Non solo bollicine per il colosso americano Coca Cola, che durante una giornata piovosa, e decisamente caotica a EXPO, ha fatto il punto sulle tantissime attività che ultimamente hanno coinvolto il brand iconico che quest’anno celebra persino il primo centenario della classica bottiglietta di vetro.
Dal restyling della lattina ”light” e per la prima volta della bottiglia di vetro con la direzione artistica del marchio italiano Trussardi, alla collaborazione con il leader dei Black Eyed Peas Will.i.Am per l’importante iniziativa creata insieme al brand EKOCYCLE, che consiste nel riciclo di rifiuti (bottiglie di plastica, lattine etc..) per lo sviluppo di una linea di moda e di accessori.
L’iniziativa ha riscosso grande interesse, trovando riscontri positivi anche in marchi del calibro di Beats by Dr Dre e New Era.
Per chiudere in bellezza, non poteva mancare la FREESTYLE MACHINE, la geniale macchina disegnata nel 2009 da Pininfanina che attraverso la tecnologia del microdosaggio dà la possibilità di scegliere oltre 100 prodotti del Coca Cola group, con tantissime varianti gusto mai provate prima, come la Fanta alla pesca.
Se avete la possibilità di girare il mondo, potete trovare tutto ciò sparso tra l’Europa e gli Stati Uniti, altrimenti fate un salto in EXPO, avete tempo fino al 31 di ottobre!
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit.com
Correte all’imbarco, #ChanelAirlines sta per partire per una nuova destinazione!
E’ proprio questa l’ispirazione che Karl Lagerfeld decide di utilizzare per presentare la primavera-estate 2016 durante la Fashion Week di Parigi.
La maison francese ha dato nuova vita al Gran Palais, che per un paio di ore si è trasformato in un vero e proprio aeroporto griffato, proponendo una collezione divertente, brillante e innovativa che conferma ancora una volta il brand come capo indiscusso dell’eleganza contemporanea francese.
Bouclé rinnovato in toni sgargianti con trame dalle fantasie hi-tech che vengono decorate da applicazioni di veri e propri LED incastrati tra il tessuto.
Interessanti anche gli accessori, come la rivisitazione dello snapback, e gli occhiali da sole con lenti a specchio che riportano il motivo interrotto del tessuto iconico della casa di moda.
Accordi abrasivi di ruvide tele militari, ricami soavi di vecchie tovaglie, inamidati merletti di bruges, ritagli tricottati di candido cotone jersey.
Parti fluide, traforate, trasparenti e parti sostenute, impunturate, doppiate. Tecnici dettagli di fibbie o moschettoni e preziose applicazioni di cristalli.
Anima punk e aura couture di una moda che diventa gioco appropriazionista, trasgressione di codici preesistenti, rigenerativa “brief apocalypse” di tagli, proporzioni, consistenze, étant donné
Una moda che possiede l’irriproducibile impronta dei tessuti tinti a mano, stone-washed, ritagliati e intagliati a colpi di forbice.
Coniuga in sé una disomogenea sfaccettata varietà di patine, textures e consistenze, lunghezze e ampiezze, costruzioni e soluzioni.
E trasforma ogni creazione di Liborio Capizzi in un’esperienza a se stante di volumi che si schiudono, levitano, ruotano, vibrano come ali. E si richiudono sul corpo come bozzoli.
Una suggestione aliena di straordinaria destabilizzante bellezza.
Se avete voglia di fare una vacanza fuori dalle righe, immersi nella natura, dove i comfort e le abitudini di tutti i giorni possono passare in secondo piano, allora sicuramente uno dei luoghi che vale la pena visitare è il delta del Mekong, nel Vietnam meridionale.
Il Mekong è il fiume più importante dell’Indocina, undicesimo per lunghezza al mondo, le cui acque scorrono dal Tibet fino a sfociare in Vietnam. Una delle zone più affascinati del Vietnam, rimane un luogo in cui il turismo è ancora poco sviluppato. Quest’area è ancora molto rurale e nonostante la grande densità di popolazione è difficile trovare strutture adatte a turisti, è raccomandabile viaggiare accompagnati da una guida che faccia anche da traduttore.
Il clima tropicale che caratterizza tutto il Vietnam fa sì che ci sia caldo tutto l’anno e il mese più consigliato per visitarlo è senza dubbio febbraio. A partire da maggio, fino a ottobre, inizia la stagione dei monsoni in cui il livello del Mekong sale parecchi metri di livello, e purtroppo, interi villaggi vengono allagati e molte strade diventano impraticabili. Il clima e le stagioni influenzano enormemente l’esistenza dei locali, costretti ad una vita difficile e molto povera. Il Vietnam meridionale si basa principalmente sulla coltura del riso e la pesca; è infatti molto difficile trovare delle industrie in questa zona.
