RY X –

INTO THE WOODS

di Federico Ledda

foto di Arden Sanchez

RY X –

INTO THE WOODS

di Federico Ledda

foto di Arden Sanchez



“La musica migliore che ho fatto è sempre stata concepita in momenti in cui ero molto attivo con la mia meditazione”

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Ci sono artisti che quando fanno musica si creano un “alias” così da poter interpretare un personaggio e non giocare con i propri scheletri. C’è chi, invece, la musica la utilizza come una vera e propria terapia trattando i propri brani come confessioni a cuore aperto. Questo è quello che succede a RY X, artista dalla fragilità estrema, che con il suo sound ha trovato uno spazio sicuro per raccontarsi. Spazio che è diventato ancora più grande con la pubblicazione del nuovo disco “Blood Moon”, un lavoro estremamente autentico che, ancora una volta, ha spinto il musicista ad andare oltre i suoi limiti, dando vita a un progetto originale e sincero. La cosa interessante di RY X, che ci ha spinto a dedicargli la copertina, è l’enorme talento che ha nel dipingere dei meravigliosi paesaggi attraverso le sue canzoni: senti l’aria rilassante dell’oceano californiano, l’erba tra i piedi nudi e la serenità di essere in una comfort zone. Ry X l’ha voluta condividere con noi, ospitandoci (su zoom) a casa sua per una chiacchierata.

Dove ti trovi?

A casa mia in California: vivo in una meravigliosa comunità di artisti vicino all’oceano, appena fuori da Los Angeles. Essere qui mi rilassa e ispira.

Come stai?

Molto bene. Sono appena tornato dall’oceano dove sono andato a nuotare, fare un po’ di surf, meditare e camminare. Quando riesco a iniziare la mia giornata in questo modo mi sento sempre fortunato.

Quanto conta per te la meditazione?

Moltissimo. Mi piace pensare che la meditazione si presenti in diverse forme, una è sicuramente stando seduto e a occhi chiusi. La più significativa per me è, però, essere in mezzo alla natura: fare surf, correre… tutti i momenti in cui la mia testa si ferma e il mio corpo si muove. Ho anche notato che se non ho tempo per dedicarmi a queste attività, divento più nervoso e “scuro”, mentre quando pratico posso godermi le cose con gioia.

Credi ti aiuti anche a scrivere musica?

Certo. La musica migliore che ho fatto è sempre stata concepita in momenti in cui ero molto attivo con la mia meditazione, quando riesco a prendermi cura del mio corpo e della mia mente sono naturalmente più forzato a creare.

È appena uscito il tuo nuovo album, come ci si sente?

Sono eccitato. So che ogni artista reagisce in maniera diversa al rilascio del proprio lavoro, per me è una cosa molto personale. Non ho mai fatto musica per avere successo, l’ho sempre fatta per donarla alle persone e per esplorare dentro di me. È un processo complicato e fragile, quando compongo è come se invitassi le persone dentro il mio spazio sicuro. Sono comunque davvero contento di poterlo condividere con gli altri.

Qual è il brano che più ti riempie di soddisfazione nell’ultimo progetto?

Ce ne sono due di cui vado molto fiero. Una si intitola “Comeback”, che non è per niente un brano catchy, ma assolutamente profondo e intimo, così come il videoclip, che uscirà presto ed è veramente potente. Le prime volte che lo facevo vedere ai miei amici e mi giravo a guardare la loro reazione, li beccavo sempre con le lacrime agli occhi e questa cosa per me è molto speciale. L’altra è “Let You Go”, il primo brano dell’album. È stato stupendo scriverla.

Ti ricordi la sensazione che hai provato la prima volta che hai pubblicato un tuo brano?

È stata sicuramente una grande sfida per me. Non ero troppo dell’idea di pubblicare qualcosa, specie perché prima di creare RY X avevo avuto cattive esperienze nel mondo della musica. Non mi sembrava ci fosse lo spazio giusto per l’arte, era tutto per fare soldi. Così dopo essermi trasferito in Indonesia ed aver vissuto solamente di surf, mi sono lentamente riavvicinato alla musica, facendo appunto, cose molto personali. Quei progetti creati nel tempo libero, quasi per gioco, sono finiti per essere “Berlin”, “Howling”, “Only”…

Cosa ti ispira quando crei?

L’amore, la passione e tutto ciò che ne concerne. La natura stessa è incredibilmente d’ispirazione per me con i suoi paesaggi e ciò che vedo da casa mia quando mi sveglio. Il contatto con ciò che è ultraterreno, lo spirito e l’esistenzialismo. Credo che, infatti, il mio lavoro rispecchi tutti questi concetti: ciò che mi ispira è anche ciò che il mio lavoro rappresenta.

Io e te condividiamo la passione per i cappelli.

Sono ovunque a casa mia! Ne ho moltissimi, alcuni introvabili e di estremo valore sentimentale.

I tuoi preferiti?

Uno che arriva dai contadini del Wyoming, un cappello da cowboy che apparteneva a un cowboy che faceva i rodeo ed uno stupendo arrivato direttamente dal Perù.

Com’è vivere in California? Quali sono i tuoi posti preferiti?

La cosa interessante di questo stato è che è incredibilmente vasto. Dove vivo io puoi trovare il canyon, l’oceano… Settimana scorsa sono andato al parco Yosemite dove ho nuotato nudo e da solo in un lago ghiacciato. È stato veramente magico. Se guidi un po’ puoi anche raggiungere il deserto… Ci sono tantissimi posti incredibili, è impossibile scegliere.

Come descriveresti “Blood Moon”?

Una continua evoluzione del mio processo creativo come artista e anche come produttore. C’è proprio stata un’esplorazione a livello di sound, sono arrivato in posti completamente nuovi. La cosa che più mi importa quando creo è che si percepisca l’autenticità.

Guardando te stesso fra vent’anni, credi che starai ancora facendo musica?



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