasi scritto per terra nel momento in cui sei ancora lì vivo e vegeto ma un po’ tramortito e nonostante tutto ti rialzi, e in maniera lucida racconti cosa va…cosa non va. È un altro pezzo centrale all’interno del disco, nonostante forse nell’ascolto, ora lo posso dire perché comunque è passato qualche mese dall’uscita, ancora è emerso meno rispetto ad altri, però è una cosa che noi ci aspettavamo, sia di questo che di altre piccole sfumare del disco, perché sapevamo di aver scritto qualcosa d’impatto che però arrivasse con il giusto tempo, questo secondo me è un plus, perché di mio non mi piace quando un disco dopo il primo ascolto mi è già chiaro e limpido, anche di quei dischi belli che quando li ascolti ti canti tutte le rime o le strofe, se è un altro genere, qui invece c’è un po’ da andare giù e scavare, leggere le sfumature.

MM: Si, c’è bisogno di tempo nonostante poi i pezzi siano pochi per scelta, proprio perché volevamo dare una compattezza estrema, non volevamo annacquare soltanto per fare del minutaggio in più. Da una parte, almeno per il mio punto di vista da utente, è una cosa stra interessante pensare che un disco di otto brani necessiti di tanto per essere capito in fondo, sia da parte dell’utente ma anche da parte dell’artista, e se siamo riusciti a farlo è una cosa che ci rende molto contenti e fieri, ora non ti voglio tediare con cose iper tecniche, ma ad esempio Dodicesima ripresa, per la parte di produzione, per me è stato un grosso goal perché è stato fatto in una maniera molto particolare. Come diceva Diego è stato impostato il lavoro con Benjamin Ventura e abbiamo costruito, come si dice nei termini tecnici, un typebeat ovvero un’altra base, non quella che senti nel disco, quindi con gli accordi di tastiera in modo da poter registrare le voci. Una volta fatto questo lavoro io ho completamente ribaltato tutto il brano, eliminando qualsiasi cosa fosse stata fatta prima tranne alcune parti di piano, costruendo una produzione attorno al testo di Diego, che ha dovuto anche riregistrare per poi andare a beccare tutte le sfumature, ho costruito la musica intorno alle parole, per dare un feeling al brano che fosse perfetto, cucito sul pezzo, che è un po’ quello che abbiamo cercato di fare su tutti gli altri, tutto il lavoro è stato fatto strettamente per la realizzazione di questo disco, non ci sono cose che magari avevo già nel hard-disk e che poi state ritirate fuori.

DOMANDA DI RITO, PROGETTI FUTURI?

DD: Si, anche presenti!
MM: Facciamo così…quello che intanto ti possiamo dire è che ci sarà una trance di live, il resto è abbastanza legato al concetto che ti dicevamo prima, è un disco che necessita di tempo, quindi crediamo che sia un nostro dovere fare sì che questo tempo venga riempito… quasi come fossero dei promemoria, ricordare al pubblico “guarda che il disco sta là… non te ne dimenticare”, “non lo ascoltare una sola volta” quindi siamo noi che in questo tempo continueremo a costruire comunque contenuti…

QUALI?

MM: Uscirà un videoclip, e poi ci saranno tante altre sorprese…
DD: Anche la scelta di uscire con videoclip dopo l’uscita del disco in qualche modo, non voglio dire controcorrente, non penso questo, però è particolare. La prima cosa che volevamo, in qualche modo si può chiamare l’obiettivo è che prima di tutto devi ascoltare, come, dove, quando e quanto vuoi tu…una volta ascoltato e fatta la prima idea, c’è un video che ancora una volta diventa un featuring del pezzo, non è soltanto il corollario classico in cui rendi le strofe immagini, deve essere un’aggiunta di qualcosa di visuale che dia una nuova chiave di lettura, abbiamo individuato il pezzo e ci stiamo lavorando, con calma, vogliamo fare un bel lavoro, e magari può essere uno, ce ne potrebbe essere più di uno…poi nel frattempo il live, ma soprattutto nel frattempo la musica, perché la cosa bella è che quando lavori bene hai sempre voglia di continuare di estendere le cose…
Ti abbiamo detto anche due parole chiave…