Determinata, professionale e sexy. E’ questo il perfetto mix che ci ha spinto a mettere in copertina Melanie Marden: accattivante producer e attrice Canadese, che sta facendo parlare di lei negli stati uniti.
Senza troppi indugi, lasciatevi affascinare da Miss. Melanie Marden.
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s collaborator ALESSANDRO VILLA
From an idea of FEDERICO LEDDA, VANINA VIVIANI
Hair and Make Up ALESSANDRA RIZZO Styled by FEDERICO LEDDA, VANINA VIVIANI Production FEDERICO LEDDA Graphic designer CRISTINA BIANCHI, ALESSANDRO LEVATI Location BOSCOLO HOTEL, MILAN
Era il 1917 quando per entrare nel mercato del basket Converse dà vita a una nuova scarpa: nascono le All Star.
Il successo della calzatura è praticamente immediato, e il merito è in gran parte del grande cestista statunitense Chuck Tylor, che le adotta come sue scarpe preferite, motivo per cui nel 1932, dopo alcune modifiche Converse decide di rendere omaggio all’atleta ponendo la sua firma nel logo ufficiale. Così facendo, Converse si posiziona come calzatura leader nel campo del basket fino alla fine degli anni 70.
Con la nascita degli anni 80 e l’ascesa sempre più mainstream di Converse, molte leggende della musica quali Angus Young degli AC/DC, Slash dei Guns N’Roses, ma su tutti Sex Pistols, Ramones e più tardi Kurt Cobain dei Nirvana che danno vita senza volerlo, a un movimento generazionale punk che ha come elemento contraddistintivo proprio la scarpa made in America.
Nella storia recente, grazie a icone pop come Avril Lavigne, Lana Del Rey e Zachary Levi che per la serie tv Chuck decide di indossare solo All Star, l’ex scarpa sportiva viene riportata in auge confermandosi come una delle più vendute a livello mondiale, presentando oggi al mondo intero la CHUCK TAYLOR II, una rivisitazione contemporanea dell’ALL STAR che grazie all’innovativo sistema Nike Lunarlon technology dà nuova vita alla calzatura, per un’esperienza lifestyle completamente nuova prima d’ora.
Estate.
Sinonimo di timidezze e indecisioni. Una su tutte? Che cosa mi metto in spiaggia.
Ecco le proposte femminili che The Eyes Fashion ha preparato per voi.
Il motto? Keep calm and stay cool.
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Hair and Make Up FILIPPO DEL BOCA
Styled by FEDERICO LEDDA Model: Anni @2MORROW MODEL
Location: Outline Press Office
Special Thanks To Jessica Tomao, Patrizio Brunelli, Donato Ambrogi
Ho sempre provato interesse per le persone curiose…Quelle che non sono mai banali, ma che anzi, conoscendole, riescono a darti una visione diversa della vita.
E’ un po’ quello che ho provato conoscendo Marianne Mirage: talentuosa cantante dalle mille sfacettature ed estremamente affamata di arte. Più che una cantante, un’artista a 360 gradi.
Ecco qui il risultato di un mattino speso tra musica indie, posizioni di yoga (grande passione di Marinne) e fotografie.
Tshirt: Byblos
Chi è Marianne Mirage? Da dove viene questo nome?
Marianne rappresenta il popolo che si libera dalla monarchia e la nascita della Repubblica. Liberté, égalité, fraternité. Mirage è il punto più lontano dove ti puoi spingere, al confine con il sogno. In realtà sono anche due nomi di band psichedeliche anni ’60 che ho unito perché mi piaceva il suono e la doppia MM. Io nella vita sono il nome che ho scelto. Mi piace essere una figura che non appartiene per forza a questo mondo ma magari ci sono capitata per caso ed ora cerco di adattarmi.. facendo musica.
Come descrivi la tua musica?
Autobiografica in primis, non riuscirei a cantare nulla che non mi scaldi.
Sincera nel senso di schietta.
È come se fosse blues ma con delle influenze un po’ trap. Come se fosse soul ma senza i balletti di James Brown. È una voce calda che ti porta in giro e ti culla, tra il dolore è il piacere.
