Magazzini Generali trasformati in una dancehall: è questo il concerto di Kiesza. Dopo un opening act mozzafiato, e un’attesa quasi estenuante, tra luci, fumi e un acustica forse troppo obsoleta, eccola finalmente sul palco!
Camicia vintage Versace legata in vita, boyfriend jeans e Reebok Pupmp ai piedi, Kiesza non si ferma un attimo sfoggiando oltre a delle rispettabilissime doti canore, anche delle grandiosi doti da ballerina (questo spiega la scelta di un paio di sneaker ai piedi).
Concerto studiato nei minimi dettagli, senza nemmeno una pausa e una scaletta forse troppo sintetica, non sono però mancati i successi che hanno reso celebre la cantante canadese in tutto il mondo quali Hideaway e Giant In My Heart. Il concerto ha trovato spazio però anche per una parte acustica voce/tastiera con anche una cover di What Is Love suonata da lei stessa.
Insomma, Kiesza è davvero un talento: sa cantare, sa ballare, e sa intrattenere. L’unico ripensamento, è forse quello di un repertorio con un beat troppo simile, e una voce troppo acuta anche quando non dovrebbe, ciò nonostante, non ci ha deluso. Voto: 8.
Penso che raramente mi sia capitato di essere così interessato all’opening act di un concerto.
E’ però quello che mi è successo ieri sera allo spettacolo di Kiesza. Prima che la cantante canadese salisse sul palco, a intrattenere i presenti ci ha pensato Marianne Mirage: nuovo criptico e talentuoso talento by Caterina Caselli e Sugar, sua casa discografica, che ha saputo piacevolmente sbalordire tutti quanti.
Timidissima sul palco, lascia i convenevoli da parte per far parlare solo la sua anima, attraverso una voce mozzafiato, una chitarra tra le mani, e i suoi sintetizzatori con la quale si diverte durante il live.
Mirage si presenta con un tocco di internazionalità sia per le sue sonorità estremamente aggiornate e al passo coi tempi, ma anche per un inglese, francese e italiano impeccabili che danno spessore ai suoi pezzi, rendendola così curiosa anche per un pubblico che ascolta dance-pop come quello di Kiesza.
Siamo sinceri, per noi Marianne non è un volto nuovo, per vie traverse la conosciamo già da un mese, e il suo pezzo Come Quando Fuori Piove, risuona prima di ogni riunione della nostra redazione. Non l’avevamo però ancora sentita live, e credetemi, è sbalorditiva.
Il disco è in lavorazione, non ci resta che aspettarlo, seguendola live, cercandola su YouTube e sui vari social dove è lanciatissima.
In diretta dalla cerimonia più importante della musica internazionale, ecco i meglio e peggio vestiti dei GRAMMY AWARDS 2015.
Live from music’s most important ceremony of the year, the Grammys, here’s the best and worst drressed.
di Federico Ledda
foto Alessandro Levati
Special thanks to: Cantine Isola (via Paolo Sarpi 30)
Bianco: un’artista che sicuramente non si vergogna della sua sensibilità, anzi, la mostra come il più prezioso dei suoi averi. E’ questo che mi ha colpito del cantautore Torinese che abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo terzo disco Guardare Per Aria: disco particolarmente bello, di quelli che proprio non ti stufi mai di ascoltare talmente è scritto e prodotto bene. Insomma, album squisito che merita di essere ascoltato, compreso e cantato a squarciagola… specialmente Areoplano e Corri Corri! Oltre che cantante, Bianco vanta un posto nella squadra di Levante, dove è parte integrante delle produzioni.
Potevamo quindi perdere l’occasione di fare due chiacchiere con Bianco in carne ed ossa? Assolutamente no!
Un disco molto intimo, probabilmente il più intimo dei tre che hai pubblicato fino ad ora: come è stato scriverlo? Una liberazione?
E’ stata una liberazione, ma anche una prova con me stesso per vedere se veramente avevo capito le esperienze che ho avuto la fortuna di vivere negli ultimi anni. Diciamo che mi interessava ritornare dentro quelle storie e trasformarle in musica!
In che modo è avvenuta la scrittura del disco? Descrivici il processo
L’ho scritto tutto in una settimana e mezzo. Volevo farlo, avevo proprio l’esigenza e il desiderio di scrivere cose nuove, però avevo il blocco dello scrittore…Ho però poi traslocato in una piccola casa sperduta a Moncalieri, con un panorama davvero mozzafiato, e dopo aver montato la scrivania con il computer e il microfono, ho iniziato a scriverlo senza fermarmi!
Qual è stata la canzone più difficile da scrivere?
Non riuscivo a finire Corri Corri, motivo per cui ho chiesto a Claudia (Levante) di intervenire… Mi sono reso conto che serviva una visione femminile, stavo raccontando una dinamica di coppia, quindi mi interessava capire anche l’altra parte cosa poteva pensare, quindi ho poi chiesto a lei che parallelamente stava vivendo una situazione simile a quella del pezzo, e finalmente sono riuscito ad ultimarla!
Tu e Levante siete ormai inseparabili! Tra tournée e disco… come vi siete trovati?
Le piaceva il mio sound, e cercava qualcuno che le arrangiasse i pezzi. Dopo essere stati in studio, è partita la tournée che è durata un anno, sai, in furgone i rapporti si trasformano diventando molto più personali, tutte le inibizioni vanno a quel paese… Diventa la tua famiglia!
Ti ho chiesto prima quale canzone fosse stata la più difficile da scrivere… Quale è stata invece la più facile?
Dal punto di vista della scrittura è stata Filo d’Erba, che è venuta proprio in un secondo. E’ stata però anche la più difficile per l’arrangiamento perché avendola composta col connubio chitarra/voce, bisognava trovare una base per riempirla… Mi interessava che arrivasse a tantissima gente, e in Italia il fatto di mettere basso e batteria è davvero molto importante per raggiungere un pubblico più vasto.
