WORLD EXCLUSIVE – MAVI PHOENIX: THE NEW SWAG QUEEN

di Federico Ledda

© Randy Kambodscha 1

Abbiamo intervistato per la prima volta Mavi Phoenix, austriaca di origini siriane classe 1995. Sì, avete letto bene. 1995. Ha quindi 22 anni. 22 anni di puro swag. Non fatevi però ingannare dalla sua età, sarà pure giovane, ma Mavi Phoenix è una vera e propria artista.
Inizia a produrre all’età di undici anni giocando con un Mac usato regalatole dal padre per natale. Pubblica poi nel 2014 il suo primo EP “My Fault” che seppur acerbo, inizia a formare il suo sound e appunto, il suo swag. Ritorna nel marzo di quest’anno rilasciando l’EP “Young Prophet“, ed eccola al suo meglio. L’EP è pazzesco e ti cattura dalla prima all’ultima traccia. La più curiosa è “Aventura“, pezzo catchy, dal beat trascinante (che ti obbliga a ballare) grazie alla contaminazione di suoni africani. È proprio Aventura infatti, che oltre ad essere diventato il singolo di lancio, è stato scelto da Desigual come soundtrack per il nuovo spot uscito oggi a livello mondiale. Il primo dalla rinascita del brand, celebrata settimana scorsa durante la NYFW.

Mavi è unstoppable e produce hit in una velocità disarmante, come un vero e proprio genio del beat. Uscirà infatti a novembre una nuova versione di Young Prophet, che vedrà la presenza di due nuovi pezzi e che la porterà in tour al Pitchforck Avant Gard e poi a Milano a novembre per Linoleoum. Siamo certi che Mavi Phoenix sarà la prima rapper/cantante austriaca ad avere risonanza mondiale. E non dite che The Eyes Fashion non vi aveva avvisati.

Come hai conosciuto il team di Desigual? Come hanno scelto la tua canzone?
Ad essere onesta non so come mi abbiano scoperta…Probabilmente perché Aventura era numero 1 su Hypemachine. Ci hanno invitati nei loro uffici a Barcellona e ci hanno accolto in maniera super friendly! Ci siamo davvero divertiti e lo spot, diretto da Luis Cerveró è splendido.

Che cosa significa ”Aventura” per te?
Essere un’ Aventura per me significa essere pronta e aperta al mondo e quello che succederà.© Randy Kambodscha

In che modo il tuo sound è cambiato dal primo EP ”My Fault”? Chi o cosa, è la conseguenza?
Sono naturalmente cambiata, diciamo evoluta dall’uscita di ”My Fault” dato che sono passati più di tre anni. Ho iniziato a lavorare con il produttore Alex The Flipper e insieme proviamo a fare musica che sia entusiasmante per noi e che, soprattutto, rispecchi chi sono io come artista. Musica sincera. A livello di ispirazione, ultimamente sono ispirata dalla musica house dei primi anni 2000, ma i miei punti di riferimento di sempre sono Kanye West e Frank Ocean.

Stai per rilasciare una nuova versione del tuo EP uscito a marzo ”Young Prophet”…
Subito dopo l’uscita dell’EP ho prodotto delle altre tracce che ho anche suonato live durante il tour del disco. Diciamo che ne sentivo la necessità perché fanno parte anche loro del periodo Young Prophet.

Chi è il ragazzo che è sempre dietro di te nel video di ”Aventura”?
E’ un mio amico, si chiama Usman o Ussy per gli amici. Non è ne un modello, ne un ballerino o un attore, anzi era la prima volta che faceva una cosa simile, ha fatto un buon lavoro. Ci siamo divertiti tantissimo sul set.

Stai per tornare in tour suonando al Pitchfork Avant Gart di Parigi e perfino a Milano, nella nostra hometown. Che cosa fai prima di salire sul palco?
Sono davvero contenta all’idea di suonare a Parigi e Milano! E’ veramente una figata. E’ sempre stato un mio obiettivo suonare all’estero, non vedo l’0ra. Prima di andare sul palco dico semplicemente a me stessa che devo spaccare. (ride, ndr.)

© Randy Kambodscha 2

CARL BRAVE X FRANCO126 MILANO PELLARIA

di Federico Ledda

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Magnolia completamente sold out ieri sera per il concerto dei giovani ragazzi romani CARL BRAVE X FRANCO126. Esplosi letteralmente a partire dal MI AMI festival dello scorso maggio, il duo è riuscito a conquistare durante l’estate tutta la critica e una fetta di pubblico sempre più vasta che ha riempito una location storica come quella in provincia di Milano. Live aperto dall’emergente Frah Quintale che con una grande presenza scenica, ha tradcinato i presenti a cantare sulle note di ”2004” il suo EP. E’ arrivata la volta di Carl Brave X Franco126 che hanno suonato live tutto ”Polaroid”, il loro primo disco. Lo show è durato un’ora, ma per i presenti la serata è passata in un battito di ciglia. Prossimo concerto, vietato mancare.

RAIN DOVE: I AM I

di Federico Leddaae1053b6-5945-473a-8e3f-2c67efe9c31b.inline_yes

Appena la incontro mi mette subito a mio agio. Arriva, un po’ in ritardo, accompagnata dalla fidanzata Sierra. Il ritrovo è un bar in Piazza Cavour, c’è un po’ di vento ma si sta bene, è una delle sera d’estate e il cielo su Milano è di un blu intenso. 

Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo tre margarita, così per rilassarci un po’. La prima cosa che le chiedo mi esce proprio spontanea, come ti definisci? Che tipo sei? La sua risposta poi, è stata bellissima. Io sono io. Non sono uomo, non sono donna. Sono Rain. 

Così è iniziato il mio incontro con Rain Dove, la modella gender fluid che sta facendo parlare di sé per il suo impegno sociale in difesa degli esseri umani oltre che per la sua immagine che perfettamente si abbina al mondo maschile e a quello femminile. Lo sa bene Sisley che l’ha appena resa testimonial della campagna con il messaggio sociale #OneOfAKind o, Calvin Klein che lancia la sua carriera facendola sfilare per il menswear a New York coperta solo da un paio di boxer da uomo. È coraggiosa Rain, (sì, si chiama come la parola “pioggia” in inglese e sì, è il suo vero nome, ndr.) che è riuscita a fare della sua particolarità un talento, rompendo un po’ di più il muro dei pregiudizi.

Chi sei?
Chi sono? Io sono Rain Dove. Io sono io. Sono un essere umano, così come tutti gli altri. Sono una modella, attivista e attrice.

Come è iniziata la tua carriera?
E’ iniziata dopo che ho perso una scommessa di football americano contro un’altra modella. Non mi interessava essere una modella, non mi era nemmeno mai passato per la testa, mentre invece lei sosteneva che avessi il viso giusto. Abbiamo quindi scommesso sull’esito di una partita e se io avessi perso, mi sarei presentata a un casting di sua scelta. Così andò, e così mi presentai a un casting di Calvin Klein qualche mese dopo.

E come andò?
Quando mi presentai là, mi dissero di essere nella giornata di casting sbagliata. Guardandomi in giro infatti, vedevo solo modelle con i capelli lunghi e bionde. Giuro che erano tutte bionde, a parte una con i capelli rossi. Pensai quindi facessero il casting diviso per colore di capelli e così mi presentai il giorno dopo. Al mio arrivo realizzai che il casting era solo maschile, pensai: ”mi hanno scambiata ancora per un uomo”, ma la cosa mi divertiva. Così feci il casting e mi presero, realizzando quale fosse il mio sesso reale. Al momento della sfilata, mi diedero il mio outfit che era solamente un paio di boxer maschili.
La sfilata era iniziata, erano momenti frenetici. Avevo quindi un secondo per fare la mia scelta, che poteva essere scappare in lacrime oppure, far rimpiangere alla mia amica di aver vinto la scommessa sulla partita. Scelsi la seconda, e sfilai in topless, coperta solo da un paio di mutande da uomo. Così iniziò la mia carriera da modella. dove

Cosa ti spinse ad andare avanti anche dopo la scommessa?
Il fatto che se la gente può spendere anche tremila dollari per una borsa, forse ne può spendere tre al mese per garantire acqua pulita a chi non ce l’ha. Ogni persona ha diritto ad avere acqua, cibo e un rifugio. Ho pensato che questo lavoro avrebbe potuto garantirmi una piattaforma per raccontare a molte più persone quello per cui mi batto.

Come sei diventata attivista?
Lo sono sempre stata. Ho sempre voluto fare qualcosa per gli altri. Ho avuto un paio di esperienze dove sono stata molto vicina alla morte, anzi, a volte penso di essere proprio morta. Questo mi ha fatto apprezzare di più la vita. Anche quando sei triste, quando sei arrabbiato. E’ comunque fantastico potere provare delle emozioni. Ti rendono vivo. Avendo passato dei periodi estremamente bui nella mia vita, dove non sentivo niente, ho deciso di aiutare le persone, così che non si sentano mai sole e perse come lo sono stata io. Ho sempre pensato che essere un’attivista significava esclusivamente andare nei paesi del terzo mondo e aiutare. Tipico pensiero da persona bianca. Invece non è così, si può aiutare in tantissimi modi e con qualsiasi mezzo.

Che tipo di attivista sei tu quindi?
E’ un misto tra esperimenti sociali, arte ed espandere la mia voce. Lo amo. C’è così tanto che si può fare.

Qual è il tuo obiettivo principale come attivista?
E’ un obiettivo semplice: garantire a ogni essere vivente accesso ad acqua, cibo, un posto dove dormire e cure mediche. Le quattro cose che ognuno di noi ha bisogno per sopravvivere. So che non ce la farò mai da sola, ma ce la metterò tutta. Siamo tutti una cosa sola, allo stesso livello.

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SISLEY #OneOfAKind advertising

Cosa fai nel tuo piccolo per attuare un cambiamento?
Faccio diverse cose. Innanzi tutto ”dono” i miei canali social come piattaforma a chi ha bisogno di fare sentire la sua voce. Associazioni, organizzazioni, etc. Ad esempio, se c’è un’organizzazione che si occupa dei diritti di persone di diversi colori ed etnie, o sessualità, do libero acceso ai miei canali così che possano diffondere la loro voce.

Poi?
Mi piace fare esperimenti sociali. Credo nella differenza tra gender e sesso. Il sesso è quello che ti caratterizza in base a come nasci. Sei una donna se hai la vagina, sei un uomo se hai il pensa. Il gender è invece quello che completa la tua persona. Chi è che può definire quello che siamo se non noi stessi? Dovremmo essere liberi di poter scegliere noi stessi cosa essere, se essere uomini o donne. Dovremmo essere apprezzati e definiti in base a quello che scegliamo di essere, non a quello che dovremmo essere. Io sono io, tu sei tu e non ci sarà mai un’altra persona così.