Nella zona del delta del Mekong, buona parte della popolazione è di origine Khmer, ovvero cambogiana. Questo ha determinato una moltitudine di culture, tradizioni e lingue differenti, che nel corso dei secoli si sono fuse ed influenzate tra di loro. Un tipico esempio della cultura così particolare di questa zona è infatti la religione del caodaismo, che va a fondere la religione cattolica, taoista, buddista e induista in un unico credo.
Nella zona di Can Tho, è possibile noleggiare una barca e navigare su uno degli affluenti del Mekong. Il tour vi porterà a visitare le tipiche case a palafitta, per poi addentrarsi nella foresta tropicale in cui si possono vedere numerosi produttori di cocco, mattoni e altri prodotti.
Uno dei luoghi più tipici della zona di Can Tho è il mercato galleggiante di Cai Rang, destinato a scomparire a causa della modernizzazione e lo sviluppo industriale a cui il Vietnam di sta avviando. Qui è possibile trovare differenti tipi di barche, su cui i contadini appendono una canna da pesca a cui viene agganciato il prodotto in vendita in modo da essere subito visibile. I clienti spostandosi con le proprie barche a remi, salgono sulla prima barca, per poi saltare di barca in barca, per raggiungere i prodotti di cui si necessita.
Proseguendo verso sud, si possono visitare diversi templi, tra cui la pagoda di Xa Lon, costituita da due padiglioni, quello centrale dedicato alla preghiera ed un altro adibito alla vita dei monaci. La pagoda, oltre ad essere un luogo sacro, è molto famosa per i pipistrelli giganti che vivono in questo luogo e che al tramonto si spostano tutti insieme creando uno spettacolo molto suggestivo.
Nella città di Bac Lieu si possono ammirare numerose case in stile coloniale francese di cui certamente la più impressionate rimante casa Bac Lieu. Costruita nel 1919, attualmente proprietà del governo, è costruita in stile francese con mobili di importazione dei primi ‘900. Viene data molta importanza ai dettagli dell’arredamento, dove il gusto tipicamente orientale si mischia a quello francese dell’art nouveau.
Da Ca Mau, una delle città principali dell’estremo sud, nonché luogo di nascita dell’attuale primo ministro, ci si può recare nel punto più meridionale del Vietnam, raggiungibile tramite barca. Questo luogo è caratterizzato da una fitta foresta di mangrovie e prende il nome di foresta di U Minh. Le foreste di mangrovie sono considerate molto importanti perché separano le acque dolci dagli oceani ed in secondo luogo sono luoghi abitati da molte specie animali.
Se state per cui cercando una vacanza a stretto contatto con una cultura ancora autentica e se avete voglia di sperimentare cosa significa vivere in modo diverso, scoprire tradizioni, religioni nonché concezioni totalmente differenti, allora questa è un avventura che fa per voi.
Il 25 settembre scorso è finalmente uscito Sugar, la nuova fatica del tedesco Robin Schulz, e facendo un bilancio, è sicuramente uno dei dischi dance fondamentali che sentiremo per lungo tempo in tutti i dancefloor del mondo.
L’album è un lavoro fresco, divertente e curioso, Schulz ha capito bene come fare ballare senza pensieri la gente, infatti sforna 15 tracce perfettamente amalgamate tra di loro, che creano una sorta di viaggio sensoriale se ascoltate in seguenza.
Da aggiungere alla playlist dance: Find Me (featuring Hey Hey), Heatwave (featuring Akon), Titanic.
di Federico Ledda
foto di Marilù Venditti during Jess Glynne signing session in Milan
Dopo vari featuring, è finalmente venuto al mondo l’album di debutto della rossa inglese Jess Glynne.
Disco che si presenta come un forte incoraggiamento ai più deboli grazie a dei veri e propri inni (se fossero film sarebbero sicuramente dei blockbuster) da cantare a squarciagola come ”Don’t Be So Hard On Yourself’‘, o la versione acustica del brano dance ”My Love”.
Dopo svariate collaborazioni con altri artisti del calibro di Tinie Tempah e Clean Bandit (tutte presenti nell’album) la prima fatica firmata Glynne è sicuramente un lavoro interessante, che ti fa affezionare ascolto dopo ascolto alla voce calda e confortante della red-head londinese.
Ecco quindi una nuova certezza nel mondo della musica pop: Jess Glynne!
Photographer MARILU’ VENDITTI
From an idea of MARILU’ VENDITTI
Hair and Make Up EMANUELA CARICATO Styled by ALESSANDRA ERRICO, NINA JIANIC, AKANE SHIBA Model AKANE SHIBA Graphic designer CRISTINA BIANCHI
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit
Che Dolce e Gabbana avessero un debole per il loro paese, ormai si sapeva già. La cosa che però stupisce sempre, è come i due riescano a rinnovare in modo curioso e divertente questo tema, creando come in questo caso, una collezione fresca, rigenerante e attuale, reinterpretando nel loro stile anche la moda del momento: i selfie.