Le tue inspirazioni?
Tutto… Diciamo che più mi complico la vita più mi viene da scrivere. In realtà se prima scrivevo solo nei momenti “di down” ora posso farlo sempre. Uso garage band dell’iPhone per appuntarmi le idee quando sono in giro.
Ho la mania degli acquari che mi aiutano a spegnere il cervello. Altre inspirazione sono sicuramente ascoltare buona musica specialmente quando cammino.
Quanto conta per te l’immagine?
L’immagine conta solo se riferita ad un contenuto. Se non è fine a se stessa. Io la mia immagine la coltivo come la mia mente.
Musica e Moda, come unisci le due cose?
MM… diciamo che prima viene la musica poi comincio a pensarci.
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Hair EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Production FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, LARA BIANCHI
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Lara Bianchi @ annaBi & Laura Magni
Il termine Trasformismo ha intrigato ed affascinato l’uomo fin dall’antichità, soprattutto quando questo rientra nell’ambito sessuale.
La sua curiosità per il diverso e per il nuovo l’ha sempre spinto alla ricerca di qualcosa di più profondo, che potesse svelare i meccanismi della psiche e del corpo umano.
Fin dal 1490 aC si hanno notizie dei primi casi di trasformismo quando la reggente egiziana Hatchepsut si faceva passare per faraone portando una barba posticcia e gli abiti da re.
Ma è dalla fine del XIX secolo che alcuni illustri medici che si occupavano di sessualità si interessarono di transgenderismo e iniziarono a studiarlo anche se vi era, come adesso, molta confusione con l’omosessualità.
Finalmente nel 1921 si assistette al primo intervento di cambio di sesso, ma fu nel 1951 che venne portato a termine il più importante intervento di “riassegnazione chirurgica di sesso” ; il paziente George Jorgensen poté, così, diventare Christine.
E davanti a tutti queste innovazioni nel campo della sessualità, l’arte non poteva di certo rimanere in silenzio.
L’essere umano, nella sua complessità interiore, è una creatura prismatica.
Infatti, non vi è una sola identità all’interno, ma componenti maschili e femminili che non è possibile dividere ed inscatolare all’interno di precisi stereotipi e norme comportamentali.
E’ questo che ci vuole spiegare Urs Luthi, che, attraverso Il Doppio, gioca con l’inversione dei due sessi; mostra sè stesso attraverso due profili, uno maschie e l’altro femminile crescendo così una sua rappresentazione totalitaria e a 360°.
Particolarmente interessante per lo stravolgimento della pittura classica è Gods of Earth and Heaven di Joel-Peter Witkin, che riprende la maestosa opera botticelliana della Nascita di Venere stravolgendola e rendendola più contemporanea.
Nella versione del 1988, infatti, in mezzo alle gambe della dea non vi è solo una manina pallida e cristallina che cerca di coprire le vergogne tramite una ciocca di capelli dorati, ma un ingombrante pene sfoggiato senza pudore.
Anche qui vi è trattato il tema dell’identità mutante, per niente mostrata come un taboo, ma anzi esibita senza vergogna.
Gods of Earth and Heaven, LA, 1988
Molinier invece prende l’argomento più drasticamente decidendo, nel 1965, di infilare una Rose Blanche nel più sacro dei suoi buchi.
La rosa bianca raffigura la purezza, questa si contrappone fortemente all’atto che sta compiendo Molinier; che, vestito da donna con tanto di parrucca e giarrettiera, si mostra all’obbiettivo, ( e quindi anche al pubblico ) in un atteggiamento provocatorio ed esibizionista.
Ma è lo statunitense Acconci a deliziarci con la trasposizione video del termine Trasformismo; infatti, in Conversione viene sperimentata la possibilità di passare dal sesso femminile a quello maschile, e viceversa.
Acconci, infatti, si brucia i peli attorno ai capezzoli fino ad eliminarli e tenta di mascherare il pene nascondendolo tra le gambe; così inizia la sua metamorfosi in donna, in questo stato l’artista cammina, si piega e si muove mostrando la sua nuova identità.
