THE DONATELLA – AN EXPLOSION OF FRESHNESS

di Federico Ledda
foto Alessandro Levati

Quale miglior rimedio al caldo torrido che ci sta coinvolgendo, se non una manciata di aria fresca? Ci siamo ispirati a questo per la scelta della cover di luglio/agosto, che non poteva non coinvolgere la freschezza per eccellenza: LE DONATELLA.
Cantanti per vocazione, LE DONATELLA lo fanno diventare un lavoro partecipando a una delle ultime edizioni di X Factor facendo appassionare tutti per la loro vivacità e simpatia, caratteristiche che riconfermano qualche anno dopo vincendo l’ultima seguitissima edizione de L’Isola Dei Famosi che le ha premiate sì, per la loro vivacità e simpatia ma anche per essere state le più tenaci del gruppo.
Dopo questa prova prova di coraggio, le gemelle sono tornate a produrre musica, sfornando il singolo DONATELLA con la collaborazione di Donatella Rettore, che ancora una volta conferma la loro freschezza, posizionandosi come un tormentone estivo assicurato.

Chi sono Le Donatella?
Due ragazze di 21 anni che hanno già avuto tanto dalla vita, e che cercano di viverla sempre al massimo, con tanta grinta e cercando di non avere mai rimorsi.

Com’è cambiata la vostra vita dopo X Factor?
La vita privata non è cambiata…Siamo sempre state leali e ci è sempre piaciuto contornarci di persone vere, con dei principi, quindi non è cambiato niente, se non il fatto di essere maturate, e di fare quello che amiamo per lavoro.

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Dopo la partecipazione a X Factor, si sono un po’ perse le vostre tracce, fino all’annuncio della vostra partecipazione all’Isola dei Famosi. Che fine avevate fatto?
Nessun tipo di fine! Uno pensa che se non sei 24 ore su 24 in televisione allora sei morta. In realtà no, anzi. E’ stato un periodo felicissimo e pieno di soddisfazioni per noi. Abbiamo studiato tanto, abbiamo scritto tanti pezzi, molti tra l’altro ancora inediti… Ma non solo! Essendo da sempre affascinate dalla moda, abbiamo anche lavorato come modelliste 1 anno e mezzo in un Atelier di abiti da sposa.

 

E’ difficile farvi definire cantanti dopo avere partecipato a un reality che con la musica non ha niente a che fare?
Non amiamo definirci. Facciamo quello che amiamo, che non è solo ed esclusivamente la musica.. Pur essendo la prima cosa, non è l’unica. Siamo due persone curiose e appassionate della vita.

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Cosa vi ha portato la partecipazione all’Isola Dei Famosi?
Ci ha cambiate completamente. E’ un’esperienza che ti rivoluziona, ti fa maturare, ti fa pensare molto e soprattutto, ti mette alla prova.

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E a livello lavorativo?
Per noi l’obbiettivo principale è sempre stato solo ed esclusivamente la musica. Chi ci conosce lo sa bene, e sa anche che da noi non ci si può aspettare niente, come ci si può aspettare tutto. Restate sintonizzati, e vedrete di cosa siamo capaci!

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Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s Assistant ALESSANDRO VILLA, MARILU’ VENDITTI
Graphic designer CRISTINA BIANCHI
From an idea of FEDERICO LEDDAALESSANDRO LEVATI
Hair and Make Up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Fashion collaborator VALENTINA M.
Production FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, LARA BIANCHI
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Alfredo Tomasi, Lara Bianchi @ annaBi & Laura Magni

 

SECRET WALLS

di Federico Ledda

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Ho sempre ammirato chi riesce a dedicare tutta la sua vita e le sue forze all’arte dedicandosi completamente ad essa. E’ quello che ho notato mentre a Los Angeles ho avuto modo di conoscere Terry Guy, un ragazzo che ha fatto dell’arte la sua ragione di vita.

Parecchi anni fa Terry, ha dato vita a ”Secret Walls” un progetto itinerante che utilizzando solamente la semplicità del bianco e del nero, sfida gli artisti a riempire gigantesche tele improvvisando. Secret Walls ha ormai fatto tappa in moltissime città, diventando di tappa in tappa sempre più popolare.

Potevo quindi farmi scappare l’opportunità di farmi affascinare dai racconti di Terry, per poi affascinare tutti i lettori di The Eyes Fashion?

Chi sei?
Come già sai mi chiamo Terry, e sono il fondatore di Monorex, Network che realizza progetti, tra cui quello di Secret Walls e High Rise Murals.

www.monorex.com

www.highrisemurals.com

www.secretwalls.black

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Quanto ha influito l’arte nella tua vita?
L’ha rivoluzionata! Tutto è nato quando abbiamo iniziato a lavorare alla Monorex… Esattamente 11 anni fa! Diciamo che lavorare per progetti unici e iniziative particolari è davvero stimolante. Ogni lavoro di cui ci occupiamo, è per me una sfida che mi mette alla prova e mi permettere di crescere!

Raccontami di Secret Walls
E’ la più grande competizione artistica del mondo. Il concetto è molto semplice: due artisti, con 90 minuti di tempo devono dipingere in freestyle con tempera nera su un Canevas bianco, e il vincitore viene deciso a suon di applausi da parte dei presenti. Sai, credo che la gente cresca sempre di più di tappa in tappa per l’area di festa che si respira durante l’evento e per la diversità di persone che ci partecipano. E’ davvero un’occasione unica per farsi ispirare.

Come puoi descrivere la vostra arte?
Abbiamo iniziato come collettivo di street artist, evolvendoci poi in una realtà più grande e generale come quella dell’arte urbana-contemporanea.

Che cosa ti ispira?
Molte cose! I film, la musica, i fumetti, viaggiare…

Cosa pensi degli altri artisti della scena?
Il nostro mondo è piuttosto ridotto, ma grazie a Dio inizia sempre più a essere riconosciuto in scala globale! La cosa mi fa davvero piacere perché avendo iniziato parecchi anni fa a fare quello che facciamo, abbiamo avuto l’opportunità di vedere l’evoluzione naturale delle cose. Due tra le città che stanno contribuendo fortemente a questo cambiamento sono Melbourne in Australia e Malmo in Svezia.

Follow them on Instagram

@Monorex
@SecretWalls
@HighRiseMurals

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WHEN IN ROME… #4 – WALKING AROUND

di Sara Bianchi
foto di Sara Bianchi
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“Come è iniziata la tua carriera? Il momento in cui hai capito di avercela fatta?”

L’ATTORE FETICCIO

FABIO DE LUIGI, Roma -Cinecittà-

“Allora…la mia carriera é iniziata nell’ormai lontanissimo 1990, stavo studiando nell’Accademia delle Belle Arti a Bologna e ho cominciato iscrivendomi quasi per scherzo ad un concorso per giovani comici emergenti”

“Per quanto riguarda il momento in cui…forse oggi…ahahahah…il giorno in cui ho capito di aver fatto la scelta giusta, beh alla fine era quello che volevo fare da quando avevo tipo tre anni per cui quella fortuna lí l’ho avuta e finché non se ne accorgono vado avanti!”

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LA FETICISTA

CHIARA FRANCINI, Roma -Cinecittà-

“Oddio…la mia carriera é iniziata al teatro della Limonaia di Sesto fiorentino quando ho iniziato il primo anno del corso dell’Accademia. Per quanto mi riguarda penso tutti i giorni di aver fatto la scelta giusta, sono felice, certo é un lavoro faticoso ma sono veramente molto felice, però posso dirti che non c’é un giorno in particolare perché penso di dover fare ancora molta molta strada…”

IL POETA ROMANO

RICKY MEMPHIS, Roma -Cinecittà-

“Come devo risponne?”

“Tu parla, io registro e poi trascrivo!”

“Ok…allora la mia carriera è iniziata fine ’89 inizio ’90 con la pubblicazione di un articolo ed un servizio fotografico che mi riguardava sul mensile dell’epoca che era King. Me l’avevano fatto perché leggevo delle poesie che scrivevo nei locali notturni di Roma…da lì Maurizio Costanzo ha letto l’articolo, si é incuriosito e mi ha fatto chiamare. Sono stato in trasmissione, la trasmissione la stavano seguendo in televisione Tognazzi e Simona Izzo che stavano per girare un film, io lí ho espresso il desiderio di fare l’attore, mi hanno chiamato, ho fatto il provino e cosí ho fatto il primo film.Tutti i giorni mi rendo conto di aver fatto la scelta giusta, tutte le mattine in cui mi alzo e vado sul set a giocà e a divertimme…”

 

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THE WOMBATS – THE INTERVIEW

di Federico Ledda

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Devo essere sincero: io gli Wombats non li conoscevo, non prima di ricevere un’email da Elena di Warner Music che mi proponeva un’intervista, e non prima di confrontarmi con la redazione di The Eyes Fashion, più nel dettaglio con Johnny, fan della band sin dagli esordi.
La prima cosa che ho fatto è stata quella di cercare Let’s Dance To Joy Divison tra la musica di Spotify su consiglio di Johnny che mi ha praticamente imposto di ascoltare il loro più grande successo.
Adesso posso ufficialmente dire di essere drogato di Wombats, e di avere scoperto un mondo! La band inglese, formata da tre amici conosciutisi alla Liverpool Institute of Performing Arts, vanta una fanbase di livello mondiale ed è già al terzo disco intitolato Glitterbug uscito da pochissime settimane. Il tutto a mia insaputa.

Dopo essermi quindi tramutato completamente in un mega fan, non potevo di certo farmi scappare l’occasione di incontrare Dan (batterista) e Tord (bassista) nel backstage del loro concerto SOLD OUT al Fabrique di Milano! Qual è stata quindi la risposta alla mail di Elena? Assolutamente sì, io e Johnny ci siamo!

Non pubblicavate un album dal 2011. Quanto è cambiato il vostro sound da allora?
T:
Glitterbug è sicuramente l’estensione di quello che abbiamo iniziato a fare con il nostro lavoro precedente This Modern Glitch. All’epoca però ci piaceva fare esperimenti per cercare di trovare un sound che ci appartenesse. Adesso che l’abbiamo trovato, ci siamo dedicati più ai dettagli e al perfezionamento.

Cosa avete fatto in questi anni di assenza?
D: Prima di iniziare al lavorare al nuovo disco siamo stati in tour per molto tempo. L’ultimo lo abbiamo fatto l’anno scorso in America ed è durato ben sei mesi, perché là la promozione di un disco funziona in modo diverso. Mentre in Europa se un singolo va bene, le stazioni radio lo suonano 5/6 settimane, in America lo puoi sentire anche per 9 mesi! Quindi rimani in tour molto più tempo.