Ebbene sì, tra un outfit e l’altro le modelle erano libere di scattarsi dei veri e propri autoscatti, proiettati all’istante su degli schermi sopra di loro.
Il fatto che Stefano e Domenico provino un amore incondizionato per il loro paese, ha così permesso alla moda italiana, e al made in Italy, di mantenersi grande nel mondo.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit
Anche il quarto giorno di #MFW è finito, e con sé ha portato al mondo grandiose collezioni spring summer 2016, come, ad esempio, quella di debutto (per la prima volta in passerella) ella coloratissima, interessante e divertente Daizy Shely, e del glamour iconico creato dalla leggendaria Elisabetta Franchi.
Ladies and gentleman, ecco il meglio del quarto giorno di questa spumeggiante settimana della moda made in Italy.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit, Irene Guastella (Aigner Only)
E’ giunta al termine anche la terza giornata di Milano Fashion Week (per tutti gli appassionati, l’hashtag ufficiale è #MFW), e ha presentato collezioni strepitose, a regnare però sono sicuramente stati: Versace, Emporio Armani, Giamba e Aigner!
Tra eleganza disarmante come quella di Emporio Armani e Aigner, passando per l’ironia classy di Giamba, arrivando fino al glamour iconico di casa Versace, ecco il meglio del terzio giorno di #MFW!
Il secondo giorno di #MilanoFashionWeek è finito a suon di eleganza in tonalità rock n roll. Lo sanno bene Max Mara e CoSTUME NATIONAL, che durante la settimana della moda meneghina, hanno entrambi presentato una donna glamour, spavalda e rock.
E’ chiaro quindi, da questi due giorni di fashion week a Milano, che il carattere che contraddistinguerà la donna della primavera/estate prossima, sarà sicuramente uno: essere fuori dagli schemi.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @ Showbit
Siamo giunti alla settimana della moda di Milano, quella di casa, quella che ogni stagione cerchiamo di raccontarvi attraverso i nostri occhi, sperando, magari, di dare una visuale differente e innovativa rispetto agli altri reportage che sicuramente avrete visto prima di questo.
Il primo giorno della settimana della moda Meneghina, ha portato novità interessanti sulla scena della primavera estate 2016. Tre su tutti Simonetta Ravizza, Fausto Puglisi e Philipp Plein, che in particolare, con uno show futuristico e divertente, con tanto di robot vestiaristi, ha perfettamente interpretato una nuova versione (estiva) della sua anima rock #pleinpunk!
Fausto Puglisi ha invece regnato per il suo stile che tanto omaggia il buon Gianni Versace dei migliori anni 90, portando in passerella la sua visione dell’estate in California, più precisamente a Santa Barbara (come ripeteva la canzone degli U2). Viva il colore!
Simonetta Ravizza, regina di eleganza, ha invece presentato una donna posata e di classe, che anche con la bella stagione non rinuncia alle maniche lunghe, né alle pellicce (se pur rivisitate), perché si sa: l’eleganza non ha stagione.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati @Showbit
E’ ufficialmente partito il ”fashion month”, il mese più intenso e importante di tutto l’anno per l’ambiente della moda. Durante settembre infatti si concentrano tutte le settimane della moda del mondo dando l’opportunità alle case di moda di presentare le loro nuove collezioni per la stampa e i propri buyer (compratori in grande scala).
La prima fashion week, è stata quella di New York, che con i suoi stilisti, ha presentato le sue scelte per la primavera estate del prossimo anno. Potevamo farcela scappare? Assolutamente no.
Eccomi quindi, a mostrarvi le scelte secondo noi più interessanti, e glamour di tutta la NYFW giunta al termine solo pochi giorni fa.
Tonificare e “mettere su massa”.
Letto così si può pensare che si tratti di due argomenti totalmente diverse e invece no; stiamo parlando della stessa identica cosa, poiché i due termini sono sinonimi di ipertrofia.
In palestra i due termini vengono usati, il primo per le donne, mentre il secondo per gli uomini.
La certezza sull’argomento è che l’allenamento per ottenere determinati risultati è lo stesso.
Mi concentrerò molto di più sul punto di vista femminile perché questo è un argomento che appena trattato mette spesso e volentieri in crisi le aspiranti frequentatrici della palestra, in quanto si teme di diventare esageratamente “grosse” ed andare fuori dagli standard dei propri obiettivi.
per fare chiarezza:
La prima immagine è l’esempio di una ragazza tonica, mentre la seconda fotografia ritrae una ragazza in fase successiva all’uso di anabolizzanti.
