Esclusive: Poté personal summer playlist

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Abbiamo passato un’ora con Poté, deejay che sta spopolando tra i club con la sua hit Katz, numero uno nella classifica dance BBC R1.
In esclusiva per #theeyesfashion, ha deciso di creare la playlist delle cinque tracce che gli ricordano l’estate. Ecco quindi la selezione dell’Inglese Poté, ready to dance?

Snoop Dogg – Beautiful ft. Pharrell Williams

– E’ praticamente impossibile secondo me trovare un produttore migliore nei primi 2000. Beautiful è l’esatta prova del grande lavoro che ha fatto Pharrell durante quegli anni, creando un vero e proprio inno estivo tuttora in voga. Non nego che sono spesso spinto a includere il brano come finale dei miei dj set… Arriverà quel momento prima o poi!

Thundercat – Them Changes

– Mi ricordo di aver ascoltato esibirsi live Thundercat tre o quattro anni fa alla Boiler Room di Londra. E’ stato un invito dell’ultimo minuto, ma sono andato ed è stato indescrivibile. Them Changes è un gran disco che mi farà sempre venire il buonumore! 

Majid Jordan – Forever

– Se l’amore avesse un suono, secondo me sarebbe proprio questo. C’è qualcosa di magico in questo brano, che riesce sempre a farmi divertire. Posso benissimo immedesimarmi in uno di quei ragazzi ripresi nel video mentre ballano in metropolitana come se non ci fosse un domani.

Beres Hammond – I Feel Good

– Devo incolpare mio padre per avermi ”tormentato” con Beres Hammond e specialmente con questa traccia sin da quando sono nato. Era impossibile entrare in casa mia senza sentirla. Ascoltandola posso benissimo immaginarmi di nuovo a Santa Lucia sorseggiando una birra insieme alla mia famiglia.

Saint Tropez – Hold On To Love

– Se mi ricordo bene, mi sono imbattuto in questa canzone involontariamente mentre facevo un giro su YouTube…E’ questa la magia di Internet!

 

#STAYLILLY – VOLARE SEMPRE, NON FARCELA MAI

di Liliana Riva
Picture taken by #StayLilly

Bentornati amici!

Nella scorsa puntata avevo accennato al fatto che avrei ricominciato a scrivere ad Aprile…e lo so lo so che è Maggio e sono in ritardo e vi vedo tutti lì con quei ditini puntati stile santa inquisizione MA avevo anche detto che avrei scritto quando e se il sole fosse rispuntato in quel di Londra (consecutio temporis giusta si?). Ecco, siccome il sole non si è visto fino a 10 giorni fa mi sento di essere nel giusto amici quindi ritirate le vostre J’ACCUSE e ci si vede ad una puntata di quarto grado un’altra volta.

Facendo un rapido recap del mio ultimo anno mi sono resa conto di aver preso un botto di voli e li ho anche contati (ho finito gli esami pensate quante infinite opzioni ho per perdere tempo). Non vi dirò quanti sono perché ovviamente non me lo ricordo e figuriamoci se mi rimetto a contarli. Chi sono la cantante con la erre moscia della sigla di ‘’Paso Adelante’’? NO.

Quindi ho deciso di parlarvi oggi di *rullo di tamburi*: IL DISAGIO DA AEREO.

Airport Business Travel, Young Woman Checking Phone, Copy Space

Vivendo a Londra sono nell’ eterno stato sociale da piccola fiammiferaia super povera come ben sapete, e quindi il mio pane quotidiano sono i voli Ryanair a/r a 30£ in giorni a caso e in aeroporti che atterrare a Malta è quasi più comodo.

Partiamo dalla premessa che io non giudico nessuno (AHAHAHAHAHAH) però davvero raga facciamocela a farcela che prendere un aereo non è come scalare il monte Everest.

Ma andiamo per gradi perché il disagio lo si percepisce appena varchi le porte scorrevoli dell’aeroporto.

STEP 1: Il controllo di sicurezza per il bagaglio a mano 

Questa è la fase in cui VOI amici, dotati di un minimo di senso comune azionate il radar per individuare i dementi da evitare, cosi da garantirvi un quasi piacevole volo.