Qual è invece il pezzo a cui tieni di più? Le Stelle Di Giorno, perché è una sorta di ninna nanna, anche se c’è una parolaccia di mezzo! (Ride ndr) Durante la strofa cerco di descrivere una cosa che non è proprio mia, ed è la prima volta, mentre invece nel ritornello parlo di una cosa super personale, quindi ha delle metafore che fanno da contrasto. Tuttavia è una canzone semplice, anzi è proprio LA canzone! Ci tengo molto.
Da cantante, è stato difficile abbandonare il microfono, per iniziare a suonare per qualcun altro?
Ho iniziato suonando la chitarra in un altro gruppo, quindi tornare sul palco a suonare per altre persone mi è piaciuto tantissimo perché è stato un po’ un ritorno alle origini.
Sarà difficile adesso quindi fare un concerto dove a cantare sarai tu?
Sarà difficile in quanto è difficile fare un concerto in cui canti! Non di più, e non di meno…Spero che le esperienze di questi ultimi anni mi aiuteranno ad arrivare a un livello più alto!
You can’t SEAT with Us. In molti ci hanno fatto notare il nostro ”erroraccio” nello scrivere SEAT anzi che SIT. Errore? Affatto! Il gioco di parole della nostra cover sta proprio qua: seat come insediarsi, cosa che IL PAGANTE è riuscito a fare come nessun altro prima d’ora: gruppo inizialmente nato per gioco, tra amici, è invece diventato uno dei gruppi più in voga del momento da vantare anche un contratto con Warner Music, e una fanbase in crescita esponenziale. Nonostante l’enorme successo che li ha coinvolti, questa è la prima volta che “Il Pagante” accetta di mettersi a nudo per una testata. Potevamo noi quindi farci scappare la possibilità di farli appendere le Air Max al chiodo per un paio di Cesare Paciotti? Noi ci abbiamo provato, ed ecco a voi il risultato, come direbbero loro: MINCHIA FRATE, CANNONATE!
È tutto iniziato per gioco, vi aspettavate un successo così di massa e in continua crescita? Inizialmente no! Il tutto è nato sì per gioco, ma la cosa ha funzionato da subito. Siamo felici e ansiosi di vedere che cosa il futuro ha in serbo per noi.
Quanto vi rappresenta quello che cantate? Rappresenta più il nostro passato che il nostro presente, eravamo i personaggi che descriviamo fino a qualche anno fa, oggi puntiamo a far divertire chi ci segue e chi ci ascolta.
Avete firmato la colonna sonora di “Italiano Medio” di Maccio Capatonda con la vostra “Pettinero”. Che similitudini ci sono tra le vostre canzoni e l’Italiano medio? Ci sono svariate similitudini, in primis la satira su personaggi “medi” italiani, ma anche uno slang molto particolare e originale utilizzato sia da noi che dai protagonisti del film.
Fate musica irriverente e sopra le righe: come pensate di evolvere questa cosa nel corso del tempo? Creando nuovi format, nuove idee da mettere in musica e tante altre cose che vedrete molto presto, stay tuned!
Quali sono i posti più belli dove avete avuto il privilegio di esibirvi? Abbiamo avuto la fortuna di esibirci in location spettacolari e pluriblasonate, ad esempio l’Aqualandia di Jesolo, la Casa Della Musica di Napoli, Il Supersonic Music Arena di Treviso… Club rinomati come il Piper di Roma, lo Yab Di Firenze, il Made Club di Como, il Celebrità di Novara e molti altri, senza dimenticarci del suggestivo boat party in Croazia!
Siete in tournée: qual è l’esperienza che più ricordate con piacere? Il ricordo più bello in tournée sono sicuramente le date estive, in giro tutti insieme con il nostro super furgone! I live all’aperto sono tutta un’altra cosa! Piscine, parchi acquatici, qualcosa di unico. L’esperienza più bella rimarrà sempre il primo sold out a Milano, l’affetto di casa ha sempre un qualcosa in più.
Avete una fan base che sta crescendo sempre di più: qual è la cosa più strana che un fan ha fatto per voi? La cosa più “strana” che al momento ci viene in mente è sicuramente aver visto alcuni fan piangere per noi. Abbiamo visto anche tatuaggi, video estremi di vario genere e cose che non si possono proprio raccontare! (Ridono ndr)
Chi è il vostro pubblico? Il nostro pubblico si divide in 2 rami: c’è chi riconosce l’ “ironia” contenuta nel nostro messaggio e, pur sentendosi chiamato in causa si diverte lo stesso, e chi invece crede che siamo gli stessi dei video quindi si rivede in ciò che fa ogni sabato sera. A livello di target invece chiaramente la nostra orbita è molto giovane, dal liceale al neo-universitario, ma non escludiamo il fatto che ci sia anche qualche caso “fuori quota”.
Quale accessorio non deve mancare quando siete sul palco? Come definireste il vostro stile? L’accessorio che non deve mai mancare sono sicuramente gli occhiali da sole! Per il resto Il Pagante segue sicuramente la moda, cercando magari l’outfit estremo per spiccare sugli altri paganti, ma non si parla mai di controtendenza.
Qual è secondo voi la chiave del successo? La chiave del successo nessuno saprà mai qual è… Nel nostro caso penso abbia vinto la “spontaneità” della situazione, il fatto che non sia mai stato un progetto ideato “a tavolino” ma che sia sempre venuto tutto con naturalezza e facendo ciò che ci riesce meglio, divertirci.
Cosa dite a chi vi ama? E’ grazie a loro se siamo arrivati qua, non smetteremo mai di ringraziarli.
E a chi vi odia? Grazie anche, anzi, soprattutto a chi ci odia! Quando vi accorgerete che senza di voi, noi non saremmo mai esistiti sarà troppo tardi.
Quali sono i vostri prossimi progetti? E’ inutile nasconderlo ormai abbiamo in cantiere il progetto di realizzare un vero e proprio album, siamo al lavoro per far si che Il Pagante si espanda in tutte le città d’Italia cercando di interagire con più persone possibili per rendere ancora di più tutto un vero e proprio tormentone!