Questo è ciò che fa la differenza, poiché quello che nell’uomo è l’ormone principale, ossia il testosterone, per le donne viene secreto in piccole quantità, tali da non presentare l’opportunità di un tale sviluppo muscolare.
Detto ciò e sperando di aver calmato gli animi di queste appassionate lettrici, passiamo a definire le basi di tale allenamento.
Riproponendo ciò che è stato citato prima, donne e uomini, a tal fine, si dovrebbero allenare nello stesso modo e adesso andremo ad analizzarlo;
Bisogna innanzitutto mettersi in testa l’idea di dover “spingere forte”, perché per avere un netto aumento della massa muscolare bisogna far uso, attraverso l’allenamento muscolare, di sovraccarichi “alti”. ATTENZIONE! quando parliamo di sovraccarichi alti, si parla sempre in modo relativo al soggetto, un uomo allenato avrà quasi sicuramente bisogno dell’aiuto di un peso maggiore per arrivare all’obiettivo, come una donna alle prime armi, potrà raggiungere le stesse intensità con un allenamento funzionale (senza l’utilizzo di pesi). Una persona anziana che si avvicina alla palestra per giovare alla sua salute potrebbeottenere gli stessi risultati (sempre parlando d’intensità) alzandosi e sedendosi da una sedia.
Anche dal punto di vista dei risultati è tutto soggettivo, un allenamento che per una persona offre grossi risultati, potrebbe darne molto meno ad un’altra.
C’è anche da dire che un lavoro di ipertrofia è il modo migliore che si possa avere per dimagrire, poichè si andrà a costruire un muscolo che necessita di più nutrienti e così facendo ci permetterà di bruciare più grassi.
Per concludere: se da domani decidete di andare in palestra per tonificare o “mettere su massa” sappiate che il lavoro ad alta intensità è il percorso giusto!
Disclaimer: nessuno mi ha pagato per scrivere questo, né per citare l’agenzia, né per l’offerta che ho trovato io, né niente di niente (magari lo fosse). È semplicemente un racconto della mia esperienza e come mi sono trovata, non state ad impazzire thankyouuuuu.
Iniziamo dal principio. Io e il mio da poco ragazzo fuori di testa all’alba del 20 giugno 2015 decidiamo di andare in vacanza insieme, complice il mio imminente trasferimento a Londra e il più che imminente suo trasferimento in Svezia (bel casino, i know, ma questa cari miei è un’altra storia).
Destinazione: Messico
Bene, ovviamente nessuno si è mai fidato della sottoscritta manco per ordinare la cena al cinese sotto casa, FIGURIAMOCI prenotare una vacanza intera dall’altra parte del mondo; Ha fatto tutto lui, infatti.
Alcune info di base per i milioni di italiani che mi stanno leggendo:
Agenzia: Franco Rosso Italia, gruppo Alpitour
Pacchetto: 2500€ a testa comprensivo di volo A/R + soggiorno in un resort all inclusive 4 stelle + visto turistico. Non male direte voi, e avete ragione.
Durata: 2 settimane, 14 notti
Destinazione: Messico, Riviera maya, Playa del Carmen
*TIPS aggiuntive: MAI MAI MAI fare un volo cosi lungo stando svegli tutta la notte e ubracandovi la sera prima il tutto per evitare il jet-leg. (indovinate chi ha pensato questa genialata? Esatto, io).
Presi armi e bagagli, partiamo alla volta del nuovo continente. Il paese offre veramente tantissime opportunità: arte, cultura, archeologia, relax, panorami mozzafiato, spiagge paradisiache, escursioni, movida c’è tutto quello che potete desiderare ed è proprio per questo che l’abbiamo scelta come meta per le nostre vacanze.
Essendo un paese che affaccia sul mar dei Caraibi, potete immaginare che tipo di paesaggi vi troverete davanti: spiagge con distese di sabbia bianchissima (non vi scotterete mai i piedi: 100 punti bonus), acqua cristallina, palme ovunque, colori pazzeschi; Se siete dei social-addicted come la sottoscritta manco ve lo sto a dire come vengono le foto…perché LO SO che è questo che volevate sapere.
Le spiagge in assoluto più belle che vi lasceranno a bocca aperta sono sicuramente Playa Delfines a Cancún e Playa Paraiso (un nome una garanzia) a Tulum.
A proposito di Tulum da vedere sono sicuramente le rovine Maya che si affacciano sul mare e il sito archeologico di Cobá che, con la sua piramide alta 42 metri, offre una vista mozzafiato sulla foresta pluviale.
NOTA BENE: se soffrite di vertigini, non è decisamente il posto per voi, si sale a piedi attraverso la scalinata maya originale quindi sgarrupata ma soprattutto ripida. Rischio infarto molto alto.