Come definireste questo nuovo disco in tre parole?
T: Allegro, attraente e…
D: Sto fissando da un’ora la doccia che c’è qui in camerino, quindi direi doccia.
Allegro, attraente e doccia. (ride ndr)

State facendo un’importante tour europeo in questo momento. Com’è notare che il vostro pubblico è cresciuto così a vista d’occhio?
D: E’ una cosa che ancora ci rende increduli. Sono tre anni che mancavamo dall’Europa, eppure l’accoglienza è stata anche più generosa.
T: La cosa che più ci fa piacere è vedere le persone che cantano canzoni che magari non sono ancora uscite. Questo ti fa capire quindi che si informano, che fanno ricerca, che non sono là per caso insomma.

Il video di ”Give Me A Try” è sicuramente la dimostrazione di come i Social Media influiscono nella nostra vita. Com’è il vostro rapporto?
T: Hanno sicuramente un ruolo fondamentale per noi come band, perché tengono aggiornate le persone che ci seguono e che sono interessate a noi. Come persona invece cerco di starci lontano. Tempo fa eravamo in una stanza con una decina di persone che erano costantemente in silenzio incollate al telefono. E’ stato davvero strano e imbarazzante.

Cosa fate i minuti che precedono uno show?
T: Ci alleniamo! Sembra una battuta, ma specialmente chi suona ha bisogno di riscaldare i muscoli e le mani prima di uno show, in modo che non succedano incidenti. Poi stiamo un po’ per conto nostro e ci rilassiamo… Cerchiamo di entrare nella mentalità di un live!

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JASON DERULO – THE HITMAKER

di Federico Ledda

 

Chi è che non ha mai sentito in radio canzoni come Wiggle, Talk Dirty o Want To Want Me? Chiunque ha canticchiato almeno una di queste tre canzoni. Tre hit mondiali prodotte tra dalla stessa persona: Jason Derulo, l’uomo che non ha bisogno di introduzioni. Ed è davvero così, perché dopo aver piazzato 6 canzoni nella top 10 della classifica più importante del mondo, tutti conoscono e amano il rapper di Miami che ha fatto del suo nome una garanzia di successo. The Eyes Fashion l’ha incontrato nel quartier generale di Warner Music Italia dove era a presentare Everything Is 4, il suo ultimo album uscito lo sorso 1 giugno.
Ah, e mi raccomando, dopo aver letto l’intervista, tutti a ballare come se non ci fosse un domani con ”Want To Want Me” a tutto volume.

Descrivi il tuo nuovo disco in una parola
Necessario. Questo disco è un viaggio che ha qualcosa per ogni persona e per ogni situazione. C’è il pezzo che ti fa ballare, c’è quello che ti aiuta a dire ti amo, e quello che ti dà forza. C’è davvero qualcosa per tutti, quindi sì, è stato necessario per me, e spero che lo diventi anche per chi lo ascolta.

Everything Is 4 (Tutto è per…), ci puoi spiegare questo titolo?
Tutto è per mia madre, tutto è per i miei fans, e tutto è per la musica. In inglese diciamo ”for”, che si può semplificare anche con il 4, e anche questo ti fa pensare: quattro sono le stagioni, le gambe di un tavolo… Everything Is 4!

Nel disco ci sono collaborazioni davvero notevoli, tra cui quella con Stevie Wonder…
Sì, è stato pazzesco! Ancora non ci credo! Ci siamo conosciuti a una cena alla casa bianca, e dopo esserci presentati ho iniziato a pensare al mio prossimo album, e al fatto che ci sarebbe stata una canzone con l’armonica intitolata Broke. Non tutti sanno che Stevie è un bravissimo armonicista, cosa che mi ha fatto pensare: ”che bello se in Broke l’armonica la suonasse Stevie Wonder”. Così gliel’ho chiesto! Vedendo la sua sua risposta positiva e la sua disponibilità allora ho aggiunto: ”Che ne diresti di cantarci pure?” E lui a quel punto mi ha detto una cosa che mi ha fatto un piacere enorme: ”Certo che voglio e ti dico il perché: so già che se sentirò questa canzone alla radio, e se non ci sarà anche la mia voce, so già che me ne pentirò”.

Hai anche collaborato con Jennifer Lopez. Com’è stato lavorare con lei?
Non una, ma ben due leggende in questo nuovo disco! Un sogno! JLO è una delle artiste femminili più importanti di tutti i tempi, ma allo stesso tempo, oltre a essere estremamente professionale, è anche una persona davvero buona e dolce. Lavorare con lei è stato grandioso, spero che ricapiti.

Le tua canzoni vengono risuonate da ogni parte del mondo, come ci si sente ad aver raggiunto il successo planetario?
Sono contento che la mia musica piaccia a così tante persone, e sono fiero che le persone usino i miei pezzi come colonne sonore delle loro giornate, o addirittura a volte, della loro vita. E’ una cosa che mi riempe il cuore.

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WHEN MUSIC MEETS FASHION

di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati

Per il numero di giugno abbiamo pensato ai due universi che caratterizzano maggiormente il concept di The Eyes Fashion: la musica e la moda. Spesso i cantanti, specialmente nella musica pop, costruiscono la loro immagine secondo i canoni dettati dalla moda. Le domande che invece noi ci siamo posti sono state: chi, tra gli artisti, al posto di seguire la moda cerca di crearla? Per chi la moda ha una parte fondamentale nella musica? Per chi è uno stile di vita? Ci sono venuti in mente subito due nomi. Vittoria Hyde e Saturnino. Così simili, ma così diversi.

Da una parte abbiamo Vittoria, camaleontica cantante e volto femminile di Virgin Radio che, ricca di entusiasmo e di sogni si prepara a lanciare un’importante nuovo progetto, che darà una nuova sfumatura al suo sound. Dall’altra abbiamo Saturnino immenso musicista ed insaziabile curioso, che insieme a Lorenzo Jovanotti, suo socio, ha lavorato a brani che hanno rivoluzionato la musica italiana. Ma non solo! È il fondatore della Saturino Eyewear: sofisticato brand di occhiali da sole dalle forme dinamiche e innovative. È uscito da poco il racconto della sua vita, dal titolo Testa di Basso scritto con l’aiuto di Massimo Poggini, e si prepara a calcare nuovamente i più importanti stadi d’Italia insieme a Jovanotti con un tour che lascerà il segno. Insieme per The Eyes Fashion, come mai prima d’ora.

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Vittoria, da quando The Eyes Fashion è partito, hai sempre cercato di dare il tuo contributo mettendoci anche la faccia. Come mai questa scelta?
Ho sempre avuto un debole per la moda. Mi piace la creatività, e la versatilità. Cosa che in questo progetto ho visto sin dall’inizio. Ho voglia, e sono orgogliosa, di far parte di questo giovanissimo team che mi insegna ogni giorno una cosa nuova, permettendomi di crescere insieme a loro.

Saturnino, tu invece come mai hai deciso di accettare di essere la parte maschile della cover di giugno?
Mi hanno sempre affascinato i nuovi progetti, cerco sempre di rendermi disponibile e di metterci la mia come posso.

Voi due invece come vi siete conosciuti?
S: Ci siamo conosciuti parecchi anni fa a un evento mentre io facevo un djset, ma poi ci siamo persi di vista per un po’…
V: Sì, ma poi ci siamo ritrovati!

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In che modo hai conosciuto Jovanotti?
S: E’ successo a Milano in un bellissimo studio di registrazione che purtroppo oggi non esiste più.
Siccome lo studio era molto vicino alla casa di Claudio Cecchetto, lo scelse per le registrazioni di Una Tribù Che Balla. Il proprietario dello studio, che io frequentavo, mi segnalò a Lorenzo, che all’epoca stava cercando una band.

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Il numero sulla quale siete in copertina, è intitolato When Music Meets Fashion: quanto la moda caratterizza la vostra vita e in che modo influisce sulla vostra musica?
S: Mi viene in mente una frase bellissima che ha detto Eric Clapton: ”Da quando inizi a guadagnare soldi con la musica, non finisci mai di comprare strumenti. Poi però ne hai troppi, allora inizi a comprare anche vestiti. Quando invece il guadagno diventa maggiore, inizi a comprare macchine, e poi case”. Io per adesso sono fermo ai vestiti (ride ndr).
V: Per me la moda è estremamente importante in ogni sfaccettatura, non la vedo superficiale come è per molti. E’ un modo di esprimermi, di approcciarmi alla vita, è viscerale.

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Saturnino, ho tra le mani il tuo libro. Come e quando hai sentito l’esigenza di doverne scriverne uno?
Il libro mi è stato proposto da un grande giornalista musicale che da anni si occupa di musica e di spettacolo per Rizzoli, che è Massimo Poggini. Un giorno mi ha chiamato e mi ha chiesto se ci avessi mai pensato, la mia risposta è stata semplicemente ”no, mai!”. A quel momento lui mi ha detto: ”Vediamoci, e conversiamo. Mentre registro, ti faccio delle domande e tu mi rispondi” e così è nato Testa di Basso. La cosa bella di questo libro è che non ha un inizio e una fine, lo puoi leggere un po’ nel modo che vuoi, come il libro delle risposte!

Qual è il capitolo che è stato una liberazione scrivere?
Direi che quello su Giovanni Allevi è stato catartico! Dopo dieci buoni anni passati ad ascoltare cazzate, è bene dare al pubblico una versione alternativa.

E il capitolo alla quale sei più affezionato?
Quello su mio padre. Ho amato raccontare di lui a una persona che non fosse di famiglia.

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Vittoria, sei uscita da poco da ”Forte Forte Forte”, il primo talent di Rai 1. Cosa pensi dei talent, e cosa credi debba succedere dopo?
Purtroppo adesso riuscire ad emergere senza un talent è praticamente impensabile, specialmente in Italia. Il mercato è sempre più saturo di talenti figli di televisione, che spesso hanno vita breve. Nonostante abbia partecipato a due talent, credo e sostengo la musica prodotta alla vecchia maniera, quella carica di passione, e non di audience. Filosofia che sto adoperando anche con il mio nuovo progetto.

Ti va di parlarcene?
V: Ho deciso di ripartire da zero. Nel mio cammino ho avuto la fortuna di incontrare dei formidabili musicisti con la quale ho deciso di intraprendere una nuova avventura chiamata Vittoria And The Hyde Park. Nuovo look, e soprattutto nuovo sound. Sono reduce da un mese passato a Los Angeles insieme a vari amici, dove ho anche avuto occasione di dedicarmi a della nuova musica che uscirà a breve. Vedrete, ne rimarrete sbalorditi!