Due le categorie di persone da evitare come la peste:

  • I gruppi di scolaresche che fanno gli spacconi creando il panico tra le guardie con conseguente rallentamento della fila e conseguente giramento personale di palle + bonus maestre che più di tutte sembrano non aver mai preso un aereo in vita loro e sono lì a chiedere se la soppressata calabrese è considerata un liquido sotto i 100ml o no.
  • I vecchietti che sono un po’ come le maestre di cui sopra ma rilanciano con una raffica di domande tipo “mi scusi signore ma è sicuro che ci stiamo tutti nell’ aereo siamo tanti eh!”, “eh ma con questo tempaccio non si può mica partire”, “eh ma guardi ma quanto ci vuole qua? che noi perdiamo il volo si sbrighi con queste valige”.

STEP 2: Il gate 

Essere un’esperta di voli low-cost significa essere consapevole di due cose 1) che viaggerai solo col bagaglio a mano che per le leggi della natura sarà di dimensione di un carro armato 2) in qualsiasi ora del giorno e della notte il volo che hai scelto sarà sistematicamente TUTTO PIENO. E quindi direte voi? E QUINDI LA TUA NUOVA MISSIONE NELLA VITA SARA’ QUELLA DI ARRIVARE PRIMA AL GATE PER NON FARTI IMBARCARE I TUOI 80 KILI DI VALIGIA DA QUELLE DISSENNATRICI MEGLIO CONOSCIUTE COME HOSTESS DI VOLO.

Perché se ci perdo giornate intere a fare il Tetris nel mio bagaglio a mano mettendo anche nel sacchettino 5x5cm 8 litri di roba COL CAZZO CHE LA MIA VALIGIA FINISCE IN STIVA BITCH!!!

STEP 3: Il volo 

A parte il signore ciccione che occupa il tuo sedile, quello della tua vicina e quello delle 3 file dietro che CHIARAMENTE è seduto vicino a te, una nuova e affascinante categoria di persone allietano i miei voli ultimamente: LE FASHION BLOGGER.

Il teorema della fashion blogger secondo il mio modesto parere recita così: il livello di popolarità di una blogger è inversamente proporzionale alla capture “influencer” nella bio di Instagram. ENFATTI le influencerzzzz VERE viaggiano Alitalia con gran fighi al loro fianco e borsoni di pelle con le iniziali, non su Easyjet con speedy boarding per darsi un tono.

Le fashion blogger finte fighe invece le vedi in aereo struccate, con cappuccio in testa, occhiali da sole E felpone grigio topo preso su Asos Marketplace mentre si aggirano nell’ombra. Roba che Lupin SPOSTATEEE. Poi però quanto atterri apri i loro profili social e vedi foto di nuvole rosa, tramonti pazzeschi, oceani cristallini con un’inquadratura che TOH! non si vede la scritta Ryanair. BUSTEEEED!

Un saluto mitiche siete le mie prefe.

STEP 4: Il controllo passaporti 

Esci dall’ aereo, inizi a camminare verso l’uscita…dopo un primo momento di calma apparente ecco che quello affianco a te accelera, camminata da podista per non dare nell’occhio, trotto, galoppo, e via scatta “la corsa matta”. Spintoni, gente che cade, valige per terra, documenti volanti, bambini dispersi…il tutto perché se abiti in UK LO SAI cosa c è in fondo a quel lungo corridoio di cui non vedi mai la fine, l’incubo di tutti i viaggiatori, il CONTROLLO PASSAPORTI.

Dopo quei i 10 chilometri di fila e quelle 2 ore di vita perse è il tuo turno.

Avanzi verso il gabbiotto, il tipo ti guarda impassibile, tu cerchi di essere normale ma ti senti sotto pressione manco all’ orale di maturità, inizi a sudare freddo, ti guardi in giro nervosamente, il tuo chip del passaporto machevvelodicoaffare non funziona e bisogna digitare a mano, il tipo ti scruta con aria sospettosa, guarda la foto del documenti, ti guarda in faccia e tu sei brutta manco cristo dopo i 3 giorni del sepolcro. Nel frattempo il tempo passa e la gente ti odia, il tuo livello di stress sale a livello Britney 2007 e non sei più in grado di articolare una frase in inglese tanto che alla semplicissima domanda “perché sei qui a Londra?” la tua risposta è…………………“K, K, un’altra K e il simbolo di Batman”.