Nell’ultima parte del video invece si unisce una seconda persona, una donna attua a ritrasformare Acconci in un uomo, attraverso un rapporto sessuale.
E’ iniziata l’estate e si sente sempre di più l’avvicinarsi delle tanto attese vacanze.
Meta più gettonata: MARE.
Come accade di normalità, ogni anno ci si pone come obiettivo di arrivare alla prova costume più in forma possibile, affidandosi spesso però a leggende metropolitane come quella di correre per ottenere determinati risultati.
Oggi prenderemo in analisi quest’attività molto amata e per certi versi molto odiata.
C’è chi corre per passione, chi per mantenersi in salute e chi per altri validi motivi; e poi c’è chi corre per dimagrire.
Ma funziona davvero? Analizziamo la situazione…
Premettendo che il livello della corsa debba essere sempre abbastanza sostenuto; partiamo subito dal dire che pur avendo una spesa calorica relativamente elevata rispetto alle altre attività fisiche, implica solo uno sforzo aerobico.
C’è da sapere che con la corsa noi andiamo a consumare un mix di carboidrati e grassi, più indirizzato verso il dispendio energetico. Tuttavia è possibile sapere quanti grammi di grassi possiamo bruciare Affidandoci alla formula di Arcelli secondo la quale quello che si brucia (in grammi) durante la corsa sarebbe misurabile in grassi;
prendiamo in analisi un soggetto donna di 60 kg. Per calcolare quanti grammi di grassi questo soggetto consumerà, ci basta prendere il peso della persona, in questo caso avremo come valore 60 kg che andrà moltiplicato per i kilometri percorsi, per poi andare a dividere il tutto per 20 (che è una costante di proporzionalità valida per ogni caso). Ipotizzando che in un ora di corsa la donna abbia corso 10 km possiamo vedere che dal punto di vista del dispendio di grassi ha speso soltanto 30g. La parte che fa che davvero dimagrire della corsa è l’attivazione del metabolismo, dei muscoli e il debito d’ossigeno che si viene a creare dopo la corsa e non durante, in poche parole può essere favorevole solo con una dieta efficiente.
Per concludere facciamo un piccolo riferimento a chi corre coperto da panciere, k-way o quel che sia.
C’è una cosa da sapere: più sudate e meno grassi andrete a bruciare; questo perché il corpo per mantenere una temperatura sempre costante, inizia a disperdere calore attraverso il sudore. Facendo ciò si ha un aumento della circolazione sanguigna sottocutanea, avendo così un evidente conflitto fra muscoli e pelle che hanno entrambi bisogno di un apporto di sangue. Il cuore così facendo, dovrà pompare più sangue e a parità di distanza e velocità percorsa avremo bruciato più zuccheri e non più grassi.
Chi ha detto che le rockstar devono per forza riempire uno stadio e non un ristorante? E’ proprio questo che sta capitando grazie alla tonnellata di programmi televisivi riguardanti la cucina a tutto tondo.
Uno dei maggiori esponenti di questo fenomeno e quindi una delle più famose rockstar (da sold out a Wembley, per intenderci) è sicuramente Andrea Mainardi, che in televisione ha su Fox Life un suo show chiamato #CiPensaMainardi, ed è ospite fisso a La Prova Del Cuoco con Antonella Clerici. Non solo televisione per Mainardi che nel frattempo ha inaugurato un esclusivo ristorante a Brescia disponibile solo per un paio di persone alla volta, un ristorante a Boston, e uno anche a Bucharest.
L’abbiamo incontrato tra un piatto di riso e un bicchiere di rosso al Just Cavalli, dove aveva appena tenuto un divertente e istruttivo workshop.
Che cosa significa la cucina per te?
Indipendentemente da tutto dobbiamo mangiare. Sta a noi poi scegliere se mangiare bene, o arrangiarci a mangiare quello che capita. Per me la cucina è uno stile di vita, è il mio modo di comunicare…Di conoscere meglio le persone, e di farmi conoscere meglio.
Quali sono stati i tuoi inizi?