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Stai per fare un nuovo tour negli stadi, che ti porterà per la terza volta a S.Siro. Cosa pensi cambierà dalle volte precedenti?
S: Quando affronti le cose con maggior consapevolezza, forse te la godi di più. Ne hai più tempo. E’ un po’ come il sesso, più lo fai, e più diventi esperto. Non devi però dare niente per scontato, le persone che ti sono a sentire hanno delle aspettative, e tu devi mettercela tutta affinché vengano rispettate.

 

Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s collaborator ALESSANDRO VILLA
From an idea of FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI
Hair and Make Up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA, VALENTINA M.
Production JOHNNY DALLA LIBERA, FEDERICO LEDDA
Graphic designer CRISTINA BIANCHI
Special Thanks to ANDREA CARBONARI @ DIRK BIKKEMBERGS
Location DIRK BIKKEMBERGS HEADQUARTER, MILANO

THE GOLDEN BOY – HOODIE ALLEN

di Federico Ledda

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Con il passare degli anni la rete è sempre diventata più influente in campo musicale, portando, spesso grazie a un colosso di nome YouTube semplici ragazzi a vere e proprie pop star. Lo sa bene questo americano ex dipendente di Google che ha lasciato un lavoro-sogno per investire nel suo di sogno: diventare un cantante. Dopo aver pubblicato svariati free mixtape su Internet, ed aver ottenuto un posto nella rinomata classifica di Billboard tutto senza un’etichetta, finalmente, oltre ai sempre più numerosi fan, anche i discografici hanno iniziato ad accorgersi di lui. Ecco quindi dopo tanta fatica ”People Keep Talking” un frizzante disco Pop/R&B che ti fa proprio capire la voglia di fare di questo golden boy, al secolo Hoodie Allen.

Finalmente il tuo primo disco! Com’è averlo tra le mani?
E’ un sogno che diventa realtà! Sono grato per quello che mi sta succedendo, e sono contento che sempre più persone si stiano appassionando alla mia musica.

Nel singolo di lancio ”All About It” duetti con Ed Sheeran, com’è nata questa collaborazione?
Io ed Ed siamo molto amici, l’idea della canzone è venuta fuori dopo una serata passata insieme… Ci ha messo davvero poco tempo a prendere forma!

E nel video interpretate due supereroi!
Sì, è stato folle! Ed era in Tour in Canada, e aveva un solo giorno libero, allora abbiamo organizzato tutto, e siamo andati a Toronto per fare le riprese. E’ stato troppo divertente!

Quali sono le differenze più grandi tra avere un contratto con un’etichetta e autoprodursi?
Quando sei da solo devi pensare a tutto te, e hai molte meno possibilità di farcela, mentre adesso posso finalmente focalizzarmi di più sulla musica.

Com’è essere in Italia?
E’ bellissimo, non c’ero mai stato! Non vedo l’ora di tornarci, magari per un live!

 

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di Federico Ledda

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Non ha nemmeno sfornato il suo primo disco “Love + War” che è già sulla cresta dell’onda con il successo “Walk“, che a oggi ha totalizzato oltre 30 milioni di visualizzazioni su YouTube. THE EYES FASHION ha scovato tra le scrivanie dell’ultimo piano degli uffici di Warner Music a Milano KWABS, cantante inglese che con della sua sensibilità in chiave pop sta facendo innamorare tutti, persino Sam Smith che l’ha voluto come suo opening act ufficiale per il tour europeo. Potevamo perdere l’occasione di scambiare due parole al volo?

Walk sta diventando poco a poco un successo planetario! Come ti senti, te lo aspettavi?
Non potevo mai immaginarmi di riscuotere tanto successo a livello internazionale. Ne sono contento, significa che la gente si è appassionata a quello che racconto con le mie canzoni.

Sta per uscire il tuo primo disco: ”Love + War”, come sarà?
Sarà l’esatto connubio dei sentimenti che ho già espresso nei miei pezzi usciti fino ad ora. Spero che alla gente piaccia tanto quanto i miei recenti singoli.

Il tuo brano ”Pray For Love” è davvero toccante, ce ne puoi parlare?
E’ come dice appunto il titolo, una sorta di preghiera espressa da due persone logorate dopo aver lottato con tutte le loro forze per l’amore.

Sei in tour con Sam Smith, come ti senti? E’ la tua prima volta in Italia?
Sì! Non ero mai stato a Milano! E’ bellissima la risposta che stiamo riscontrando qui, e quando Walk sia piaciuta alla gente! Non vedo l’ora di salire sul palco!

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LA MUSICA INDIE, L’ITALIA E I THEGIORNALISTI

di Federico Ledda
Special thanks to Nicola Cani e Giacomo Pisati
foto Alessandro Levati

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Chi pensa che il cantautorato italiano sia ormai morto dovrà ricredersi! Ci sono invece molti talentuosi artisti della scena indie pop che stanno, e che faranno parlare di loro sempre di più, giusto per citarne alcuni: Levante, Bianco, Paletti e i Thegiornalisti, gruppo romano giunto al terzo disco intitolato ”Fuoricampo”. La band si contraddistingue per gli arrangiamenti dal suono internazionale, misti a testi che subito ti riportano alla mente Antonello Venditti e Lucio Dalla dei tempi migliori, artisti di grande spunto per loro. The Eyes Fashion ne è più che ossessionato, specialmente dal loro ultimo disco; potevamo quindi farci scappare l’opportunità di intervistare il frontman Tommaso Paradiso nel backstage della loro data SOLD OUT al Tunnel di Milano?

Thegiornalisti. Tunnel. Tutto esaurito. Come ci si sente prima di salire su un palco di una data così importante per voi?
Benissimo! Nonostante sia ancora con i postumi di una brutta influenza, quindi tosse, raffreddore e soprattutto poca voce! Però cercherò di dare il massimo!

Quali sono le differenze tra questo disco e il precedente?
Beh, adesso siamo sotto contratto con Foolica e per le edizioni con Universal, quindi la lavorazione di questo disco è stata molto più grande rispetto al precedente che è stato interamente auto prodotto. Diciamo che per Fuoricampo tutto lo staff si è impegnato affinché il disco venisse fuori nel miglior modo possibile, sia a livello di sound che a livello di produzione. Un lavoro nettamente superiore rispetto al precedente.

Più grosso è diventato il progetto, così come la vostra fan base che è cresciuta a dismisura…
Sì, diciamo che è cresciuta di più negli ultimi sei mesi, che negli ultimi tre anni.

Che effetto fa cantare per un pubblico che sa ogni singola parola dei vostri testi?
Sono sempre stato un grande amante del pop sin da piccolo. Facendo però parte del mondo Indie, avevo quasi paura a far uscire qualcosa che fosse troppo pop, ma a una mi sono rotto il cazzo di essere criptico per forza e mi son detto vaffanculo, adesso scrivo quello che amo e con cui sono cresciuto. Penso che la gente abbia apprezzato appunto la nostra voglia di fare del vero e proprio pop con i ritornelli che vanno cantati a squarciagola.

Nei vostri testi si può chiaramente decifrare una grande contaminazione da parte del cantautorato italiano, specialmente di Lucio Dalla, grande ispirazione per te…
Lucio Dalla è una ispirazione continua in quanto lo reputi il più grande cantante italiano di tutti i tempi, ma è anche vero che come ogni persona, ho delle fasi in cui ascolto più un’artista che un altro, e durante la lavorazione di Fuoricampo, la musica di Lucio Dalla ha influito proprio tanto. Però, come ho detto è stato un periodo; i pezzi nuovi lo ricorderanno molto meno, rimanendo però per me un grande punto di riferimento.

Qual è il vostro pezzo alla quale tu sei più affezionato?
Del primo disco sicuramente Autostrade Umane, che secondo me è il pezzo simbolo dei Thegiornalisti in assoluto. Mentre invece di quest’ultimo, ti dico tutti perché sono stati scritti in un modo estremamente intimo e creativo, quindi sarebbe difficile e ingiusto sceglierne sono uno.

E quella invece di Lucio Dalla?
Siamo Dei, che fa parte di ”Dalla” uscito nel 1980… Forse il suo più bel disco.

Qual è il posto dove sognate di suonare live?
Probabilmente Sanremo.

Ma come ospiti o concorrenti?
Come ospiti sarebbe il sogno! Credo che se avessimo la possibilità di fare ascoltare a tutta Italia un brano come Promiscuità, la gente si innamorerebbe subito dei Thegiornalisti.

Cosa pensi della scena Indie Pop italiana?
E’ molto florida e leale. Crediamo sia un punto di svolta!
Si cerca di farsi sostegno, e di spingersi sempre più in alto a vicenda. Stasera verranno amici tipo Dente, Triangolo, Carnesi… Noi andiamo ai loro concerti, e loro vengono ai nostri. Cerchiamo di aiutarci e di stare sempre compatti, così come con Lo Stato Sociale, e i Cani, di cui stasera faremo una cover.

Quanto è diverso l’Indie Pop italiano da quello di un altro paese, ad esempio a quello Americano?
Estremamente diverso, perché purtroppo l’Italia ha un bacino molto più piccolo. Se gli Arctic Monkeys fossero nati in Italia, avrebbero comunque avuto un bacino molto più ridotto, invece cantando in inglese, sono indie, sì, ma mondialmente indie, cioè sono grossi, a un livello che penso nessun artista indie italiano eguaglierà mai, purtroppo.

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LA FINESTRA DI ANNALISA

di Federico Ledda

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È senza dubbio la cantante italiana del momento, e la vincitrice morale dell’ultima edizione di Sanremo, il festival della canzone italiana più importante di sempre. THE EYES FASHION ha incontrato Annalisa, fragile e carismatica cantante che dopo la scuola di Amici di Maria de Filippi di strada ne ha fatta, riuscendo a far diventare il suo ultimo successo “Una Finestra Tra le Stelle” disco d’oro, e le date del suo tour imminente quasi completamente SOLD OUT. Potevamo quindi farci scappare l’occasione di cercare di capire la chiave del suo successo?

Hai da poco finito l’esperienza Sanremese, com’è andata?
Bene! Sono molto contenta soddisfatta! E’ stata una bella settimana, al di là delle tensioni, è stato divertente! C’era un’atmosfera positiva, forse perché anche con gli altri cantanti ci si conosceva meglio, e quindi eravamo più a nostro agio.

Che cosa è cambiato dalla volta precedente?
Non lo so! Sicuramente io sono maturata. Ho notato anche una diversità nella situazione che mi circondava, mi sono davvero divertita!