#STAYLILLY IN LONDON – IL MESE DEL LAMENTO: LE 5 COSE CHE ODIO DI LONDRA

di Liliana Riva 
foto di: Liliana's own iPhone

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Febbraio, sono finite le feste, abbiamo detto addio a pranzi e cene di 20 portate e ora via di digiuno forzato e tisane a base di terra e bacche. L’ università è ricominciata, con conseguente mal di vivere. Fortunatamente è passato anche San Valentino e le nostre home page di FB sono finalmente libere da rose multicolor pucciate nel cioccolato e pizze tuttiigusti+1 con alimenti vari che formano la scritta TI AMO. Febbraio, fa ancora freddo, qua a Londra fa un freddo che manco all’Ice bar di Stoccolma e quindi è un mese di merda. Per me in particolare è anche il mese dell’anno più atteso perché mi consente di lamentarmi su TUTTO e TUTTI avendo un discreto consenso popolare. Accogliamo sul palco cari amici il tanto atteso MESE DEL LAMENTO.

Dopo sei mesi in quel di Londra, ho potuto costatare che la vita non è tutto rosa e fiori. Non trovare mai le fette biscottate da Sainsbury’s è una delle più grandi sfide che la vita mi abbia mai sottoposto e, soprattutto, mi sono rassegnata al fatto che non troverò MAI il punto di grigio perfetto per il mio copripiumone così da avere la perfetta camera stile Pinterest. THE STRUGGLE IS REAL e ne siamo pienamente coscienti.

Ma non perdiamo altro tempo e diamo il via alla carrellata delle 5 cose che odio di Londra, così sti 3 minuti in mia compagnia passano in fretta.

  1. Il tempo

Una delle cose che odio di più di Londra è il tempo (Ma dai?). Essendo meteoropatica più di un gatto, la mia psiche risente veramente un casino del tempo londinese caratterizzato da un susseguirsi infinito di pioggerellina/leggera brezza/cielo grigio/UN raggio di sole segno dell’altissimo/bora di Trieste/apocalypse now/sereno. Il tutto in un tempo massimo di 8 minuti.

Lo stesso fa il mio umore che passa da livello “Pimpa” a livello “Izma” (vedi: le follie dell’imperatore) in 0,7 secondi netti. E direte voi: “Ma cretina perché sei andata a vivere a Londra?”. La risposta è una e una sola: TOPSHOP. (e voi allora direte “Aaaaaaahhhh” con cenno di approvazione)

  1. Le lunghe distanze

Londra non è una città, Londra è una regione. Ci sono 9 zone concentriche, le prime 2 sono considerate “centro”, il resto io lo considero al pari della terra di mezzo. Ora, vi faccio un esempio: per andare da una parte all’altra della città passando da zona 2 ovest a zona 2 est ci si mette in metro un 50 minuti tutti. Per andare in università in zona 6 (che a rigor di logica è al pari di Mordor) dal centro ci metto un’ora e un quarto. Ripeto per le file in fondo alla sala se vi è sfuggito, UN ORA E UN QUARTO.

E ok che figata la metro di Londra fatta a tubo “uuuuu so exciting”, ma io in quel tempo vado da Milano in montagna. In quelle 3 ore di a/r io vado in Spagna, dove per altro (VEDI SOPRA) c’è anche più sole.

Quindi sì, vai a vivere a Londra, ma sappi che metà del tuo tempo liberò lo passerai su un mezzo pubblico.

  1. La gente lenta

Da buona milanese imbruttita, non sopporto la gente che cammina lenta, come se fosse perennemente in passeggiata sul lungomare di Chiavari, o ad una processione di paese. Allora le cose sono due: o fratelli ci diamo le mani e diciamo il padre nostro tutti insieme, o vi dovete levare che IO ho da fare.

Che poi magari non è neanche vero, magari sto solo andando a scroccare il cappuccino da Waitrose vicino casa MA NON IMPORTA. Io ggna faccio, mi irrita nelle viscere proprio. Agire come se si dovesse perennemente salvare il mondo il milanese ce l’ha nel sangue so, “What did you expect?”

  1. Il lavandino

Nonostante sia la patria della Regina Elisabetta e dei suoi deliziosi tailleur color pastello così avant-gard, il Regno Unito si aggiudica il primo premio nella categoria “breaking Amish 2016” grazie ai suoi must-have lavandini.

