Birdman, la birra, la Marvel e la merda

di Luca Rivolta

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Oggi si cambia registro, niente recensioni, o meglio niente lodi. Solo critiche. E non ci abbasseremo a parlar male di Hunger Games (“ma cosa dici, ha una trama e una colonna sonora bellissima” – classica bimbaminchia di età compresa tra i 14 e i 22 anni), né tanto meno 50 sfumature di grigio (“ma cosa dici, hai una mente chiusaaa” – classica bimbaminchia di età compresa tra la pubertà e la menopausa). Tutti film per donne, casualmente (“ma cosa dici, il mondo è bello grazie alle donneee” – qualsiasi bimbominchia di qualsiasi sesso ed età). In realtà volevo buttar dentro in questa lista di esempi anche Italiano medio, solo che è un film che fa schifo anche alle donne quindi niente, non avrei potuto fare la mia esilarante battuta misogina.

Oggi si parla male di Iron Man. Di tutti e tre eh. E anche di Capitan America, di Avengers, di Spiderman, di The Amazing Spiderman, ma anche di roba della DC, come Man of Steel e tutto il resto. No di Batman no, è un caso a parte. E neanche dei Guardiani della Galassia, che è fico. E non voglio parlarne male a caso, tanto per parlarne, come si fa di solito. Capiamoci subito, penso ci sia una sostanziale differenza tra questi film e tutto quello schifo che passa nei multisala. Ammetto di essere io il primo ad andare a vedere tutti i film dei supereroi, complice la vicinanza del Cinema, le sere svogliate, e forse la mancanza di accettazione della società per chi si fa di droghe pesanti. E mi diverto anche magari. Ma non si può elevare certe pellicole a qualcosa di degno di nota o “fico”. Perché saranno anche bei film, ma rimangono merda. E ok, non sono merde brutte, ma capite benissimo che non si può ritenere soddisfacente qualcosa che è una bellamerda. Se devo scegliere tra fico, bellamerda e merdabrutta, è ovvio che scelgo fico. Si potrebbe star ore a parlarne. Sono film curati, buona Regia, buoni dialoghi, ottime scene d’azione ed effetti speciali, spesso anche gli attori non sono niente male. Niente è niente male, il che significa che niente impressiona. Non rimane niente, non colpisce niente. Sono come una Heineken. A tutti piace la Heineken, bambini, vecchi, le stesse sopracitate donne che guardano 50 sfumature di grigio. Ma una volta che hai finito la tua 33, cosa ti è rimasto? Non hai neanche un accenno di ebbrezza, non ti è rimasto niente del sapore. Sì anche la Heineken è una bellammerda.

E non ce l’ho con Hollywood, diciamo che si è fatto perdonare: ha partorito questo mezzo capolavoro, Birdman, un film che parla male del cinema e nello specifico dei supereroi e della critica, mentre eleva ad un livello superiore il teatro. Porca paletta, chi se lo sarebbe mai aspettato che avrebbe vinto l’oscar. Apro e chiudo subito la parentesi, non penso che sia un prodotto commerciale ideato per vincere premi, ma era scontatissimo che fosse destinato a vincere, è un film che parla di Cinema, e ne parla alla gente del Cinema. E Hollywood sentiva nel profondo questa necessità, doveva restituire questi infiniti milioni di incassi ottenuti grazie alla varia bellamerda. Alla fine, da che mondo è mondo, i produttori inseguono i soldazzi. Non penso sia giusto prendersela con loro, penso che la vera critica vada fatta a noi. Non pretendo un’inversione di quello che sta succedendo adesso, è chiaro che un Boyhood non possa riempire una sala più di quanto lo faccia un Thor, e per carità tutto il mondo dei fumetti ha un suo perché. È che al giorno d’oggi, è davvero difficile, se non su internet, riuscire anche solo a parlare, e spesso a vedere certe cose. E certo, le colpe sono dei multisala, che non li trasmettono, o lo fanno per brevi periodi, e dei vari Media, che spingono solo ciò che ha una facile presa sulla massa. Ma prima di tutto la colpa è nostra, di tutti: nessuno pretende che vi impegnate socialmente per cambiare il mondo, ma solo di cambiare voi stessi, e in minima parte. Insomma, bevetevela la vostra Heineken, ma cercate di non essere delle merde, né belle né tanto meno brutte.

Boyhood

MOVIE OF THE MONTH: GRAVITY

di Luca Rivolta

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Se vi state chiedendo di quale film che non vi siete mai minimamente inculati andremo a parlare oggi, dovreste riformulare la domanda. Niente film sconosciuti, malati e assurdi. Oggi un colossal; alla fine abbiamo appena passato le feste, non posso mettermi a parlare di Cronenberg con gente che beve il brodino facendo quel fantastico rumore di risucchio. Meglio spostarsi su qualcosa di più commerciale. Gravity.

