IL RITORNO DEI

COMA_COSE

di Federico Ledda

special thanks to Sony Music, Words for You

edit Simona Ladisa

make up by Emanuela Caricato

pictures by Alessandro Levati

IL RITORNO DEI

COMA_COSE

di Federico Ledda

special thanks to Sony Music Italy, Words for You

edit Simona Ladisa

make up by Emanuela Caricato

pictures by Alessandro Levati

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Si prospetta un’ottima annata per i Coma Cose. Con un nuovo interessante disco, dal titolo “Un meraviglioso modo di salvarsi”, uscito nell’anno precedente, il duo composto da California e Fausto Lama è pronto a ritornare sul palco dell’Ariston con il brano inedito “L’Addio”.
Il pezzo andrà a sviluppare ancora di più il mondo costruito con l’ultimo progetto che segna una crescita personale e musicale del duo che ha esplorato immaginari fuori dalla solita comfort zone.
Li abbiamo incontrati poco dopo la scoperta, avvenuta in diretta, della loro partecipazione alla prossima edizione del Festival di Sanremo.

Complimenti, ci siete riusciti di nuovo. Come avete scoperto di far parte del festival di Sanremo?

California: Ci aspettavamo una chiamata di conferma: solitamente qualche giorno prima dell’annuncio vieni avvisato, anche all’ultimo, ma vieni avvisato. Questa cosa quindi, non essendo successa, ci aveva abbastanza convinti di esserne fuori. Abbiamo comunque acceso la tv, incuriositi dall’esito finale. Quasi alla fine dell’annuncio, proprio all’ultimo minuto, sentiamo “Coma Cose”: siamo letteralmente saltati giù dal divano! È stata una bella sorpresa, ormai non ce l’aspettavamo e, anzi, ci stavamo già preparando psicologicamente a doverlo vedere da casa.

Come sarà questa seconda volta? Avete in mente delle cose che vorreste fare in maniera diversa?

Fausto: Come sempre guidano le canzoni, crediamo moltissimo nel nostro prezzo. La cosa bella è che ci sarà il pubblico! Spesso parlando dicevamo: pensa quando saremo vecchi e diremo che siamo andati a Sanremo, anche se è stata un’edizione zoppa, l’abbiamo vissuta. Ecco, adesso potremmo godercela a pieno.

Vi ricordate un momento della kermesse a cui siete particolarmente legati?

F: Io ho ricordi d’infanzia: Jovanotti, i Righeira, Alberto Camerini e un tipo di artisti che comunque possono avere appeal su un bambino. Dai 7 ai 10 anni rimanevo imbambolato dalle coreografie e dalle performance. Posso certamente dire che vedere il festival in tv in quegli anni ha scaturito una prima curiosità e interesse per la musica e il mondo dello spettacolo.

“Un meraviglioso modo di salvarsi”, salvarsi da cosa?

C: È più uno spunto di riflessione: rendersi conto che c’è qualcosa che in generale non va. C’è sempre qualcosa che si ha voglia di perfezionare e di modificare in noi, diciamo che è uno spunto al miglioramento personale. In questo momento storico, salvarci, è strettamente collegato al fare musica. Facendo questo disco ci siamo salvati ritrovando noi stessi dopo diversi anni piuttosto frenetici.
F: Per finire il discorso che stava facendo California, il salvarsi è da noi stessi e dagli input che ci travolgono costantemente. Questo ci fa dimenticare la nostra identità e sensibilità.

Ascoltando l’album è anche evidente la sperimentazione che avete fatto a livello di sound…

F: Il discorso che stavamo facendo passa inevitabilmente anche dalla musica. Abbiamo rispolverato ciò che abbiamo ascoltato negli anni precedenti e, prestando attenzione al progetto, si trovano tanti colori. C’è quello che ha sempre fatto parte del nostro sound ma anche molto altro: suoni new wave un po’ dal sapore anni ’80 e altri mondi che non avevamo mai esplorato come gruppo. C’è molta libertà, diversi generi e movimenti musicali inaspettati.

Se doveste abbinare il disco a un film, quale sarebbe?

F: Io forse lo abbinerei a “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders. Mi piace molto la struttura narrativa di quel film, l’angelo rappresenta una voce fuori campo che raccoglie i pensieri delle persone. Il nostro disco passa sicuramente da noi e dalla nostra lente di ingrandimento, ma è stato fatto pensando moltissimo anche alla società che ci circonda e di cui facciamo parte.

Qual è la domanda che non vi fanno mai ma che vorreste vi facessero?

C: Non è la risposta, ma forse può essere qualcosa di inerente: a volte ci diciamo che sarebbe bello intervistare le altre persone, essere nei panni di chi fa le domande. Ci penso spesso a questa cosa, a volte ci si racconta quasi di più in una domanda che in una risposta.

Chi intervistereste?

C: In primis te! A livello di artisti mi piacerebbe Loredana Bertè, secondo me ha delle storie di vita veramente pazzesche da raccontare. Oppure Renato Zero o Amanda Lear, entrambi hanno avuto una carriera incredibile e sicuramente avrebbero di che parlare.

Un pezzo che state particolarmente ascoltando in questo periodo?

C: In generale stiamo ascoltando molto il disco “Coney Island Baby” di Lou Reed. In particolare, ci piace tantissimo “Crazy Feeling”, merita davvero un ascolto perché è stupenda.



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