Non troverete mai un lavandino come dio comanda in cui si ha il potere di passare da acqua calda ad acqua fredda contemplando tutte le sfumature di temperature possibili. No, QUA NO. Qui ci sono due lavandini distinti e staccati, uno per l’acqua fredda e uno per la calda. Le scelte quindi sono due: o ti provochi un’ustione di 18esimo grado, o vai di paralisi ibernando. Leonardo DiCaprio in ”The Revenant”, I FEEL YOU.

  1. L’ università

Cominciamo col dire che mi sono un po’ rotta le palle di studiare, ma questo lo sapevamo già da quando, a 10 anni a scuola, spacciavo permessi falsi di uscita come caramelle. Other then that, ci sono diverse cose delle università inglesi che mi irritano e che non comprendo; più di tutte, la loro disarmante abilità nel trattarti da ritardato per cose basilari e lasciarti al tuo destino per cose realmente importanti.

Mi spiego meglio: nel mio piano di studi per ogni corso serio di master, ne ho altri 3 di supporto per dementi. E la cosa si fa anche divertente perché sembra un videogioco a livelli, che so, un SuperMario Bros da 16 crediti.

Per vincere il gioco e arrivare al corso serio, devi prima superare il corso introduttivo, preceduto dal corso “come si legge una slide”, preceduto dal corso “cos’è un corso universitario”, preceduto dal corso “cos’è un’ università” … e via dicendo in un vortice senza fine.

Se poi però OSI chiedere al professore, che STELLINO ti ha SOLO assegnato un saggio di 458459 parole, indicazioni su come si fa, non otterrai nessuna risposta. Nel suo silenzio tombale misto a indifferenza, sarai pure in grado di sentire il suono del vento fare corrente nel tuo cervello.

Seguirà un post con le cose che amo di Londra, probabilmente ad Aprile. Quando ci sarà il sole e una temperatura decente o forse quando sarò abbastanza ricca da non dover più prendere la metro, quindi BOM ci riaggiorniamo nel giorno del mai.

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#STAYLILLY IN LONDON – Torna a casa Lessy, (o Lilly, fate un po’ come volete)

di Liliana Riva 
foto di: Liliana's own iPhone

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Dopo 3 mesi di vita full immersion in quel di Londra, con un’alternanza di momenti di assoluta nullafacenza a suon di party e paillettes e di altri di pieno bunker da studio in cui non si distingue più il giorno dalla notte, la sottoscritta è tornata momentaneamente in Italia per le feste.

Ahhh che bello tornare a casa…la famiglia, gli amici, il gatto… Mangiare TUTTO quello che non hai mangiato in questi mesi contando anche quello che non mangerai fino al tuo prossimo ritorno… Insomma le basi della felicità.

Perché alla fine quando sei via da casa e ci ritorni, vivi una vera e propria epifania, capisci quali sono le cose importanti della vita, le cose che hai sempre dato per scontate ma che a un tratto diventano il centro di tutto e i momenti che nella loro semplicità riescono veramente a cambiarti la giornata, ovviamente in meglio.

Quando sono tornata a casa, mi sono precipitata nella sua stanza, ho aperto la porta piano con l’entusiasmo e la sorpresa di una bambina, ho sperato fino all’ultimo che fosse ancora lì, ed era lì ad aspettarmi, esattamente come l’avevo lasciato. LUI, IL BIDET.

Non ne sono sicura, ma penso di averlo abbracciato, ho scritto subito alla mia migliore amica per condividere la mia immensa gioia, mentre i cori angelici risuonavano nel mio bagno.

Altro che ”God Save the Queen”, God Save THE BIDET.

(non c è bisogno che vi stia a spiegare il perché e il per come, cerchiamo di mantenere un profilo rispettabile qua , se no vi andate a leggere il forum di Temptation Island chiaro?)

In seconda posizione troviamo lui, il solo ed unico canale 31 del televisore: Real Time.

Io vò dico, senza il sano palinsesto di Real Time conduco una vita sregolata, non so più distinguere il bene dal male, arrivo quasi a pensare che la O Bag di pelo sia alta moda. (Vi è venuta la pelle d’oca eh? Lo so, lo so).

Appuntamento immancabile è ovviamente il mio programma prefe della vita per tutti i secoli dei secoli amen: ALTA INFEDELTÀ.