Sei diventata nota al pubblico grazie alla partecipazione in Amici di Maria de Filippi. Quanto pensi che questo abbia influito sulla tua carriera?
Amici ha influito perché se non ci fosse stato io non sarei qui. E’ stata la mia prima porta aperta sul mondo della musica vera. Vera nel senso che avevo comunque già i miei progetti e la mia band, ma era sempre una battaglia per arrivare a fine mese; non avrei mai potuto vivere solo di questo. Amici è stata la prima occasione, l’inizio di un vero e proprio percorso.

Sei arrivata al tuo quarto disco, il primo in cui le canzoni a scriverle sei stata tu. Quali sono state le differenze che hai riscontrato nel lavorare a un album molto più intimo rispetto agli altri?
Questo disco si potrebbe definire quello della maturità! Diciamo che dopo un periodo a interpretare i pezzi degli altri ho deciso di tornare alle origini, portando sul palco le mie parole e i miei sentimenti. Alle origini perché in realtà è da quando ho quattordici anni che scrivo musica. Quindi sono solamente ritornata al mio approccio istintivo, quello che mi completa. Infatti sento ”Splende”, il mio ultimo disco, molto più mio rispetto agli altri, perché mi rappresenta al 100%.

Durante la serata delle cover, a Sanremo, hai deciso di cantare ”Ti Sento” dei Matia Bazar, come mai proprio questa scelta?
Ho deciso proprio questa canzone, perché oltre a piacermi da impazzire, volevo cantare una canzone nota, scegliere un pezzo che cantassero tutti, dalle persone in sala a quelle a casa, e ”Ti Sento” è proprio così: la sanno tutti.

Hai di recente collaborato con Raige per il brano ”Non Dimenticare (Mai)”. Come è accaduto?
Sia io che Raige siamo sotto etichetta Warner Music, e l’estate scorsa abbiamo fatto insieme il tour delle radio; cioè, io con la mia canzone, e lui con la sua, andavamo in giro dentro un pullmino stile ”Gruppo Vacanza Piemonte” per promuovere i nostri pezzi nelle radio. Ci siamo legati, abbiamo chiacchierato un sacco, e da lì, dal rapporto che si è creato, abbiamo deciso di fare un pezzo insieme. E’ stato un incontro a metà strada, non lui che si è avvicinato al mio mondo, e non io al suo. E’ stata una cosa paritaria, uscita davvero bene secondo me!

Come vedi il mondo dell’hip hop? Ti interessa?
Il rischio quando a volte ti avvicini per collaborazioni a mondi diversi dal tuo, è quello di rischiare di fare cose che non c’entrano con te o con la tua strada, bisogna quinidi stare attenti a questo. Se potessi collaborare ancora con la stessa sensibilità con la quale è stata fatta ”Dimenticare (mai)”, perché no?

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CHARLI XCX – A CHAT WITH THE LONDON QUEEN

di Federico Ledda
foto Alessandro Levati

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Rompere gli schemi della musica pop è davvero difficile, sicuramente non un’impresa da tutti i giorni. E’ questa la missione che sta compiendo Charli XCX, impavida hitmaker classe 1992, che con la sua sincerità estrema e sopra le righe sta continuando a sfornare un successo dopo l’altro Boom Clap, Break The Rules, e la più recente Doing It, con la sua connazionale Rita Ora.

E’ anche dietro ad enormi successi quali Fancy con Iggy Azalea e I Love It delle Icona Pop, dove oltre a prestare la sua voce, il pezzo l’ha anche scritto.

L’abbiamo incontrata nel backstage del PRISMATIC WORLD TOUR di Katy Perry, colossale tour nella quale è opening act; e abbiamo parlato del suo ultimo disco SUCKER, dei suoi successi e della sua vita.

Signore e signori, CHARLI XCX.

Boom Clap, poi Break The Rules e adesso Doing It! Innanzi tutto, come stai? Ti aspettavi un successo così enorme?
Non mi sono mai aspettata niente a dire il vero! Ho sempre fatto musica principalmente per me stessa, il fatto che poi alla gente piaccia o meno, non è affar mio. Sono contenta che la risposta sia positiva, trovo sia fantastico essere in tour e fare tappa in posti così diversi tra di loro, con persone che prestano davvero attenzione a te, e alla tua musica, e che condividono il tuo messaggio.

Sono molto colpito da SUCKER, davvero, trovo che sia uno dei dischi più interessanti, in ambito pop degli ultimi anni. E’ stato difficile conciliare testi forti e sinceri come i tuoi con l’industria del pop?
Quando mi sono messa a scrivere questo disco, ho deciso di buttare fuori tutto quello che non ho detto nei precedenti, senza fare compromessi con nessuno. Non ho mai scritto un pezzo per fare piacere a qualcun altro, ho sempre scritto solo per fare del piacere a me stessa. Sono molto egoista in questo.

Quali sono le differenze tra Sucker e il tuo precedente album True Romance?
True Romance è un disco molto più malinconico, timido e misterioso… se fosse un colore sarebbe sicuramente il viola; SUCKER, invece, è come un pugno in faccia… è pericoloso, è aggressivo, è selvaggio, sicuramente sarebbe un rosso acceso, o un rosa shocking. Diciamo che True Romance era molto più dolce come lavoro, mentre questo invece è molto più… stronzo. (ride ndr)

Qual è la canzone del disco alla quale sei più legata?
Sono indecisa, probabilmente sono due: la prima è di sicuro Sucker… Perché dico vaffanculo talmente tante volte che diventa terapeutico cantarla. Parla dell’industria musicale e delle mie esperienze fino ad ora in quel mondo, è praticamente un grandissimo dito medio a tutto e a tutti. L’altra è invece Need Ur Luv, che è la canzone più romantica e soft del disco. Queste due perché sono un ottimo contrasto tra di loro.

Hai scritto innumerevoli hit di successo, tra cui ”I Love It” per le Icona Pop. Come mai hai scelto di dare una canzone con quel potenziale a qualcun altro?
Quando ho scritto I Love It, era una canzone che mi piaceva molto, ma che non sentivo mia. Appena l’ho proposta alle Icona Pop, e gliel’ho sentita cantare, non avevo dubbi: era la canzone perfetta per loro. Sono davvero contenta che gli sia piaciuta.

In questo periodo sei in tour con Katy Perry: come mai un’artista con già all’attivo tre album, ha deciso di diventare l’opening act di qualcun altro?
La proposta è arrivata nel pieno della popolarità di Boom Clap; ho accettato per avere la possibilità di far conoscere la mia musica a un pubblico più vasto, così da poter fare crescere anche la mia fanbase. Inoltre adoro Katy, ogni sera mette in piedi uno show che è indescrivibile, e mi permette di usare tutto il palco per il mio set… E’ motivo di orgoglio per me stare là sopra prima di lei!

Hai di recente lavorato con Lorde alla colonna sonora dell’ultimo Hunger Games, com’è stato lavorare con lei?
E’ stato bello! Non abbiamo proprio lavorato insieme a della musica, ma diciamo che mi ha più che altro istruito su come voleva che fosse il mio pezzo, essendo la direttrice artistica della colonna sonora. Tuttavia è stato fantastico, ci siamo capite fin da subito, lei voleva che facessi qualcosa di differente, di inaspettato, e io volevo creare qualcosa che desse un tocco in più alla colonna sonora. Sono una sua grande fan, è davvero una persona intelligente, che da tutta se stessa per l’arte.

Se dovessi scegliere tre canzoni che secondo il tuo gusto sono le più belle di sempre, quali sceglieresti?
Britney Spears – Piece of Me
Lou Reed – Satellite of Love
Bow Wow Wow – I Want Candy

Qual è stata la cosa più divertente che un fan ha fatto per te?

I miei fan sono davvero dolcissimi! Mi hanno comprato tantissime copie del profumo di Justin Bieber, talmente tanti che me ne porto delle boccette sempre con me! Ce l’ho anche adesso addosso. Una volta un gruppo di fan mi ha regalato un bambolotto gonfiabile a grandezza naturale di Justin Bieber completamente tatuato in tutto il corpo, pure nel pene!! (ride a crepapelle ndr) La cosa ancora più divertente è che durante il tour americano, la bambola è venuta con noi!

Ma come mai tutto su Justin Bieber?!
Non ne ho idea!!! Ho solamente detto che mi piace la sua musica, non sono ossessionata da lui, apprezzo il suo percorso musicale! Ma adoro i miei fan e quello che fanno per me, sono davvero dolcissimi!
Quando tornerai in Italia?
Spero presto! Vorrei tornare a suonarci con il mio tour da headliner… Molto probabilmente nell’inverno di quest’anno!

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DEEP INTO SOKO

image1di Federico Ledda

Fragile, introspettiva e sincera. Sono questi i tre principali elementi che caratterizzano SOKO, la sua musica, e più nel dettaglio il suo ultimo album ”My Dreams Dictate My Reality”.
SOKO, all’anagrafe Stéphanie Sokolinski, nata a Bordeaux, in Francia nel 1986, inizia a far parlare di se e della sua musica nel 2006, quando quasi per gioco, registra in camera sua, con il suo telefono una traccia dal titolo ”I’ll Killer Her”, che carica poi su MySpace. Nemmeno il tempo di rendersene conto, il video musicale del brano, diventa talmente virale da arrivare a tre milioni di visualizzazioni.

Da allora SOKO di strada ne ha fatta: ha pubblicato un EP, un album dal titolo ”I Thought I Was An Alien” dalla quale ha estratto il singolo ”We Might Be Dead By Tomorrow” diventando un successo planetario, è diventata testimonial della SS 2014/15 di Just Cavalli, prestato la sua voce a Isabella nel film ”HER” diretto da Spike Jonez, e ha appena lanciato il suo secondo disco”My Dreams Dectate My Reality”, un meraviglioso e insolente viaggio punk attraverso le sue emozioni più profonde, prodotto dal the one and only Ross Robinson, storico produttore dei The Cure, grande fonte di ispirazione per l’album di Stéphanie Sokolinski aka SOKO.

Potevamo quindi farci scappare l’occasione di conoscere più a fondo l’unica vera Punk del nostro secolo?

La prima domanda è quasi lecita: com’è stato lavorare con Ross Robinson?
E’ stato fantastico! E’ come se fosse la definizione fisica di come un produttore dovrebbe essere! Quando cerchi un produttore per il tuo disco, cerchi di avere il meglio basandoti su cosa in precedenza lui ha prodotto, ma una volta contattati la loro domanda era sempre la stessa: ”Che budget hai?”. Ecco, con Ross, è stato completamente diverso, quando l’ho contattato, la prima cosa che mi ha detto è stata: ”Quello che hai fatto da sola, è già perfetto; il mio intento sarà quello di aiutarti a rendere questo processo ancora più speciale e intimo”, e così è stato.