Photographer ALESSANDRO LEVATI
Photographer’s collaborator ALESSANDRO VILLA
From an idea of FEDERICO LEDDA, ALESSANDRO LEVATI, JOHNNY DALLA LIBERA
Hair ADRIANO CATTIDE
Make up EMANUELA CARICATO
Styled by FEDERICO LEDDA
Fashion Collaborator GIULIA FALZONI
Production ALFREDO TOMASI, JOHNNY DALLA LIBERA
Graphic designer CRISTINA BIANCHI
Location IL GATTOPARDO (Via Piero della Francesca, 47 – Milano)
Se pensate che ora aggiungerò qualcosa del tipo «Ma sono passati di moda!» sbagliate di grosso: non è questo l’argomento. Piuttosto parliamo di chi, da vera fashion victim, compra tutto quello che vede addosso a Cara Delevingne pur essendo alta un metro e un barattolo e avendo una quinta di reggiseno.
Cara fashion victim, lo so che tu sai tutto ma proprio tutto sulle tendenze più cool del momento, ma hai mai pensato anche solo per un momento che, dal tuo metro e cinquanta di altezza, i tronchetti che indossi non potranno mai avere l’effetto che hanno su Naomi Campbell? E che, tutt’al più, potranno farti assomigliare a un Umpa Lumpa? E se, per una volta, provassi a individuare e valorizzare i tuoi punti di forza, invece di tirarti la zappa sui piedi comprando tutto quello che vedi addosso alle scheletriche modelle di Prada? Mettiti bene in testa che, se una cosa va di moda, non vuol dire che automaticamente stia bene a tutte. Un esempio? Io adoro le scollature a V, quelle che mettono in risalto un bel seno prosperoso, ma poiché la mia taglia di reggiseno si aggira intorno alla 0+, il risultato non è quello che otterrebbe Beyoncé; a malincuore evito il capo e mi limito ad ammirare le mie amiche più formose indossarlo. Triste, penserai. Beh, non del tutto: io posso permettermi le scollature vertiginose sulla schiena e quelle verticali che arrivano all’ombelico e che non prevedono un reggiseno, o anche gli scolli all’americana, che le fanciulle prosperose non potrebbero mai mettere senza sembrare dei davanzali porta fiori. Insomma, a ciascuno il suo. Ecco allora qualche breve dritta per evitare di mettere in risalto i tuoi difetti fisici [perché ammettiamolo, tutte ne abbiamo]:
Se hai il fisico “a clessidra” [vita sottile, seno e fianchi prosperosi]:
No ai capi dalle linee dritte [camicie larghe, caftani, etc] Sì ai capi che mettono in risalto spalle e punto vita
Se hai il fisico “a mela” [punto vita poco marcato, spalle larghe e fianchi stretti]: No alle magliette con righe orizzontali e a tutto ciò che appesantisce visivamente la parte superiore del corpo Sì a ciò che mette in risalto le gambe, in modo da slanciare la figura
Se hai il fisico “a pera” [spalle strette, torace minuto, fianchi e glutei accentuati]: No a shorts e pantaloni attillati con fantasie e stampe colorate Sì agli abiti ad “A”, alle scollature a barchetta e alle gonne morbide
Se hai il fisico “da insetto stecco” [poco seno, fianchi stretti, fisico androgino]: No agli scolli a V e agli “abiti-sottoveste” con le spalline sottili Sì alle fantasie, alle righe e agli scolli all’americana
Detto ciò, sei chiaramente libera di metterti quello che vuoi [condoglianze a chi vedrà una fanciulla taglia 48 strizzata in leggings push up COLOR CARNE taglia 42], ti lascio solo con una domanda su cui riflettere: se un giorno la tua icona di stile uscirà di casa con le mutande del nonno in testa, farai lo stesso? Non sarebbe meglio iniziare a pensare con la tua testa?
Sono passati pochi mesi dalla prima intervista ma, nel frattempo, sono successe moltissime cose.
Prima fra tutte: il 1 Dicembre 2014 siamo diventati “The Eyes Fashion”! Era dunque necessario contattare di nuovo la nostra amica Loop Loona e chiederle come sta procedendo la sua vita e la sua carriera.
Dall’ultima volta che ci siamo incontrati cosa è cambiato per Loop Loona? Sono più consapevole, dopo tanta attesa finalmente l’album è uscito…ormai sono quasi sei mesi! Ha ricevuto ottime critiche e tutto ciò è servito ad allargare il mio pubblico ed a consolidare la mia “fan base”. Non puoi immaginare quanto io sia contenta che piaccia alla gente…a volte mi fa commuovere quello che mi scrivono.
Come sta andando l’album? Il tour? Bene, molto bene. Sto avendo buoni riscontri…contando i pochi mezzi con cui è uscito, abbiamo fatto passi da gigante. Ho suonato in molti posti, ora penso che mi fermerò per un po’ per poi riprendere più avanti. Ma qualche data spuria forse uscirà, staremo a vedere.
Negli ultimi tempi stanno apparendo molti rapper nella scena italiana, lanciati soprattutto dai talent show… Che ne pensi di questo fenomeno? Andrebbe incoraggiato o fermato? Non credo che un genere come il rap possa avere un buon posto all’interno di questi format ma non ho nulla contro chi vuole partecipare e tentare la fortuna. Anche io sono stata contattata da uno di questi programmi…ma non è una cosa per me, non mi sarei sentita a mio agio.
Secondo te il vincitore di un talent può poi avere successo con un genere musicale come il rap nel nostro paese? Dipende dalla persona, dall’artista. Uno come Moreno è riuscito ad avere successo. È passato da 0 a 100. Altri invece non ce l’hanno fatta.
Pensi che questo fenomeno sia solo una moda passeggera o credi che l’Italia sia pronta per questo nuovo genere? Penso che per adesso sia di moda ma penso anche che ormai il rap abbia guadagnato il suo posto all’interno del panorama musicale italiano, quindi, se ci saranno artisti capaci, continuerà a essere un genere di spicco.