Cosa pensi di Beyoncé? E del suo essere femminista?
Sono fermamente convinta che le donne esistano perché la società ci ha separate definendoci donne in base a quello che abbiamo nelle mutande. Io non credo nei corpi, credo nell’essere. Mi definisco un’esistenzialista, ognuno è com’è e non dovrebbe essere definita donna solo per un paio di tette. Le femministe combattono l’oppressione del genere femminile all’interno di alcune culture denunciandolo, cercando l’equazione dei sessi. Rispetto davvero tanto tutto questo. Così come ammiro Beyoncé che utilizza la sua rilevanza per fare del bene. Sta facendo un lavoro incredibile.

Parlando del tuo lavoro, ti trovi più a tuo agio indossando vestiti maschili o, vestiti femminili?
Con quelli socialmente definiti da uomo. Perché puoi fare come ti pare. Con quelli da donna hai da rispettare degli standard: fianchi, seno, taglia etc… Sono più a mio agio indossando menswear, ma quando mi vesto a donna mi sento potente. Forte. E’ divertente perché quando mi vesto da donna, la gente creda che sia un transgender, pensano: ”starà diventando una donna? Starà diventando un uomo? Quale direzione starà prendendo?”

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EXCLUSIVE: YOUNGER AND BETTER

di Federico Ledda
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Dal sound trascinante e puramente elettronico, la band milanese Younger And Better si sta facendo conoscere attraverso un intensivo tour che per tutta l’estate li ha portati in giro per l’Italia. Li abbiamo incontrati e ci hanno fatto sentire in anteprima il loro primo disco in uscita a ottobre…

Parlatemi del vostro nome. Che cosa è Younger and Better?
Il nostro nome è ispirato direttamente da una canzone dei 65daysofstatic, chiamata appunto ”When we were younger and better”. E siccome l’età media del gruppo è di 24 anni ci sentiamo ancora liberi di non essere a disagio a portarlo. Un giorno, tra un po’ di anni, potremo buttarla sull’ironia.

Avete appena finito un tour di venti date senza aver ancora rilasciato un album vero e proprio ma solo degli EP, come ha reagito il pubblico?
Molto bene. Siamo assolutamente soddisfatti. Era importante per noi testare i nuovi brani direttamente sul palco. Abbiamo portato in giro solamente pezzi tratti dal nuovo disco e il pubblico ha risposto alla grande.
E’ sempre stimolante portare dei lavori inediti davanti a qualcuno, è importantissimo vedere le reazioni di chi ti ascolta e paragonarle a quelle che ti aspettavi tu.

Come definireste il vostro sound?
E’ sicuramente il risultato naturale di una serie di input che ci sono arrivati durante il periodo di transizione dall’uscita di “Take Care EP” e l’inizio della nuova fase di scrittura.
C’è molta più elettronica, abbiamo inserito percussioni e loop di chitarra. Non c’è un modo per definire e racchiudere il genere che vuole essere questo disco, se volesse esserne solamente uno. L’unica cosa da fare è venire ad ascoltarlo dal vivo prima ancora di sentirlo su Spotify.

Chi vi ha ispirato?
Una serie di fattori ci hanno portato a voler fare ancora qualcosa di diverso rispetto al suono concreto che avevamo trovato per “Take Care EP”.
Abbiamo sentito il bisogno di risputare fuori tutto quello che abbiamo immagazzinato negli ultimi due anni.
Quindi persone, situazioni, luoghi.

Siamo molto soddisfatti perchè pensiamo che questo disco sia la perfetta sintesi del nostro pensiero. Del modo di vedere la musica, di farla.

Se ci sono delle band dalle quali abbiamo preso di più per questo sound non possiamo che fare il nome di Battles ed Errors.

A ottobre uscirà il vostro album, come vi state preparando?
Suonando. Suonando tanto, e modificato il live set di data in data. Abbiamo come obiettivo quello di arrivare ad ottobre con un live set perfetto, e poter portare in giro uno show di qualità.

Descrivete l’album utilizzando un solo termine e spiegatemi il motivo.
Colori. E’ un album pieno di colori. Colori caldi. Ce ne sono tantissimi, dall’utilizzo di determinati synth al suono dei loop di chitarra. E questo sul palco si avverte. Lo avvertiamo noi, lo avverte chi ci ascolta.

IL PAGANTE STRIKES AGAIN

di Federico Leddamaxresdefault-58

La loro Too Much è stata tra le canzoni più suonate di tutta l’estate totalizzando oltre due milioni e mezzo di stream su Spotify. Abbiamo incontrato i nostri amici de Il Pagante che, in tutta confidenza, ci hanno spiegato che cosa per loro è un po’ too much…

Che cosa è too much?
FN: (Federica Napoli) Tante cose possono esserlo, dai modi di fare, di essere, di vestirsi in base alle mode… Too Much per noi rappresenta tutto quello che è eccessivo.
EV: (Eddy Veerus) L’altro giorno per esempio, il presentatore di un festival aveva un completo giallo, con le scarpe fluo. Quello era un po’ too much.