Il più famoso sito archeologico è però quello di Chichén Itzá. Dichiarato patrimonio dell’umanitàUNESCO, racchiude le rovine di un’intera città maya. L’attrazione principale è sicuramente la piramide alta 55 metri ai piedi della quale, battendo le mani, si può sentire un suono simile al canto di un quetzal, uccello sacro ai Maya. (Loro sì che ne sapevano veramente un sacco).
Ma andiamo avanti. Per la rubrica “che fantastica avventura”ci sono un sacco di attività da fare tipo snorkeling e immersioni nella barriera corallina (se siete degli appassionati è il paese dei balocchi), nuotare con animali vari (tartarughe, delfini, squali) , portare il vostro partner a schiantarsi guidare il quad, che così la buona azione l’avete fatta ,e via dicendo.
Una cosa DA FARE è il bagno nei Cenotes, “piscine” naturali formate dallo sprofondamento del suolo calcareo. Dall’esterno sembrano delle semplici aperture nel terreno colme d’acqua ma sul fondo si trova un vero e proprio mondo subacqueo fatto di gallerie che si estendono per chilometri nel sottosuolo.
È uno spettacolo veramente suggestivo se non fosse per l’acqua ovviamente fredda, il buio, simpatici pipistrelli che fanno gare di formula 1 sopra la vostra testa e l’attacco di panico dietro l’angolo (ah la claustrofobia, che cosa magica)
Per finire, nightlife. Playa del Carmen è come essere sul molo di Jersey shore. La strana principale, l’ avenida 5, è piena zeppa di locali, ristoranti, bar, discoteche tutti accomunati da un senso dell’estetica chiaramente discutibile: luci al neon ovunque e su qualunque cosa, arredamenti che vanno oltre il kitsch, buttadentro pescivendoli ecc…però hanno molta moltissima tequila, per cui non si può rifiutare il loro gentile invito, pare brutto insomma.
Se vuoi farti una fantastica vacanza in Messico il mio consiglio spassionato è quello di andare tramite agenzia e prenotando in un resort possibilmente, perché non è che sia il paese più sicuro al mondo da quello che ho potuto vedere e sentire. Ad esempio : se voi prendete un taxi dal vostro resort al povero cristo del tassista chiederanno nome (Pablo o Pedro il 99% delle volte), cognome, indirizzo, n. di scarpa, mq della sua casa, come si chiama suo cugino di 2 grado e probabilmente anche cosa ha mangiato a pranzo. Da notare, inoltre, le simpaticissime guardie armate fino ai denti che ad ogni posto di blocco vi faranno , senza costi aggiuntivi, una radiografia a 360°.
Come se non bastasse in molti ci ha detto che più ti addentri nel cuore del paese (zone meno turistiche) più le cose si fanno pericolose tanto che i turisti vanno in giro con la scorta. LA S-C-O-R-T-A.
Quindi direi che vagare all’avventura non è proprio una grandissima idea ma se sai dove andare non c è pericolo, i messicani sono molto amichevoli e disponibili, sono sempre a mangiare e a far caciara, un po’ come i terroni italiani (e ai miei parenti, un saluto ai mitici). Tipo che in spiaggia si piazzano in prima fila, 4 ombrelloni, 18 sedie, svariati tavolini e cibo da sfamare un esercito, Mi casa es tu casa insomma.
THE EYES FASHION, insieme a ”Techno Intellettuale” ha incontrato St. Germain.
Insieme scopriremo quali fattori, dopo quindici anni di “apparente” inattività, hanno spinto l’artista al ritorno sulla scena con la creazione del suo nuovo album “Real Blues”.
La sua particolare visione della musica e delle proprie opere con le loro motivazioni, particolarità ed innovazioni.
Scopriremo i processi e le difficoltà che si celano dietro all’ideazione e composizione di un album di questa portata: la continua ricerca, le difficoltà, gli imprevisti, i vicoli cechi, lo studio, i viaggi e l’autoperfezionamento; ma sopratutto emergerà il concetto di amore per la musica e per i suoi suoni, la romantica dedica della dell’artista che con infinito amore immola la propria vita all’arte.
A quindici anni di distanza dal successo del tuo ultimo album “Tourist” assistiamo al tuo ritorno sulla scena con la composizione di “Real Blues”. Cos’è successo in tutti questi anni e cosa ti ha spinto a tornare proprio in questo periodo?
Tourist fu un grande successo ma allo stesso tempo molto complicato ed impegnativo, fu un’esperienza gratificante ma molto stancante da cui è stata necessaria una pausa.
In questi anni comunque ho sempre lavorato a stretto contatto con la musica: nel 2004 ho fatto uscire l’album del mio trombettista e nel 2005 tenni un grande concerto in Cina.
