DJ LOLLINO ALL OVER THE TOP!

di Federico Ledda

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Conoscere Lollino e non essere trasportati dalla sua gioia e dal suo entusiasmo è veramente impossibile. Si presenta così il deejay italiano vincitore della BURN Residency. La competizione, giunta al sesto anno, si occupa di trovare deejay talentuosi e di puntare tutto sul loro futuro. Lo fanno però in grande stile, mettendo i 26 prescelti (uno per paese) in una villa mozzafiato a Ibiza attorniati da vere e proprie leggende del calibro di Carl Cox e Dubfire. Da 26 talenti, a vincere il premio di 100mila euro da investire sulla sua carriera è stato il torinese Lollino, che fino all’ultimo se l’è sudata…

Come ci si sente a essere il vincitore della BURN Residency?

Sono felicissimo, è un emozione indescrivibile! Non mi sembra ancora vero, si sono avverati tutti i miei sogni in una sola estate, quelli su cui lavoravo da tantissimi anni. Dopo quasi quattro mesi qui ad Ibiza, sono venuto a conoscenza della vittoria tramite un cartellone gigante con la mia faccia nel centro dell’isola, uno di quelli che ho sempre desiderato fin da piccolo, da quando vedevo quelli di Carl Cox, Sven Vath o Villalobos… Mi piacerebbe poterlo portare a casa ma e’ troppo grande!

Puoi spiegarci di preciso in che cosa consiste il contest?
È stata un’esperienza pazzesca e lo è tutt’ora. Per i primi mesi è stato un po’ come tornare a scuola ma in una villa a Ibiza… di quelle che non si possono neanche immaginare, con maestri come Carl Cox, Philipp Straub, Dubfire, Uner, John Digweed, Luciano, Miguel Campbell e tanti altri. Con gli altri 26 DJ è nato subito un rapporto stupendo dove, pur essendo in competizione, l’invidia o la paura non hanno mai preso il sopravvento, si è collaborato e fatto squadra fin dall’inizio e questo ha permesso a tutti di poter dare il meglio. Ogni giorno avevamo lezioni interessanti da parte dei più grandi DJ, produttori e maggiori esponenti del mondo musicale e dal mattino alla sera non smettevamo di imparare, di suonare e di produrre. Il posto perfetto, un’esperienza unica e indimenticabile! Dopo aver vinto insieme ad altri due dj questa prima fase nel Burn Boot Camp, è iniziata la seconda parte dove ho suonato tutte le settimane tra Sankeys, Privilege, Ushahia, Mambo, Bora Bora ma anche in tante feste private in villa, in barca e persino in un bagno con il gran finale all’Amnesia, nella terrazza per la serata Hyte!

Cosa succederà quindi nei prossimi mesi?
Nei prossimi mesi ci saranno un bel po’ di date in giro, a partire dall’Ade di Amsterdam con la crew di Hyte, poi Londra, Lituania e Torino, la mia città! Mi piace sempre mettere musica almeno una volta al mese a casa mia! Tra una data e l’altra cercherò di passare piu’ tempo possibile in studio! Ci saranno anche un po’ di eventi Burn a cui saro’ presente…quindi beh, per fortuna si prospetta una stagione bella movimentata in attesa della prossima Ibiza!

Come descriveresti la tua musica?
Non penso di saper descrivere la mia musica con un solo genere o una parola. E’ molto influenzata dal mio stato d’animo  del momento e dal luogo in cui mi trovo a suonarla! Prediligo comunque un suono allegro che trasmetta vibrazioni positive ma sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo! Nei mie set mi piace molto spaziare dalla house alla techno cercando sempre di suonare qualche disco nuovo, qualcuno più ricercato e mischiarli a pezzi storici e immortali !

Come ci si sente ad essere arrivati fino alla patria della musica dance come deejay?
Da quando ho iniziato ad appassionarmi alla musica elettronica non c’è stata estate in cui non sono passato almeno due giorni da quest’isola per poter ballare e ascoltare i miei dj preferiti… Potere adesso condividere insieme a quelli che erano i miei idoli queste prestigiose consolle in locali storici come l’ Amnesia è qualcosa di indescrivibile. Mi sento un po’ come un calciatore che dopo anni di allenamenti e partite ha finalmente avuto l’occasione di scendere in campo con la nazionale. Ora spero di poter “giocare” il piu’ possibile!

I tuoi prossimi progetti?
Cercare di produrre più musica possibile e provare ad imparare sempre qualcosa di nuovo, continuando a studiare e lavorare in studio! E ovviamente suonare il più’ possibile, sia in Italia che in giro per il mondo. Non mi stancherei mai di mettere i dischi, per me è sempre la parte più bella e gratificante di questo lavoro! Altri progetti a cui tengo molto, su cui sto lavorando da un paio di anni, sono quelli con il mio socio/amico Stefano Genta. Il lancio della nostra etichetta Morning Glory e il progetto live Soundside.

JON DONAHUE from INFERNO to THE EYES FASHION

di Federico Ledda

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Riconosciuto come l’uomo che fa tutto, Jon Donahue eclettico attore americano, sta veramente facendo tutto! Diviso tra piccolo e grande schermo dove è stato diretto da leggende quali Steven Spielberg e Ron Howard, Donahue sarà presente nel prossimo episodio della saga de ”Il Codice da Vinci” intitolato ”INFERNO” nelle sale dal 13 ottobre. Lo scorso inverno ha anche partecipato alla lavorazione de ”Il Ponte delle Spie”.
Mentre si è alla ricerca di un biglietto dell’ultimo minuto per la premiere di ”Inferno” che avverrà nel capoluogo toscano, location iconica dove il film è stato girato, abbiamo incontrato Jon che ci ha raccontato dei suoi ultimi lavori e di quanto ami l’Italia e l’Europa.

Sei un fan degli episodi passati della saga: ”Il Codice da Vinci” e ”Angeli e Demoni”?
Certo che sì! Sono un fan anche dei capelli di Tom (Hanks).

jon-donahue-054-rtPuoi raccontarci cosa succederà in ”Inferno”?
Dan Brown ha davvero messo tutto se stesso in questo film! Robert Langdon (Tom Hanks) si sveglia in un ospedale italiano con l’amnesia. Facendo squadra con la dottoressa Sienna Brooks (Felicity Jones) partono per un giro intorno all’Europa con lo scopo di recuperare i suoi ricordi persi e svelare ancora una volta i misteri che si annidano intorno all’opera immortale di Dante. E’ un film colmo di colpi di scena capace di tenere il pubblico incollato davanti allo schermo, da vedere!

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Jon sul set

E sul tuo personaggio Richard Savage?
Richard è l’assistente del Dr. Elisabet Sinskey (Sidse Babett Knudsen), che è a capo della World Health Organization. Il mio personaggio è una persona molto seria, con un esistenza frivola, quasi senza senso. Nella vita di tutti i giorni sono esattamente l’opposto, quindi interpretarlo è stato una sfida importante e anche eccitante per me.

Girato tra Venezia, Firenze e Budapest, hai avuto tempo per esplorare le città?
Certo! Non dimenticarti anche Istambul! Oltre a visitare le città ho anche provato la cucina di ogni posto. Fortunatamente il mio personaggio corre tantissimo, quindi quello che mangiavo lo consumavo davvero in fretta! Le avventure di Robert Langdon lo portano in tutta Europa e fortunatamente per chi ha lavorato al film è stata un esperienza mozzafiato che ci ha portato a vedere posti incredibili e non il solito green screen di un qualche studio a Hollywood!

Com’è stato lavorare con Tom Hanks e Felicity Jones?
Avevo già lavorato un paio di volte con Tom e ogni volta è un’esperienza che mi fa imparare sempre moltissimo. Tom è veramente un grande attore e ogni volta che siamo insieme sul set, la considero come una lezione di recitazione gratis! Tra un ciak e l’altro chiacchieriamo e troviamo tempo per una risata…E’ davvero una bella persona! Con Felicity era invece la prima volta che ci lavoravo ed è proprio un tesoro. Nel ruolo di Sienna Brooks è veramente perfetta, sono sicuro che tutti l’ameranno! Non vedo l’ora di vederla anche in ”Rogue One”, sono un grandissimo fan di ”Star Wars”! Sfortunatamente mentre giravamo ”Inferno” non mi ha spolverato nulla…

Hai avuto modo di stringere amicizie sul set?
Quando finivamo le riprese capitava quasi ogni giorno di uscire con Tom. Andavamo a mangiare un boccone o a vedere un film…E’ divertente discutere di cinema con lui! Quando siamo insieme il divertimento è assicurato. Ho davvero dei ricordi fantastici durante le riprese di ‘Inferno” dell’anno scorso…Parlando con Dan Brown, gli ho buttato là l’idea di considerare uno spin-off incentrato sul mio personaggio Richard Savage (ride ndr) speriamo ci pensi sù!