Gliel’avete detto?
EV: Eh, gliel’ho dovuto dire…

E lui?
RB: (Roberta Branchini) Ha detto che era vero, era un po’ too much.

EV: Abbiamo quindi fatto questa canzone per identificare un po’ tutto quello che per noi è too much. Anche perché era diventato un modo di dire che tra di noi veniva utilizzato molto spesso.

Lanciate anche parecchie frecciatine nel pezzo… DBBAPAcWAAEJK7u
RB: Assolutamente tutte volute, eh.

Tra cui quella ad una web star, che un mese fa non l’ha presa presa benissimo, sfogandosi nelle sue Instagram Stories
RB: Il nostro ritornello era generalizzato, non era mirato a qualcuno nel dettaglio. Chi si è sentito tirato in causa è perché magari due domande se le è fatte.
EV: Il ritornello dice: ”ma perché parli sempre di Trump?” Che è una metafora che vuole indicare tutti quelli che si spingono in discorsi oltre le loro competenze. Prosegue poi con: ”ti prego torna a fare la web star” cioè, torna a fare quello che sai fare. Ridimensionati. Il fatto che qualcuno si sia poi sentito chiamato in causa, significa che è cascato nella trappola… Che la cosa ha funzionato. Mi spiace solo che a caderci sia stato uno Youtuber inutile come Riccardo Dose e non qualcuno che conti di più, ecco.

Il video si apre con una special guest d’eccezione: il senatore Razzi. Come l’avete recuperato?
EV: Abbiamo un amico che si occupa di trovare le special guest dei nostri videoclip dato che ormai averle è una costante. Avevamo scritto una scena che volevamo il senatore interpretasse, così gliel’abbiamo proposta… Il pubblico ha apprezzato e lui è stato gentilissimo.

Cosa dite a chi ancora oggi non capisce la vostra ironia?
FN: Che dopo cinque anni è un po’ rincoglionito…
RB: E che dovrebbe iniziare ad ascoltarci di più.
EV: Diciamo che chi dopo cinque anni non ha ancora capito la concezione de Il Pagante è un po’ too much.

 

INTERPOL LIVE IN MILANO

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Vera e propria magia sonora quella che ieri sera gli Interpol sono stati capaci di ricreare in concerto a Milano, in tournée per le celebrazioni del quindicesimo anniversario dall’uscita del loro primo album ”Turn On The Bright Lights”, definito da Pitchfork il miglior album del 2002. La band non si smentita affatto, riuscendo a ricreare sul palco la perfetta atmosfera che ha reso il disco un vero e proprio must per gli amanti del rock alla Joy Division. La band di New York dimostra quindi di saperci ancora fare, di non aver perso il proprio tocco nonostante un pubblico freddo, seppur numeroso.
Scaletta con un focus on sul disco ”festeggiato” come d’altronde ci poteva aspettare, che è stato eseguito interamente dalla prima all’ultima nota, seguendo perfino la tracklist originale.
Non sono mancati poi gli altri successi che caratterizzano la band come ”All The Range Back Home” ed ”Evil” che è stato il pezzo di chiusura.
Se ve li siete persi, non fateveli scappare di nuovo. Sperando che la prossima volta il pubblico sia più acceso…

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BIG BANG FESTIVAL: A CHAT WITH GAZZELLE

di Federico Ledda

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Un’artista che mi piace particolarmente ascoltare durante questo periodo di pausa è sicuramente Gazzelle. Cantautore romano che mi ha interessato per il suo sound fresco e per la scelta di non rivelare la sua identità a inizio carriera. Risale infatti a poco prima dell’estate la scelta di esporsi anche a livello ”visivo”.
Anche lui, come altri grandi artisti quali Mudimbi, Lo Stato Sociale e Canova, Gazzelle faceva parte degli artisti presenti al Big Bang Festival di Nerviano. Manifestazione gratuita dalla grande line up alle porte di Milano giunto ormai alla quinta edizione. Tra una birra e un live abbiamo scambiato due chiacchiere con l’artista che ci ha raccontato come ci si sente ad essere uscito allo scoperto…

E’ uscito a marzo Superbattito, il tuo primo disco. Come sta reagendo il pubblico?
Una bomba! Sto facendo un tour molto intenso, le date sono super, il pubblico è sempre caldo. Sta andando meglio di ogni mia aspettativa.

Da cosa è stata dettata la scelta di nascondere l’identità agli inizi della tua carriera?
In generale per il semplice fatto che non mi piace tanto apparire. Non in modo estremo, non mi voglio nascondere…Non so come cazzo dirlo, voglio che escano prima le canzoni. Voglio stare un passo indietro rispetto alla mia musica, specialmente nella fase iniziale, in cui me lo potevo permettere.

Come sta evolvendo la cosa, adesso che comunque ti si vede per forza?
Beh infatti, ai live mi si vede…Ma mi si vede di più rispetto prima. Ovviamente sui social, non farò mai i selfie in bagno o cose del genere. Spero solo che andrà bene, sempre così, a duemila. Adesso stanno anche uscendo delle canzoni nuove. Sono molto felice.

Qual è la canzone che più ti piace suonare live?
Non sei tu.

Perché?
E’ la più vecchia che c’è nel disco, l’ho scritta circa tre anni fa. Ci sono molto legato. Le voglio bene.