Il bisogno e la voglia di iniziare nuovamente quel lungo processo di studio e ricerca necessario per creare musica avvenne, però, solo nel 2006: in circa un anno avevo creato un nuovo album ma mi accorsi che il risultato era una sorta di “Tourist 2” e per questo non ero affatto soddisfatto; decisi di ricominciare da capo con il preciso scopo di introdurre delle sonorità nuove; creare qualcosa di unico.
Per raggiungere il mio obiettivo sentii il bisogno di partire alla ricerca di nuove sonorità, mi diressi quindi in Africa, ed in particolare in Ghana dove purtroppo mi resi subito conto dell’incompatibilità tra i suoni autoctoni e quelli elettronici.
Ancora una volta ripartii quindi da zero, mi diressi nel nord africa, nello stato del Mali, dove trovai ciò che cercavo tra i “cacciatori del Mali”, dei guerrieri indigeni le cui sonorità mi affascinarono incredibilmente e che subito riconobbi come compatibili con le mie.
Iniziai quindi solo nel 2009, dopo 3 anni di ricerca, la mia effettiva produzione artistica.
Ora la principale sfida fu trovare musicisti in grado di riprodurre queste particolari sonorità, il mio desiderio era ovviamente quello di mantenere i miei storici musicisti ma essi non erano logicamente in grado di riprodurre fedelmente suoni tanto complessi, non convenzionali e nuovi; decisi quindi di integrare al gruppo dei musicisti africani con i loro tipici strumenti malesi.
Perché la scelta di questa nazione, perché il Mali? Cosa ti ha musicalmente catturato? È possibile vi sia stato un influsso dato dalla grande presenza di questo popolo sul suolo parigino?
No resta una questione puramente di gusto personale.
È una scelta derivante dall’esperienza vissuta con questi musicisti: è necessario vederli e sentirli suonare per poter comprendere, questo è infatti anche il motivo per cui saranno presenti nei live, noterete che possiedono una tecnica, a cui non siamo abituati, totalmente diversa da quella europea.
La scelta è stata fondamentalmente dettata da ciò che ho visto in loro nel momento in cui suonavano, ne sono rimasto ammaliato.
Quali sono i principali strumenti presenti in “Real Blues”?
Principalmente due: La “Kora”: una piccola arpa malese un po’ più stretta di quella convenzionale e “l’Ongoni”, una piccola chitarra allungata fatta con la pelle di capra avente 5 corde.
Siamo molto incuriositi dalla copertina dell’album, qual’è la storia di questa maschera?
Abito nel quartiere di Montmatre, a Parigi; una mattina, uscendo di casa, mi imbattei in un’installazione artistica: una maschera, da quel giorno iniziai a ritrovarla in giro per il quartiere, ne restai molto affascinato e decisi quindi di conoscerne l’artista.
Una volta entrati in contatto ed instaurato un rapporto decisi che sarebbe stata un’ottima soluzione per la copertina del mio album, gli feci quindi fare un calco del mio volto.
Cosa provi all’idea di tornare sul palco? Come sarà organizzato?
Sul palco saremo io e sette musicisti, come ho detto, i miei storici di “Tourist” e quelli africani. (sorride) Al momento sono ancora un po agitato all’idea e non posso dire di essere totalmente pronto all’esperienza ma lo sarò presto! Sono davvero molto felice di iniziare quest’avventura!
Come sei riuscito a non piegarti alle regole del mercato? Ci vuole coraggio per ricominciare da capo, ricercando una propria visione della musica e della sua perfezione tramite viaggi e ricerca.
Questo è il mio modo di lavorare, credo sia anche l’unico per un prodotto di qualità, Tourist ha funzionato esattamente per questo, ho utilizzato lo stesso metodo; il prodotto deve innanzitutto assomigliarmi, mi deve appartenere ed io per primo ne devo essere soddisfatto.
Il mercato musicale europeo è inoltre ormai troppo densamente popolato e le sonorità tendono a ripetersi, è difficile imbattersi in qualcosa di fondamentalmente innovativo ed è questo che ho cercato di evitare.
In effetti la scena artistica elettronica europea si è evoluta molto negli ultimi quindici anni, è ormai sempre meno di nicchia e possiamo dire stia raggiungendo livelli di distribuzione immensi, credi questo possa in qualche modo influenzarti da produttore?
Sicuramente oggi è più facile per tutti provare a produrre ed entrare in contatto con questo mondo ma questo non ha assolutamente intaccato il mio modo di farlo, credo che per un buon prodotto siano necessari tanto tempo, tanto studio e molta fatica; mi ci sono voluti dieci anni per raggiungere le sonorità che cercavo.
Effettivamente l’industria musicale oggi impone tempi più stretti a discapito della qualità, fortunatamente io ho il privilegio di poter lavorare in un certo modo e con i miei tempi, resto quindi, alla fine, indipendente dalle pressioni del mercato in funzione di un prodotto che sia, prima di tutto, di alto livello per me.