Quali sono  tuoi prossimi progetti? 
Ci sono un paio di progetti alla quale sto lavorando adesso. Non voglio anticipare nulla un po’ per scaramanzia e un po’ perché non posso proprio per contratto (ride ndr). Aspettate e vedrete, ne vale la pena!

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”Il Ponte delle Spie”

IL PAGANTE DEBUT ALBUM

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Dopo anni di singoli posizionati ai vertici delle classifiche e dopo una fan base cresciuta a dismisura è finalmente uscito ”Entro In Pass” il disco di debutto del trio ”Il Pagante”!

Con l’ironia sopra le righe che li contraddistingue, Il Pagante è uno dei gruppi più in voga in Italia capace di dettare le tendenze musicali delle notti dei giovanissimi. Con video da oltre 20milioni di visualizzazioni  e più di 100 live all’attivo sono stati capaci di sviluppare una vera e propria categoria sociale che, come un virus, ha influenzato con il classico gergo milanese da ”pagante” tutta Italia facendo diventare termini tipo ”sbatti” e ”minchia frate” veri e propri must.

Entro In Pass racchiude tutta l’essenza della loro filosofia intraprendendo un viaggio che comprende inediti come Fuori Corso e Ultimo e anche le loro maggiori hit come Pettinero e Vamonos.

Li abbiamo seguiti durante il loro primo instore milanese dove ad attenderli in Piazza Duomo c’erano dozzine di paganti pronti a farsi firmare il disco. Per vedere il video clicca qui.

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KEVIN STEA – FROM 0 TO 60

di Federico LeddaK1

#Theeyesfashion è arrivato al 20esimo numero!
Abbiamo deciso di celebrarlo mettendo in copertina il camaleontico KEVIN STEA: ballerino, modello, cantante e attore statunitense, ma prima di tutto nostro primo supporter dai tempi del nostro piccolo blog Ice Fashion. Io avevo sedici anni, e tante cose sono cambiate da allora ma la stima profonda che ci lega a questa persona-artista dall’animo stupendo è rimasta uguale in tutti questi anni.
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Nel business da oltre 20 anni, Kevin ha iniziato la sua carriera lavorando come ballerino nel Blond Ambition Tour di Madonna che gli ha letteralmente cambiato la vita. Successivamente Michael Jackson, David Bowie, Prince, Ricky Martin, Lady Gaga e Jane’s Addiction lo hanno voluto con loro per tournée e video musicali. Stea però può vantare anche una sfavillante carriera da modello avendo lavorato con i brand e i fotografi più importanti del settore, tra cui Herb Ritts e David Lachapelle.

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La scelta di proporgli la copertina del mese è stata dettata dal fatto che secondo noi nessuno più di lui interpreta il concetto di ”power to the new generation”. Infatti, quando venne assunto da Madonna, Kevin aveva solamente 21 anni… Da lì, la strada l’ha portato anche in Italia dove per un paio di anni ha ballato al fianco di Luca Tommassini nel Sunday show ”Buona Domenica”.

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Musica, moda e anche cinema per l’artista statunitense presente nel documentario STRIKE A POSE. La pellicola, diretta da Ester Gould e Reijer Zwaag in uscita in tutte le sale il prossimo inverno, racconta la vita dei sette ballerini del tour più iconico di Madonna esattamente venticinque anni dopo, diffondendo un meraviglioso potente messaggio di unità, fratellanza e amicizia rompendo così qualsiasi tipo di barriera sessuale.

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EXCLUSIVE – INTRODUCING ZUNO

di Federico Ledda

Oggi #THEEYESFASHION vi presenta ZUNO, camaleontico rapper italiano che a breve farà tanto parlare di sé. Classe 1998, all’anagrafe Mattia Zuno, inizia a sputare le prime rime quando è ancora in fasce, portando la sua musica e i suoi testi a una maturità disarmante nonostante la sua tenera età – ”Devo fare diciotto anni a settembre” – ci racconta. Con il supporto di Machete Crew, etichetta che ha lanciato artisti come Salmo e Nitro e con quello di Roccia Music di Marracash, ZUNO, ha già lanciato tre singoli e uno street album in free download. L’abbiamo incontrato in occasione del nuovo pezzo ”Odiare Di Nuovo”, in uscita oggi!

In che modo l’hip hop ha caratterizzato la tua infanzia?
Ho iniziato ad avvicinarmi alla musica verso i 14 anni, in prima superiore. Da quel momento in poi la mia vita è stata man mano inglobata completamente dalla musica… anno dopo anno, fino ad arrivare a oggi che è il principale pensiero e impegno di ogni giornata.

E’ difficile essere presi sul serio, musicalmente parlando, alla tua età?
Agli inizi non tutti hanno capito quello che stavo facendo, mi vedevano un po’ come l’ennesimo che iniziava a fare rap. Quindi sì, è stato difficile ma dopo pochi mesi, con l’uscita del primo video, questa atmosfera è cambiata rapidamente trasformandosi in rispetto. Ora questo problema non esiste più, prendono tutti con molta serietà quello che faccio.Di cosa parli nei tuoi testi?
Non mi prefisso mai un argomento da seguire. Parlo sempre di come mi sento in un determinato periodo cercando di non romanzare mai troppo i fatti seguendo come realmente sono andate le cose anche se dovesse poi risultare scomodo. Per altri o per me. Credo che si tratti prima di scrittura e poi di musica quindi non potrebbe essere che così.

Parlami del nuovo pezzo in uscita con il video
La realizzazione, sia del video che del brano, è stata lunghissima. Solitamente andavo in studio e dopo due ore uscivo con il master da pubblicare, + qualche altra ora successiva per pensare alla realizzazione del video. In questo caso, che le cose si sono fatte finalmente un po’ più serie, è stato diverso. Io e Chris Nolan ci siamo ritrovati in studio 3 diverse giornate per cercare la perfezione in quello che stavamo facendo, più un altro paio di giorni all’interno dei Machete Studios con Low Kidd e DJ Slait, che ringrazio per il supporto. L’organizzazione del video è stata altrettanto lunga, l’organizzazione ha richiesto quasi un mese… Infatti nelle riprese è tutto curato al minimo dettaglio, anche i miei look e quelli degli attori. Facendo tutto da soli non è stato facile ma ci siamo riusciti senza problemi. Non penso di aver già visto un video simile in giro.

A chi ti ispiri?
Vengo ovviamente condizionato ogni giorno da mille sonorità, generi ed artisti diversi perchè è normale che sia così. Credo che sia anche perché a 17 anni si è facilmente influenzabili. Il mio obbiettivo è però avere un mio stile. Farsi riconoscere è fondamentale, non diventerai mai nessuno se quello che fai è già stato fatto.

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HELLO TO LAUREN LANE

di Federico Ledda
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Lauren Lane vive a Los Angeles e fa la deejay. Nel corso degli ultimi anni ha fatto tanto parlare di sé grazie al sound iconico che l’ha resa nota prima nella scena di New York e dopo breve a livello mondiale. Lauren può vantare partecipazioni a festival di rilevanza mondiale quali Coachella, DC – 10 e Warung. Ha rilasciato il suo primo EP ”Cool Kids” per la casa discografica Saved Records di Nic Fanciulli, diventando l’EP più venduto dell’etichetta per tutta la durata del 2014 ed è in uscita con ”Diary Of A Madwoman”, il suo nuovo EP. Abbiamo incontrato la bella Lauren mentre andava a Ibiza per uno dei suoi set…
Stai diventando sempre più grande! Come ci si sente ad essere una deejay di fama mondiale?