L’estate sta finendo, così come le tue date esiste, cosa ci sarà dopo?
Ancora date. Andremo avanti tutto l’inverno a suonare. Non so cosa ci sarà dopo, per il momento mi sto focalizzando a spaccare durante le date. Il resto si vedrà.

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BIG BANG FESTIVAL: A CHAT WITH CANOVA

di Federico Ledda

La musica italiana sta vivendo un bel periodo. Finalmente si è incominciato ad apprezzare la musica indie a livello mainstream: la suonano le radio, la gente l’ascolta , va a sentirla dal vivo e sempre più festival, nascono con l’idea di portare sul palco freschezza. Così come ha fatto lo scorso giugno il BIG BANG Festival. Manifestazione gratuita alle porte di Milano, con una line up più che indie. Tra questi Lo Stato Sociale, Gazzelle e i Canova. Band milanese che sta conquistando un pubblico sempre più vasto grazie alla qualità dei loro live che, infatti, li sta facendo viaggiare da nord a sud nei festival più importanti. È uscito Avete Ragione Tutti, il loro primo disco e noi li abbiamo incontrati dopo il loro live, su un divano gigante dietro il palco del Big Bang. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Siete appena scesi dal palco: com’è andata là sopra?
Pazzesco, la gente era tanta e interagiva. Io ho pure un po’ di febbre oggi, però vaffanculo.

Questa estate è veramente fortunata per voi. Come state gestendo questo exploit?
Se stessimo a casa tutti i giorni, la vedremmo in maniera più lucida. Essendo in tournée da mesi, ci concentriamo sui live…Il resto è un contorno.

Parlando del vostro album, qual è la canzone di cui andate più fieri?
Avendo all’attivo un solo disco di nove tracce, più Threesome che è uscita due mesi fa, è impossibile scegliere. Le consideriamo come un insieme, si completano.

Com’è nata la copertina del disco? 
E’ stato un caso…Volevamo che avesse un appeal pop, che venisse capita dalla gente. Abbiamo quindi cercato in base a dei tag alcune foto su Instagram selezionandone una cinquantina che ci piacevano, scattate da comuni utenti dell’app. Alla fine abbiamo scelto la foto che poi è diventata la copertina dell’album. L’immagine, fatta da una ragazza, fa parte di una serie di sei foto.

E le altre come sono?
Sono sempre queste due ragazze nude…In diverse posizioni, diciamo. La cosa ci è stata utile perché le abbiamo utilizzate per tutto il resto: foto promozionali, tour etc…

Com’è andata la cosa? Le avete scritto su Instagram?
Sì, le abbiamo un messaggio privato dicendo: ”ciao, complimenti (ride, ndr.) per le foto, ci sentiamo?” e lei non capiva ovviamente e mi fa: ”ma per cosa?” così ci siamo visti e le ho spiegato la nostra idea.

E non è successo altro?Eh no…Solo le fotografie (ride, ndr.).

Anche la stampa ha parlato e sta parlando bene di voi. Che effetto vi fa?
Guarda, di base non ce ne frega un cazzo. Nel senso che qualunque sia l’opinione, il nostro approccio alla musica non cambia. Appunto per questo il disco si intitola ”avete ragione tutti”.

Come si formano i Canova?
Boh, non mi ricordo. Sai, se fossimo una coppia, saremmo una di quelle coppie che si sono innamorate alle elementari e mai si sono lasciate. Ci conosciamo da sempre e siamo sempre stati noi, non siamo stati i ricambi di qualcuno. Noi. Siamo una banda più che una band. Fratelli.

Come avete unito i vari background della band per creare il vostro sound?
Non sono poi così diversi. Essendo cresciuti insieme abbiamo tutti gli stessi gusti. Ci definiamo vecchi dentro. Non siamo tipi da dj set ma da vinili e birre. Ascoltiamo Battisti e i Beatles come se fossero adesso in radio, in nostro background è proprio questo.

Qual è il vostro obiettivo?
Aspiriamo a una carriera tipo quella di Brunori Sas. Lui è partito dal niente ed è diventato quello che è oggi grazie all’affetto del pubblico e alle sue canzoni. E’ quello che vorremmo succedesse a noi.

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LAZZA / ZZALA

di Federico Ledda
foto Alessandro Levati

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Rapper. Rapper. Rapper. Di sicuro nel mondo della musica è il trend del momento. In Italia, tutti aspirano ad essere rapper… tutti ci provano, ma in pochi ci riescono. 

Provarci alla fine sembra semplice, al giorno d’oggi con un computer, un microfono e con una base, magari cercata su Google il gioco è fatto. Basta scorrere un po’ YouTube e Instagram per trovare mille ragazzi che tentano, passando però più tempo a curare la loro immagine che il loro sound. 

Chi invece ultimamente mi ha colpito, in particolare per il suo flow e per la sua street credibility ha il nome di LAZZA. Ci hanno visto giusto Dj Slait e Low Kidd che fondando un nuovo collettivo/etichetta chiamata 333 MOB hanno dato una possibilità al talento di Jacopo Lazzarini – questo il suo vero nome – di sbocciare.