Quali sono le differenze tra ”My Dreams Dictate My Reality”, e il tuo primo disco?
Il primo disco è stato scritto quasi interamente con la chitarra, ed è stato un percorso che ho intrapreso da sola, mentre invece in questo lavoro, ho deciso di smetterla di essere vittima delle mie emozioni cercando di scrivere un album estremamente profondo, ma più ottimista rispetto al precedente; infatti tutte le canzoni sono state scritte con tastiere, batteria, o drum machine, a parte l’ultima, Keaton’s Song, che l’ho scritta con la chitarra.

Com’è essere punk nel 2015?
Non lo so! (ride ndr) E’ difficile descriverlo e descriversi… Cerco solo di essere me stessa e di fare il cazzo che mi va di fare; ho una forte personalità e so bene chi sono. Non sono una ribelle, ma una che non scende a compromessi, che è così perché l’ha deciso, non perché glielo ha imposto qualcuno.

I tuoi sogni dettano veramente la tua realtà? (In riferimento a My Dreams Dictate My Reality)
Sì. In migliaia di modi! Ho sempre avuto una forte relazione con i miei sogni, quando ero piccola, ogni volta che avevo un incubo qualcuno della mia famiglia moriva, quindi sono cresciuta nella convinzione che i miei sogni uccidessero le persone, concetto che è estremamente presente nella canzone ”Oceans Of Tears”… E’ la prima volta che ho trovato il coraggio di parlarne apertamente, e dopo essere cresciuta con questo peso è stato quasi una liberazione. I sogni per me hanno estrema importanza, ad esempio: dovevo trasferirmi a New York da Seattle, ed esattamente la notte prima di partire, ho sognato di trasferirmi a Los Angeles, così il giorno seguente, sono partita per LA, città in cui tutt’ora vivo.

Qual è la canzone più profonda del tuo nuovo disco?
Lo sono tutte, perché non riesco a scrivere se non dal profondo. Tutto quello che scrivo mi rappresenta a pieno, e quando scelgo di parlare in un brano di un argomento preciso, non la smetto fino a quando sono convinta di avere scritto ogni singola cosa a riguardo.

Com’è stato lavorare con Spike Jonez e dare voce a un personaggio di un suo film?
E’ stato completamente inaspettato! Stavo cenando con lui (Spike), quando mi ha chiesto di andare il giorno seguente in produzione a fare qualcosa insieme, e che mi avrebbe mandato del materiale tramite email. Era mezzanotte quando ho ricevuto la mail, e dentro c’erano tre fittissime pagine di copione e il suo messaggio: ”Riesci ad essere domani da me alle 10?” Dopo esserci andata, abbiamo scritto delle altre pagine insieme, entrambi piangevamo… E’ stata una cosa estremamente intensa, lui è il migliore!

Sei sempre in giro per il mondo, dov’è il posto dove ti senti a casa?
LA! Ma cerco di sentirmi a casa in ogni posto dove mi trovi…anche perché non ho una casa! La mia casa è la mia valigia; anche quando sono a Los Angeles, sto dalla mia migliore amica e divido il letto con lei. Quindi cerco di sentirmi a casa ovunque io sia.

Quando tornerai in Italia? Abbiamo bisogno di te!
Ne stavamo parlando giusto poco fa, speriamo il più presto possibile! Mi piacerebbe venire a suonare in Italia, sarebbe epico!

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Telesplash – Una poesia scanzonata

 di Johnny Dalla Libera
 foto di Alessandro Levati
 Special thanks to: Ohibò Milano

Oggi abbiamo incontrato i Telesplash in occasione del loro live all’Ohibò di Milano dove avranno modo di presentare il loro terzo disco intitolato ‘’Non è più poesia’’, un titolo ingannevole, perché è vero che la loro personalità è scanzonata, come dicono loro, un po’ spensierata e leggera, tuttavia nonostante la leggerezza sono arrivati ad una produzione davvero matura sia nei testi che nell’alta qualità dei suoni merito di un ottimo lavoro di squadra in studio di registrazione.
Ora meglio lasciar parlare loro e la loro musica.

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Siete rientrati in studio per incidere ‘’Non è più poesia’’, un disco con un sound ed una formazione rinnovati: com’è stato l’affiatamento artistico della band?
Marco (Cantante): Non è stato facilissimo perché ognuno ha i propri gusti, tuttavia i tre quarti del gruppo coincidono e poi è bello passare il tempo a discutere in sala prove sulle nostre idee. Un fattore della nostra impronta è anche quello, appunto, che ognuno arriva con un proprio bagaglio culturale musicale alle spalle e contribuisce alla creazione di un sound nuovo.

Le musiche sono molto curate sia nel sound che nelle melodie, dalle linee del basso, ai riff di chitarra. Ma quanto conta per voi il testo di una canzone durante il processo di composizione?
M: Nei dischi precedenti abbiamo approcciato la scrittura dei testi in modo spensierato, per noi hanno priorità le melodie perché essendo filo-britannici conta molto il motivo soprattutto per un ascoltatore non madre-lingua e cerchiamo di curare il suono delle parole. Tuttavia in alcuni pezzi, essendo noi maturati, abbiamo lavorato con cura al testo come in Pioggia e sole. Infine se dovessi mettere su due piatti della bilancia una canzone col testo profondo ma che manca di melodia ed un testo spensierato ma che suona come una bomba noi scegliamo il secondo.

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C’è qualcuno di voi che a livello compositivo è più presente rispetto ad altri membri della band?
M: Prima influiva il batterista, ora mi sto impegnando molto io ma dal momento che l’idea viene proposta alla band col passare del tempo comincia a prendere forme e colori diversi sia come melodie sia come ritmi, quindi alla fine ognuno contribuisce con le proprie pennellate per poter ottenere un ottimo quadro!

La parola d’ordine del disco è divertimento tuttavia avete intitolato il disco ‘’Non è più poesia’’, si riferisce a qualcosa in particolare nelle vostre vite questo titolo?
M: Noi siamo sempre stati molto scanzonati nello stile di vita, chi ci conosce lo sa, però col passare del tempo è difficile convivere all’interno di una band con le divergenze di pensiero. In più Non è più poesia è una frase che si trova all’interno del brano Pioggia e sole che tra l’altro è la canzone che secondo noi meglio rappresenta l’essenza di questo disco. Ci è piaciuta la frase da subito e significa che è finita la pacchia che dobbiamo mettere fine alla scanzonatura col fine di maturare. Comunque la parola d’ordine divertimento rimane, chi partecipa ai nostri live lo sa!

Vantate una collaborazione con Pupo in Freddo, la seconda canzone del disco. Chi è un artista italiano col quale vi piacerebbe collaborare?
M: A me piace tantissimo Jovanotti e a livello di sound è quello più aggiornato e fresco nonostante faccia musica ad alti livelli da molti anni. Se però posso dire più di un nome mi piacerebbe tantissimo Adriano Celentano, basterebbe anche solo la sua voce.

Srano (nome d’arte del chitarrista Mattia Sarno ndr): A me piacerebbe lavorare con Thom Yorke (leader dei Radiohead e degli Atoms For Peace, ma anche protagonista solista ndr) poiché penso sia uno che dedica molto tempo alla cura del suono ed ha composto della musica di qualità.

Robot (Roberto Elia Palazzi Bassista): Essendo un bassista adoro Jovanotti, il suo bassista Saturnino e la sua musica, sarebbe un sogno una collaborazione con lui. Uscendo dall’Italia mi piacciono i Saint Motel che hanno un’ottima base ritmica. Un sound un po’ retrò reso moderno poi sono giovani e stanno meritando il loro successo.

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Ascoltando in modo più approfondito ‘’Non è più poesia’’ non sono riuscito a creare una similitudine tra voi e altre band. Ma quali sono le vostre influenze musicali?
M: Per dirla in modo un po’ grossolano il brit-pop in generale ma non posso non citare i The Beatles. All’unanimità possiamo dire i The Clash, ma il chitarrista arriva da un background Metal anche se non si direbbe, perché si è plasmato bene all’interno della band e siamo tutti molto diversi gli uni dagli altri ed un grande aiuto ce l’ha dato il nostro produttore. Davvero troppo forte l’ultimo disco degli Arctic Monkeys!

R: Macca (soprannome di Sir Paul McCartney ndr) è il mio bassista preferito poiché vengo da una realtà di musica inglese, quindi The Beatles, The Smiths sono le mie ispirazioni e quindi io lavoro molto sugli arrangiamenti e sulle melodie, un po’ meno sul ritmo. Dimenticavo, adoro i Jamiroquai.

S: Amo i The Beatles, i The Cure e i Blur fra le tante band che ascolto. Questi gruppi hanno dei chitarristi che non si limitano a virtuosismi bensì sanno dare il colore giusto alla loro presenza nel brano. Ormai non si suonano più gli assoli di due minuti nei brani moderni.

Mi riferisco solo a Sarno per una curiosità sulle chitarre: quali hai usato per registrare l’album?
S: Ho usato una Gibson Les paul che apparteneva al mi babbo (mio papà ndr), la Fender Stratocaster ma prediligo due chitarre che non possono mancare in tournée la ES 335 e in cima alla classifica c’è la Fender Telecaster: è la prima chitarra elettrica della storia e forse è la più completa! In più ho usato degli effetti che non usavamo prima e degli amplificatori valvolari Vox e Fender!

Qual è la maggiore differenza tra quest’ultimo disco in confronto ai precedenti?
M: A livello di suono siamo maturati tantissimo. Benchè a Bar Milano (disco uscito nel 2010 ndr) io ci sia molto affezionato, poiché ci ha fatti uscire dal nostro piccolo contesto, ascoltando i nostri tre dischi insieme si evince che quest’ultimo è più maturo riguardo alla ricerca del suono, sia nei singoli strumenti sia nel prodotto finale. Grazie anche al nostro produttore abbiamo raggiunto una qualità più elevata e matura.

BIANCO – NEVER LOOK DOWN

di Federico Ledda
foto Alessandro Levati
Special thanks to: Cantine Isola (via Paolo Sarpi 30)

Bianco profilo

 

Bianco: un’artista che sicuramente non si vergogna della sua sensibilità, anzi, la mostra come il più prezioso dei suoi averi. E’ questo che mi ha colpito del cantautore Torinese che abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo terzo disco Guardare Per Aria: disco particolarmente bello, di quelli che proprio non ti stufi mai di ascoltare talmente è scritto e prodotto bene. Insomma, album squisito che merita di essere ascoltato, compreso e cantato a squarciagola… specialmente Areoplano e Corri Corri! Oltre che cantante, Bianco vanta un posto nella squadra di Levante, dove è parte integrante delle produzioni.