Non mi sento di esserlo. Il mio obbiettivo è quello di rendere la gente felice facendo quello che mi riesce meglio. Mi sento davvero grata di poter fare di lavoro quello che è iniziata come una passione, e sono contenta che a sempre più persone piaccia!
Come descriveresti la tua musica?
Il mio sound è un misto di tutta la musica che mi piace. In molti dei miei set si può notare una combinazione di house, tech-house, deep house e techno. Quando invece produco, mi piace creare un beat ”duro”, che viene poi addolcito da melodie e samples.
Molta gente è ancora alla scoperta della musica dance/techno e ha idee sbagliate a riguardo…
Molti sono convinti che la musica EDM, descriva qualsiasi tipo di deejay e di produzione elettronica. La verità è che ogni genere e ogni deejay è unico nel suo stile, ed è superfluo categorizzare tutto per forza.
Com’è stato suonare in un festival importante come il Coachella?
Ho suonato due volte al festival e ogni volta diventa meglio! E’ bello vedere come anche negli Stati Uniti stia crescendo l’interesse a questo genere di musica e quanto l’organizzazione del Coachella si sia impegnata portando un nuovo palco interamente house/techno (Yuma Tent) nel festival!
Che tipo di musica ti ispira?
Sono cresciuta ascoltando la musica rock, ma anche quella degli anni 80, e il funky della Motown. Questo ha sicuramente influito sulla mia formazione. Ha influito anche la classic house che ha avuto per me una parte fondamentale all’inizio della mia carriera.
Chi sono i tre dj che più ti piacciono?
Ho davvero troppi dj che mi piace ascoltare ed è impossibile sceglierne solo tre! Il mio preferito in assoluto è di sicuro però Danny Tenaglia perché mi ha influenzato moltissimo agli inizi della mia carriera. Credo che con i suoi set sia l’unico che riesca a farti fare un viaggio coinvolgendo diversi generi musicali.
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IL CUORE DI ANNALISA

di Federico Leddaannalisa-sanremo-2016-foto-ufficiale
 Si presenta come una ventata d'aria fresca ''Se Avessi Un Cuore'', il nuovo lavoro completamente electro pop della cantautrice Annalisa in uscita il 20 maggio.
 Realizzare cinque album in sei anni è un rischio che non tutti si possono permettere. Si è invece spinta a tanto Annalisa, riuscendo a realizzare il suo disco più completo, il SUO progetto, dove ha curato ogni singolo dettaglio. Dal design dell'artwork realizzato insieme a Laura Battista, ai testi del disco, tutti completamente scritti da lei a parte ''Potrei Abituarmi'' o ''Used To You'' scritta dalla camaleontica Dua Lipa (famosa in tutto il mondo per il successo ''Be The One'') e arrangiata in italiano da Annalisa insieme all'artista britannica.
 ''Se Avessi Un Cuore'' è un disco leggero, dai ritmi incalzanti e inusuali per l'artista di Savona che siamo sicuri, le farà fare una svolta alla sua carriera. L'abbiamo incontrata pochi giorni fa a Milano eccitata dall'uscita del suo nuovo album, ecco cosa ci ha raccontato...

Cinque album in sei anni, in che modo questo è diverso dagli altri?
Ogni album mi ha permesso di crescere e di fare un percorso graduale portandomi a un sound più elettronico e conforme ai suoni della scena pop americana.

Nell’album c’è anche ”Il Diluvio Universale”, brano che hai portato quest’anno a Sanremo…
”Il Dilvuio Universale” io lo vedo come un’opera unica, che per ragioni di logica è stata inserita nel disco. E’ un po’ il perno che unisce quello che è stato a quello che è ”Se Avessi Un Cuore”.

In che modo credi che la leggerezza traspaia dal disco?
Penso che esca soprattutto in un brano che si chiama ”leggerissima”, dove in sostanza cerco di dare valore alla leggerezza in quanto capacità di lasciarsi alle spalle qualcosa… Di mollare la presa, che non significa perdere, ma arrendersi in modo sereno.

Nel brano ”Potrei Abituarmi” c’è una collaborazione con Dua Lipa, in che modo l’hai conosciuta?
Mi è stata presentata nei corridoi di Warner, l’etichetta discografica di entrambe. Capita spesso di conoscere gli altri artisti che passano di lì, ma con lei è subito scattata una scintilla particolare, ci siamo trovate.
Insieme al suo gruppo di scrittura, con la quale scrive i suoi brani hanno scritto questa canzone ”Used To You”, che Dua mi ha poi proposto. Ci abbiamo lavorato su per renderla più mia, e così è diventata ”Potrei Abituarmi”.

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Q&A: JD.COM

di Federico Ledda

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JD.COM, la più grande piattaforma di retail in Cina (e la prima che si batte contro la contraffazione), ha lanciato durante lo scorso salone del mobile di Milano, la prima piattaforma dedicata su JD Mall attraverso la quale i marchi internazionali di arredamento, potranno arrivare a vendere a milioni di consumatori cinesi i loro prodotti. Abbiamo incontrato il presidente di JD.com a Milano, durante l’evento di lancio della piattaforma: per l’occasione, 10 designer italiani e cinesi, hanno realizzato 10 uniche stanze dedicate a progetti collaborativi per promuovere il meglio del design italiano in Cina. Il colosso dell’e-commerce vuole dare una forte spinta al design italiano per un mercato potenziale di oltre 155 milioni di suoi clienti.

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In che modo JD.com è riuscito a diventare così importante?
La vendita al dettaglio è sempre stata molto debole in Cina, quindi, la creazione di JD.com è stata una necessità. Sin dall’inizio ci siamo battuti per mantenere l’autenticità e la qualità dei nostri prodotti, entrando in una fetta di mercato diversa rispetto a quella solita cinese, diventando così sinonimo di lealtà per i nostri clienti, che sono cresciuti a vista d’occhio.

In che modo è nata la ‘’Home Furnishing Platform’’?
La ‘’Home decorazioni’’ e l’arredamento più in generale, sono due tra le categorie che si stanno sviluppando più velocemente nel nostro sito, grazie anche ai brand internazionali che si stanno appoggiando a noi per la vendita dei loro prodotti. Accontentare il consumatore medio cinese, non è per niente facile, in quanto è abituato a degli standard alti e di qualità. Ma ce la stiamo mettendo tutta. Nella piattaforma sono già presenti oltre 15,000 brand inclusi Harbor House, Ashley, Kuhn Rikon e Fissare, Zojrushi.

In che modo avete scelto i brand per questo progetto?
Scegliamo i brand o i designers che sappiano incorporare la creatività alla praticità.

Cosa pensi dei designer italiani?
I designer italiani sono conosciuti a livello globale per la loro vena artistica. Il progetto è stato una grande opportunità per mettere insieme gli artisti più talentuosi, a quelli che invece riflettono la cultura cinese. E’ stata un’opportunità unica, che speriamo tutti ricapiti!

 Cosa c’è nel futuro di JD.com?
In questo momento abbiamo 155milioni di clienti attivi, e ci auguriamo che diventino sempre di più! Il nostro impegno a proporre solo prodotti di alta qualità, fanno di noi dei perfetti partner per le compagnie italiane che guardano al territorio asiatico.

MILANO DESIGN WEEK 2016: face to face with Michael Young for BRIONVEGA

di Federico Ledda

 

youngIn occasione del salone del mobile 2016, BRIONVEGA, l’iconico brand di design divenuto noto a livello mondiale a inizio degli anni 60 per il suo industrial style sopra le righe, ha presentato allo spazio BASE di Via Tortona il nuovo arrivato in famiglia: WEARiT, speaker bluetooth – accessorio fashion realmente indossabile. La direzione artistica è stata affidata a Michael Young leggenda del design inglese che negli ultimi vent’anni è riuscito ad affermarsi a livello globale come una delle figure principali nel suo campo, grazie all’unicità delle sue opere realizzate nel suo studio di Hong Kong.

 

2Come ci si sente a essere a Milano durante una settimana importante come quella del design?
E’ bello essere qui! Tutti i miei vecchi amici lo sono, ci veniamo sempre da 25 anni ed è bello vedere come sono cambiate le cose.

Quali sono le differenze più grandi che noti?
Prima era un’iniziativa davvero ristretta… Esponevano poche aziende, e il pubblico era solamente del settore. Sento che invece oggi ci sia una rivoluzione in atto, che il nostro lavoro inizi a interessare sempre di più a un vasto numero di persone estranee al nostro mondo. Bellissimo.

Cosa pensi dei designer italiani?
Li amo. Da sempre l’Italia e designer italiani influenzano tutto il mondo. Specialmente brand come Brionvega. Sai, dopo la seconda guerra mondiale c’è stato lo sviluppo di molti materiali che utilizziamo tutt’oggi, e Brionvega insieme ad altri brand italiani, è stato tra i primi ad utilizzarli per i loro prodotti.

Com’è avere il proprio studio a Hong Kong e vivere in un continente completamente diverso dal tuo?3
Quando sono partito, ho deciso di andare in Asia perché ero incuriosito dal loro mondo. Trovo affascinanti i due poli opposti che spaccano il paese tra tecnologia d’avanguardia, e tradizioni culturali che vanno avanti da secoli. Credo che mi abbia permesso di crescere come designer facendomi diventare ciò che sono oggi.

 

Come descriveresti il tuo stile?
Sai, in questi 25 anni di carriera, mi è stata posta questa domanda migliaia di volte. Ad essere onesti, non ne ho idea. Credo che evolva in base alla mia crescita professionale, in base a quello che sento nel momento in cui creo qualcosa. Non mi definirei mai minimal, credo più un visual designer.

Che cosa ispira i tuoi lavori?
La serenità…Il concetto di felicità. Quello che potrebbe fare felici altre persone.