Ieri ero a bere qualcosa con un mio amico, e parlando di musica è uscito il nome di Lazza. Al che al mio amico, è spuntato un sorriso grande quanto una casa e mi ha detto: “credo che lui non se lo ricordi, ma da piccoli eravamo amici. Mi ricordo quando andavamo al parco per giocare a calcio e lui si metteva a fare freestyle… riusciva ad andare avanti per ore”. Incredibile quanto il talento e la passione siano riusciti a rendere questo ragazzo appassionato di musica un vero professionista, con tanto di primo album in classifica e una tournée da tutto esaurito che lo porterà anche a suonare al WOODOO FEST il prossimo 21 luglio, festival dalla line up molto interessante nella provincia di Varese. Non solo: opening act ufficiale di Salmo, Lazza o ZZALA, (come il titolo del suo album, ndr.) sta facendo crescere la sua fan base a vista d’occhio e a ogni live è sempre più grande. 

Merito di quella luce che ha negli occhi e che gli ho visto in prima persona. Occhi che brillano di passione. 

Siamo stati nel quartier generale della 333 mob dove dopo un tour, abbiamo chiacchierato un po’…

La cosa che più mi ha colpito di te sono state le tue influenze che partono dalla musica classica. Come ti sei avvicinato al mondo hip hop?
A 11 anni, tramite amici che mi hanno introdotto al freestyle.

Cosa ti ha colpito principalmente della cultura dell’hip hop?
Il fatto che quando facevo freestyle la gente urlava. Più la rima era fatta bene, più la gente si gasava più cercavo sempre di farla strillare di più.

Il tuo primo disco ha il titolo di ZZALA. E’ una cosa molto comune tra i giovani, per lo meno milanesi, quella di invertire le lettere. E’ uno slang. Madre diventa ”drema” ad esempio. Fa parte anche del tuo linguaggio abituale?
Certo, è un tipo di linguaggio che ho sempre usato e che mi è rimasto sin dall’adolescenza. Non mi ricordo nemmeno chi me l’abbia il perché abbia iniziato a parlare così, ma in generale vedo che è una cosa diffusa per tutta Milano. Il disco prende quel titolo perché per gli amici sono Zzala.

Come è nata la tua collaborazione con la 333 MOB?
Stavo uscendo da un’altra realtà. Conoscevo Low Kidd da tempo e una volta sono passato in studio da lui per provare a lavorare a qualcosa insieme. Insomma, da uno i progetti sono diventati due, tre e abbiamo deciso di dare vita a qualcosa di continuativo…Che avesse un capo e una coda. Così è nata questa etichetta/famiglia. Siamo molto legati tra di noi. Abbiamo raggiunto traguardi non indifferenti e ne siamo molto contenti.

Nel disco c’è anche una collaborazione con Salmo e Nitro. Come è nata?
Dal nulla! Ai tempi l’avevo proposta a Maurizio (Salmo, ndr.) dicendogli ”se mi dici di no, non si offende nessuno. Stai tranquillo”. Lui mi ha risposto ”la faccio volentieri!”.
Un giorno mentre eravamo già in fase di mixaggio con il disco Mauri ci ha mandato via nota audio un beat su cui stava lavorando e Kidd è impazzito. Non ha nemmeno chiesto il mio parere, sapeva che mi sarebbe piaciuto… Il giorno in cui l’abbiamo portato in studio per lavorarci c’era anche Nitro che sentendo il beat si è preso bene. Al che gli ho proposto se volesse fare un paio di battute anche lui e la risposta è stata sì. Ecco com’è nata!

Quanto ha influito il tuo background classico sulla creazione del disco? So che in alcuni pezzi hai anche suonato il pianoforte…
Per trovare la linea melodica giusta sono stato dietro anche a Low Kidd mentre produceva, io abbozzavo, lui poi modificava. Suonavo due cose…Vedevo se funzionava o meno. Gli studi che ho fatto, mi facilitano il lavoro, ho più consapevolezza di quello che vado a fare, ecco.

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Qualche tempo fa abbiamo intervistato un altro componente della 333 MOB ovvero, ZUNO realizzando così la sua prima intervista. Cosa ne pensi di lui?
Oltre al suo ottimo potenziale e una grande voglia di fare, io vedo in Zuno un fratello. Per me lui è uno di famiglia. Infatti quando gli vedo fare delle stronzate che di sicuro alla sua età facevo anche io, glielo dico, cerco di proteggerlo. E’ da apprezzare ci siano ragazzi così. Ha costanza. Vive per questo e io sono fiero di lui. Ha una grande testa e sono sicuro che farà strada.

In questo momento in Italia ci sono moltissimi rapper. Ne Escono come i funghi. Come la vivi? Pensi che il mercato sia saturo?
Innanzi tutto penso che devono tremare tutti perché io sono tornato in studio! (Ride, ndr.) A parte questo, non credo sia saturo, mi fa piacere sentire voci nuove, penso che ora come non mai, ci sia un ottimo ricambio generazionale.

Sei in tour e lo sarai per tutta l’estate. Com’è andare in tour? Ti agita?
Mi agita solamente se so che ci sarà poca gente, quello mi mette ansia. Se c’è tanta gente è facile, hai meno lavoro da fare. Il lavoro di un’artista sta nel dare tutto sé stesso anche se sotto ci sono solo dieci persone. Le devi fare strillare come se fossero mille.

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BLACK ANGELS AND DARK SOULS

di Federico Ledda

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Non conoscevo i Black Angels molto bene, anzi, non li conoscevo proprio. Fino a quando, un paio di mesi fa, spulciando per bene il mio Spotify ho scoperto il loro singolo Currency. È stato amore a prima vista.