Quando avevo 8 anni, ho trovato una rivista del settore dove in copertina c’era lo chef Gualtiero Marchesi. Sfogliandola, ho poi deciso che avrei fatto lo chef, o che comunque avrei lavorato nel settore. Da allora ho messo tutto il cuore e anche l’anima in questo, e piano piano sono arrivati i primi risultati, prima il programma con la Clerici, poi il ristorante di Brescia e successivamente il programma su Sky, che per adesso è il più grande traguardo della mia vita.
Qual è l’ingrediente che nei tuoi piatti non può mancare?
L’acidità…Diciamo che nei miei piatti è quasi essenziale. Molte volte si pensa che sia un ingrediente a rendere un piatto speciale, ma in realtà più che un ingrediente è il mix di tutti gli ingredienti a rendere il gusto completo e quindi, un piatto ben riuscito.
E invece l’ingrediente della quale fai volentieri a meno?
Diciamo che per gusto personale non amo particolarmente le frattaglie. Sono proprio un mio limite che purtroppo non riesco a superare!
Qual è la cucina che preferisci?
Quella della mamma. Ha una storia, non è fatta a scopo di lucro, ma con amore e passione.
Dal 16 al 19 giugno 2015 a Firenze si è tenuta a Fortezza da Basso l’88esima edizione del Pitti uomo. Sulla carta, la più grande manifestazione fieristica al mondo riservata alla moda maschile e ai percorsi del lifestyle contemporanei nonché la promozione del migliore “Made in Italy”. Ma se vi state chiedendo VERAMENTE che cos’è il Pitti, la risposta è la seguente: la fiera dei dandy.
Ogni sei mesi per quattro giorni Firenze diventa la capitale dello stile richiamando in città il popolo della moda per scoprire in esclusiva le collezioni in vendita l’anno prossimo. Dalla stazione di Santa Maria Novella è una processione di gentlemen che, non si sa per quale motivo, girano sempre in gruppi di 4/5. Sarà l’influenza delle boy band anni ‘90? Chi può dirlo, fatto sta che quando camminano spavaldi verso di te è un attimo che nella tua testa parta un “Backstreet’s back, alright!”
Una volta entrata in fiera è il caos, un tripudio di stand di ogni genere e dimensione. Impossibile vederli tutti e osservare tutte le nuove collezioni ; Tra i più particolari però sicuramente lo stand di Happiness con il suo giardino segreto a metà tra il labirinto del torneo tremaghi di Harry Potter e Alice nel paese delle meraviglie, veramente suggestivo.
La maison Scoth & Soda, con la perfetta riproduzione di oasi nel deserto tra tavole tonde e quadrate, grandi cuscini su stuoie orientali e tappeti etnici per un momento di relax; ed infine Mc2 Saint Barth porta una ventata d’ estate trasformando lo stand in un enorme cabina bianca da spiaggia, con tanto di sdraio per prendere il sole.
Ma parliamo di persone e soprattutto di vestiti che è quello che ci interessa per davvero. Nei miei due giorni di Pitti ho osservato tre categorie principali di fashion addicted:
Dandy moderni. Rigorosamente in completo di colori sgargianti e/o pastello, frequentissimo il check su pantaloni o giacche che fa subito dettaglio edgy e di tendenza. Per gli uomini il nero è bandito, sia perché tu dandy moderno, vestito di strati a fine Giugno, non puoi permetterti di avere caldo e lucidarti la fronte che poi nelle foto vieni male; Sia perché, diciamocelo, col nero nessuno ti si fila.
Barba e capelli diventano un accessorio per stupire; il “face style” richiede baffi in sù alla Dalì o arricciati “ a manubrio”, barbe lunghe personalizzate con treccine, riccioli o code donando un’aria di austerità, ricercatezza ma con quel “personal touch” che non può mai mancare.
Per completare il look una cascata di gioielli; anelli, collane, bracciali in stile etnico e floreale, must haves per l’estate ed infine, il mocassino ovviamente in pendant con l’ outfit.