La musica ti aiuta nell’ispirazione?
Certamente. In questo periodo ascolto moltissimo i Brian Jonestown Massacre.

 

5Come sei arrivato a lavorare con Brionvega?
Avevo in passato già utilizzato la tecnologia Bluethoot per diversi progetti, credo che questo sia piaciuto al team di Brionvega, con la quale è subito nata una perfetta sinergia che ha poi aiutato la creazione del WEARiT ts217. Credo che ci siano pochi brand nel mondo che sono stati capaci a creare esattamente dei prodotti in base alle esigenze del cliente e Brionvega è senza dubbio uno di quelli.

A che cosa ti sei ispirato per la creazione di questo progetto?
Nasce tutto da una mia interpretazione del leggendario Brionvega ts207, che negli anni 60 lanciò una vera e propria rivoluzione. Abbiamo quindi deciso di dargli nuova vita, rendendolo al passo con i tempi.

 

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LANDLORD

di Federico Ledda

LL-18creditLa coverstory di aprile vede come protagonisti i LANDLORD, eclettica band protagonista dell’ultima edizione di X Factor. Sin da subito loro grandi sostenitori, abbiamo deciso di omaggiarli con la copertina di THE EYES FASHION. Per quale motivo proprio loro? Perché sono diversi, sono interessanti, e hanno qualcosa da dire.

Il gruppo di Rimini ha di recente lanciato ASIDE, loro album di debutto. Il disco si presenta come un caldo abbraccio confortante che unisce elettronica pura a malinconico pop, regalando così all’ascoltatore un turbinio d’emozioni diverse… Oltre a un ottimo disco. Freschi d’uscita del primo singolo ”Get By” li abbiamo incontrati a Milano, dove tra uno scatto e l’altro ci hanno raccontato l’inizio del loro viaggio…

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Tutti vi chiedono di X Factor, mentre in realtà i Landlord esistevano anche prima… Cosa facevate prima di irrompere sugli schermi?
Francesca: Il progetto nasce tre anni fa da un’idea di Gianluca, che dopo varie esperienze con altri gruppi ci teneva a creare qualcosa che sentisse più suo… Così dopo avere tirato in ballo Luca, con la quale già suonava, nell’estate del 2012 iniziano a preparare i primi pezzi e a buttare giù le prime idee. Sentendo però la mancanza di una voce femminile, Luca mi ha contattata e dopo essere rimasti in tre per un breve periodo, una sera eravamo in studio, ed è passato Lorenzo che casualmente aveva lasciato i piatti della sua batteria ed è stato amore!
Com’era la vostra band prima di entrare a far parte del programma?
Diciamo che dopo il primo anno e mezzo, che ci è servito per conoscerci meglio, e per capire fino in fondo il nostro sound, abbiamo iniziato a scrivere i primi pezzi, che poi sarebbero entrati nel primo EP, che appunto è appena uscito.
Cosa avete imparato da X Factor?
Ci ha sicuramente insegnato un metodo di lavoro, e come essere dei veri professionisti. Ci ha anche confermato che stavamo prendendo la direzione più appropriata per il nostro sound.
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Come nasce un pezzo dei Landlord?
Inizialmente partiamo dalla musica, e in base a quello che ci trasmette nasce il testo. Diciamo che non c’è una regola fissa di come i nostri pezzi nascono, in linea di massima è Gianluca il primo ad occuparsene, poi arriviamo noi e portiamo il resto.
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Come sta reagendo il pubblico alla vostra musica?
Non ci aspettavamo tanto supporto ad essere sinceri. Siamo contentissimi. Dopo l’uscita del primo singolo ”Get By”, ci hanno scritto in tantissimi complimentandosi. Per noi è stato davvero bello.
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A chi vi ispirate musicalmente?
Tantissimi. Se ci facessi questa domanda tra un mese, probabilmente ti daremo un altro nome. Di sicuro.
Immagino! Ma adesso, alle 13:59 del 21 marzo, a chi vi ispirate?
Più che un riferimento preciso di un’artista c’è sicuramente un mondo, che è quello del nord Europa.
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Come descrivereste il vostro primo lavoro utilizzando una sola parola?
Intimo. E’ un lavoro ricco di atmosfere calme e tenui che poi si evolvono diventando più cariche, più piene.
Adesso andrete in tour, siete agitati?
Non vediamo l’ora di fare sentire a tutti quello che abbiamo da dire!
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Photographer ALESSANDRO LEVATI
Graphic designer CRISTINA BIANCHI
From an idea of FEDERICO LEDDA
Hair and make up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Production FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, CARLOTTA ZUCCARO
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Carlotta Zuccaro, INRI Torino, Laura Magni @ annaBi & Laura Magni

ARISA THE DREAMER

di Federico Leddaarisa-guardando-il-cielo-sanremo-2016

Reduce dall’ultimo festival di Sanremo concluso solo pochi giorni fa, Arisa si prepara a partire con il suo nuovo viaggio musicale, che la consacra come vera e propria sognatrice.
Dopo la prima partecipazione al festival, che l’ha vista trionfare tra le nuove proposte nel 2009 con ”Sincerità”, arrivare seconda con ”La Notte” nel 2012, trionfare nuovamente nel 2014 con ”Controvento” e dopo l’anno scorso al fianco di Carlo Conti, Emma Marrone, e Rocio Mugnoz come co-conduttrice, quest’anno Arisa ha deciso di ritornare sul palco dell’Ariston, presentando ”Guardando Il Cielo” brano scritto tempo fa e che per l’artista è una vera e propria preghiera che l’ha aiutata nei momenti bui.

Il brano dà nome anche al nuovo album della cantautrice lucana che lei stessa definisce ”un disco basato sulla fiducia” e che effettivamente si presenta come il più maturo della sua carriera, riuscendo a parlare di temi che spaziano dall’amore al dolore; dalla passione alla speranza e l’universo.

Varie sono le tracce interessanti del disco, a partire da ”Voce”, il brano d’apertura dell’album, che per Arisa rappresenta una richiesta d’aiuto dopo una perdita importante. Il brano più forte è però ”L’amore Della Mia Vita”. Eterea e sentita ballata riguardo gli amori che non muoiono, ma che ti segnano anche quando sono finiti. Curiosa è anche ”Una Notte Ancora”, il primo brano dance della cantante, prodotto da Don Joe dei Club Dogo e Andres Diamond.

Il disco è disponibile in tutti i digital store ed è provato al 100% dal team di The Eyes Fashion!

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BIG IN 2016: KLUNE

di Federico Ledda
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(from left) GIULIO: Coat Alessandro dell’Acqua; Tee Giulia Roman; Trousers Department 5; Shoes Blundstone. GIOVANNI: Shirt 1 Genito; Coat Diesel Black Gold; Jeans Levi’s. ALBERTO: Coat Alessandro dell’Acqua; Shirt Department 5; Jeans H&M; Shoes Clark’s.

The Eyes Fashion decide di iniziare il 2016 con una scommessa, e punta tutto su un nuovo gruppo che sicuramente interesserà il mercato internazionale: i KLUNE. Suono innovativo, mixato con i giusti sintetizzatori, una voce profonda e dei testi sensibili. E’ questo il cocktail che descrive al meglio i tre ragazzi di Padova, che hanno di recente pubblicato il loro primo EP disponibile nei digital stores. La canzone che ci ha fatto innamorare di loro è stata ”Hope”, che mi piace descrivere come la freschezza musicale che da tempo mancava sulle scene. Ascoltare per credere.

Da cosa deriva il nome ”KLUNE”?
Klune è una combinazione di vari nomi con i quali ognuno di noi avrebbe voluto chiamare il progetto, ma c’era sempre qualcosa che non ci convinceva reciprocamente. Un bel giorno, facendo un taglia e cuci delle varie parole, è emerso questo nome e ci piaceva molto sia da scrivere che da pronunciare.

Ascoltando il vostro EP di lancio, si nota una maturità a livello di sound difficile per degli emergenti, come la definireste?
Credo che alla base del nostro sound ci siano semplicemente tanti ascolti diversi e tre percorsi musicali completamente differenti, ma non inconciliabili. Ascoltare tanta musica diversa si ripercuote inevitabilmente nel nostro modo di lavorare e comporre. Chiaro che poi non vogliamo creare una cozzaglia di suoni e generi diversi, ma facciamo passare attraverso un nostro filtro quelle che sono le diverse influenze.