C’è un nuovo album o delle nuove canzoni in programma? Vorrei cominciare a lavorare a nuove cose. Devo ancora però decidere la strada da intraprendere…soprattutto a livello di produzioni.
Da Ice Fashion siamo diventati The Eyes Fashion: nuovo nome, nuovo sito, nuovo taglio e nuovi contenuti. Non potevamo però non rispettare una tradizione: i meglio e i peggio vestiti. Ce li avete chiesti in tanti ed eccovi accontentati: i meglio e i peggio vestiti (#BestAndWorstDressed) dalla recente settimana della moda maschile per l’Autunno-Inverno 2015.
From Ice Fashion we became The Eyes Fashion: new name, new website, new cut and new content. We must, however, follow a tradition: the best and worst dressed. Lot of people asked about them, so: the best #BestAndWorstDressed from the recent men’s fashion week for Autumn-Winter 2015.
Fisicità, dinamismo ed energia. Questi sono i tre elementi fondamentali della collezione Autunno Inverno 2015/16 firmata DIRK BIKKEMERGS ispirata al free climbing. Bikkembergs in questo modo conferma ancora una volta la sua #SportyAddiction, dedicata a un uomo (e a una donna) determinati a conciliare lo sport con la moda per apparire sempre al meglio e in modo sofisticato.
La collezione si presenta con una grande attenzione ai dettagli e con un’insolita protagonista: l’imbracatura da arrampicata, che, reinterpretata in chiave glamour, diventa l’accessorio predominante del prossimo autunno inverno. I materiali come la pelle vengono mischiati a tessuti più tecnici per sottolineare l’ispirazione sportiva e dinamica dei capi che spaziano da tonalità come il verde al dark blu, dal mélange al bluette fino ad arrivare alle stampe rosa e azzurre di grande impatto.
Sporty chic è sicuramente il termine giusto per definire questa collezione che sa spiazzare da capi più tecnici a capi più fashion con il nero eletto come colore della sera: formale ed elegante.
L’uomo Bikkembergs è più determinato che mai a farsi strada tra lo sport e l’eleganza confermando ancora una volta di essere i pionieri dello Sport Couture.
Ennio Capasa fa sfilare gli angeli. È proprio questa la leggerezza che si respira alla sfilata Fall Winter 2015/16 firmata CoSTUME NATIONAL. Leggerezza sì, ma studiata nei dettagli.
“Dancing With An Urban Angel“, questo il titolo della collezione che inaugura la ricerca del brand a un gusto maschile più ricercato e meno banale. Ricerca che inizia basandosi sui toni turchesi, grigi e cammello. Cambia la forma della giacca, i pantaloni diventano super skinny e le scarpe ankle boots per ricordare la contaminazione rock che caratterizza da sempre il brand.
Interessanti sono i cappotti over con le piume applicate che rimandano alle ali degli angeli. Per vivere un angelo non ha solo bisogno di volare ma anche di splendere, ecco quindi il ritorno del velluto su abiti e giacche.
La ricerca dell’uomo nuovo sta iniziando a portare i suoi primi frutti e ancora una volta Capasa non delude mantenendo la stessa freschezza sofisticata e, ovviamente rock.
Folla inimmaginabile per Paris Hilton che per la prima volta in Italia sceglie la settimana della moda maschile e in particolare il club Just Cavalli per un suo dj set.
Dire che il locale era sold out servirebbe solo in parte a descrivere la quantità della gente che è accorsa all’evento: immaginatevi gente arrampicata ovunque e aggrappata a a qualsiasi cosa per catturare uno scatto della bella bionda alle prese con il mixer.
Posizione davvero insolita, quella da deejay per Paris Hilton che dopo aver provato quasi ogni carriera ha deciso di buttarsi nell’ambito dei deejay. La domanda è: ha iniziato per passione, per noia, o per cavalcare la cresta dell’onda? In ogni caso Paris in versione deejaypiace alla gente, che balla no stop fino alle 5 del mattino a ritmo di pezzi commerciali mixati un po’ a caso, suscitando però sempre grande entusiasmo.
Se vi state chiedendo di quale film che non vi siete mai minimamente inculati andremo a parlare oggi, dovreste riformulare la domanda. Niente film sconosciuti, malati e assurdi. Oggi un colossal; alla fine abbiamo appena passato le feste, non posso mettermi a parlare di Cronenberg con gente che beve il brodino facendo quel fantastico rumore di risucchio. Meglio spostarsi su qualcosa di più commerciale. Gravity.
Diretto da Alfonso Cuarón, interpretato quasi esclusivamente dai due protagonisti, Sandra Bullock e George Clooney, è riuscito ad aggiudicarsi ben 7 oscar. L’unica cosa che mi sfugge è come sia possibile che un film che è stato giudicato come il film con la miglior regia, la miglior fotografia, il miglior montaggio, la miglior colonna sonora, il miglior sonoro e il miglior montaggio sonoro sia stato giudicato peggiore di “7 anni schiavo”; ma non addentriamoci troppo nei meccanismi dello spettacolo, in fondo di questi tempi va così di moda essere antirazzisti.