Per chi non lo sapesse (e se non lo sapete correte a farvi una cultura e a imparare la vita vera svergognati!) è un programma che racconta storie di tradimenti, adulteri e triangoli amorosi attraverso tre punti di vista: quello dell’amante, quello del tradito, quello del traditore. UNA BOMBA QUINDI.

Lo si guarda per lo stesso motivo per cui si guarda una soap; immedesimarsi nei personaggi, sentirsi migliori di loro e fare quello che ci riesce meglio nella vita: criticare e giudicare. Ti dà quel senso di onnipotenza che manco forum ai tempi d’oro ti sapeva regalare.

PERO’, ”Altà Infedeltà” non è solo ”la trashata della pausa pranzo” ma rappresenta anche una grande scuola di vita quando si tratta di vendette: la moglie tradita che manda a casa in busta anonima un video simil-terroristico di esecuzione dei soldatini del marito… Oppure, un grande classico che non passa mai di moda: lei che gli ruba le carte di credito e spende i milioni in borse e scarpe… (alzi la mano chi non l’ha mai fatto almeno una volta nella vita -Un caro saluto al mio fidanzato bellissimo fantastico che mi segue da casa!)

Oltre ad Alta Infedeltà poi ci sono i vari programmi sui matrimoni delle cesse americane che scelgono abiti da sposa. Passerei le ore a guardarle mentre si strizzano in abiti da sposa 10 taglie più piccole e che candidamente, con un atteggiamento coolspotter alla Anna dello Russo, spendono 20,000$ per un abito stile Cristina Aguilera in Burlesque.

Posso sentire fino a qua l’odore di quel tessuto lucidino misto plastica cheap che fa sembrare CHIUNQUE un rotolo di Domopak.

Infine non potevo non riservare il terzo posto ad uno dei miei guilty pleasure preferiti: il caffè del bar.

Quando mi sono trasferita a Londra a settembre, ho dovuto rinunciare ad un paio di scarpe per fare spazio alla Moka in valigia, perché (cito me stessa) “Lo sciacquo dei piatti che qua spacciano per caffè, ve lo bevete voi!”

Nonostante ciò io non mi sono mai arresa, sono sempre alla ricerca dell’espresso decente perché non so se sono pronta a rinunciare allo state of mind del caffè del bar (status attuale: bene ma non benissimo).

Roba che qua quando ordini un espresso e la gentile ragazza al bancone ti risponde “2,50 pound please” io urlo al GOMBLOTTO MA ANCHE ALL’ AVADA KEDAVRA.

Potete capire quindi la mia immensa gioia e commozione quando, appena messo piede in Italia ho ordinato un espresso: era buono e l’ho pagato 1€. Grazie dei dell’Olimpo, grazie Enzo Miccio, grazie Regina George.

 

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#STAYLILLY: Get the London look, dove tutto è cominciato

di Liliana Riva
foto di: Liliana's own iPhone

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Come anticipato nella puntata precedente, la sottoscritta ha lasciato la terra natia e gli spritz da milanese imbruttita al Radetzky per salpare alla volta del Regno Unito, patria della rivoluzione industriale di fine ‘700 e dell’earl grey tea, ma soprattutto d’illustrissime personalità dei tempi moderni quali Cara Delevingne, Vivienne Westwood e non ultimo quel grandissimo pezzo di manzo di David Beckham.

In particolare mi sono trasferita a Londra, L’ HONDON, “the big smoke” com’è notoriamente soprannominata questa fantastica città.

Come potreste intuire dal titolo, o magari no, questo terzo articolo per #theeyesfashion “da il La” ad una nuova rubrica intitolata “get the london look” in cui, di tanto in tanto, vi delizierò con racconti in diretta dalla city; perché ho sempre pensato che essere cretina fosse un talento che andava sfruttato in qualche modo. INFATTI ECCOMI QUA.

Ma andiamo al dunque darlings, perchè il topic di questo nuovo ed entusiasmante articolo sarà il seguente: Quanto acciderbolina si conciano strano in questa città?!