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(from left) GIULIO: Sweatshirt: Le Coq Sportif; Jeans Department 5; Coat Alessandro dell’Acqua; Pullover Timberland; Polo Sergio Tacchini. ALBERTO: Shirt: Alberto’s personal shirt; Jeans H&M; Leather jacket Timberland; SHOES Vans GIOVANNI: Shirt Le Coq Sportif; Jacket Timberland ; Jeans Levi’s

Analizzando brani come ”Hope”, è palese la contaminazione di Chet Faker, sia a livello vocale che di sound. Cosa ne pensate? Vi dà fastidio come paragone?
Chet Faker è sicuramente un artista che ci ha “contaminati”, tuttavia direi che è stato una contaminazione indiretta o per così dire inconscia dato che tutti e tre abbiamo ascoltato Chet.
Tuttavia mentre stavamo lavorando al brano, lo abbiamo fatto con un nostro gusto senza guardare troppo a cosa potesse assomigliare o a chi potesse essere rimandato, poi quando qualcuno ci dice che si sente una sua influenza ci fa solo che piacere essendo un artista che stimiamo molto.

Suono elegante e sofisticato. Quali sono le vostre maggiori fonti di ispirazione?
La maggior parte degli artisti che ci ispirano sono sicuramente legati alla musica elettronica o producers. I primi che mi vengono in mente sono Bonobo, James Blake, Mount Kimbie, Lapalux o Nosaj Thing tanto per dirne alcuni. Poi ce ne sono anche del mondo hip hop come D’Angelo, Taylor McFerrin, Drake, etc…

Qual è la traccia del vostro EP che più vi rappresenta?
Credo che sia proprio Hope, sia perché è quella che ha dato vita al progetto, sia perché sono contenuti all’interno tutti i “marchi di fabbrica” del gruppo, dai suoni, gli effetti, le linee di chitarra e di piano fino alla nostra idea di struttura del brano.

I vostri progetti per il 2016?
Vogliamo sicuramente concludere un album dato che siamo già all’opera con alcuni brani e poi, dopo una bella stagione di concerti che si è conclusa a Novembre con Populous, vediamo cosa succederà per l’anno appena iniziato.

ASCOLTA ADESSO IL MIXTAPE ESCLUSIVO DEI KLUNE PER #THEEYESFASHION

(from left) GIULIO: Coat Alessandro dell’Acqua; Tee Giulia Roman; Trousers Department 5; Shoes Blundstone. GIOVANNI: Shirt 1 Genito; Coat Diesel Black Gold; Jeans Levi’s. ALBERTO: Coat Alessandro dell’Acqua; Shirt Department 5; Jeans H&M.

Photographer ALESSANDRO LEVATI
From an idea of MARTINA MAI, FEDERICO LEDDA
Hair GIOIA GREGUOLO
Make Up ELISA VOGESI
Make up artist’s assistant DAFNE FUNECK
Styled by MARTINA MAI, FEDERICO LEDDA

Special thanks to FOOLICA

EVERYBODY WANTS LEVANTE

di Federico Leddalevante-2-1024x682

E’ iniziato il 2016, e per The Eyes Fashion è incominciata una nuova sfida. L’anno appena concluso è stato per noi un periodo di traguardi e di successi che ci ha portato grandi soddisfazioni.

La decisione di improntare la quattordicesima coverstory su un’artista musicale è stata estremamente spontanea, e di cuore. Da sempre grande ammiratore di Levante, alla mia proposta di dedicarle la prima cover del nuovo anno, ho solamente trovato enormi consensi.

Ma andiamo più nel dettaglio, chi è Levante? Nata in Sicilia, ma ormai Torinese dentro, Claudia Lagona (questo il suo vero nome), irrompe sulle scene musicali con la sua hit – manifesto generazionale ”Alfonso”, che le apre una finestra di rilevanza nazionale, permettendole di fare sentire la sua voce con ”Manuale Distruzione” suo primo disco che la porta in tour in tutta Italia e anche in supporto di iconici artisti quali Negramaro e Paolo Nutini. Dopo un piccolo periodo di pausa dalle scene, nel 2015 esce ”Abbi Cura Di Te”, album della sua consacrazione, che viene preceduto dal singolo ”Ciao Per Sempre”.

Lo strillo di copertina ”Everybody Wants Levante”, rappresenta a pieno il momento che sta vivendo Claudia, che si prepara a concludere il tour di ”Abbi Cura Di Te” con tre importanti live il 14 marzo all’Alcatraz di Milano, concludendo poi con una doppietta al CAP 10100 di Torino il 31 marzo, e 1 aprile. Milano e Torino: due città che hanno fortemente caratterizzato la vita e la carriera di un’artista che mi piace paragonare a un uragano. Levante è un uragano. Non si ferma mai, se ti travolge però, non ti distrugge, ma ti migliora. Alla fine questo è il potere della musica. Ma per davvero, eh.

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Ho avuto l’occasione di conoscerti poco prima dell’uscita del tuo primo disco, mentre adesso stai finalmente cogliendo i frutti di ”Abbi Cura Di Te”, tuo secondo lavoro. Era il 2013 e adesso è il 2016. Che cosa è cambiato nella tua vita, e nel modo di scrivere i tuoi pezzi?
Nello scrivere non è cambiato in realtà granché… Ho molte sfacettature, che mi piace mostrare in base a quello che voglio raccontare… Con ”Manuale Distruzione” ho sfogato tutta la mia rabbia adolescenziale, mentre invece questo album è una presa di coscienza dell’amore verso sé stessi, che mi permette di raccontare attraverso 12 tracce il desiderio e la voglia di essere felici.

Qual è la traccia del tuo ultimo disco alla quale sei più legata?
Non ho mai una traccia preferita, è sempre difficile, e sbagliato sceglierne una. Diciamo che ”Abbi Cura Di Te”, è sicuramente importante perché è quella che poi ha ispirato il disco, anche se alcune canzoni sono nate prima, come a esempio ”Finché Morte Non Ci Separi” che ho scritto insieme a ”Sbadiglio”, ma che era rimasta nascosta fino alla lavorazione del secondo album.

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A proposito di ”Finché morte non ci separi”, nel video c’è tua mamma!
Sì, in realtà non solo nel video, ma anche nella canzone. Come ti ho detto prima, era una canzone che ho scritto qualche tempo prima, ma che, parlando di mia madre, ero più restia a pubblicare. Poi però ci ho pensato e mi son detta: ”Sai che c’è? Perché non farla addirittura cantare? Alla fine parla di lei”. Avevo paura di come sarebbe andata, alla fine per lei era la prima volta in uno studio, infatti prima di registrare ho avuto un sacco di ripensamenti. Però alla fine è andata davvero bene e sono contenta di avere avuto questa idea. Questo brano è motivo di orgoglio per me. Cantare con il proprio genitore, a livello emotivo, è davvero una cosa forte.

Raccontami il tuo processo di scrittura. In che modo definisci le tracce che andranno a completare un disco? Nell’introduzione ti ho definita un uragano e per me sei così: non smetti mai di creare… Infatti, stai di sicuro scrivendo già il terzo disco…
Sì, lo sto già scrivendo! Non so quando uscirà, perché secondo me ”Abbi Cura Di Te”, merita di essere capito, e consumato. In questo momento, però sto scrivendo davvero tantissimo. E’ l’unica cosa che alla fine so fare veramente… Non so se la faccio bene, però è l’unica cosa che non ho mai smesso di fare… Dovrà pur significare qualcosa, no?

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Parlami di uno dei ultimi singoli ”Le Lacrime Non Macchiano”. Le cose che racconti nella canzone e più in generale nei tuoi testi, sono tutte cose che hai vissuto, oppure ti piace raccontare di altri?
Sono assolutamente tutte emozioni e fatti vissuti da me in prima persona. Ad esempio in ”Le Lacrime Non Macchiano”, racconto della storia che ho avuto con il mio ex fidanzato. Ricordo di aver lasciato casa sua, letteralmente con dei sacchi neri dell’immondizia con dentro tutte le mie cose, per andare incontro a un’altra persona che è poi quella che ho sposato.

Quindi ti sei sposata? Quando?
Sì! Mi sono sposata lo scorso settembre! Sono una persona però che è sempre stata molto riservata, quindi ho preferito non dichiararlo pubblicamente, anche perché è una cosa mia, e in ballo, ovviamente, c’è anche un’altra persona che è giusto proteggere.

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Com’è essere sposati?
E’ bello! Dipende dalla persona, ma credo che ti condizioni molto, soprattutto psicologicamente. Nel senso che ti viene da pensare: ”Oddio, e adesso? E’ per sempre?”. Ma alla fine se stai con la persona che ami per davvero, sei contento che esista il per sempre.

Concluderai il tour di questo disco con due esibizioni da urlo. La prima il 13 marzo all’Alcatraz di Milano, e poi il 31 al CAP 10100 di Torino! Come ti senti?
Sono molto emozionata. Sono due club veramente importanti. L’Alcatraz ha un palco veramente importante, e Torino è ormai la mia città. Sarà una festa, e saranno due show completamente diversi e unici tra di loro. Chi verrà vedrà!

