di Valentina M.
Il termine Trasformismo ha intrigato ed affascinato l’uomo fin dall’antichità, soprattutto quando questo rientra nell’ambito sessuale.
La sua curiosità per il diverso e per il nuovo l’ha sempre spinto alla ricerca di qualcosa di più profondo, che potesse svelare i meccanismi della psiche e del corpo umano.
Fin dal 1490 aC si hanno notizie dei primi casi di trasformismo quando la reggente egiziana Hatchepsut si faceva passare per faraone portando una barba posticcia e gli abiti da re.
Ma è dalla fine del XIX secolo che alcuni illustri medici che si occupavano di sessualità si interessarono di transgenderismo e iniziarono a studiarlo anche se vi era, come adesso, molta confusione con l’omosessualità.
Finalmente nel 1921 si assistette al primo intervento di cambio di sesso, ma fu nel 1951 che venne portato a termine il più importante intervento di “riassegnazione chirurgica di sesso” ; il paziente George Jorgensen poté, così, diventare Christine.
E davanti a tutti queste innovazioni nel campo della sessualità, l’arte non poteva di certo rimanere in silenzio.
L’essere umano, nella sua complessità interiore, è una creatura prismatica.
Infatti, non vi è una sola identità all’interno, ma componenti maschili e femminili che non è possibile dividere ed inscatolare all’interno di precisi stereotipi e norme comportamentali.
E’ questo che ci vuole spiegare Urs Luthi, che, attraverso Il Doppio, gioca con l’inversione dei due sessi; mostra sè stesso attraverso due profili, uno maschie e l’altro femminile crescendo così una sua rappresentazione totalitaria e a 360°.
Particolarmente interessante per lo stravolgimento della pittura classica è Gods of Earth and Heaven di Joel-Peter Witkin, che riprende la maestosa opera botticelliana della Nascita di Venere stravolgendola e rendendola più contemporanea.
Nella versione del 1988, infatti, in mezzo alle gambe della dea non vi è solo una manina pallida e cristallina che cerca di coprire le vergogne tramite una ciocca di capelli dorati, ma un ingombrante pene sfoggiato senza pudore.
Anche qui vi è trattato il tema dell’identità mutante, per niente mostrata come un taboo, ma anzi esibita senza vergogna.
Molinier invece prende l’argomento più drasticamente decidendo, nel 1965, di infilare una Rose Blanche nel più sacro dei suoi buchi.
La rosa bianca raffigura la purezza, questa si contrappone fortemente all’atto che sta compiendo Molinier; che, vestito da donna con tanto di parrucca e giarrettiera, si mostra all’obbiettivo, ( e quindi anche al pubblico ) in un atteggiamento provocatorio ed esibizionista.
Ma è lo statunitense Acconci a deliziarci con la trasposizione video del termine Trasformismo; infatti, in Conversione viene sperimentata la possibilità di passare dal sesso femminile a quello maschile, e viceversa.
Acconci, infatti, si brucia i peli attorno ai capezzoli fino ad eliminarli e tenta di mascherare il pene nascondendolo tra le gambe; così inizia la sua metamorfosi in donna, in questo stato l’artista cammina, si piega e si muove mostrando la sua nuova identità.
Nell’ultima parte del video invece si unisce una seconda persona, una donna attua a ritrasformare Acconci in un uomo, attraverso un rapporto sessuale.
A voi i commenti.