Ti facciamo un’ultima domanda: hai qualche consiglio da offrire a neo-produttori che sognano di far conoscere la loro arte?
É una domanda complessa, non ho consigli particolari se non la consapevolezza della mole di lavoro, della sua difficoltà e dei numerosi fallimenti, credo comunque la qualità fondamentale sia l’onestà; è fondamentale essere sempre sé stessi per essere innovativi ed in grado di distinguersi, io stesso i primi anni gli ho vissuti nel mio studio a lavorare tutto il giorno.
È inoltre normale, all’inizio, prendere ispirazione e copiare dagli altri artisti ma solo per perfezionarsi; poi bisogna portare sé stessi nella musica, altrimenti non vi sarà mai un livello artistico degno di questo nome.
Oggi vi parliamo di una cosa accaduta nei giorni scorsi, che sicuramente avrete letto sui principali siti di notizie, e della quale ci sembrava d’obbligo dire anche la nostra. La modella svedese Agnes Hedengård, ha deciso di denunciare con un video l’industria della moda, che dopo cinque anni di carriera, ha iniziato a definirla ”troppo grassa per i clienti, e le agenzie”.
Oltre ad essere completamente ammaliati dalla bellezza disarmante di Agnes, sembra che rispetto a qualche anno fa, nella moda, non sia cambiato proprio niente. Anzi, sembra proprio che i canoni di bellezza che vengono ricercati, siano sempre gli stessi per cui 450.000 ragazze (solo in Italia) si ammalano di anoressia.
Modelle troppo magre e vestiti troppo stretti, sembrano lontani gli anni delle vere top model, che venivano riconosciute non per le loro scapole, ma per le curve mozzafiato che disegnavano il loro corpo.
Il messaggio che cerca di diffondere Agnes è più che importante, e dovrebbe essere ripetuto almeno una volta al giorno: ama il tuo corpo. Poche semplici parole, ma di una grande verità.
Sperando di vederla presto di nuovo sulle passerelle, supportiamo la battaglia di Agnes Hedengård.
7 palchi, attrazioni e una line up del calibro di: Franz Ferdinand & Sparks, Interpol, Paul Kalbrenner, Simple Plan, Jack Savoretti, Vittoria And The Hyde Park etc. Sembra un qualsiasi festival europeo, invece, è l’HOME Festival di Treviso, Italia.
Ormai uno dei festival più importanti d’Europa, e il primo in Italia, l’HOME, è giunto alla sesta edizione, nonché la più grande mai stata fatta.
Non solo grandi artisti, ma anche grande organizzazione, che con lunghi mesi di pianificazione, è riuscita a dare all’Italia, un festival che nulla ha da inviare a Bonaroo, Coachella, o a qualsiasi altro grosso festival. Basti pensare al prezzo: 15 euro.
Ecco qualche momento rubato dalla lente di Alessandro per The Eyes Fashion.
Si scrive Daniele Basso, si legge ARTE.
E’ con tanto sudore e fatica che un artista italiano, è riuscito a rivoluzionare il concetto di arte diventando uno degli artisti più stimati del mondo.
Da Piazza Vittorio di Torino alla Ca’ d’Oro Gallery di New York, le sue opere, di rilevanza internazionale, dai primi del 2000, affascinano svariate parti del mondo, donando stupore e sorrisi a ogni singola persona che ha la fortuna di trovarsi davanti.
Ultima tra queste ”COKE IT’S ME”, rivisitazione della storica bottiglietta di vetro marchiata Coca Coca, in occasione dei 100 anni in commercio della mitica bibita statunitense, e per l’occasione, esposta per tutta la durata di Expo, nel padiglione Coca Cola, a Milano.
Per lavorare nell’arte, in che modo bisogna viverla? Credo sinceramente che quando saprò con certezza rispondere a questa domanda, sarà il giorno che deciderò di smettere di fare arte… L’arte mi da emozioni ogni giorno nuove. Mi aiuta a mettere a fuoco punto dopo punto la mia ricerca, destinata a non approdare a nulla di certo, del senso della vita. E’ l’incentivo a lavorare su di me per migliorare la qualità dei miei pensieri, del mio agire e quindi del mio lavoro. Non esiste un modo di viverla, ma solo la voglia ed il coraggio di viverla davvero. Di non risparmiarsi gioie e delusioni. Di esercitare il nostro senso critico non solo in negativo ma soprattutto riconoscendo la grandezza universale ed il significato di certi gesti. D’altronde le brutte esperienze il tempo le cancella, preservando il bello e quanto di positivo la vita, e l’arte che ne è la massima espressione, ci riserva.
Qual è la tua filosofia?
