LA SFIDA GERARCHICA DI GENERE SESSUALE E LE NUOVE DONNE

di Valentina M.

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Dall’alba dei tempi, passando per il Medioevo e fino alla metà degli anni ‘90, la donna è sempre stata vista come una cuoca, casalinga e sfornatrice di flgli; in poche parole una Passiva. Dal canto suo, l’uomo, è stato costantemente classificato come il genere sessuale attivo e dominante, ossia il fico della situazione.

Poi qualcosa cambiò.

Infatti, dagli anni ‘60 vi fu un ondata di movimenti di protesta da parte del mondo femminile e omosessuale contro una società patriarcale; lo scopo era quello di mostrare al mondo la loro vera natura come esseri dotati di intelligenza e indipendenza. E proprio per questo, alcune nuove donne pensanti e indipendenti divennero artiste e sperimentarono un nuovo tipo di arte che, diversamente da quella precedente, aveva lo scopo di osare, far ragionare ma, specialmente, di scioccare.

Nacque la performance, un’esibizione fatta di azioni che scorrono nel tempo e, diversamente dalle altre forme d’arte vede nello spettatore e nelle sue reazioni il protagonista assoluto in prima persona.

OUR PERIOD.

Nel 2001-2005 Joana Vasconcelos, creò The Bride (La sposa), un magnifico e grandioso lampadario di 5 metri degno dei palazzi di Versailles. Cosa c’entra con la rivoluzione sessuale? Il lampadario è composto interamente di tamponi vaginali; ecco che un oggetto così poco aulico e vagamente schifato dall’uomo, diventa una bellissima opera d’arte.
Più che critica, è un grandissimo monumento alla vagina.

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CAROLEE’S SCROLL

In una delle opere più celebri di Carolee Schneemann, The Scroll, l’artista nuda e sporca di fango estrae una lunga pergamena dalla vagina e la legge al pubblico. Il testo è in parte un poema, in parte un manifesto e in parte alcune sue esperienze divertenti con il sesso maschile nel contesto artistico. Il corpo della donna, ma prima di tutto la vagina, si trasforma in opera d’arte e, allo stesso tempo, conoscenza pura… Ben lontana dalla visione puramente sessuale e riproduttiva che aveva in passato.

“I thought of the vagina in many ways– physically, conceptually: as a sculptural form,
an architectural referent, the sources of sacred knowledge, ecstasy, birth passage, transformation.
I saw the vagina as a translucent chamber of which the serpent was an outward model: enlivened by it’s passage from the visible to the invisible, a spiraled coil ringed with the shape of desire and generative mysteries, attributes of both female and male sexual power.
This source of interior knowledge would be symbolized as the primary index unifying spirit and flesh in Goddess worship.”

Carolee Schneeman

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DEATH SEX

Più forte visivamente è Meat Boy, performance dove uomini e donne si accoppiano circondati da animali morti squarciati; L’atto richiama un rito macabro ed erotico in rappresentanza delle arti sessuali estreme mentre si sottolinea la componente distruttiva, violenta e animale dell’essere umano. I corpi vivi si fondono ai cadaveri degli animali e diventano inespressivi e privi della loro soggettività.

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Con Vagina Painting (1965) Shigeko Kubota attacca l’arte maschile e mostra il suo sesso come apparato creativo più che puramente sessuale. L’artista, accovacciata a terra e muovendo ritmicamente le anche, riesce a disegnare sul pavimento tramite un pennello inserito nella sua vagina e precedentemente intinto nella tempera rossa. Ovviamente vi è un richiamo immediato al mestruo, ma anche ad alcuni lavori di Pollock in cui vi sono schizzi simil-eiaculatori.