Lo sciatto troppa moda. Oltre al classico completo delizioso, su misura, elegante e raffinato gli uomini scelgono il tipico outfit che ti confonde; pantaloni corti oversize, tunica orientaleggiante giallo senape, cappello di paglia alla Sampei , empty pocket pochette e il sandalo aperto che tuo zio Peppe usa per la passeggiata in paese a Castellammare. Tu, con un minimo di gusto e senso estetico ti poni una sola domanda: Si è vestito al buio, o è così avanguardista e troppa moda da non essere compreso da menti comuni e mortali? La risposta è: entrambi. Lo scopo del Pitti e di tutte le manifestazioni nel campo della moda, è quello di farsi notare, essere fotografati per poi ritrovarsi su blog o articoli che trattano di street style e nuove tendenze e ormai si sa, la moda non ha regole né confini.
Indiana Jones e il tempio maledetto. Un po’ come indiana Jones che combatte i suoi nemici, l’uomo del Pitti deve far fronte ad una competizione feroce nel magico mondo del glamour e dello stile e lo fa a colpi di cinture di pelle e cappelli da esploratore. Beige, bianco, grege e verde militare sono le palette cromatiche da seguire, l’outfit è composto da camicia di lino leggera, zaino in spalla di pelle o bauletto squadrato in legno intrecciato, accessori etnici once again e immancabile gilet etnico; queste le basi per un perfetto look da esploratore della natura selvaggia.
Per quando riguarda l’atteggiamento tipico al Pitti, la cosa veramente curiosa è che chiunque tu sia e qualsiasi cosa tu faccia lì passerai una buona metà del tuo tempo seduto su una panchina, un muretto o una ringhiera in attesa che qualche fotografo o cacciatore di street style ti faccia una foto immortalando il tuo look e la posa da gnorri, guardando l’infinito con aria sognante.
Quale miglior rimedio al caldo torrido che ci sta coinvolgendo, se non una manciata di aria fresca? Ci siamo ispirati a questo per la scelta della cover di luglio/agosto, che non poteva non coinvolgere la freschezza per eccellenza: LE DONATELLA.
Cantanti per vocazione, LE DONATELLA lo fanno diventare un lavoro partecipando a una delle ultime edizioni di X Factor facendo appassionare tutti per la loro vivacità e simpatia, caratteristiche che riconfermano qualche anno dopo vincendo l’ultima seguitissima edizione de L’Isola Dei Famosi che le ha premiate sì, per la loro vivacità e simpatia ma anche per essere state le più tenaci del gruppo.
Dopo questa prova prova di coraggio, le gemelle sono tornate a produrre musica, sfornando il singolo DONATELLA con la collaborazione di Donatella Rettore, che ancora una volta conferma la loro freschezza, posizionandosi come un tormentone estivo assicurato.
Chi sono Le Donatella?
Due ragazze di 21 anni che hanno già avuto tanto dalla vita, e che cercano di viverla sempre al massimo, con tanta grinta e cercando di non avere mai rimorsi.
Com’è cambiata la vostra vita dopo X Factor?
La vita privata non è cambiata…Siamo sempre state leali e ci è sempre piaciuto contornarci di persone vere, con dei principi, quindi non è cambiato niente, se non il fatto di essere maturate, e di fare quello che amiamo per lavoro.
Dopo la partecipazione a X Factor, si sono un po’ perse le vostre tracce, fino all’annuncio della vostra partecipazione all’Isola dei Famosi. Che fine avevate fatto?
Nessun tipo di fine! Uno pensa che se non sei 24 ore su 24 in televisione allora sei morta. In realtà no, anzi. E’ stato un periodo felicissimo e pieno di soddisfazioni per noi. Abbiamo studiato tanto, abbiamo scritto tanti pezzi, molti tra l’altro ancora inediti… Ma non solo! Essendo da sempre affascinate dalla moda, abbiamo anche lavorato come modelliste 1 anno e mezzo in un Atelier di abiti da sposa.
E’ difficile farvi definire cantanti dopo avere partecipato a un reality che con la musica non ha niente a che fare?
Non amiamo definirci. Facciamo quello che amiamo, che non è solo ed esclusivamente la musica.. Pur essendo la prima cosa, non è l’unica. Siamo due persone curiose e appassionate della vita.
Cosa vi ha portato la partecipazione all’Isola Dei Famosi?