C’è comunque da specificare che il film non ha ricevuto solo lodi, ma anche aspre critiche, soprattutto riguardanti il lato scientifico. In effetti non bisogna essere degli scienziati per capire che sotto una tuta da astronauta non ci si mette solo una fantastica canottiera scollata e degli aderentissimi pantaloni candidi (una che è stata nello spazio non so quante ore, dove m***hia ha pisc***o?!?). E qua il discorso è molto meno banale di quanto sembra: in effetti un film del genere, non può essere solo un film di fantasia, perché cerca di raccontare una storia verosimile con elementi contemporanei. Però non è neanche una storia di fantascienza, non è un film grottesco, tutto deve essere credibile e verosimile. Chiaramente il film deve rimanere intrattenimento, non deve essere un documentario scientifico, ed è qui che è difficile adottare un compromesso, una non semplice scelta da parte della regia. Ma purtroppo il regista non ha molta scelta. Se questa è la trama, così deve andare. Non si può rinunciare a determinate scene. Quindi, a parer mio, in questo caso lo sforzo lo deve fare lo spettatore. In poche parole l’unica cosa che deve fare è sorvolare su certe cose, non fa nulla se l’Hubble e la stazione spaziale internazionale hanno orbite differenti di 150 km, o se ci vogliono anni e anni di addestramento per riuscire ad atterrare con uno sconosciuto modulo spaziale cinese. Coleridge coniò il termine “sospensione dell’incredulità” appunto per descrivere questo fenomeno. In poche parole, frega nulla a nessuno della velocità dei detriti, l’importante è farsi coinvolgere. E questo è possibile solo grazie all’incredibile mix di immagini e suoni creati da Cuaròn. Non si fa alcuna fatica ad ignorare gli aspetti scientifici, perché si è troppo impegnati a rimanere in ansia per la Bullock, ad ammirare le magnifiche aurore boreali, a rimanere sorpresi per gli inaspettati colpi di scena.
Il film riesce a essere credibile nel suo complesso nonostante le imperfezioni scientifiche, che non è cosa facile, anzi. Probabilmente sarebbe molto più facile consultare Piero Angela, con una piccola intervista a Nespoli, e fiù, ecco un bel documentario. Invece no, Gravity è qualcosa di più, riesce a essere arte. Riesce a tenerti incollato allo schermo, con il cuore che batte, riesce a farti provare sentimenti veri e intensi. Il mix di fotografia e sonoro è secondo me qualcosa che ha davvero pochi precedenti. E soprattutto, riesce ad essere un film per tutti (o quasi), cosa non facile per film che si elevano rispetto alla calma piatta dei cinema italiani (e non). Da vedere.
Argomento nuovo e insolito per THE EYES FASHION. Il mondo dei Tatuaggi. Ho sempre ammirato chi è tatuato, perché riesce a vedere il proprio corpo come una tela, e riesce ad usarla come tale senza vergogna, senza paura dei pregiudizi. Durante il celebration party dell’anniversario dei primi venti anni della Milano Tattoo Convention, mi sono imbattuto in una ragazza minuta, molto colorata, che non passa inosservata.
Il suo nome è Amanda Toy, ed è e una delle tatuatrici più famose e rinomate al mondo. Ha viaggiato e lavorato in posti come San Francisco, e Londra tatuando i più famosi rapper della scena ed è uno dei principali volti della prossima Milano Tattoo Convention che avrà luogo dal 6 all’8 febbraio presso il centro congressi Quark Hotel,
Non potevamo perderci un’intervista con lei: Amanda incarna perfettamente l’essenza di The Eyes Fashion, riuscendo a portare in un mondo ”scuro”, per via dell’inchiostro, originalità, armonia e tanto colore.
Come nasce Amanda Toy?
Ho iniziato diciotto anni fa, a Genova, casa mia. Dopo mi sono trasferita a Trieste, dove per tredici anni insieme al mio ex fidanzato, ho avuto uno studio che era diventato un punto di riferimento non solo per il nord-est, non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa, in quanto molta gente ci raccontava di prendere l’aereo apposta per venire a farsi tatuare da noi, grazie anche allo stile che contraddistingue sia me che lui. Dopo appunto, esserci separati, mi sono trasferita a Milano, dove ho aperto il mio studio Toy Tattoo Parlour e dove proseguo nel raccontare attraverso i disegni quello che non dico attraverso altre forme d’arte. Diciamo che il Tatuaggio è per me una forma d’arte che mi permette di raccontare quello che non riesco attraverso le parole.
Crescendo e acquisendo una certa maturità, è stato difficile mantenere il tuo stile?
E’ stato difficile perché devi sempre impegnarti al massimo perché la gente da te si aspetta il meglio, e non puoi deluderli. E’ stato anche difficile perché nel corso degli anni potevo rischiare di fossilizzarmi proprio sugli stessi disegni, mentre invece ho cercato di evolvermi mantenendo un filo conduttore nel mio lavoro, cercando però di cambiare soggetti . E’ stato complesso, ma spontaneo e rigenerante.
Hai iniziato negli anni in cui, almeno in Italia, il Tatuaggio era un po’ un Tabù
Ci sono state altre generazioni prima di me, che hanno vissuto questo in prima persona. Diciamo che io sono arrivata nel momento in cui era difficile procurarsi l’attrezzatura, in cui c’erano meno di dieci donne a fare questo mestiere, mentre adesso si parla di oltre un migliaio. Comunque, era un’altra epoca. Non era un Tabù, ma diciamo che se andavi in giro con le braccia tatuate, la gente si girava per osservarti, mentre adesso, non è normalità, ma è sicuramente più popolare.
Cosa pensi di questa evoluzione popolare?
Come tutte le cose ha i suoi pro e i suoi contro. Sono una persona ottimista, ma viviamo in un’epoca difficile, trovo che si sia persa un po’ la magia. Viene tutto filtrato dai media come la televisione, che è un canale che sì, ti permette di entrare nelle case della gente, ma fa sì che tutto diventi più commerciale, dando quindi meno spazio all’arte e più al lato finanziario. Così come accade al tatuaggio, trovo si dia troppo spazio a fumentarlo come una moda e poco come forma d’arte. Ma come ti ho detto sono una persona ottimista, proseguo per la mia strada cercando di esprimermi al meglio cercando l’originalità in ogni pezzo.
Commercializzazione estrema quella del tatuaggio in questo momento: serie tv, film, davvero qualsiasi cosa. Avendo iniziato in un momento in cui avere un tatuaggio era quasi una vergogna, come vivi tutto questo?
Ho rifiutato di fare una serie Tv perché non volevo diventare troppo commerciale, e sono felice di averlo fatto. Il mio studio è abbastanza conosciuto, non vedevo motivo per farmi ulteriore pubblicità. Penso che questo mercato sia adesso molto saturo, anche se molti tatuatori della nuova generazione sono degni di nota. Credo però che il futuro sarà quello di tatuarsi dalle persone che brillano di luce propria avendo inventato un loro stile e non da persone che brillano di luce riflessa copiando la firma di altri.