Bene. Partiamo dal presupposto che a Londra NON ESISTONO STILI. Mi spiego meglio; Se siete di Milano o comunque di qualsiasi città d’Italia noterete che a livello stilistico il popolo si divide in 3 grandi categorie:

Eliminando quelli che non si sanno vestire e gli zarri di Quarto Oggiaro perché vabbè non c è neanche da parlarne, quelli che vengono considerati vittime della MUOODA sono:

  1. I fashion blogger
  2. Gli hipster (risvoltino + camicia a quadri chiusa fino all’ultimo bottone + occhiali da demente)
  3. Le suore laiche (immancabile combo pantalone a zampa acqua in casa + scarpa ortopedica).

A LONDRA NO. Londra non ha uno stile. Il trend è non seguire un trend…oppure seguirli TUTTI, da cinquant’anni a questa parte, con un mix and match pazzesco.image2

Penserete voi “bhe che m****!”, e in effetti avete anche ragione MA amici, fidatevi, ci sono dei risvolti interessanti.

Parliamo di: trucco e parrucco

È mooolto molto molto frequente che in qualsiasi parte di Londra, dalla più posh alla più underground troviate donne di ogni genere ed età anagrafica dai capelli tinti con colori pazzi, ma mica un paio di ciocche rosa su un capello biondo perché (cito) “voglio fare quella avanguardista in Cattolica” MA VA.

I capelli diventano l’equivalente di una parrucca, l’influenza “My little pony” è qui e si fa sentire prepotentemente.

Vogliamo parlare della mamma in coda al super con i capelli fucsia fluo? Sei figa anche mentre compri i broccoli surgelati in offerta!

E la nonna di 80 anni con metà testa argento e metà testa arancione? Andiamo, la più giusta in town, soprattutto per halloween. image3

Oltre ai capelli ovviamente si parla anche di trucco. Avete presente quella bellezza naturale, acqua e sapone, la ragazza dalla porta accanto un po’ principessa Disney che ci piace tanto? Ecco, scordatevela.

I must have sono:

  • 10 kili di fondotinta
  • Ciglia finte che qua in UK sono come il pane proprio.
  • Countouring che Kim Kardashian spostati.
  • Illuminante catarifrangente, un faro nella notte se ti perdessi da qualche parte.

E così niente, si parte per nuove avventure, che so’ la coda in posta, la lezione in università, la spesa da “tutto 1pound”.

Per quanto riguarda il vestiario poi ce n è veramente per tutti i gusti.

Sparate un trend che andava negli ultimi anni a Milano e dintorni, QUA C’E’.

Il punkabbestia/emo degli anni 2009 che girava in colonne quando ancora le colonne erano considerate al pari del regno di mordor? CELO

La ragazza vestita da Barbie magia delle feste 1998? CELO

La pin-up anni ’50? CELO

La perfetta riproduzione di una Britney Spears che con serpente al collo canta “i’m a slave 4 you”? MA OVVIO CHE SI’

E onestamente io tutto ciò lo reputo una gran figata. Primo perché ti fa tornare alla memoria un sacco di vecchi trend che tu, schiava della moda già allora avevi rimosso dalla mente e ,secondo, perché qua c è una libertà d’espressione assurda.

Nessuno ti dirà mai che sei troppo stana, che con quei capelli sembri uscita da un Cosplay a Tokyo, o che con quel rossetto blu sembri deficiente. Ma cosa più importante: nessuno ti vieterà di andare in giro in pigiama.

CVD risvolti positivi, poi non venitemi a dire che non ve l’ avevo detto..
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MMFW: DAKS SS16

di Federico Ledda

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MENS SANA IN CORPORE SANO – è ispirato ad una delle più celebri locuzioni latine la collezione DAKS primavera estate 2016.

Collezione dall’eleganza distintiva e raffinata, le cui linee sono dettate – così come nella ginnastica, da rigore e disciplina, all’interno della quale due diverse anime convivono in modo sinergico e complementare.

Dalle linee classiche e con uno sguardo al vecchio rigore della ginnastica degli anni 30 che rivive nei pantaloni ampi, a vita alta, con il ritorno delle pinces, e in una stampa, l’unica voluta nella collezione e visibilmente deco’ che viene proposta anche sulla maglieria, presente nella collezioni solo in tre fibre diverse.

Formale, ma estremamente elegante e sofisticata la collezione firmata DAKS, si esprime principalmente in colori pastello e grazie anche al cuoio naturale: un caro richiamo alle palestre d’epoca, e l’unica componente in pelle della collezione, dalla quale nascono dai capispalla a prestigiosi accessori per un uomo classico, ma pur sempre audace.

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