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Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s Assistant ALESSANDRO VILLA
Graphic designer CRISTINA BIANCHI
From an idea of MARTINA MAI, FEDERICO LEDDA
Hair FILIPPO DEL BOCA
Make Up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA, MARTINA MAI
Fashion collaborator LEVANTE
Production MARTINA MAI, FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, STEFANIA GIUFFRE’
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Stefania Giuffrè, Nicola CaniLaura Magni @ annaBi & Laura Magni

A CHAT WITH SIMPLE PLAN

di Federico Ledda
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È una delle band più influenti di tutto il rock-pop mondiale. Hanno venduto oltre sette milioni di dischi sfornato hit come “Welcome To My Life“, “Summer Paradise“, e adesso “I Don’t Wanna Go To Bed”, con la collaborazione del rapper Nelly, che anticipa l’uscita del loro nuovo disco.
Da sempre affezionati all’Italia, ci torneranno a marzo, per portare live in due date i successi che, ammettiamolo, hanno fatto da colonna sonora ad almeno uno dei momenti della nostra vita. #TheEyesFashion ha passato mezz’ora di una freddissima mattinata milanese a chiacchierare all’ultimo piano degli uffici di Warner Music con i SIMPLE PLAN. Ecco cosa ci hanno raccontato i canadesi Pierre, Jeff e David tra una poltrona girevole e un bicchiere d’acqua naturale.

Come ci si sente a essere tornati sulle scene dopo ben quattro anni?
E’ fantastico! Quest’estate siamo stati un po’ in tour, tra l’altro anche in Italia, a Roma e a Treviso! Tornare in studio per lavorare al nuovo disco è stato davvero eccitante…Stiamo cercando di fare il meglio possibile, e siamo sicuri che uscirà un bel lavoro! Ogni volta che torniamo in studio a registrare siamo sempre un po’ nervosi, ma fa parte del gioco.

Vi siete formati nel 1999, e da lì è stata una soddisfazione dopo l’altra…In che modo i vostri fan sono cambiati?
Molti di loro sono davvero fedeli! Specialmente quelli italiani… Alcuni ci seguono sin dai nostri inizi e dalla prima volta che siamo venuti in Italia… Me la ricordo ancora, eravamo in Piazza Duomo per Mtv, sopra in bellissimo balcone…

Sì, a TRL! Bellissimo.
Esatto! E molti fan sono con noi sin da quel primo incontro… Poi alcuni se ne sono andati, e un nuovo pubblico si è aggiunto dopo il successo che abbiamo avuto con Summer Paradise, che è stato di grande soddisfazione per noi.

Di cosa parla il vostro nuovo singolo ”I Don’t Wanna Go To Bed” ?
L’idea era quella di provare a creare qualcosa un po’ diverso rispetto al nostro solito scenario…Qualcosa che fosse più funky, con del groove. Sai, spesso l’ispirazione per scrivere ti viene in modo completamente naturale, e volentieri in momenti particolari. E’ infatti quello che è successo con questo singolo. Quando abbiamo finito di lavorarci ci siamo accorti che era talmente distante da noi, da avere addirittura il dubbio di pubblicarla, ma poi ci siamo detti, perché no? Non dobbiamo stare allacciati sempre al solito sound, è giusto provare anche cose nuove! Credo sia una bella canzone, suona bene e quando la sento mi fa sempre ballare e divertire!

Nel video, omaggio a Baywatch, non poteva mancare il mitico David Hasseloff. Com’è stato lavorare con lui?
E’ un uomo fantastico! Trovo che sia bellissimo che un’icona del suo calibro si spinga a partecipare a questo tipo di produzioni, e che sia sempre così entusiasta. E’ un vero professionista.

Come ci si sente a essere una band da praticamente 15 anni? Come riuscite ad andare avanti?
E’ gratificante! Ogni disco è come un nuovo inizio e porta con sé eccitazione e paure alla quale non ti abituerai mai. Siamo davvero affamati di musica. Adoriamo andare in tour per il mondo, conoscere e incontrare i nostri fan, vedere posti nuovi, e soprattutto, e un pubblico diverso. Ci riteniamo davvero fortunati.

Stanno tutti aspettando il nuovo disco. Avete una data di lancio?

Uscirà a febbraio! Abbiamo la data precisa, ma non vogliamo ancora comunicarla prima che slitti di qualche giorno. Sarà un bel disco, ci abbiamo lavorato tanto, e non vediamo l’ora!

Invece a marzo sarete in tour in Italia!
Sì, non vediamo l’ora! Come ti dicevo prima, tornare qui è sempre una gioia!

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SAVE THE DATE: 20/11/15 – THE EYES FASHION PARTY TALES CHAPTER ONE: 90’S HIP HOP SCENE

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THE EYES FASHION PARTY TALES: un divertente viaggio attraverso eventi a tema, per rivivere alcuni periodi storici che hanno particolarmente caratterizzato la moda e la musica così come la conosciamo oggi.

CHAPTER ONE: 90’s Hip Hop scene.
Preparati ad indossare la tua salopette di jeans, la collana d’oro finto che pesa meno di un grammo, lo snapback,la felpa della Champion e le Buffalo ai piedi: il 20 si ritorna indietro nel tempo.

Music selecta by:

THE WATZMANNS (Vittoria Hyde and Federico Ledda)

DJ EROS

ZIMEN

DRESS CODE: 90’s HIP HOP PARTY ANIMALS

FREE ENTRY

BARBARA ALESINI IN STRANGERS IN THE NIGHT

di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati

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Chi è Barbara Alesini?
Aspetta. Dammi due minuti e ti cerco vita, morte e miracoli su Google!” Direbbe praticamente chiunque in questo momento; e invece con sorpresa anche la rete ci rivela poco di lei, perché ama essere una persona defilata.
Quello che ci è dato sapere è che fa la deejay, e che se non suona per un pubblico di nicchia in qualche club, lo fa nei party fashion più esclusivi. La voglia di non esporsi a livello pubblico come personaggio, fa di Barbara una persona discreta, che riesce ad avere una visione trasversale del mondo glamour.  Una cosa è certa, la sua musica raffinata crea dipendenza. Solare come una giornata di primavera, dolce come una canzone di Mina, ma allo stesso tempo enigmatica come un quadro di Magritte, dopo mesi di trattativa, siamo riusciti per la prima volta a portarla davanti a un obbiettivo e a strapparle con le pinze le risposte per un’intervista.

 

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Chi è Barbara Alesini
Sono quello che vedi.

Cosa fai nella vita?
Ricerca musicale e Deejay.

Che genere di musica prediligi suonare?
Elettronica, deep house, tech house

 

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Quanto la musica influenza la tua vita?
Molto, la musica è una forte passione, ha il potere di cambiare lo stato d’animo delle persone, di creare forti sensazioni, risvegliare ricordi, è come una magia, un potente incantesimo.

Definisci la tua musica in tre parole:
Un-Viaggio-Fantastico.

Milano o Ibiza?

Sono due dimensioni diverse con energie altrettanto diverse.

 

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Qual è la traccia più importante per te?
The Doors – Ghost Song

Se non suoni musica, che cosa ti piace fare?
Adoro cucinare… ma sempre con una buona musica di sottofondo.

 

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Credi che la moda e la musica abbiano degli elementi in comune? Quanto la moda fa parte della tua vita?
Penso che moda e musica vadano abbastanza di pari passo, tutte e due si basano su tanta ricerca e passione… Se poi c’è stile durano nel tempo. Mi piace vestirmi.

Come definiresti il tuo stile?
Libero! L’importante è sentirsi a proprio agio.

Dove ti vedi da qua a sei mesi?
Chissà.

 

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Photographer ALESSANDRO LEVATI
From an idea of BARBARA ALESINI, FEDERICO LEDDA
Hair and Make Up FILIPPO DEL BOCA
Styled by FEDERICO LEDDA
Stylist’s assistant CLARA LA ROSA
Graphic designer CRISTINA BIANCHI

THE RETURN OF SAINT GERMAIN

di Matteo Brazzelli

St-Germain

THE EYES FASHION, insieme a ”Techno Intellettuale” ha incontrato St. Germain.

Insieme scopriremo quali fattori, dopo quindici anni di “apparente” inattività, hanno spinto l’artista al ritorno sulla scena con la creazione del suo nuovo album “Real Blues”.
La sua particolare visione della musica e delle proprie opere con le loro motivazioni, particolarità ed innovazioni.
Scopriremo i processi e le difficoltà che si celano dietro all’ideazione e composizione di un album di questa portata: la continua ricerca, le difficoltà, gli imprevisti, i vicoli cechi, lo studio, i viaggi e l’autoperfezionamento; ma sopratutto emergerà il concetto di amore per la musica e per i suoi suoni, la romantica dedica della dell’artista che con infinito amore immola la propria vita all’arte.