Potevamo quindi perdere l’occasione di fare due chiacchiere con Bianco in carne ed ossa? Assolutamente no!

Un disco molto intimo, probabilmente il più intimo dei tre che hai pubblicato fino ad ora: come è stato scriverlo? Una liberazione?
E’ stata una liberazione, ma anche una prova con me stesso per vedere se veramente avevo capito le esperienze che ho avuto la fortuna di vivere negli ultimi anni. Diciamo che mi interessava ritornare dentro quelle storie e trasformarle in musica!

In che modo è avvenuta la scrittura del disco? Descrivici il processo
L’ho scritto tutto in una settimana e mezzo. Volevo farlo, avevo proprio l’esigenza e il desiderio di scrivere cose nuove, però avevo il blocco dello scrittore…Ho però poi traslocato in una piccola casa sperduta a Moncalieri, con un panorama davvero mozzafiato, e dopo aver montato la scrivania con il computer e il microfono, ho iniziato a scriverlo senza fermarmi!

Qual è stata la canzone più difficile da scrivere?
Non riuscivo a finire Corri Corri, motivo per cui ho chiesto a Claudia (Levante) di intervenire… Mi sono reso conto che serviva una visione femminile, stavo raccontando una dinamica di coppia, quindi mi interessava capire anche l’altra parte cosa poteva pensare, quindi ho poi chiesto a lei che parallelamente stava vivendo una situazione simile a quella del pezzo, e finalmente sono riuscito ad ultimarla!

Tu e Levante siete ormai inseparabili! Tra tournée e disco… come vi siete trovati?
Le piaceva il mio sound, e cercava qualcuno che le arrangiasse i pezzi. Dopo essere stati in studio, è partita la tournée che è durata un anno, sai, in furgone i rapporti si trasformano diventando molto più personali, tutte le inibizioni vanno a quel paese… Diventa la tua famiglia!

Ti ho chiesto prima quale canzone fosse stata la più difficile da scrivere… Quale è stata invece la più facile?
Dal punto di vista della scrittura è stata Filo d’Erba, che è venuta proprio in un secondo. E’ stata però anche la più difficile per l’arrangiamento perché avendola composta col connubio chitarra/voce, bisognava trovare una base per riempirla… Mi interessava che arrivasse a tantissima gente, e in Italia il fatto di mettere basso e batteria è davvero molto importante per raggiungere un pubblico più vasto.

Qual è invece il pezzo a cui tieni di più?
Le Stelle Di Giorno, perché è una sorta di ninna nanna, anche se c’è una parolaccia di mezzo! (Ride ndr) Durante la strofa cerco di descrivere una cosa che non è proprio mia, ed è la prima volta, mentre invece nel ritornello parlo di una cosa super personale, quindi ha delle metafore che fanno da contrasto. Tuttavia è una canzone semplice, anzi è proprio LA canzone! Ci tengo molto.

Da cantante, è stato difficile abbandonare il microfono, per iniziare a suonare per qualcun altro?
Ho iniziato suonando la chitarra in un altro gruppo, quindi tornare sul palco a suonare per altre persone mi è piaciuto tantissimo perché è stato un po’ un ritorno alle origini.

Sarà difficile adesso quindi fare un concerto dove a cantare sarai tu?
Sarà difficile in quanto è difficile fare un concerto in cui canti! Non di più, e non di meno…Spero che le esperienze di questi ultimi anni mi aiuteranno ad arrivare a un livello più alto!

 

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IL PAGANTE – YOU CAN’T SEAT WITH US

di Federico Ledda

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You can’t SEAT with Us. In molti ci hanno fatto notare il nostro ”erroraccio” nello scrivere SEAT anzi che SIT. Errore? Affatto! Il gioco di parole della nostra cover sta proprio qua: seat come insediarsi, cosa che IL PAGANTE è riuscito a fare come nessun altro prima d’ora: gruppo inizialmente nato per gioco, tra amici, è invece diventato uno dei gruppi più in voga del momento da vantare anche un contratto con Warner Music, e una fanbase in crescita esponenziale. Nonostante l’enorme successo che li ha coinvolti, questa è la prima volta che “Il Pagante” accetta di mettersi a nudo per una testata. Potevamo noi quindi farci scappare la possibilità di farli appendere le Air Max al chiodo per un paio di Cesare Paciotti? Noi ci abbiamo provato, ed ecco a voi il risultato, come direbbero loro: MINCHIA FRATE, CANNONATE!

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È tutto iniziato per gioco, vi aspettavate un successo così di massa e in continua crescita?
Inizialmente no! Il tutto è nato sì per gioco, ma la cosa ha funzionato da subito. Siamo felici e ansiosi di vedere che cosa il futuro ha in serbo per noi.

Quanto vi rappresenta quello che cantate?
Rappresenta più il nostro passato che il nostro presente, eravamo i personaggi che descriviamo fino a qualche anno fa, oggi puntiamo a far divertire chi ci segue e chi ci ascolta.

Avete firmato la colonna sonora di “Italiano Medio” di Maccio Capatonda con la vostra “Pettinero”. Che similitudini ci sono tra le vostre canzoni e l’Italiano medio?
Ci sono svariate similitudini, in primis la satira su personaggi “medi” italiani, ma anche uno slang molto particolare e originale utilizzato sia da noi che dai protagonisti del film.

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Fate musica irriverente e sopra le righe: come pensate di evolvere questa cosa nel corso del tempo?
Creando nuovi format, nuove idee da mettere in musica e tante altre cose che vedrete molto presto, stay tuned!

Quali sono i posti più belli dove avete avuto il privilegio di esibirvi?
Abbiamo avuto la fortuna di esibirci in location spettacolari e pluriblasonate, ad esempio l’Aqualandia di Jesolo, la Casa Della Musica di Napoli, Il Supersonic Music Arena di Treviso… Club rinomati come il Piper di Roma, lo Yab Di Firenze, il Made Club di Como, il Celebrità di Novara e molti altri, senza dimenticarci del suggestivo boat party in Croazia!

Siete in tournée: qual è l’esperienza che più ricordate con piacere?
Il ricordo più bello in tournée sono sicuramente le date estive, in giro tutti insieme con il nostro super furgone! I live all’aperto sono tutta un’altra cosa! Piscine, parchi acquatici, qualcosa di unico. L’esperienza più bella rimarrà sempre il primo sold out a Milano, l’affetto di casa ha sempre un qualcosa in più.

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Avete una fan base che sta crescendo sempre di più: qual è la cosa più strana che un fan ha fatto per voi?
La cosa più “strana” che al momento ci viene in mente è sicuramente aver visto alcuni fan piangere per noi. Abbiamo visto anche tatuaggi, video estremi di vario genere e cose che non si possono proprio raccontare! (Ridono ndr)

Chi è il vostro pubblico?
Il nostro pubblico si divide in 2 rami: c’è chi riconosce l’ “ironia” contenuta nel nostro messaggio e, pur sentendosi chiamato in causa si diverte lo stesso, e chi invece crede che siamo gli stessi dei video quindi si rivede in ciò che fa ogni sabato sera. A livello di target invece chiaramente la nostra orbita è molto giovane, dal liceale al neo-universitario, ma non escludiamo il fatto che ci sia anche qualche caso “fuori quota”.

Quale accessorio non deve mancare quando siete sul palco? Come definireste il vostro stile?
L’accessorio che non deve mai mancare sono sicuramente gli occhiali da sole! Per il resto Il Pagante segue sicuramente la moda, cercando magari l’outfit estremo per spiccare sugli altri paganti, ma non si parla mai di controtendenza.

Qual è secondo voi la chiave del successo?
La chiave del successo nessuno saprà mai qual è… Nel nostro caso penso abbia vinto la “spontaneità” della situazione, il fatto che non sia mai stato un progetto ideato “a tavolino” ma che sia sempre venuto tutto con naturalezza e facendo ciò che ci riesce meglio, divertirci.

Cosa dite a chi vi ama?
E’ grazie a  loro se siamo arrivati qua, non smetteremo mai di ringraziarli.

E a chi vi odia?
Grazie anche, anzi, soprattutto a chi ci odia! Quando vi accorgerete che senza di voi, noi non saremmo mai esistiti sarà troppo tardi.

Quali sono i vostri prossimi progetti?
E’ inutile nasconderlo ormai abbiamo in cantiere il progetto di realizzare un vero e proprio album, siamo al lavoro per far si che Il Pagante si espanda in tutte le città d’Italia cercando di interagire con più persone possibili per rendere ancora di più tutto un vero e proprio tormentone!

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Photographer ALESSANDRO LEVATI

Photographer’s collaborator ALESSANDRO VILLA

From an idea of FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, JOHNNY DALLA LIBERA

Hair ADRIANO CATTIDE

Make up EMANUELA CARICATO

Styled by FEDERICO LEDDA

Fashion Collaborator GIULIA FALZONI

Production ALFREDO TOMASI, JOHNNY DALLA LIBERA

Graphic designer CRISTINA BIANCHI

Location IL GATTOPARDO (Via Piero della Francesca, 47 – Milano)

EVERYBODY LOVES LOOP LOONA

di Sara Bianchi
foto di Sara Bianchi

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Sono passati pochi mesi dalla prima intervista ma, nel frattempo, sono successe moltissime cose.

Prima fra tutte: il 1 Dicembre 2014 siamo diventati “The Eyes Fashion”! Era dunque necessario contattare di nuovo la nostra amica Loop Loona e chiederle come sta procedendo la sua vita e la sua carriera.

Dall’ultima volta che ci siamo incontrati cosa è cambiato per Loop Loona?
Sono più consapevole, dopo tanta attesa finalmente l’album è uscito…ormai sono quasi sei mesi! Ha ricevuto ottime critiche e tutto ciò è servito ad allargare il mio pubblico ed a consolidare la mia “fan base”. Non puoi immaginare quanto io sia contenta che piaccia alla gente…a volte mi fa commuovere quello che mi scrivono.

Come sta andando l’album? Il tour?
Bene, molto bene. Sto avendo buoni riscontri…contando i pochi mezzi con cui è uscito, abbiamo fatto passi da gigante. Ho suonato in molti posti, ora penso che mi fermerò per un po’ per poi riprendere più avanti. Ma qualche data spuria forse uscirà, staremo a vedere.

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Negli ultimi tempi stanno apparendo molti rapper nella scena italiana, lanciati soprattutto dai talent show… Che ne pensi di questo fenomeno? Andrebbe incoraggiato o fermato?
Non credo che un genere come il rap possa avere un buon posto all’interno di questi format ma non ho nulla contro chi vuole partecipare e tentare la fortuna. Anche io sono stata contattata da uno di questi programmi…ma non è una cosa per me, non mi sarei sentita a mio agio.