Da dove trai ispirazione per i tuoi tatuaggi?
Trovo ispirazione da più fonti, può essere una canzone, un’immagine che vedo in un film, una stampa su una tshirt, che ovviamente non riproduco uguale, ma usando i colori che magari mi hanno colpito per un’altra creazione, può anche essere la frase di un libro. Può arrivare da milioni di cose.
Camaleontica, sorprendente, iconica. Per il ruolo di Mia Wallace, non potevamo che scegliere Justine Mattera. Solo lei sarebbe stata capace di ricoprire un ruolo così complesso con tanta eleganza.
Per quelli che non lo sapessero, Mia Wallace è la protagonista femminile incarnata da Uma Thurman in Pulp Fiction. Nel film, interpreta una tossicodipendente “moglie del capo”, ma che nonostante la sua vita poco raccomandabile, è un’immensa femme fatale capace di far innamorare qualsiasi uomo grazie alla sua classe ed eleganza. È proprio questo che ho notato in Justine quando ci siamo conosciuti: l’eleganza, e soprattutto il suo essere poliedrica. L’abbiamo vista in Televisione, l’abbiamo ascoltata in radio, l’abbiamo sfogliata nelle maggiori riviste nazionali e non, l’abbiamo vista al cinema e anche a teatro, dove, infatti tornerà dal 28 gennaio al 22 febbraio, con la commedia “Pene d’amor perdute” di William Shakespeare e diretto da Riccardo Giudici con i trench Burberry.
A Justine piace mettersi in gioco, affrontare nuove sfide, per lei nulla è scontato: motivo per cui alla nostra richiesta, non ha esitato a dirci sì, interpretando al meglio un ruolo così complesso. Ladies and gentleman Mrs. Mia Wallace.
Per quale motivo hai scelto di accettare la nostra proposta, e di diventare la nostra covergirl di gennaio?
Dopo avervi conosciuto ed essere stata colpita dal vostro talento, ho deciso di seguire il mio istinto e di buttarmi in questo progetto. E’ giusto dare spazio ai giovani!
Nella tua carriera hai fatto, e stai facendo davvero tanto. E’ stato difficile interpretare un personaggio così distante da te?
Non lo è stato! Pulp Fiction è un film che ho adorato e che conosco molto bene. Chi poi non vorrebbe essere Uma Thurman? Non che io lo sia, eh! Ma quando ho messo la parrucca mi sono immedesimata in lei, mi sono fatta trascinare dal momento, dalla situazione, dai vestiti ed ecco fatto.
Come sarebbe secondo te la giornata tipo di Mia Wallace?
Mia me la immagino come una classica ricca, snob, ma più che altro annoiata, abituata a ottenere ciò che vuole, e a cui piace divertirsi… Anche grazie all’abuso di sostanze illegali.
Invece com’è la giornata tipo di Justine Mattera?
Forse la mia è più noiosa della sua! (ride ndr).
Ho due bambini, non ho mai molto tempo per me stessa. A volte capita che dopo averli accompagnati a scuola, vada in qualche showroom a scegliere alcuni abiti, o faccia delle interviste in televisione, o che magari se è sera, vada a fare da vocalist in qualche locale. Adesso invece sto facendo le prove per ”Pen D’Amor Perdute” di Shakespare, che debutta tra poche settimane al teatro Caboto di Milano, quindi, anche le prove dello spettacolo fanno parte della mia giornata.
A proposito di teatro, adesso ti appresti a tornarci con ”Pene D’Amor Perdute” di William Shakespeare…
Sì, è un progetto sperimentale che mi ha colpito sin da subito. Diciamoci la verità, Shakespare a teatro non vende, a meno che non ci sia Al Pacino ad interpretare Riccardo III, o un personaggio simile. Però ho pensato che quando mai mi sarebbe ricapitato di prendere parte in Italia ad un’opera di William Shakespeare? Penso mai nella vita, quindi ho accettato. Negli Stati Uniti ho avuto occasione di recitare in lingua originale in opere come Macbeth e La Tempesta, mentre invece questo è lavoro meno conosciuto… Una sorta di commedia light, rivisitata in chiave ironica, fashion, ma di spessore. Io interpreto la Principessa di Francia, che ha studiato negli Stati Uniti… proprio come me! (ride ndr)
Sei anche impeccabile in fatto di moda, infatti hai messo una grande impronta nel nostro shooting. Quanto la moda influisce nella tua vita?
La moda mi diverte, mi da modo di esprimermi quotidianamente. La prima impressione, alla fine, è basata su quello che indossi, quindi è importante essere impeccabili, ma rimanendo sé stessi. Mi piace definirmi una ”freak” perché mi piace divertirmi indossando cose che la gente non si aspetterebbe. Non mi piace essere prevedibile.
Negli scatti ti vediamo sempre con un bracciale nero, cos’è di preciso?
E’ il mio Beurer Activity Tracer, un sensore di attività a bracciale che registra ininterrottamente l’attività fisica e monitora la qualità del sonno che posso poi controllare con un app direttamente sul mio Smartphone!
Così distanti ma così unite, con la parrucca addosso ho difficoltà a ricordarmi che in realtà sei Justine e non Mia Wallace. Qual è un aggettivo che ti unisce a lei, e uno che ti differenzia?
In comune abbiamo la consapevolezza di chi siamo… l’essere sexy. Mi differenzia il fatto che io non mi drogo, non mi sono mai drogata, e a differenza sua, non sono sposata con un Gangster!
Quentin Tarantino è un regista che presta molta cura alla parte sonora del film… Alle colonne sonore. Quale secondo te, dovrebbe essere quella giusta per il nostro servizio?
Noi abbiamo usato quella originale del film, che secondo me è stata una parte fondamentale per ricreare il mood originale che si respirava sul set. Se ne dovessi scegliere una, Girl You’ll Be A Woman Soon degli Urge Overkill.
