Dalla foto storica ritraente Steve Jobs utilizzata perfino da Apple, al poster di Kill Bill, siamo tutti familiari con i lavori di Albert Watson. Fotografo scozzese che dalla fine degli anni 70 ha creato vere e proprie opere d’arte che hanno rivoluzionato il mondo della fotografia per sempre. Alfred Hitchcock, Queen Elizabeth, 2Pac, Jay Z, Kate Moss, David Bowie, sono solo alcuni dei personaggi con cui Watson ha collaborato nel corso degli anni. Quello che rende la sua fotografia così riconoscibile, è il tratto essenziale, semplice, con il quale ritrae tutti i suoi soggetti.
Siamo stati al Museo della Permanente dove Watson stava lavorando alla preparazione della preview di KAOS, la sua mostra che sarà presentata poi al Palais De Tokyo di Parigi. Estremo perfezionista, il fotografo ha personalmente curato ogni singolo dettaglio della mostra. Dalle musiche (alcune dalla serie Gomorra, ndr.) alla disposizione delle opere.
Come mai decidere di fare una preview a Milano di una mostra che sarà invece a Parigi?
Sì, la mostra completa sarà a Parigi, ma tornerà poi a Milano e aprirà al pubblico. Adesso ci sono solo 40 opere ma al suo ritorno saranno 300.
In quale modo hai deciso le 300 stampe e le 40 per la preview?
Ho cominciato da una selezione di 1000 immagini. Organizzandole in gruppi sono riuscito a eliminarne 100 e poi altre 100. Da quelle 800 la scelta è stata dura ma con calma sono arrivato a 300. Una volta selezionate, per esserne certo ho controllato ancora quelle eliminate. Sceglierne poi 40 per la preview è stato estremamente istintivo
Da dove deriva il titolo Kaos?
Rappresenta semplicemente la frenesia che ha avuto un periodo della mia vita. Mi trovavo alla Couture Week di Parigi e un momento dopo al Cairo per scattare i pezzi di Tutankhamon. In Scozia a fotografare paesaggi, e poi a Hollywood a lavorare al poster di Kill Bill. Quello che fotografavo era caotico. Era moda, erano diamanti, erano paesaggi. Poteva essere tutto. Ecco da dove viene il termine. Rappresenta la mia vita.
Cosa preferisci fotografare di solito?
Se lavoro per due settimane con delle modelle, sono contento se poi devo stare in studio a scattare still life. Mi permette di staccare la mente e di concentrarmi su oggetti inanimati. Di solito cerco di alternare ogni mio lavoro in modo da avere sempre lo stesso piacere per ogni progetto.
Qual è stata la persona con cui hai lavorato, che più ti ha ispirato?
Ce ne sono state diverse. Mi è piaciuto molto lavorare con Jeff Koons. E’ intellettuale, sofisticato e divertente come un bambino. E’ davvero intelligente. Ogni volta che ho la possibilità di passare del tempo con lui, è sempre un’esperienza unica. Un’altra persona che mi è piaciuta particolarmente è stata 2Pac.
David Bowie?
Una persona estremamente premurosa e di un’intelligenza disarmante. Un grande attore. Era capace a interpretare qualsiasi personaggio davanti all’obiettivo. Ho imparato tanto da lui. Un’altra persona che mi ha colpito tanto è stata Marilyn Manson.
Come mai?
Prima di diventare cantante era un mimo. In realtà si chiama Brian, ha creato Marilyn Manson per sfuggire dal mondo reale. L’ha fatto in un modo estremo, fuori dagli schemi. Geniale.
Che cambiamenti hai notato da quando hai iniziato a lavorare come fotografo?
Adesso è tutto molto più spontaneo. In tanti hanno una macchina fotografica e tutti hanno un telefono che scatta fotografie. Mi piace tantissimo l’iPhone. Ti permette di scattare in modo semplice e immediato. Inoltre credo abbia avvicinato molte più persone alla fotografia.
Possiamo quindi dire che la fotografia è diventata mainstream?
Credo che sia ovunque. Per creare una grande fotografia hai comunque bisogno di una reale macchina fotografica e soprattutto, di saperla utilizzare. Vedo tanti fotografi improvvisati ultimamente. Lo fanno sembrare facile come guardare la tv…
E’ cambiato il tuo modo di fotografare?
Sì, ma non nel modo in cui credi. Una macchina fotografica digitale o a pellicola, non fa differenza per me. La digitale è come se fosse un auto sportiva mentre quella a pellicola è come la Rolls Royce. Sono diverse. La cosa interessante secondo me, è come sono cambiati i computer. Adesso puoi manipolare la realtà come un pittore può controllare l’olio su una tela. E’ davvero affascinante.