Ci ha cambiate completamente. E’ un’esperienza che ti rivoluziona, ti fa maturare, ti fa pensare molto e soprattutto, ti mette alla prova.
E a livello lavorativo?
Per noi l’obbiettivo principale è sempre stato solo ed esclusivamente la musica. Chi ci conosce lo sa bene, e sa anche che da noi non ci si può aspettare niente, come ci si può aspettare tutto. Restate sintonizzati, e vedrete di cosa siamo capaci!
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s Assistant ALESSANDRO VILLA, MARILU’ VENDITTI Graphic designer CRISTINA BIANCHI
From an idea of FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI
Hair and Make Up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA Fashion collaborator VALENTINA M.
Production FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, LARA BIANCHI
Location The Light Place (thelightplace.it <http://thelightplace.it> )
Special Thanks To Alfredo Tomasi, Lara Bianchi @ annaBi & Laura Magni
foto di Federico Ledda
foto Alessandro Levati @ Showbit Agency
Cifonelli porta ancora una volta in passerella la classe che lo rende una certezza dal 1880.
Sofisticato, di classe e assolutamente moderno, il brand di alta sartoria francese presenta una primavera estate ricca di un fascino contemporaneo con un gusto retrò.
Estrema l’attenzione ai dettagli, per un uomo che non lascia nulla al caso.
di Federico Ledda
foto Alessandro Levati @ Showbit Agency
A Parigi ha sfilato Yohji Yamamoto, che con Y-3 ci porta a scoprire una primavera-estate 2016 dai tagli visionari.
Quasi total black, la spring summer firmata Adidas/Yamamoto ci porta in un mondo totalmente futuristico grazie a capi sofisticati perfetti a identificare chi dello stile ne ha fatto un marchio di fabbrica.
Interessanti le stampe all over, le sneaker e i tagli dei capi.
Location dal look rustico e romantico per AMI ALEXANDRE MATTIUSSI , che per presentare la collezione spring-summer 2016 durante la Paris Fashion Week, sceglie uno spazio insolito e dallo stile puramente francese.
E’ difficile essere dei dandy d’estate, quando il caldo cuocente ci picchia addossoe ci fa desiderare solamente di andare in giro il meno vestiti possibile. Lo sa bene Alexandre Mattiussi, che per la prossima primavera-estate, non rinuncia alla classe, ma vivacizza i colori limitandone i tessuti.
Dal sapore anni 80, rivisitati però con tagli essenziali e mai scontati, i maestri della sartoria francese, propongono un uomo che nonostante la stagione non rinuncia al pantalone e al completo, sdrammatizzandolo però con forti influenze street ottenendo un perfetto mix tra impatto e leggerezza. Geniale la felpa turchese sotto la giacca gessata.
di Federico Ledda
foto Alessandro Levati @ Showbit Agency
Cosa succede nel backstage di una sfilata? Per raccontarvelo siamo andati in quello di Wooyoungmi durante la Men’s Paris Fashion Week.
I preparativi di un Fashion Show (che spesso e volentieri accade durante la settimana della moda, ovvero una settimana in cui tutti i maggiori brand di moda presentano le prossime collezioni), partono mesi prima e si sviluppano mano a mano a pari passo con la creazione della collezione da presentare. Ci sono tante cose a cui pensare: la prima cosa è il mood, ovvero, l’atmosfera che si dovrà respirare durante la sfilata, che al 99% dei casi si rifà all’ispirazione di collezione. In base a questo va scelto l’orario, la location, la colonna sonora, e le luci. Successivamente invece, si passa alla scelta dei modelli, al trucco e al parrucco. Per ultimo, ma non da meno, si pensa al catering, e si fanno i seating, ovvero, l’assegnazione dei posti degli invitati alla quale poi verrà inviato l’invito cartaceo. Tutto qua? No. Dopo aver scelto i modelli, il giorno prima della sfilata, si richiamano per fare i fitting, ovvero le prove dei look. Una volta messi a punto, è tutto pronto!
Il grande giorno è arrivato! Dopo che la location è stata allestita, e mentre i truccatori e i parrucchieri preparano il loro l’armamentario, i modelli e il regista possono fare le prove generali per regolare tutti i tempi.