Diretto da Alfonso Cuarón, interpretato quasi esclusivamente dai due protagonisti, Sandra Bullock e George Clooney, è riuscito ad aggiudicarsi ben 7 oscar. L’unica cosa che mi sfugge è come sia possibile che un film che è stato giudicato come il film con la miglior regia, la miglior fotografia, il miglior montaggio, la miglior colonna sonora, il miglior sonoro e il miglior montaggio sonoro sia stato giudicato peggiore di “7 anni schiavo”; ma non addentriamoci troppo nei meccanismi dello spettacolo, in fondo di questi tempi va così di moda essere antirazzisti.

C’è comunque da specificare che il film non ha ricevuto solo lodi, ma anche aspre critiche, soprattutto riguardanti il lato scientifico. In effetti non bisogna essere degli scienziati per capire che sotto una tuta da astronauta non ci si mette solo una fantastica canottiera scollata e degli aderentissimi pantaloni candidi (una che è stata nello spazio non so quante ore, dove m***hia ha pisc***o?!?). E qua il discorso è molto meno banale di quanto sembra: gorgein effetti un film del genere, non può essere solo un film di fantasia, perché cerca di raccontare una storia verosimile con elementi contemporanei. Però non è neanche una storia di fantascienza, non è un film grottesco, tutto deve essere credibile e verosimile. Chiaramente il film deve rimanere intrattenimento, non deve essere un documentario scientifico, ed è qui che è difficile adottare un compromesso, una non semplice scelta da parte della regia. Ma purtroppo il regista non ha molta scelta. Se questa è la trama, così deve andare. Non si può rinunciare a determinate scene. Quindi, a parer mio, in questo caso lo sforzo lo deve fare lo spettatore. In poche parole l’unica cosa che deve fare è sorvolare su certe cose, non fa nulla se l’Hubble e la stazione spaziale internazionale hanno orbite differenti di 150 km, o se ci vogliono anni e anni di addestramento per riuscire ad atterrare con uno sconosciuto modulo spaziale cinese. Coleridge coniò il termine “sospensione dell’incredulitàsandraappunto per descrivere questo fenomeno. In poche parole, frega nulla a nessuno della velocità dei detriti, l’importante è farsi coinvolgere. E questo è possibile solo grazie all’incredibile mix di immagini e suoni creati da Cuaròn. Non si fa alcuna fatica ad ignorare gli aspetti scientifici, perché si è troppo impegnati a rimanere in ansia per la Bullock, ad ammirare le magnifiche aurore boreali, a rimanere sorpresi per gli inaspettati colpi di scena.

 

Il film riesce a essere credibile nel suo complesso nonostante le imperfezioni scientifiche, che non è cosa facile, anzi. Probabilmente sarebbe molto più facile consultare Piero Angela, con una piccola intervista a Nespoli, e fiù, ecco un bel documentario. Invece no, Gravity è qualcosa di più, riesce a essere arte. Riesce a tenerti incollato allo schermo, con il cuore che batte, riesce a farti provare sentimenti veri e intensi. Il mix di fotografia e sonoro è secondo me qualcosa che ha davvero pochi precedenti. E soprattutto, riesce ad essere un film per tutti (o quasi), cosa non facile per film che si elevano rispetto alla calma piatta dei cinema italiani (e non). Da vedere.

 

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THE PILLS: NON CHIAMATECI YOUTUBERS

di Sara Bianchi

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“Un cinepanettone con la barba, Enzo Salvi con le Clarks, Massimo Boldi coi Cheap Monday”: stiamo parlando dei “The Pills” e questa é la descrizione che danno di loro nel profilo Facebook. Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini: tre ragazzi “romani Doc” che nel 2011 hanno dato vita a quella che oggi è una delle serie di YouTube più conosciute ed amate. Mini “pillole” girate a casa con l’aiuto di parenti ed amici che hanno colpito il pubblico del web al punto da farli sbarcare nel 2014 in Tv mentre in questi giorni è in produzione il loro primo film.

Riusciamo a contattare Luca senza problemi ma non riusciamo ad incontrare i ragazzi perché risulta impossibile riunirli tutti in questo periodo in cui sono nel pieno della produzione. Non ci rimane quindi che optare per un’intervista via web in puro stile “attori di YouTube” e “giornalisti online”. Si consiglia a chiunque non li conoscesse un “chiusone”, come si dice a Roma, o una “Full Immersion”, per essere più internazionali, dei loro video prima di continuare con l’intervista.

