LAÏOUNG

di Federico Ledda

Copertina Facebook
È da tempo ormai che il mondo dell’hip hop è bombardato dalla musica trap. Dagli Stati Uniti all’Italia, da Travi$ Scott a Sfera Ebbasta, sono sempre di più gli artisti che emergono grazie a questa nuova contaminazione dell’hip hop. Sia chiaro, nuova per l’Italia, “normale” ormai per gli States. Lo sa bene Laïoung, il “personaggino” che trovate sulla copertina di The Eyes Fashion. Classe 1992, nato a Bruxelles da mamma sierraleonese e papà pugliese, Giuseppe Bockaire Consoli questo il vero nome, sta davvero facendo parlare di sé. Partiamo dall’inizio.

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Erano mesi che ci frullava per la testa di scattare un’artista di questo movimento. Tante erano le idee, ma come tali sono rimaste. Tempo fa mi compare su Spotify “Quello Che Voglio”, il singolo di Laïoung. Bam. Punto. Ne sono rimasto folgorato. Ho iniziato a seguire i suoi passi, ad annusarlo, a capire se potesse davvero essere interessante o se invece era solo un altro bluff dell’industria. Sono inciampato poi su “Ave Cesare” il suo primo album in italiano e su “Giovane Giovane” il singolo con Izi e Tedua. Folgorato. La storia di questo artista è pazzesca. Lui si definisce nomade e così mi piace pensarlo quando sento la sua roba. Cittadino del mondo, il ragazzone di quasi due metri ha vissuto in Francia, Canada, Stati Uniti, Belgio e Inghilterra. Grazie a questo, credo, ha sviluppato un’internazionalità unica nel suo genere, pubblicando ”Ave Cesare”, il suo primo disco in italiano, dopo averne già fatti tre in inglese. Il 21 di questo mese uscirà il suo nuovo disco, il primo sotto SONY e come se non bastasse è anche uscito il nuovo singolo “Vengo dal basso” con la collaborazione di Gué Pequeno.
Laïoung è unstoppable: scrive, produce e soprattutto, usa l’autotune con responsabilità.
Abbiamo portato lo tsunami nel collettivo ZAM dove per un pomeriggio ha veramente potuto fare “quello che voglio”. Cantava, ballava, suonava, faceva le flessioni… Mai mi sono divertito tanto a lavorare con un’artista e mai sono stato tanto ispirato da (quasi) un mio coetaneo.

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Hai una storia che nonostante la tua età, è già enorme. Quanto il tuo percorso ha influito sulla tua musica?
Ho cominciato a sentire quello che andasse in Italia a settembre 2016 dopo avere speso un anno in Canada. Quando ero là, ispirato, ho prodotto il disco “Ave Cesare”, il mio primo in italiano.

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Lo so, in due cazzo di settimane. È pazzesco.
Dovevo andare ad Atlanta da Toronto, ma non mi era stato concesso il visto.  Avevo lo spazio mentale per realizzarlo. Sentivo che fosse arrivato il momento di dire la mia. Ho rispolverato “Senza Nessun Dubbio” che avevo scritto nel 2014, ho lavorato ad altri sette pezzi, li ho mixati, masterizzati e poi l’ho “buttato” online. Finalmente in Italia ho pensato, ha cominciato ad andare il sound alla quale lavoro da nove anni. Finalmente parliamo la stessa lingua. Sono contento e sono molto ispirato da tutto quello che esce. Non vivevo in Italia per il semplice fatto che non venivo ancora capito. Adesso sono qui.

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Sei il fondatore della RRR Mob, il collettivo musicale che mette insieme i ragazzi di seconda generazione. Da dove nasce il progetto? 
Nasce nel 2012. Viene alla luce perché essendo io un nomade, ho famiglia ovunque. Ho cercato di portare in Italia dell’internazionalità musicale attraverso appunto, questo collettivo di giovani talenti che come me hanno una storia importante.

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Come hai scelto i membri?
RRR significa Real Recognize Real (Vero riconosce vero, ndr.). Conosco un sacco di artisti che spaccano ma che non sono veri. Quanto ci tieni davvero a spaccare, quanto sei disposto a sacrificare la tua vita per fare musica, è quello che a me interessa. Se sei bravo viene dopo, ma deve esserci cuore in ciò che fai.

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Fammi un esempio

Mi piace definire i ragazzi della RRR come i miei piccoli Frankenstein. Izi Noice, è il mio Frankenstein. La sua voglia di fare musica, molto ispirata dall’America e dalla Francia, mi ha motivato ad aiutarlo a mettere molta elettricità musicale nella sua dimensione. È quello che successivamente è successo con gli altri ragazzi che formano il movimento.

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Il 21 di questo mese esce il tuo secondo disco in italiano, dimmi di più 
Saranno due dischi. Uno sarà la ristampa di Ave Cesare. Con anche “Giovane Giovane”, e “Quello Che Voglio”. Ci sarà anche un nuovo disco con otto inediti che si chiamerà “Veni Vidi Vici”, e conterrà anche “Vengo Dal Basso” con Gué.

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Com’è stata la realizzazione di Veni Vidi Vici?
Ho prodotto dalla prima alla diciottesima canzone. In una ho collaborato con un’artista di Lecce che, tra l’altro è appena uscito il suo album dove ho collaborato con quattro produzioni e due featuring. Mi sono anche occupato della masterizzazione e del mixing.

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Chi è che ti ispira?
Per non focalizzarmi su cosa succede solo oggi, posso dirti che mi ispira tantissimo Lil Wayne.

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Come mai proprio lui?
Lil Wayne è il padre di un sacco di rapper. È grazie a lui se oggi l’autotune sta diventando cultura. Wayne ha iniziato a usare questo strumento perché non ha la migliore delle voci. Una volta disse: “non ho una delle voci migliori che possiate sentire, ma voglio fare le migliori canzoni che possiate sentire”. Questo concetto mi ha sempre ispirato.
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Parli diverse lingue. Quando pensi, in che lingua lo fai?
Bella domanda! Diciamo che dipende dall’ultima conversazione che ho avuto. Se parlo con mio padre, con te, penso in italiano, se parlo coni mio fratello, penso in inglese, se sono in Spagna, penso in spagnolo.

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E quando invece pensi un pezzo?
Quando penso a un pezzo, penso a una hit. Cerco di renderla il migliore possibile. Quando la realizzo penso sempre a coinvolgere chi l’ascolta, voglio che anche chi di solito non canta non riesca a stare fermo… Adesso sono in Italia e quindi produco in italiano, mi esce naturale.

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