Secondo te il vincitore di un talent può poi avere successo con un genere musicale come il rap nel nostro paese?
Dipende dalla persona, dall’artista. Uno come Moreno è riuscito ad avere successo. È passato da 0 a 100. Altri invece non ce l’hanno fatta.

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Pensi che questo fenomeno sia solo una moda passeggera o credi che l’Italia sia pronta per questo nuovo genere?
Penso che per adesso sia di moda ma penso anche che ormai il rap abbia guadagnato il suo posto all’interno del panorama musicale italiano, quindi, se ci saranno artisti capaci, continuerà a essere un genere di spicco.

C’è un nuovo album o delle nuove canzoni in programma?
Vorrei cominciare a lavorare a nuove cose. Devo ancora però decidere la strada da intraprendere…soprattutto a livello di produzioni.

 

AMANDA TOY: ALLA SCOPERTA DEL MONDO TATTOO

di Federico Ledda
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Argomento nuovo e insolito per THE EYES FASHION. Il mondo dei Tatuaggi. Ho sempre ammirato chi è tatuato, perché riesce a vedere il proprio corpo come una tela, e riesce ad usarla come tale senza vergogna, senza paura dei pregiudizi. Durante il celebration party dell’anniversario dei primi venti anni della Milano Tattoo Convention, mi sono imbattuto in una ragazza minuta, molto colorata, che non passa inosservata.

Il suo nome è Amanda Toy, ed è e una delle tatuatrici più famose e rinomate al mondo. Ha viaggiato e lavorato in posti come San Francisco, e Londra tatuando i più famosi rapper della scena ed è uno dei principali volti della prossima Milano Tattoo Convention che avrà luogo dal 6 all’8 febbraio presso il centro congressi Quark Hotel,
Non potevamo perderci un’intervista con lei: Amanda incarna perfettamente l’essenza di The Eyes Fashion, riuscendo a portare in un mondo ”scuro”, per via dell’inchiostro, originalità, armonia e tanto colore.

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Come nasce Amanda Toy?
Ho iniziato diciotto anni fa, a Genova, casa mia. Dopo mi sono trasferita a Trieste, dove per tredici anni insieme al mio ex fidanzato, ho avuto uno studio che era diventato un punto di riferimento non solo per il nord-est, non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa, in quanto molta gente ci raccontava di prendere l’aereo apposta per venire a farsi tatuare da noi, grazie anche allo stile che contraddistingue sia me che lui. Dopo appunto, esserci separati, mi sono trasferita a Milano, dove ho aperto il mio studio Toy Tattoo Parlour e dove proseguo nel raccontare attraverso i disegni quello che non dico attraverso altre forme d’arte. Diciamo che il Tatuaggio è per me una forma d’arte che mi permette di raccontare quello che non riesco attraverso le parole.

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Crescendo e acquisendo una certa maturità, è stato difficile mantenere il tuo stile?
E’ stato difficile perché devi sempre impegnarti al massimo perché la gente da te si aspetta il meglio, e non puoi deluderli. E’ stato anche difficile perché nel corso degli anni potevo rischiare di fossilizzarmi proprio sugli stessi disegni, mentre invece ho cercato di evolvermi mantenendo un filo conduttore nel mio lavoro, cercando però di cambiare soggetti . E’ stato complesso, ma spontaneo e rigenerante.

Hai iniziato negli anni in cui, almeno in Italia, il Tatuaggio era un po’ un Tabù
Ci sono state altre generazioni prima di me, che hanno vissuto questo in prima persona. Diciamo che io sono arrivata nel momento in cui era difficile procurarsi l’attrezzatura, in cui c’erano meno di dieci donne a fare questo mestiere, mentre adesso si parla di oltre un migliaio. Comunque, era un’altra epoca. Non era un Tabù, ma diciamo che se andavi in giro con le braccia tatuate, la gente si girava per osservarti, mentre adesso, non è normalità, ma è sicuramente più popolare.

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Cosa pensi di questa evoluzione popolare?
Come tutte le cose ha i suoi pro e i suoi contro. Sono una persona ottimista, ma viviamo in un’epoca difficile, trovo che si sia persa un po’ la magia. Viene tutto filtrato dai media come la televisione, che è un canale che sì, ti permette di entrare nelle case della gente, ma fa sì che tutto diventi più commerciale, dando quindi meno spazio all’arte e più al lato finanziario. Così come accade al tatuaggio, trovo si dia troppo spazio a fumentarlo come una moda e poco come forma d’arte. Ma come ti ho detto sono una persona ottimista, proseguo per la mia strada cercando di esprimermi al meglio cercando l’originalità in ogni pezzo.

Commercializzazione estrema quella del tatuaggio in questo momento: serie tv, film, davvero qualsiasi cosa. Avendo iniziato in un momento in cui avere un tatuaggio era quasi una vergogna, come vivi tutto questo?
Ho rifiutato di fare una serie Tv perché non volevo diventare troppo commerciale, e sono felice di averlo fatto. Il mio studio è abbastanza conosciuto, non vedevo motivo per farmi ulteriore pubblicità. Penso che questo mercato sia adesso molto saturo, anche se molti tatuatori della nuova generazione sono degni di nota. Credo però che il futuro sarà quello di tatuarsi dalle persone che brillano di luce propria avendo inventato un loro stile e non da persone che brillano di luce riflessa copiando la firma di altri.

Da dove trai ispirazione per i tuoi tatuaggi?
Trovo ispirazione da più fonti, può essere una canzone, un’immagine che vedo in un film, una stampa su una tshirt, che ovviamente non riproduco uguale, ma usando i colori che magari mi hanno colpito per un’altra creazione, può anche essere la frase di un libro. Può arrivare da milioni di cose.

 

AMANDA TOY – TATTOO PARLOUR
VIA RASORI 8 MILANO
https://www.facebook.com/pages/Amanda-Toy/152218094831595

Justine Mattera in A Day With Mia Wallace

di Federico Ledda

Camaleontica, sorprendente, iconica. Per il ruolo di Mia Wallace, non potevamo che scegliere Justine Mattera. Solo lei sarebbe stata capace di ricoprire un ruolo così complesso con tanta eleganza.

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Per quelli che non lo sapessero, Mia Wallace è la protagonista femminile incarnata da Uma Thurman in Pulp Fiction. Nel film, interpreta una tossicodipendente “moglie del capo”, ma che nonostante la sua vita poco raccomandabile, è un’immensa femme fatale capace di far innamorare qualsiasi uomo grazie alla sua classe ed eleganza. È proprio questo che ho notato in Justine quando ci siamo conosciuti: l’eleganza, e soprattutto il suo essere poliedrica. L’abbiamo vista in Televisione, l’abbiamo ascoltata in radio, l’abbiamo sfogliata nelle maggiori riviste nazionali e non, l’abbiamo vista al cinema e anche a teatro, dove, infatti tornerà dal 28 gennaio al 22 febbraio, con la commedia “Pene d’amor perdute” di William Shakespeare e diretto da Riccardo Giudici con i trench Burberry.

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A Justine piace mettersi in gioco, affrontare nuove sfide, per lei nulla è scontato: motivo per cui alla nostra richiesta, non ha esitato a dirci sì, interpretando al meglio un ruolo così complesso. Ladies and gentleman Mrs. Mia Wallace.

Per quale motivo hai scelto di accettare la nostra proposta, e di diventare la nostra covergirl di gennaio?
Dopo avervi conosciuto ed essere stata colpita dal vostro talento, ho deciso di seguire il mio istinto e di buttarmi in questo progetto. E’ giusto dare spazio ai giovani!

Nella tua carriera hai fatto, e stai facendo davvero tanto. E’ stato difficile interpretare un personaggio così distante da te?
Non lo è stato! Pulp Fiction è un film che ho adorato e che conosco molto bene. Chi poi non vorrebbe essere Uma Thurman? Non che io lo sia, eh! Ma quando ho messo la parrucca mi sono immedesimata in lei, mi sono fatta trascinare dal momento, dalla situazione, dai vestiti ed ecco fatto.

Come sarebbe secondo te la giornata tipo di Mia Wallace?
Mia me la immagino come una classica ricca, snob, ma più che altro annoiata, abituata a ottenere ciò che vuole, e a cui piace divertirsi… Anche grazie all’abuso di sostanze illegali.

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Invece com’è la giornata tipo di Justine Mattera?
Forse la mia è più noiosa della sua! (ride ndr).
Ho due bambini, non ho mai molto tempo per me stessa. A volte capita che dopo averli accompagnati a scuola, vada in qualche showroom a scegliere alcuni abiti, o faccia delle interviste in televisione, o che magari se è sera, vada a fare da vocalist in qualche locale. Adesso invece sto facendo le prove per ”Pen D’Amor Perdute” di Shakespare, che debutta tra poche settimane al teatro Caboto di Milano, quindi, anche le prove dello spettacolo fanno parte della mia giornata.

A proposito di teatro, adesso ti appresti a tornarci con ”Pene D’Amor Perdute” di William Shakespeare…
Sì, è un progetto sperimentale che mi ha colpito sin da subito. Diciamoci la verità, Shakespare a teatro non vende, a meno che non ci sia Al Pacino ad interpretare Riccardo III, o un personaggio simile. Però ho pensato che quando mai mi sarebbe ricapitato di prendere parte in Italia ad un’opera di William Shakespeare? Penso mai nella vita, quindi ho accettato. Negli Stati Uniti ho avuto occasione di recitare in lingua originale in opere come Macbeth e La Tempesta, mentre invece questo è lavoro meno conosciuto… Una sorta di commedia light, rivisitata in chiave ironica, fashion, ma di spessore. Io interpreto la Principessa di Francia, che ha studiato negli Stati Uniti… proprio come me! (ride ndr)

Sei anche impeccabile in fatto di moda, infatti hai messo una grande impronta nel nostro shooting. Quanto la moda influisce nella tua vita?
La moda mi diverte, mi da modo di esprimermi quotidianamente. La prima impressione, alla fine, è basata su quello che indossi, quindi è importante essere impeccabili, ma rimanendo sé stessi. Mi piace definirmi una ”freak” perché mi piace divertirmi indossando cose che la gente non si aspetterebbe. Non mi piace essere prevedibile.

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Negli scatti ti vediamo sempre con un bracciale nero, cos’è di preciso?
E’ il mio Beurer Activity Tracer, un sensore di attività a bracciale che registra ininterrottamente l’attività fisica e monitora la qualità del sonno che posso poi controllare con un app direttamente sul mio Smartphone!