La band di Austin, Texas mi ha colpito per il loro stile realmente psichedelico, non wannabe come funziona oggi. Sembra quasi di ascoltare le produzioni di una band di metà degli anni 70, quelle che sei convinto abbiano suonato a Woodstock. Non a caso, infatti, la band ha come riferimento iconiche band come Doors o Velvet Undeground, da dove appunto, prende spunto il nome della band.  

Reduci da due date-trionfo in Italia, abbiamo incontrato Christian Bland e i Black Angels per chiacchierare del loro nuovo disco “Death Song” e di quanto la morte influisca nei loro lavori.


Come descrivereste il vostro ultimo album? Quale è stata l’ispirazione?
E’ un istruzione manuale alla vita e alle sue insidie. L’ispirazione è semplicemente stata la vita.
 
Quali sono le differenze dal vostro precedente lavoro Indigo Meadown?
Death Song ha avuto un processo creativo più lungo. Le canzoni sono maturate e sbocciate con il tempo. Indigo Meadown è stato un album più impulsivo.

 

Currency, il vostro nuovo singolo, ha un sound quasi infausto. Riflette il modo in cui vi sentite adesso?
Assolutamente. 
Siete in tour. Com’è essere tornati on the road?
Indescrivibile. Amiamo suonare dal vivo.

Quale canzone di Death Song è la vostra preferita? Perché?
Cambia in base al nostro umore. Adesso è Grab As Much (As You Can). Il groove che ha il basso di Alex in quel pezzo è da brividi.
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HANS ZIMMER LIVE IN MILANO

by Federico Ledda
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Epicità incontrastata per il concerto del premio Oscar Hans Zimmer.

In un Mediolanum Forum infuocato, il compositore tedesco ha ridato vita con un coro e un’orchestra di oltre trenta elementi, alle colonne sonore più celebri del mondo, che l’hanno reso con tutta franchezza, il compositore di colonne sonore più richiesto dalle produzioni americane e non.

Dal Re Leone a Batman passando da Pirati dei Caraibi e Momenti di Gloria, l’artista ha saputo incantare i presenti  con uno show da fare invidia a qualsiasi pop star.

Avvolti da musiche avvincenti ed emozionanti accompagnate da pirotecnici giochi di luce e visual accattivanti, il pubblico presente è stato rapito dal compositore, che attraverso musiche e divertenti aneddoti tra un pezzo e l’altro, ha saputo incantare i presenti, regalando una serata che nessuno dimenticherà facilmente.

Durante il live non sono mancati nemmeno i momenti per riflettere e commuoversi, come quando Zimmer ha reso omaggio all’attore scomparso Heath Ledger, che conobbe durante la lavorazione delle pellicole su Batman e alla quale si legò molto.

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WE MADE IT

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Eccoci, ci siamo arrivati.

Non sembra vero, invece siamo qui.

WE MADE IT ovvero, ce l’abbiamo fatta. Siamo arrivati al trentesimo numero.

Sono stati mesi intensi, che ci hanno visto mettere in discussione il magazine e perfino noi stessi.

Il trentesimo numero, a rigor di logica, sarebbe dovuto essere quello di giugno. Il mese scorso.

Non era pronto però, non era perfetto, mancava di contenuto ad essere onesto. Abbiamo quindi preferito aspettare, non eravamo ancora pronti a lascialo andare.

Adesso invece è grande abbastanza quindi, eccolo per voi.

È una fase di transizione questa per noi. Così come questo trentesimo numero. Nuovi occhi sono entrati nei The Eyes. Il team è adesso più grande, ha più ”eyes” per guardare il mondo.

Insieme stiamo cercando di cambiare la percezione che avrà la gente di questa realtà.

The Eyes Fashion sarà presto nuovo. Nuovo. Non mi stancherò mai di ripeterlo. E’ un nuovo team, con dei nuovi occhi, pronti a un nuovo genere, e a un nuovo viaggio.

Preparatevi.

Settembre è vicino.

Federico Ledda. 

#FESTIVALSMUSTSEE 1 – ASTRO

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Uno dei place to be di questa estate sarà sicuramente il festival di musica elettronica ASTRO. Con una location come il Circolo Magnolia, che ormai è per i milanesi una certezza di qualità, la manifestazione vanta una line up incredibile che include Moderat e Gold Panda. Tutto la stessa sera.

Sarà quindi un occasione imperdibile per gustarsi un’ottima giornata di musica, con uno sguardo però alle stelle, tema principale del festival.

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MADE IN AMERICA – DRAICO

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Ballerino, coreografo e adesso anche attore: non ci sono limiti a quello che Draico riesce a fare. Don Draico, questo il suo nome esteso, inizia la sua carriera ballando nei video musicali degli artisti più celebri del globo come Destiny’s Child e Britney Spears per citarne alcuni. Grazie al suo stile unico e la sua esperienza, inizia a diventare coreografo di numerosi artisti, concerti e produzioni cinematografiche. Uno dei lavori di cui sono più fiero, ci rscconta, è il video “I’m Into You” ch ha girato insieme a Jennifer Lopez in Messico.

Draico è inarestabile e così lo è anche la sua carriera che lo porta perfino a testare le sue doti da attore con un ruolo nell’ultima stagione di Game Of Thrones e ne “Il caso di O.J. Simpson”.