A quindici anni di distanza dal successo del tuo ultimo album “Tourist” assistiamo al tuo ritorno sulla scena con la composizione di “Real Blues”. Cos’è successo in tutti questi anni e cosa ti ha spinto a tornare proprio in questo periodo?
Tourist fu un grande successo ma allo stesso tempo molto complicato ed impegnativo, fu un’esperienza gratificante ma molto stancante da cui è stata necessaria una pausa.
In questi anni comunque ho sempre lavorato a stretto contatto con la musica: nel 2004 ho fatto uscire l’album del mio trombettista e nel 2005 tenni un grande concerto in Cina.
Il bisogno e la voglia di iniziare nuovamente quel lungo processo di studio e ricerca necessario per creare musica avvenne, però, solo nel 2006: in circa un anno avevo creato un nuovo album ma mi accorsi che il risultato era una sorta di “Tourist 2” e per questo non ero affatto soddisfatto; decisi di ricominciare da capo con il preciso scopo di introdurre delle sonorità nuove; creare qualcosa di unico.
Per raggiungere il mio obiettivo sentii il bisogno di partire alla ricerca di nuove sonorità, mi diressi quindi in Africa, ed in particolare in Ghana dove purtroppo mi resi subito conto dell’incompatibilità tra i suoni autoctoni e quelli elettronici.
Ancora una volta ripartii quindi da zero, mi diressi nel nord africa, nello stato del Mali, dove trovai ciò che cercavo tra i “cacciatori del Mali”, dei guerrieri indigeni le cui sonorità mi affascinarono incredibilmente e che subito riconobbi come compatibili con le mie.
Iniziai quindi solo nel 2009, dopo 3 anni di ricerca, la mia effettiva produzione artistica.
Ora la principale sfida fu trovare musicisti in grado di riprodurre queste particolari sonorità, il mio desiderio era ovviamente quello di mantenere i miei storici musicisti ma essi non erano logicamente in grado di riprodurre fedelmente suoni tanto complessi, non convenzionali e nuovi; decisi quindi di integrare al gruppo dei musicisti africani con i loro tipici strumenti malesi.

Perché la scelta di questa nazione, perché il Mali? Cosa ti ha musicalmente catturato? È possibile vi sia stato un influsso dato dalla grande presenza di questo popolo sul suolo parigino?
No resta una questione puramente di gusto personale.
È una scelta derivante dall’esperienza vissuta con questi musicisti: è necessario vederli e sentirli suonare per poter comprendere, questo è infatti anche il motivo per cui saranno presenti nei live, noterete che possiedono una tecnica, a cui non siamo abituati, totalmente diversa da quella europea.
La scelta è stata fondamentalmente dettata da ciò che ho visto in loro nel momento in cui suonavano, ne sono rimasto ammaliato.

Quali sono i principali strumenti presenti in “Real Blues”?
Principalmente due: La “Kora”: una piccola arpa malese un po’ più stretta di quella convenzionale e “l’Ongoni”, una piccola chitarra allungata fatta con la pelle di capra avente 5 corde.

Siamo molto incuriositi dalla copertina dell’album, qual’è la storia di questa maschera?
Abito nel quartiere di Montmatre, a Parigi; una mattina, uscendo di casa, mi imbattei in un’installazione artistica: una maschera, da quel giorno iniziai a ritrovarla in giro per il quartiere, ne restai molto affascinato e decisi quindi di conoscerne l’artista.
Una volta entrati in contatto ed instaurato un rapporto decisi che sarebbe stata un’ottima soluzione per la copertina del mio album, gli feci quindi fare un calco del mio volto.

Cosa provi all’idea di tornare sul palco? Come sarà organizzato?
Sul palco saremo io e sette musicisti, come ho detto, i miei storici di “Tourist” e quelli africani.
(sorride) Al momento sono ancora un po agitato all’idea e non posso dire di essere totalmente pronto all’esperienza ma lo sarò presto! Sono davvero molto felice di iniziare quest’avventura!

Come sei riuscito a non piegarti alle regole del mercato? Ci vuole coraggio per ricominciare da capo, ricercando una propria visione della musica e della sua perfezione tramite viaggi e ricerca.
Questo è il mio modo di lavorare, credo sia anche l’unico per un prodotto di qualità, Tourist ha funzionato esattamente per questo, ho utilizzato lo stesso metodo; il prodotto deve innanzitutto assomigliarmi, mi deve appartenere ed io per primo ne devo essere soddisfatto.
Il mercato musicale europeo è inoltre ormai troppo densamente popolato e le sonorità tendono a ripetersi, è difficile imbattersi in qualcosa di fondamentalmente innovativo ed è questo che ho cercato di evitare.

In effetti la scena artistica elettronica europea si è evoluta molto negli ultimi quindici anni, è ormai sempre meno di nicchia e possiamo dire stia raggiungendo livelli di distribuzione immensi, credi questo possa in qualche modo influenzarti da produttore?
Sicuramente oggi è più facile per tutti provare a produrre ed entrare in contatto con questo mondo ma questo non ha assolutamente intaccato il mio modo di farlo, credo che per un buon prodotto siano necessari tanto tempo, tanto studio e molta fatica; mi ci sono voluti dieci anni per raggiungere le sonorità che cercavo.
Effettivamente l’industria musicale oggi impone tempi più stretti a discapito della qualità, fortunatamente io ho il privilegio di poter lavorare in un certo modo e con i miei tempi, resto quindi, alla fine, indipendente dalle pressioni del mercato in funzione di un prodotto che sia, prima di tutto, di alto livello per me.

Ti facciamo un’ultima domanda: hai qualche consiglio da offrire a neo-produttori che sognano di far conoscere la loro arte?
É una domanda complessa, non ho consigli particolari se non la consapevolezza della mole di lavoro, della sua difficoltà e dei numerosi fallimenti, credo comunque la qualità fondamentale sia l’onestà; è fondamentale essere sempre sé stessi per essere innovativi ed in grado di distinguersi, io stesso i primi anni gli ho vissuti nel mio studio a lavorare tutto il giorno.
È inoltre normale, all’inizio, prendere ispirazione e copiare dagli altri artisti ma solo per perfezionarsi; poi bisogna portare sé stessi nella musica, altrimenti non vi sarà mai un livello artistico degno di questo nome.

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DANIELE BASSO: ART FROM THE HEART

di Federico Ledda

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Si scrive Daniele Basso, si legge ARTE.
E’ con tanto sudore e fatica che un artista italiano, è riuscito a rivoluzionare il concetto di arte diventando uno degli artisti più stimati del mondo.

Da Piazza Vittorio di Torino alla Ca’ d’Oro Gallery di New York, le sue opere, di rilevanza internazionale, dai primi del 2000, affascinano svariate parti del mondo, donando stupore e sorrisi a ogni singola persona che ha la fortuna di trovarsi davanti.

Ultima tra queste ”COKE IT’S ME”, rivisitazione della storica bottiglietta di vetro marchiata Coca Coca, in occasione dei 100 anni in commercio della mitica bibita statunitense, e per l’occasione, esposta per tutta la durata di Expo, nel padiglione Coca Cola, a Milano.

Per lavorare nell’arte, in che modo bisogna viverla?
Credo sinceramente che quando saprò con certezza rispondere a questa domanda, sarà il giorno che deciderò di smettere di fare arte… L’arte mi da emozioni ogni giorno nuove. Mi aiuta a mettere a fuoco punto dopo punto la mia ricerca, destinata a non approdare a nulla di certo, del senso della vita. E’ l’incentivo a lavorare su di me per migliorare la qualità dei miei pensieri, del mio agire e quindi del mio lavoro. Non esiste un modo di viverla, ma solo la voglia ed il coraggio di viverla davvero. Di non risparmiarsi gioie e delusioni. Di esercitare il nostro senso critico non solo in negativo ma soprattutto riconoscendo la grandezza universale ed il significato di certi gesti. D’altronde le brutte esperienze il tempo le cancella, preservando il bello e quanto di positivo la vita, e l’arte che ne è la massima espressione, ci riserva.

Qual è la tua filosofia?
Io credo nella responsabilità etica di qualunque gesto. E soprattutto dell’immaginazione. Attraverso l’arte immaginiamo il futuro dalla società e dell’umanità. Ne tracciamo i limiti. Ne indaghiamo i valori. Ne evolviamo i significati… è un’enorme potere. Da cui deriva una grande responsabilità. Sognare bene ci aiuta a vivere meglio… Allora m’ispiro alla contemporaneità e provo a tradurre in gesto dei messaggi, per regalare emozioni e un’occasione per riflettere su passato, presente e futuro. I miei lavori sono come progetti incompleti, in cui ognuno vedendo la propria immagine riflessa, può sentirsi partecipe, e che tutti possono terminare con la forza dei propri sogni… Sono frasi aperte in cerca di una fine… metafora della società che fa i conti con se stessa.