Così distanti ma così unite, con la parrucca addosso ho difficoltà a ricordarmi che in realtà sei Justine e non Mia Wallace. Qual è un aggettivo che ti unisce a lei, e uno che ti differenzia?
In comune abbiamo la consapevolezza di chi siamo… l’essere sexy. Mi differenzia il fatto che io non mi drogo, non mi sono mai drogata, e a differenza sua, non sono sposata con un Gangster!

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Quentin Tarantino è un regista che presta molta cura alla parte sonora del film… Alle colonne sonore. Quale secondo te, dovrebbe essere quella giusta per il nostro servizio?
Noi abbiamo usato quella originale del film, che secondo me è stata una parte fondamentale per ricreare il mood originale che si respirava sul set. Se ne dovessi scegliere una, Girl You’ll Be A Woman Soon degli Urge Overkill.

 

Photographer ALESSANDRO LEVATI

From an idea of ALESSANDRO LEVATI, JOHNNY DALLA LIBERA, FEDERICO LEDDA

Make up YLENIA MOLINARI

Styled by FEDERICO LEDDA, JUSTINE MATTERA

Production JOHNNY DALLA LIBERA, VANINA VIVIANI, ALESSANDRO VILLA

Backstage video ALESSANDRO VILLA

Graphic designer FILIPPO MANELLI

Location DRIVER INDOOR PARK (Via Pasquale Paoli 114, – Como)

Una piacevole scoperta: Saint Motel

di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati
translated by Johnny Dalla Libera
 
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Forse non tutti in Italia conoscono i Saint Motel, ma tutti hanno sentito almeno una volta la loro hit “My Type“!
E’ davvero impossibile entrare in un posto senza sentirla: bar, centri commerciali, sigla di programmi televisivi, My  Type con il suo ritmo travolgente ed estivo, fa divertire e innamorare l’ascoltatore il quale poi, non riesce più a farne a meno.
Gruppo da ”One Hit Wonder”? No. I Saint Motel, sono sulla scena dal 2012 con il loro primo album “Voyeur” (e da allora la formazione non è più cambiata ndr), si preparano a far uscire il nuovo album, sulla scia dell’EP di ”My Type”, che già contiene pezzi davvero curiosi e interessanti quali ”Cold Cold Man” e ”Ace In The Hole”.
Abbiamo incontrato i Saint Motel in occasione del lancio del nuovo flagship store di H&M a Milano, dove siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere con A/J Jackson! 
My Type sta andando piuttosto bene in Italia. Cosa si prova ad essere qui?
Ciao!
E’ bellissimo! Amiamo davvero tanto l’Italia! La prima volta che siamo venuti qui, è stato un mese fa… Sembra passato tantissimo tempo! Amiamo la vostra accoglienza, sembra sempre di ritornare a casa quando veniamo qui!
Il vostro singolo si sente ovunque, ormai è una sorta di Inno qui in Italia. Quando arriverà il disco?
Uscirà presto un nuovo singolo qui in Italia, e stiamo anche lavorando al nuovo disco… Usciranno progetti dei quali sono molto contento e di cui vado fiero, sarà divertente! Per il disco penso che si parlerà di primavera/estate del prossimo anno, ma ovviamente prima usciranno anche altri singoli!
Vi esibirete alla finale di X Factor, al Mediolanum Forum di Milano, una delle arene più grandi di tutto il paese! Qual è il posto più grande dove vi siete mai esibiti?
Penso a Zurigo, ma al Forum sarà più grande! Si parla di più di diecimila persone, sarà pazzesco, non vedo l’ora!
 
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A pleasant disclosure: Saint Motel
Perhaps not everyone in Italy knows the “Saint Motel”, but I’m sure that everyone has heard at least once their Hit “My Type”!
It’s impossible to get into a place without hearing it: pubs, radio, shopping malls, theme songs in commercials; “My Type” with its overwhelming rhythm make the listener involved into a summer, chilling and groovy feeling that everyone can’t help listening to it!
Are they a “One hit Wonder” group? NO. The Saint Motel are on the scene since 2012 with “Yes”, and they revealed they are working on the new album which will include the mainstream single that came with the EP, “My Type” adding other cool tracks as “Cold Cold Man” and “Ace In The Hole” with its beautiful lyrics.
We met the Saint Motel thanks to the new H&M flagship store in Piazza Duomo in Milan, where we had the chance to have a little talk with A/J Jackson (lead vocals, guitars, keyboards)!
“My Type” is doing very well in Italy, how does it feel to be here?
Hi! It feels great, we love Italy. The first time we arrived here was like a month ago and it feels like so long ago and we came back like a homecoming thanks to Italian audience’s welcome!
Your hit is everywhere, at the moment is a sort of anthem here in Italy. When is the new album coming?
Hopefully pretty soon is coming a new song here in Italy, but we’re working on the new album right now and we’re pretty excited about it; it’s gonna be fun. Probably it’ll be out for 2015 summer and some other singles before the full length album!
You will be performing a gig at the Italian X Factor final rush, in one of the biggest arena in Italy: The Mediolanum Forum. Which is the biggest place where you have ever performed?
Perhaps it was in Zurich, but at the Mediolanum Forum it’ll be up there, about 12.000 people! It will be crazy, can’t wait for it!
 
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THE PILLS: NON CHIAMATECI YOUTUBERS

di Sara Bianchi

 The Pills

“Un cinepanettone con la barba, Enzo Salvi con le Clarks, Massimo Boldi coi Cheap Monday”: stiamo parlando dei “The Pills” e questa é la descrizione che danno di loro nel profilo Facebook. Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini: tre ragazzi “romani Doc” che nel 2011 hanno dato vita a quella che oggi è una delle serie di YouTube più conosciute ed amate. Mini “pillole” girate a casa con l’aiuto di parenti ed amici che hanno colpito il pubblico del web al punto da farli sbarcare nel 2014 in Tv mentre in questi giorni è in produzione il loro primo film.

Riusciamo a contattare Luca senza problemi ma non riusciamo ad incontrare i ragazzi perché risulta impossibile riunirli tutti in questo periodo in cui sono nel pieno della produzione. Non ci rimane quindi che optare per un’intervista via web in puro stile “attori di YouTube” e “giornalisti online”. Si consiglia a chiunque non li conoscesse un “chiusone”, come si dice a Roma, o una “Full Immersion”, per essere più internazionali, dei loro video prima di continuare con l’intervista.

Perché il nome “The Pills”? Pillole di saggezza o pillole di ecstasy?

Beh…una pillola per ogni evenienza! Crediamo che nella vita ci sia bisogno di saggezza ma anche di ecstasy, dipende tutto dalle circostanze.

Dal 2011 su YouTube, creatori di una delle serie più amate sul web…ora che avete raggiunto il successo e la popolarità le persone vi trattano in modo diverso?

Raggiungere la popolarità ci ha aiutato molto in termini di quella che possiamo definire “integrazione istantanea”. La gente non ci “riconosce” ma praticamente ci conosce già. Spesso veniamo trattati come amici di vecchia data e questo a livello sociologico è un lusso!

Invece per quanto riguarda le donne? Anche in quel campo sono cambiate le cose? Chi “rimorchia” di più?

LUIGI! Lui lo possiamo definire come “il Tom Cruise dei The Pills”

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Sempre parlando di donne, siete “sfigati” nella vita come nei corti? Che fine ha fatto Sara? È tornata dall’erasmus? Simona invece uscirà mai dalla sua dipendenza?

Allora…ognuno di noi ha un suo modo di approcciarsi al sesso femminile, forse più consono per definirci è “FACIOLETTI” ( traduzione italiana: uomini con un leggero ritardo nell’approccio con l’altro sesso) Per quanto riguarda Sara e Simona ciò che accadrà loro è a libera interpretazione, ognuno può fornire la sua versione dei fatti. Per quanto riguarda il destino dei personaggi invece una cosa è certa: diventeranno vecchi e tristi come tutti, come tutti!

Voi spesso parlate di Roma e delle tipologie dei romani…che tipo di romano vi definireste?

Luca: Sai che non lo so? Oramai la “questione tribale” non è più rigida come una volta e non si limita solamente all’outfit, credo si tratti prevalentemente di una questione d’attitudine. Appartenere ad una cerchia vuol dire condividerne degli ideali e, almeno per ora, il cinismo ci impedisce fisiologicamente di averne.

È vero che vi offendete quando vi chiamano “Youtubers”? Perché?

Youtuber significa amministrare anche una certa componente social mentre noi raramente chiediamo a chi guarda di iscriversi al canale…siamo un po’ trascurati da quel punto di vista. Per noi YouTube è il veicolo non il fine.

Uno dei vostri video di maggior successo è quello sulle Hogan, a quando quello sulle Windsorsmith?

Le Hogan stesse erano un mezzo! Lo sketch parlava di pericolosi scheletri nell’armadio che una volta venuti a galla possono condizionare la realtà che circonda l’individuo. Se troveremo altre idee valide saremo lieti di utilizzare anche il mezzo “Windsorsmith”.

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C’è un motivo per la scelta del b\n nei video o è semplicemente stilistica?

La fotografia negli interni è davvero tosta, soprattutto se non si dispone di tutti quegli strumenti come quinte e pareti mobili. Il B/N rende tutto più gradevole e sembra subito cinema d’autore anche se la scena é piena di parolacce e scoregge: “una Nouvelle Vague alla vaccinara”

Sempre rimanendo sui vostri video, una curiosità…cosa vi ha fatto Quinzi?

Esiste come essere umano, questo basta.

Ora che siete usciti dal web ed è in lavorazione un film…cambierà modo di fare i video e le tematiche che affronterete?

Ci limiteremo a raccontare la realtà che ci circonda e, soprattutto, quello che ci fa ridere e ci diverte. Se cambierà il modo di farlo sarà solo per tentare di renderlo più efficace in termini di mezzi e linguaggio.

Come sta cambiando la vostra vita in questo periodo? Avreste mai pensato di arrivare fino a qui? Avete mai pensato di lasciare definitivamente il web e spostarvi su tv e cinema?

Allora…la televisione ed il cinema sono dei modi di comunicare decisamente più tradizionali ed essendo tali, a seconda dell’evenienza, vi sono dei parametri ai quali doversi inevitabilmente attenere. A meno che tu non sia un mostro sacro affermato che ha la dovuta attenzione mediatica o un magnate multimilionario capace di permettersi qualsiasi cosa…il web rimane forse il canale con meno vincoli.

Dato che il nostro sito giornalistico ha sede a Milano ed io sono la corrispondente da Roma…che ne pensate dei nostri amici milanesi?

Ogni trasferta milanese ci è andata sempre bene…adoriamo Milano! Adoriamo la Fashion Week e adoriamo pure il Salone del mobile!!