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RED LIGHTS

Troviamo invece un’artista più aggressiva in Valie Export che, nel 1968 decise di entrare in un cinema a luci rosse con un mitra e un paio di pantaloni aperti sul davanti che mostrano al pubblico i genitali. Gli spettatori che guardavano il film non avevano il desiderio di essere spiati, la Export, invece, mettendo a loro disposizione il suo corpo, li sfida ad agire. Davanti a questa scena l’uomo entrava in uno stato di panico (l’opera si chiama appunto Genitalpanik), veniva messa a repentaglio la natura privata della sua sessualità; era diventato lui il passivo della situazione.

Sempre rivolta al tema del porno è la performance “Tapp-und Tast-Kino” (Tap and Touch Cinema).

Tra il 1968 e il 1971 la Export decise di camminare per strada indossando una piccola televisione di cartone, una scatola, attorno al suo corpo nudo nella parte superiore, in modo che il suo seno potesse essere visto. Chiedeva agli uomini di toccarle il seno, quindi di “attraversare lo schermo” e passare dal desiderio all’esperienza. Fu una vera e propria sfida per l’uomo, infatti solo pochi furono i coraggiosi che la toccarono. Lei era l’oggetto del desiderio fatto presente, ma non nella sfera privata, bensì in quella pubblica; con ciò offriva il suo corpo sfidando la sessualità alle proprie condizioni.

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THE RAPED

Forse una delle performance più forti e impressionanti della storia dell’arte è Rape/Murder di Ana Mantieda. In questa famosa opera, l’artista invitava il pubblico ad entrare nel suo appartamento; dalla porta semi aperta si poteva passare alla stanza principale e trovarsi davanti ad uno spettacolo terrorizzante; l‘artista priva di sensi e seminuda appoggiata al tavolo e sporca di (tempera color rosso) sangue. Lo spettatore si trovava ovviamente in uno stato di shock.
La performance richiamava un vero e proprio stupro, atto che accadde realmente nel 1973 ad una studentessa dell’università dell’Iowa, molestata e poi uccisa; la notizia oltraggiò moltissimo l’artista e da qui nacque Rape/Murder . Mantieda volle mostrare come la società riduca il corpo della donna in un oggetto in balia delle voglie e dei desideri maschili, spesso violenti e senza scrupoli.

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LA CATTIVERIA DEL PUBBLICO

Opera d’arte al limite della comprensione è Rhytm 0 di Marina Abramovich, performance avvenuta nel 1974 a Napoli. Marina mise in una stanza completamente spoglia un lungo tavolo con 72 oggetti sia di piacere (piuma, bottiglie, scarpe, ecc), che di dolore (fruste, catene, pistole e lamette, ecc) poi si sedette e fece entrare il pubblico.
Per 6 ore consecutive l’artista si privò della sua volontà e mise a disposizione in modo passivo il suo corpo al pubblico che, attraverso uno di questi oggetti, poteva interagire con l’artista in qualsiasi modo, guidato e al tempo stesso provocato dalle seguenti istruzioni:

Sul tavolo ci sono 72 oggetti che potete usare su di me come meglio credete: io mi assumo la totale responsabilità per sei ore. Alcuni di questi oggetti danno piacere, altri dolore.

Dopo qualche esitazione il pubblico napoletano diede inizio alla performance; le lamette vennero subito usate per ridurre in brandelli gli abiti di Marina e poi passate direttamente sulla pelle nuda dell’artista. Gli uomini le succhiarono il sangue dalle ferite e iniziano ad avere un approccio incline alla violenza sessuale mentre alcuni cercarono di proteggerla.
Estremo il momento in cui nelle mani dell’Abramovich venne messa la pistola carica, appoggiata al collo, con un dito della stessa artista appoggiato sul grilletto.

La performance più che arte è una indagine sulla natura umana, l’uomo, avendo la possibilità di fare ciò che desidera, da sfogo alla sua vera natura, che, a volte, è violenta e aggressiva.

La domanda è; cosa sarebbe successo se qualcuno non avesse fermato quelle persone? Fin dove si sarebbe spinta la violenza?

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