Che cosa ti ha spinto a fare diventare una passione un lavoro?
L’avvicinamento all’arte come lavoro è stato un processo lungo, attraverso diverse professioni, dall’economia, alla moda, al design attraverso la comunicazione fino alla libertà espressiva dell’arte.

A scuola non sapevo scrivere. Poi poco per volta ho scoperto cosa avevo da dire, ed ho imparato a farlo. E’ stato lo stesso processo con l’arte. Piccoli passi che oggi mi danno una grande solidità interiore e di pensiero… Anche se comunque l’Arte non è mai un lavoro… ma piuttosto una condizione dalla quale inizialmente non puoi scappare, e poi, quando riesci a dargli una forma, diventa una motivazione inesauribile ed una forza travolgente. Emozione e vita allo stato puro. Attraverso cui trovi il senso dell’esistenza… così i tanti sforzi fatti, ad opera finita, sembrano nulla più che banali inconvenienti. Quindi alla fine direi che è stata la passione stessa!

Qual è il segreto di un’artista del tuo calibro, per trovare sempre idee brillanti per le sue opere?
Nessun segreto. Forse solo la voglia ed il coraggio di mettersi in gioco senza riserve, sempre. Ogni idea è energia. Ogni opera una sfida nuova. Anche se ci insegnano che l’importante è l’obiettivo… non dobbiamo crederci. L’importante è avere un obiettivo… è solo se si ama il percorso che si arriva in fondo. Perché un fondo non c’è mai. Per chi ama il proprio lavoro esiste sempre un nuovo traguardo da perseguire. Allora il segreto è la cosa più nota al mondo: amare quello che si fa!

Da cosa vieni ispirato quando ti metti all’opera?
Credo che dipenda dall’esigenza che ho di mandare un certo messaggio. Vivendo riscontro certi comportamenti o mi imbatto in alcune vicende che mi spingono a “dire la mia”. Che mi portano a credere nelle mie riflessioni e vederne una valenza universale. Questa è la motivazione di tutto. La vera ispirazione alla base delle mie scelte.

Com’è nata la collaborazione con Coca Cola?
Lavorare con Coca-Cola è stato come realizzare un sogno. del bimbo che c’è in me! COKE IT'S ME_Daniele BassoSono collezionista da sempre di bottiglie Contour dal mondo. Da piccolo viaggiando il gusto coca cola, anche se uguale ovunque, per assurdo, mi ricordava casa. Un gusto che ha unito concretamente il mondo intero, contribuendo all’idea che oggi abbiamo di globalità. Interpretare artisticamente la Bottiglia della Coca Cola significava indirettamente confrontarsi con la storia stessa della nostra società. Una grande responsabilità che sono felice di aver assolto in modo personale e riconoscibile… E la collaborazione è nata quando insieme al management del gruppo ad Atlanta abbiamo capito che molti aspetti del nostro lavoro avevano binari comuni. L’attenzione all’uomo, alla sostenibilità non solo del lavoro ma proprio del pensiero all’origine dei progetti. L’intenzione di operare per generare emozioni positive sulla vita. D’innovare nel rispetto delle origini… così il management di Atlanta si è rivelato il committente perfetto. Idee chiare da subito, grande libertà e voglia di ascoltare per costruire pensieri di valore. Una collaborazione entusiasmante. A conferma che dietro “grandi imprese” ci sono sempre persone di valore… Perché alla fine si lavora sempre con le persone…

 

FOCUS ON: MARIANNE MIRAGE AND HER WORLD

di Federico Ledda
foto Alessandro LevatiMM3

Ho sempre provato interesse per le persone curiose…Quelle che non sono mai banali, ma che anzi, conoscendole, riescono a darti una visione diversa della vita.
E’ un po’ quello che ho provato conoscendo Marianne Mirage: talentuosa cantante dalle mille sfacettature ed estremamente affamata di arte. Più che una cantante, un’artista a 360 gradi.

Ecco qui il risultato di un mattino speso tra musica indie, posizioni di yoga (grande passione di Marinne) e fotografie.

 

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Tshirt: Byblos

Chi è Marianne Mirage? Da dove viene questo nome?
Marianne rappresenta il popolo che si libera dalla monarchia e la nascita della Repubblica. Liberté, égalité, fraternité. Mirage è il punto più lontano dove ti puoi spingere, al confine con il sogno. In realtà sono anche due nomi di band psichedeliche anni ’60 che ho unito perché mi piaceva il suono e la doppia MM. Io nella vita sono il nome che ho scelto. Mi piace essere una figura che non appartiene per forza a questo mondo ma magari ci sono capitata per caso ed ora cerco di adattarmi.. facendo musica.

Come descrivi la tua musica?
Autobiografica in primis, non riuscirei a cantare nulla che non mi scaldi.
Sincera nel senso di schietta.
È come se fosse blues ma con delle influenze un po’ trap. Come se fosse soul ma senza i balletti di James Brown. È una voce calda che ti porta in giro e ti culla, tra il dolore è il piacere.

Le tue inspirazioni?
Tutto… Diciamo che più mi complico la vita più mi viene da scrivere. In realtà se prima scrivevo solo nei momenti “di down” ora posso farlo sempre. Uso garage band dell’iPhone per appuntarmi le idee quando sono in giro.
Ho la mania degli acquari che mi aiutano a spegnere il cervello. Altre inspirazione sono sicuramente ascoltare buona musica specialmente quando cammino.

Quanto conta per te l’immagine?
L’immagine conta solo se riferita ad un contenuto. Se non è fine a se stessa. Io la mia immagine la coltivo come la mia mente.

Musica e Moda, come unisci le due cose?
MM… diciamo che prima viene la musica poi comincio a pensarci.

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Skirt: Byblos
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Top: Marianne’s Archives Shoes: 87 Vic Matiè
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Skirt: Byblos

Photographer ALESSANDRO LEVATI
Hair EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Production FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, LARA BIANCHI
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Lara Bianchi @ annaBi & Laura Magni

CI PENSA MAINARDI

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foto di Alessandro Levati @ Just Cavalli Milano

Chi ha detto che le rockstar devono per forza riempire uno stadio e non un ristorante? E’ proprio questo che sta capitando grazie alla tonnellata di programmi televisivi riguardanti la cucina a tutto tondo.
Uno dei maggiori esponenti di questo fenomeno e quindi una delle più famose rockstar (da sold out a Wembley, per intenderci) è sicuramente Andrea Mainardi, che in televisione ha su Fox Life un suo show chiamato #CiPensaMainardi, ed è ospite fisso a La Prova Del Cuoco con Antonella Clerici. Non solo televisione per Mainardi che nel frattempo ha inaugurato un esclusivo ristorante a Brescia disponibile solo per un paio di persone alla volta, un ristorante a Boston, e uno anche a Bucharest.
L’abbiamo incontrato tra un piatto di riso e un bicchiere di rosso al Just Cavalli, dove aveva appena tenuto un divertente e istruttivo workshop.

Che cosa significa la cucina per te?
Indipendentemente da tutto dobbiamo mangiare. Sta a noi poi scegliere se mangiare bene, o arrangiarci a mangiare quello che capita. Per me la cucina è uno stile di vita, è il mio modo di comunicare…Di conoscere meglio le persone, e di farmi conoscere meglio.TAL_6871

Quali sono stati i tuoi inizi?
Quando avevo 8 anni, ho trovato una rivista del settore dove in copertina c’era lo chef Gualtiero Marchesi. Sfogliandola, ho poi deciso che avrei fatto lo chef, o che comunque avrei lavorato nel settore. Da allora ho messo tutto il cuore e anche l’anima in questo, e piano piano sono arrivati i primi risultati, prima il programma con la Clerici, poi il ristorante di Brescia e successivamente il programma su Sky, che per adesso è il più grande traguardo della mia vita.

Qual è l’ingrediente che nei tuoi piatti non può mancare?
L’acidità…Diciamo che nei miei piatti è quasi essenziale. Molte volte si pensa che sia un ingrediente a rendere un piatto speciale, ma in realtà più che un ingrediente è il mix di tutti gli ingredienti a rendere il gusto completo e quindi, un piatto ben riuscito.

E invece l’ingrediente della quale fai volentieri a meno?
Diciamo che per gusto personale non amo particolarmente le frattaglie. Sono proprio un mio limite che purtroppo non riesco a superare!

Qual è la cucina che preferisci?
Quella della mamma. Ha una storia, non è fatta a scopo di lucro, ma con amore e passione.

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