Durante una pausa dalle audizioni del nuovo Step Up, per la quale Sta scegliendo il cast dei ballerini, Draico ci ha portato a Downtown, la sua zoma preferira di LA.

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GUSTAVO FRING È A MILANO!

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Dopo Austin, Texas durante il SXSW, Los Pollos Hermanos ha aperto un “ristorante” anche a Milano e Roma. Un nuovo franchising? No, il Fast Food di Breaking Bad, teatro di molte iconiche scene di una delle serie più amate degli ultimi anni, ha aperto i battenti per due giorni nelle città italiane.

Il locale, che nella serie era gestito da Guatavo Fring – personaggio interpretato da Giancarlo Esposito – a Milano si trova in Piazza 24 Maggio e fino a sabato 13/5 servirà veri Burritos, pollo fritto e specialità messicane. Così per dieci minuti sarà come essere ad Albuquerque insieme a Walter White (protagonista della serie, ndr.).

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L’esperimento geniale è stato ideato da Netflix che per promuovere l’ingresso del personaggio di Esposito nella terza stagione di Better Call Saul spin off di Breaking Bad, sta seminando in giro per il mondo temporanee copie esatte del fast food diventato celebre grazie alla serie.

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A Milano la fila è cresciuta sopra ogni aspettativa, confermando così il mito che ha creato Breaking Bad.

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FOOT LOCKER X SOFIA RICHIE

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Foot Locker – leader globale nel retail di scarpe, apparel e accessori che si ispirano allo sport – annuncia a livello europeo il lancio di adidas Originals INIKI con Sofia Richie.
INIKI è un nuovo modello dalla silhouette runner che mostra un incrocio futuristico, studiato tra il passato e il presente. Con un design dallo stile retrò, il modello INIKI è stato ripreso dagli archivi del brand ed è stato rivisitato con una suola BOOST che gli dona un tocco classico, ma moderno allo stesso tempo. La parte superiore ha un design pieghevole grazie alla linguetta integrata, mentre l’iconico color blocking, insieme alle tre righe, rende la sneaker un autentico modello adidas Originals.

INIKI è una creazione nata da un clash tra un upper retrò e una suola moderna. Un’evoluzione in termini di stile, senza compromessi e innovativa. Quando le culture della musica, della moda e dell’arte si uniscono simultaneamente, le folle si scontrano per creare nuovi movimenti. Questa è l’energia che rispecchia la Londra di 40 anni fa e allo stesso l’energia che vive oggi. E questo concetto è ciò in cui INIKI trova il suo terreno fertile.

Il lancio di INIKI segna l’inizio di una partnership tra adidas, Foot Locker e Sofia Richie. La partnership che è iniziata questo aprile, continuerà per tutto l’anno, con una gamma di colori più ampia che verrà presentata prima a giugno e poi a settembre.

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IT’S ECO, IT’S GREEN FASHION WEEK!

di Federico Ledda
pictures by Alessandro Levati

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La moda può essere eco sostenibile? E’ questa la domanda che si è posto Guido Dolci, fondatore della Green Fashion Week, la prima settimana della moda che strizza l’occhio all’ambiente. Giunta alla quinta edizione, avvenuta tra la California e il Nevada lo scorso aprile, la settimana della moda ha visto sfilare brand emergenti e non, che utilizzano esclusivamente materiali e tessuti che non danneggiano il nostro ambiente perché come diceva un antico detto indiano: ”Questa terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”.

Beverly Hills, Death Valley Junction e Las Vegas sono state le suggestive location scelte per questa edizione. I fortunati ospiti sono stati a vero e proprio contatto con la natura grazie a location mozza fiato come la distesa di sale in Nevada, il deserto della California o, il parco nazionale della Death Valley. Il tutto condito dalle presentazioni delle nuove collezioni degli stilisti partecipanti.

Il team di The Eyes Fashion ha seguito l’iniziativa e ha catturato alcuni momenti dei backstage delle sfilate e degli shooting. La Green Fashion Week è in costante sviluppo, per rimanere sempre aggiornati visitate: www.greenfashionweek.org

More to come.

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MADE IN AMERICA – SARAH DUQUE LOVISONI

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Il mese di aprile è stato per noi un momento importante. L’abbiamo speso tutto alla conquista della West Coast. Tanti gli impegni e tanti i contenuti sviluppati per voi, il primo di cui vi parliamo, è la serie MADE IN AMERICA. Durante le prossime settimane vi presenteremo la nostra visione degli Stati Uniti, attraverso scatti di alcuni dei personaggi che più ci hanno fatto innamorare di questo paese.

La coverstory è dedicata a Sarah Duque Lovisoni, femme fatale che ha fatto innamorare tre paesi interi. Il Venezuela, che è quello da dove proviene, l’Italia che è quello dove ha mosso i primi passi e appunto l’America, dove ha trovato la stabilità. Quello che mi ha colpito di Sarah è stata la sua voglia costante di rinnovarsi, senza limitarsi mai. Infatti la sua carriera partita in Italia come modella/showgirl, l’ha portata oggi a Los Angeles, dove è diventata interior designer, fondando la compagnia SDL Design.

L’uragano Sarah è unstoppable e continua a macinare idee diverse nella testa. Le abbiamo chiesto in quale zona volesse portarci per scattare, ha scelto la spiaggia di Venice Beach, il quartiere Bohémien di Los Angeles.

To know Her better: Instagram – @Sarahduquel, @sdldesign_us

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