di Federico Ledda
Si scrive Daniele Basso, si legge ARTE.
E’ con tanto sudore e fatica che un artista italiano, è riuscito a rivoluzionare il concetto di arte diventando uno degli artisti più stimati del mondo.
Da Piazza Vittorio di Torino alla Ca’ d’Oro Gallery di New York, le sue opere, di rilevanza internazionale, dai primi del 2000, affascinano svariate parti del mondo, donando stupore e sorrisi a ogni singola persona che ha la fortuna di trovarsi davanti.
Ultima tra queste ”COKE IT’S ME”, rivisitazione della storica bottiglietta di vetro marchiata Coca Coca, in occasione dei 100 anni in commercio della mitica bibita statunitense, e per l’occasione, esposta per tutta la durata di Expo, nel padiglione Coca Cola, a Milano.
Per lavorare nell’arte, in che modo bisogna viverla?
Credo sinceramente che quando saprò con certezza rispondere a questa domanda, sarà il giorno che deciderò di smettere di fare arte… L’arte mi da emozioni ogni giorno nuove. Mi aiuta a mettere a fuoco punto dopo punto la mia ricerca, destinata a non approdare a nulla di certo, del senso della vita. E’ l’incentivo a lavorare su di me per migliorare la qualità dei miei pensieri, del mio agire e quindi del mio lavoro. Non esiste un modo di viverla, ma solo la voglia ed il coraggio di viverla davvero. Di non risparmiarsi gioie e delusioni. Di esercitare il nostro senso critico non solo in negativo ma soprattutto riconoscendo la grandezza universale ed il significato di certi gesti. D’altronde le brutte esperienze il tempo le cancella, preservando il bello e quanto di positivo la vita, e l’arte che ne è la massima espressione, ci riserva.
Qual è la tua filosofia?
Io credo nella responsabilità etica di qualunque gesto. E soprattutto dell’immaginazione. Attraverso l’arte immaginiamo il futuro dalla società e dell’umanità. Ne tracciamo i limiti. Ne indaghiamo i valori. Ne evolviamo i significati… è un’enorme potere. Da cui deriva una grande responsabilità. Sognare bene ci aiuta a vivere meglio… Allora m’ispiro alla contemporaneità e provo a tradurre in gesto dei messaggi, per regalare emozioni e un’occasione per riflettere su passato, presente e futuro. I miei lavori sono come progetti incompleti, in cui ognuno vedendo la propria immagine riflessa, può sentirsi partecipe, e che tutti possono terminare con la forza dei propri sogni… Sono frasi aperte in cerca di una fine… metafora della società che fa i conti con se stessa.
Che cosa ti ha spinto a fare diventare una passione un lavoro?
L’avvicinamento all’arte come lavoro è stato un processo lungo, attraverso diverse professioni, dall’economia, alla moda, al design attraverso la comunicazione fino alla libertà espressiva dell’arte.
A scuola non sapevo scrivere. Poi poco per volta ho scoperto cosa avevo da dire, ed ho imparato a farlo. E’ stato lo stesso processo con l’arte. Piccoli passi che oggi mi danno una grande solidità interiore e di pensiero… Anche se comunque l’Arte non è mai un lavoro… ma piuttosto una condizione dalla quale inizialmente non puoi scappare, e poi, quando riesci a dargli una forma, diventa una motivazione inesauribile ed una forza travolgente. Emozione e vita allo stato puro. Attraverso cui trovi il senso dell’esistenza… così i tanti sforzi fatti, ad opera finita, sembrano nulla più che banali inconvenienti. Quindi alla fine direi che è stata la passione stessa!
Qual è il segreto di un’artista del tuo calibro, per trovare sempre idee brillanti per le sue opere?
Nessun segreto. Forse solo la voglia ed il coraggio di mettersi in gioco senza riserve, sempre. Ogni idea è energia. Ogni opera una sfida nuova. Anche se ci insegnano che l’importante è l’obiettivo… non dobbiamo crederci. L’importante è avere un obiettivo… è solo se si ama il percorso che si arriva in fondo. Perché un fondo non c’è mai. Per chi ama il proprio lavoro esiste sempre un nuovo traguardo da perseguire. Allora il segreto è la cosa più nota al mondo: amare quello che si fa!
Da cosa vieni ispirato quando ti metti all’opera?
Credo che dipenda dall’esigenza che ho di mandare un certo messaggio. Vivendo riscontro certi comportamenti o mi imbatto in alcune vicende che mi spingono a “dire la mia”. Che mi portano a credere nelle mie riflessioni e vederne una valenza universale. Questa è la motivazione di tutto. La vera ispirazione alla base delle mie scelte.
Com’è nata la collaborazione con Coca Cola?
Lavorare con Coca-Cola è stato come realizzare un sogno. del bimbo che c’è in me! Sono collezionista da sempre di bottiglie Contour dal mondo. Da piccolo viaggiando il gusto coca cola, anche se uguale ovunque, per assurdo, mi ricordava casa. Un gusto che ha unito concretamente il mondo intero, contribuendo all’idea che oggi abbiamo di globalità. Interpretare artisticamente la Bottiglia della Coca Cola significava indirettamente confrontarsi con la storia stessa della nostra società. Una grande responsabilità che sono felice di aver assolto in modo personale e riconoscibile… E la collaborazione è nata quando insieme al management del gruppo ad Atlanta abbiamo capito che molti aspetti del nostro lavoro avevano binari comuni. L’attenzione all’uomo, alla sostenibilità non solo del lavoro ma proprio del pensiero all’origine dei progetti. L’intenzione di operare per generare emozioni positive sulla vita. D’innovare nel rispetto delle origini… così il management di Atlanta si è rivelato il committente perfetto. Idee chiare da subito, grande libertà e voglia di ascoltare per costruire pensieri di valore. Una collaborazione entusiasmante. A conferma che dietro “grandi imprese” ci sono sempre persone di valore… Perché alla fine si lavora sempre con le persone…