Photographer ALESSANDRO LEVATI
From an idea of ALESSANDRO LEVATI, JOHNNY DALLA LIBERA, FEDERICO LEDDA
Make up YLENIA MOLINARI
Styled by FEDERICO LEDDA, JUSTINE MATTERA
Production JOHNNY DALLA LIBERA, VANINA VIVIANI, ALESSANDRO VILLA
Backstage video ALESSANDRO VILLA
Graphic designer FILIPPO MANELLI
Location DRIVER INDOOR PARK (Via Pasquale Paoli 114, – Como)
Il Natale è arrivato e si è fatto anticipare dall’atmosfera che lo introduce: strade e balconi illuminati, addobbi, canzoni, regali e la neve!
Ah no! Ma così come la rondine non fa primavera, la neve non fa il Natale!
Nel mio Natale da #addicted devono esserci ben altre simbologie oltre alla neve!
Ammettiamolo non è Natale senza JingleBells ed i vari canti tradizionali Natalizi, nonostante arrivino dalle culture occidentali USA perché oltre ai film dai quali veniamo inondati ogni anno i grandi artisti pop ci hanno regalato delle vere perle da appendere al nostro albero.
C’è anche un ordine cronologico da rispettare nelle canzoni. Devi iniziare ricordando il tuo “Last Christmas” poi lasciarti trasportare dallo spirito di “Jingle Bells Rock” mentre stai “Rocking Around The Christmas Tree“. Non ti resta che guardare fuori dalla finestra ed aspettare un “White Christmas” e semplicemente esortare un “Let It Snow“!
Guardando i regali e le persone vicine a te devi considerare chi davvero è importante per te perché “All I Want For Christmas Is You” e dopo la compagnia, lo scambio dei regali e dei brindisi devi andare a letto perché “Santa Claus Is Coming To Town“!
Una volta arrivato finalmente il Natale allora non resta che augurare a tutti un “Happy Xmas [War Is Over]” (quella di John Lennon per intenderci) and a happy new year!
di Luca Rivolta
La Ballata dell’odio e dell’amore è un film di Álex De la Iglesia, vincitore del Leone d’Argento per la miglior regia, nonostante in Italia, come capita spesso e volentieri, non è stato neanche proiettato nella maggior parte delle sale.
Il film è ambientato durante la dittatura di Francisco Franco, (il contesto ha un ruolo fondamentale nella vicenda), ed è principalmente una storia di un intreccio amoroso tra due clown e una trapezista.
Concedetemi una piccola premessa: odio i clown. Oddio, non è che li odio proprio, è che mi fanno cacareaddosso, un misto di paura e schifo, una cosa strana. Il film è un horror grottesco mascherato da una storia d’amore malata. Quindi vi lascio immaginare la difficoltà. Ma se ci son riuscito io potete farcela tutti, non temete.
Il film inizia con una scena davvero di forte impatto: durante la guerra civile spagnola, un generale entra in un circo arruolandone tutti i membri per combattere le milizie fasciste. Il clown, armato solo di machete, ne uccide a decine. È il classico film che solo per la potenza delle immagini convince fin dal primo minuto. Senza spoilerare niente, vi anticipo solo che la storia si sposta poi qualche anno più avanti, quando il figlio, diventato un pagliaccio triste, a differenza del padre che era un pagliaccio felice, entra a far parte di un circo. Il suo ruolo sarà quello di spalla al pagliaccio felice, punto di forza del circo. Banalmente, si innamorerà della sua fidanzata, e sempre banalmente verrà subito a galla la vera natura del pagliaccio felice, infinitamente violenta. Da qui in poi la pellicola si stacca completamente da ogni senso logico, elevandosi a qualcosa di assolutamente grottesco e surreale. Il triangolo amoroso verrà vissuto da tutti in modo più che malato.
Non mancano scene di violenza che sfiorano il macabro, le stesse azioni dei protagonisti, perdono completamente qualsivoglia senso razionale. Certo, bisogna essere amanti di questo genere, ma il film, sotto questo punto di vista è davvero sublime. Trovo che sia davvero difficile far combaciare elementi che un senso razionale non ce l’hanno, invece De la Iglesia ci riesce perfettamente. È davvero un film che regge, dall’inizio alla fine. Anche nel finale, fino all’ultimo secondo, sarete immersi nella storia, ma allo stesso tempo confusi, e quasi schifati. La sensazione che si prova è qualcosa di molto simile a quello che prova la protagonista nei confronti dei due clown. Una sorta di seduzione… si è quasi ipnotizzati, ma anche spaventati e disorientati di fronte a tanta violenza e malinconia. Iglesia gioca molto sulla contrapposizione pagliaccio felice e pagliaccio triste, sia nella contrapposizione tra i due, che nel conflitto interiore degli stessi. Una frase riassume a parer mio tutto ciò in modo molto esplicito, quando il pagliaccio felice ammette che se non fosse stato un clown, quasi sicuramente sarebbe diventato un assassino. L’altro lato secondo me degno di nota è la critica al regime fascista che opprimeva la Spagna in quegli anni. Quando si parla di questo argomento, è molto facile sfociare nel banale; sì, sì, nazi-fascisti cattivi, povera gente comune bla bla, tutte cose già viste un milione di volte. Qui invece si nota una critica perfettamente esplicita ma per nulla banale. Iglesia non cerca di andare in profondità, non esplora nuovi punti di vita. Principalmente dice anche lui “fascisti cattivi”, ma lo fa prima di tutto intrecciandolo con la storia, anche se di fatto non c’entra nulla, e principalmente lo fa in modo malato. Riesce a tenersi sul grottesco anche dall’inizio alla fine.
Sugli altri aspetti tecnici non mi soffermerei molto. Sì, tutto molto curato, la colonna sonora aggiunge drammaticità al tutto, cosi come il trucco, le location. Attori impeccabili, come quasi sempre accade quando sono seguiti da un bravo regista. Nota di merito alla fotografia: la maggior parte delle scene sono davvero devastanti, un fortissimo impatto visivo.