Una volta finite le prove, si va al trucco, dove, al solito, ci si impiega almeno un paio di ore. Nel frattempo la gente inizia ad entrare e a prendere posto, ci siamo! Si inizia!
Poco prima dell’inizio, dietro nel backstage, i modelli si mettono in line up, ovvero in fila indiana pronti per uscire in passerella, e il regista da le ultime raccomandazioni affinché vada tutto per il meglio.
Le luci sono calde. La musica è pronta a partire. Gli invitati ai loro posti, e i modelli in line up, è tempo di iniziare!
La sfilata è terminata, ed è andata di bene in meglio! Adesso è il tempo di festeggiare durante l’after party ufficiale!
I politici sono criminali.
Ancora una volta Vivienne Westwood utilizza la sua sfilata per diffonedere un messaggio specifio e, in questo caso, politico.
”I politici sono criminali” proietta lo schermo dietro ai modelli che nel frattempo sfilano per presentare una collezione essenziale e poco pretenziosa, che in perfetto stile Westwood cerca di rappresentare un messaggio che va oltre i vestiti.
”La politica è stata deviata dai criminali. Politici! Chiamiamoli criminali”
MENS SANA IN CORPORE SANO – è ispirato ad una delle più celebri locuzioni latine la collezione DAKS primavera estate 2016.
Collezione dall’eleganza distintiva e raffinata, le cui linee sono dettate – così come nella ginnastica, da rigore e disciplina, all’interno della quale due diverse anime convivono in modo sinergico e complementare.
Dalle linee classiche e con uno sguardo al vecchio rigore della ginnastica degli anni 30 che rivive nei pantaloni ampi, a vita alta, con il ritorno delle pinces, e in una stampa, l’unica voluta nella collezione e visibilmente deco’ che viene proposta anche sulla maglieria, presente nella collezioni solo in tre fibre diverse.
Formale, ma estremamente elegante e sofisticata la collezione firmata DAKS, si esprime principalmente in colori pastello e grazie anche al cuoio naturale: un caro richiamo alle palestre d’epoca, e l’unica componente in pelle della collezione, dalla quale nascono dai capispalla a prestigiosi accessori per un uomo classico, ma pur sempre audace.
Sfilata estremamente iconica per John Richmond che sceglie di guardare al futuro ricordando il passato, grazie ai pezzi classici che da sempre caratterizzano la maison, rivisitati però con dettagli sovversivi che mescolano eleganza sartoriale e casual chic a praticità sportiva.
Bianco e nero, blu directoire, mimosa, rosso agrodolce e arancione cheddar. Questi i colori principali della spring summer 2016, che grazie anche a stampe optical e a tessuti quali seta/cashmere, cotone jacquard, lana super leggera e pelle lavorata con trasparenze, donano ai look un effetto rock-sofisticato.
Ancora una volta, la musica ricopre un ruolo fondamentale nella sfilata e nella creazione degli abiti. In questo caso, a fare da colonna sonora ci hanno pensato i Chemical Brothers con Hey Boy Hey Girl: un beat dance che aumentando cattura i look cut-up e angolari della primavera estate 2016.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit Agency
backstage Marilù Venditti
Dopo avere faticato e sudato per tutto l’inverno, è arrivato il momento di spogliarsi per mostrare i risultati di tanta fatica, e finalmente rilassarsi. Sceglie infatti le Terme di Milano Dirk Bikkembergs per presentare la sua collezione SS 2016. L’elemento predominante? L’acqua e il benessere a 360 gradi.
La sport couture firmata Bikkembergs ci fa pensare all’uomo visto come un guerriero urbano e sofisticato che dopo devota dedizione allo ”sweat” decide di prendersi una pausa estiva per ritrovare il suo equilibrio interiore.
Il mondo orientale è l’ispirazione della collezione, che reinterpreta secondo i canoni della maison elementi rubati alle uniformi delle arti marziali, grafismi, linee e motivi origami.
Il tema che caratterizza la collezione, invece è sicuramente il red bamboo, che insieme a smoking sartoriali in jacquard, accessori formali come cravatte, foulard e pochette, dà un tocco di eccentricità ottima al look.