Perché il nome “The Pills”? Pillole di saggezza o pillole di ecstasy?

Beh…una pillola per ogni evenienza! Crediamo che nella vita ci sia bisogno di saggezza ma anche di ecstasy, dipende tutto dalle circostanze.

Dal 2011 su YouTube, creatori di una delle serie più amate sul web…ora che avete raggiunto il successo e la popolarità le persone vi trattano in modo diverso?

Raggiungere la popolarità ci ha aiutato molto in termini di quella che possiamo definire “integrazione istantanea”. La gente non ci “riconosce” ma praticamente ci conosce già. Spesso veniamo trattati come amici di vecchia data e questo a livello sociologico è un lusso!

Invece per quanto riguarda le donne? Anche in quel campo sono cambiate le cose? Chi “rimorchia” di più?

LUIGI! Lui lo possiamo definire come “il Tom Cruise dei The Pills”

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Sempre parlando di donne, siete “sfigati” nella vita come nei corti? Che fine ha fatto Sara? È tornata dall’erasmus? Simona invece uscirà mai dalla sua dipendenza?

Allora…ognuno di noi ha un suo modo di approcciarsi al sesso femminile, forse più consono per definirci è “FACIOLETTI” ( traduzione italiana: uomini con un leggero ritardo nell’approccio con l’altro sesso) Per quanto riguarda Sara e Simona ciò che accadrà loro è a libera interpretazione, ognuno può fornire la sua versione dei fatti. Per quanto riguarda il destino dei personaggi invece una cosa è certa: diventeranno vecchi e tristi come tutti, come tutti!

Voi spesso parlate di Roma e delle tipologie dei romani…che tipo di romano vi definireste?

Luca: Sai che non lo so? Oramai la “questione tribale” non è più rigida come una volta e non si limita solamente all’outfit, credo si tratti prevalentemente di una questione d’attitudine. Appartenere ad una cerchia vuol dire condividerne degli ideali e, almeno per ora, il cinismo ci impedisce fisiologicamente di averne.

È vero che vi offendete quando vi chiamano “Youtubers”? Perché?

Youtuber significa amministrare anche una certa componente social mentre noi raramente chiediamo a chi guarda di iscriversi al canale…siamo un po’ trascurati da quel punto di vista. Per noi YouTube è il veicolo non il fine.

Uno dei vostri video di maggior successo è quello sulle Hogan, a quando quello sulle Windsorsmith?

Le Hogan stesse erano un mezzo! Lo sketch parlava di pericolosi scheletri nell’armadio che una volta venuti a galla possono condizionare la realtà che circonda l’individuo. Se troveremo altre idee valide saremo lieti di utilizzare anche il mezzo “Windsorsmith”.

FOTOARTICOLO

C’è un motivo per la scelta del b\n nei video o è semplicemente stilistica?

La fotografia negli interni è davvero tosta, soprattutto se non si dispone di tutti quegli strumenti come quinte e pareti mobili. Il B/N rende tutto più gradevole e sembra subito cinema d’autore anche se la scena é piena di parolacce e scoregge: “una Nouvelle Vague alla vaccinara”

Sempre rimanendo sui vostri video, una curiosità…cosa vi ha fatto Quinzi?

Esiste come essere umano, questo basta.

Ora che siete usciti dal web ed è in lavorazione un film…cambierà modo di fare i video e le tematiche che affronterete?

Ci limiteremo a raccontare la realtà che ci circonda e, soprattutto, quello che ci fa ridere e ci diverte. Se cambierà il modo di farlo sarà solo per tentare di renderlo più efficace in termini di mezzi e linguaggio.

Come sta cambiando la vostra vita in questo periodo? Avreste mai pensato di arrivare fino a qui? Avete mai pensato di lasciare definitivamente il web e spostarvi su tv e cinema?

Allora…la televisione ed il cinema sono dei modi di comunicare decisamente più tradizionali ed essendo tali, a seconda dell’evenienza, vi sono dei parametri ai quali doversi inevitabilmente attenere. A meno che tu non sia un mostro sacro affermato che ha la dovuta attenzione mediatica o un magnate multimilionario capace di permettersi qualsiasi cosa…il web rimane forse il canale con meno vincoli.

Dato che il nostro sito giornalistico ha sede a Milano ed io sono la corrispondente da Roma…che ne pensate dei nostri amici milanesi?

Ogni trasferta milanese ci è andata sempre bene…adoriamo Milano! Adoriamo la Fashion Week e adoriamo pure il Salone del mobile!!