Io credo nella responsabilità etica di qualunque gesto. E soprattutto dell’immaginazione. Attraverso l’arte immaginiamo il futuro dalla società e dell’umanità. Ne tracciamo i limiti. Ne indaghiamo i valori. Ne evolviamo i significati… è un’enorme potere. Da cui deriva una grande responsabilità. Sognare bene ci aiuta a vivere meglio… Allora m’ispiro alla contemporaneità e provo a tradurre in gesto dei messaggi, per regalare emozioni e un’occasione per riflettere su passato, presente e futuro. I miei lavori sono come progetti incompleti, in cui ognuno vedendo la propria immagine riflessa, può sentirsi partecipe, e che tutti possono terminare con la forza dei propri sogni… Sono frasi aperte in cerca di una fine… metafora della società che fa i conti con se stessa.
Che cosa ti ha spinto a fare diventare una passione un lavoro?
L’avvicinamento all’arte come lavoro è stato un processo lungo, attraverso diverse professioni, dall’economia, alla moda, al design attraverso la comunicazione fino alla libertà espressiva dell’arte.
A scuola non sapevo scrivere. Poi poco per volta ho scoperto cosa avevo da dire, ed ho imparato a farlo. E’ stato lo stesso processo con l’arte. Piccoli passi che oggi mi danno una grande solidità interiore e di pensiero… Anche se comunque l’Arte non è mai un lavoro… ma piuttosto una condizione dalla quale inizialmente non puoi scappare, e poi, quando riesci a dargli una forma, diventa una motivazione inesauribile ed una forza travolgente. Emozione e vita allo stato puro. Attraverso cui trovi il senso dell’esistenza… così i tanti sforzi fatti, ad opera finita, sembrano nulla più che banali inconvenienti. Quindi alla fine direi che è stata la passione stessa!
Qual è il segreto di un’artista del tuo calibro, per trovare sempre idee brillanti per le sue opere?
Nessun segreto. Forse solo la voglia ed il coraggio di mettersi in gioco senza riserve, sempre. Ogni idea è energia. Ogni opera una sfida nuova. Anche se ci insegnano che l’importante è l’obiettivo… non dobbiamo crederci. L’importante è avere un obiettivo… è solo se si ama il percorso che si arriva in fondo. Perché un fondo non c’è mai. Per chi ama il proprio lavoro esiste sempre un nuovo traguardo da perseguire. Allora il segreto è la cosa più nota al mondo: amare quello che si fa!
Da cosa vieni ispirato quando ti metti all’opera?
Credo che dipenda dall’esigenza che ho di mandare un certo messaggio. Vivendo riscontro certi comportamenti o mi imbatto in alcune vicende che mi spingono a “dire la mia”. Che mi portano a credere nelle mie riflessioni e vederne una valenza universale. Questa è la motivazione di tutto. La vera ispirazione alla base delle mie scelte.
Com’è nata la collaborazione con Coca Cola?
Lavorare con Coca-Cola è stato come realizzare un sogno. del bimbo che c’è in me! Sono collezionista da sempre di bottiglie Contour dal mondo. Da piccolo viaggiando il gusto coca cola, anche se uguale ovunque, per assurdo, mi ricordava casa. Un gusto che ha unito concretamente il mondo intero, contribuendo all’idea che oggi abbiamo di globalità. Interpretare artisticamente la Bottiglia della Coca Cola significava indirettamente confrontarsi con la storia stessa della nostra società. Una grande responsabilità che sono felice di aver assolto in modo personale e riconoscibile… E la collaborazione è nata quando insieme al management del gruppo ad Atlanta abbiamo capito che molti aspetti del nostro lavoro avevano binari comuni. L’attenzione all’uomo, alla sostenibilità non solo del lavoro ma proprio del pensiero all’origine dei progetti. L’intenzione di operare per generare emozioni positive sulla vita. D’innovare nel rispetto delle origini… così il management di Atlanta si è rivelato il committente perfetto. Idee chiare da subito, grande libertà e voglia di ascoltare per costruire pensieri di valore. Una collaborazione entusiasmante. A conferma che dietro “grandi imprese” ci sono sempre persone di valore… Perché alla fine si lavora sempre con le persone…
Determinata, professionale e sexy. E’ questo il perfetto mix che ci ha spinto a mettere in copertina Melanie Marden: accattivante producer e attrice Canadese, che sta facendo parlare di lei negli stati uniti.
Senza troppi indugi, lasciatevi affascinare da Miss. Melanie Marden.
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s collaborator ALESSANDRO VILLA
From an idea of FEDERICO LEDDA, VANINA VIVIANI
Hair and Make Up ALESSANDRA RIZZO Styled by FEDERICO LEDDA, VANINA VIVIANI Production FEDERICO LEDDA Graphic designer CRISTINA BIANCHI, ALESSANDRO LEVATI Location BOSCOLO HOTEL, MILAN