A predominare sono invece il bianco e il nero, con accese irruzioni di verde e rosso.
Forza e tenacia, da sempre caratteri predominanti dell’uomo Bikkembergs non vengono trascurati nemmeno in quest’ultima sfilata, dove a rappresentargli al meglio ci ha pensato un ospite d’eccezione, il ragazzo d’oro per eccellenza: Gue Pequeno, che ha chiuso la sfilata.
Si sa, spesso, tra le persone che vivono nel mondo della moda, o che provano a farne parte, si fa a gara per farsi notare: che tu sia vestito bene o in modo totalmente ridicolo, poco importa, l’importante è apparire. Il miglior campo di battaglia per questo speciale tipo di gare, è sicuramente Pitti Immagine, la fiera moda (uomo) più importante del mondo.
C’è chi invece è non curante di questi standard e fa di classe ed eleganza il proprio biglietto da visita. Nella moda, ci sono due tipologie di persone: quelli che sanno il fatto loro, e quelli che si ridicolizzano da soli per un momento di notorietà, tanto per dare ragione a Andy Warhol.
Ecco quindi chi di classe se ne intende: i meglio vestiti di questa uggiosa giornata fiorentina.
Photographer MARILU’ VENDITTI
From an idea of ALESSANDRO LEVATI
Hair and Make Up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Model WICKTORIA @ 2MORROW MODEL
Production JOHNNY DALLA LIBERA
Location GIUSEPPE MEAZZA STADIUM
Special Thanks To GIACOMO PISATI
Ho sempre ammirato chi riesce a dedicare tutta la sua vita e le sue forze all’arte dedicandosi completamente ad essa. E’ quello che ho notato mentre a Los Angeles ho avuto modo di conoscere Terry Guy, un ragazzo che ha fatto dell’arte la sua ragione di vita.
Parecchi anni fa Terry, ha dato vita a ”Secret Walls” un progetto itinerante che utilizzando solamente la semplicità del bianco e del nero, sfida gli artisti a riempire gigantesche tele improvvisando. Secret Walls ha ormai fatto tappa in moltissime città, diventando di tappa in tappa sempre più popolare.
Potevo quindi farmi scappare l’opportunità di farmi affascinare dai racconti di Terry, per poi affascinare tutti i lettori di The Eyes Fashion?
Chi sei? Come già sai mi chiamo Terry, e sono il fondatore di Monorex, Network che realizza progetti, tra cui quello di Secret Walls e High Rise Murals.
Quanto ha influito l’arte nella tua vita? L’ha rivoluzionata! Tutto è nato quando abbiamo iniziato a lavorare alla Monorex… Esattamente 11 anni fa! Diciamo che lavorare per progetti unici e iniziative particolari è davvero stimolante. Ogni lavoro di cui ci occupiamo, è per me una sfida che mi mette alla prova e mi permettere di crescere!
Raccontami di Secret Walls E’ la più grande competizione artistica del mondo. Il concetto è molto semplice: due artisti, con 90 minuti di tempo devono dipingere in freestyle con tempera nera su un Canevas bianco, e il vincitore viene deciso a suon di applausi da parte dei presenti. Sai, credo che la gente cresca sempre di più di tappa in tappa per l’area di festa che si respira durante l’evento e per la diversità di persone che ci partecipano. E’ davvero un’occasione unica per farsi ispirare.
Come puoi descrivere la vostra arte? Abbiamo iniziato come collettivo di street artist, evolvendoci poi in una realtà più grande e generale come quella dell’arte urbana-contemporanea.
Che cosa ti ispira? Molte cose! I film, la musica, i fumetti, viaggiare…
Cosa pensi degli altri artisti della scena? Il nostro mondo è piuttosto ridotto, ma grazie a Dio inizia sempre più a essere riconosciuto in scala globale! La cosa mi fa davvero piacere perché avendo iniziato parecchi anni fa a fare quello che facciamo, abbiamo avuto l’opportunità di vedere l’evoluzione naturale delle cose. Due tra le città che stanno contribuendo fortemente a questo cambiamento sono Melbourne in Australia e Malmo in Svezia.