Come al solito è difficile descrivere a parole certe sensazioni, ma vi assicuro che è assolutamente qualcosa da provare.
di Federico Ledda
foto di Alessandro Levati
translated by Johnny Dalla Libera
Forse non tutti in Italia conoscono i Saint Motel, ma tutti hanno sentito almeno una volta la loro hit “My Type“!
E’ davvero impossibile entrare in un posto senza sentirla: bar, centri commerciali, sigla di programmi televisivi, My Type con il suo ritmo travolgente ed estivo, fa divertire e innamorare l’ascoltatore il quale poi, non riesce più a farne a meno.
Gruppo da ”One Hit Wonder”? No. I Saint Motel, sono sulla scena dal 2012 con il loro primo album “Voyeur” (e da allora la formazione non è più cambiata ndr), si preparano a far uscire il nuovo album, sulla scia dell’EP di ”My Type”, che già contiene pezzi davvero curiosi e interessanti quali ”Cold Cold Man” e ”Ace In The Hole”.
Abbiamo incontrato i Saint Motel in occasione del lancio del nuovo flagship store di H&M a Milano, dove siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere con A/J Jackson! My Type sta andando piuttosto bene in Italia. Cosa si prova ad essere qui?
Ciao!
E’ bellissimo! Amiamo davvero tanto l’Italia! La prima volta che siamo venuti qui, è stato un mese fa… Sembra passato tantissimo tempo! Amiamo la vostra accoglienza, sembra sempre di ritornare a casa quando veniamo qui!
Il vostro singolo si sente ovunque, ormai è una sorta di Inno qui in Italia. Quando arriverà il disco?
Uscirà presto un nuovo singolo qui in Italia, e stiamo anche lavorando al nuovo disco… Usciranno progetti dei quali sono molto contento e di cui vado fiero, sarà divertente! Per il disco penso che si parlerà di primavera/estate del prossimo anno, ma ovviamente prima usciranno anche altri singoli!
Vi esibirete alla finale di X Factor, al Mediolanum Forum di Milano, una delle arene più grandi di tutto il paese! Qual è il posto più grande dove vi siete mai esibiti?
Penso a Zurigo, ma al Forum sarà più grande! Si parla di più di diecimila persone, sarà pazzesco, non vedo l’ora!
A pleasant disclosure: Saint Motel
Perhaps not everyone in Italy knows the “Saint Motel”, but I’m sure that everyone has heard at least once their Hit “My Type”!
It’s impossible to get into a place without hearing it: pubs, radio, shopping malls, theme songs in commercials; “My Type” with its overwhelming rhythm make the listener involved into a summer, chilling and groovy feeling that everyone can’t help listening to it!
Are they a “One hit Wonder” group? NO. The Saint Motel are on the scene since 2012 with “Yes”, and they revealed they are working on the new album which will include the mainstream single that came with the EP, “My Type” adding other cool tracks as “Cold Cold Man” and “Ace In The Hole” with its beautiful lyrics. We met the Saint Motel thanks to the new H&M flagship store in Piazza Duomo in Milan, where we had the chance to have a little talk with A/J Jackson (lead vocals, guitars, keyboards)!“My Type” is doing very well in Italy, how does it feel to be here?
Hi! It feels great, we love Italy. The first time we arrived here was like a month ago and it feels like so long ago and we came back like a homecoming thanks to Italian audience’s welcome!
Your hit is everywhere, at the moment is a sort of anthem here in Italy. When is the new album coming?
Hopefully pretty soon is coming a new song here in Italy, but we’re working on the new album right now and we’re pretty excited about it; it’s gonna be fun. Probably it’ll be out for 2015 summer and some other singles before the full length album! You will be performing a gig at the Italian X Factor final rush, in one of the biggest arena in Italy: The Mediolanum Forum. Which is the biggest place where you have ever performed?
Perhaps it was in Zurich, but at the Mediolanum Forum it’ll be up there, about 12.000 people! It will be crazy, can’t wait for it!
di Federico Ledda
ph Alessandro Levati
Ci sono riuscito. Ho sentito dal vivo i Thegiornalisti.
Partendo dal presupposto che il loro nuovo disco, Fuoricampo, è davvero una droga, ci tengo a precisare che questa recensione non potrà mai essere completamente obiettiva, anche se ci proverò.
Il concerto inizia con la prima traccia dell’ultimo disco ”Per Lei”, e come vengono intonate le prime parole, parte un boato da parte del pubblico, che se pur essendo in un posto piccolo, fa sentire il suo calore come se il concerto fosse dentro una grandissima arena. Piacevolmente sorpreso il gruppo Romano ci dona, a mio parere, un grandissimo concerto. Ricco di emozioni uniche, canzoni suonate alla perfezione, e con una fanbase particolarmente coinvolta, i Thegiornalisti a stento riescono a scendere dal palco, e quando lo fanno, lo fanno per cantare insieme ai propri fan, lasciandogli addirittura il microfono. Il live prende una piega divertente e dolce, confermando un legame che unisce il gruppo al proprio pubblico da ormai anni.
Il disco vale la pena di essere ascoltato, così come un loro concerto. Dal vivo si presentano freschi e compatti oltre ad avere un’armoniosa musicalità che li rende molto affiatati.
Il gruppo sarà in Tournèe fino alla fine di febbraio, per maggiorni info: www.thegiornalisti.it
di Ludovica Borzelli (for more: http://www.belou.wtf/blog/)
Non so se vi è mai capitato di andare in palestra, guardarvi attorno e chiedervi se siete per caso finiti al circo Orfei; a me sì, soprattutto di recente. Se fino all’anno scorso la mia palestra sembrava un posto abbastanza normale, dopo l’estate si è trasformata nel covo dei personaggi più imbarazzanti di questa Terra.
Eccovi qualche esempio;
1. La Nonna Sprint
Sei giovane, atletica e piena di vitalità? Buon per te.Nonostante ciò, non riuscirai mai a seguire i corsi di Step senza sudare; lei sì.L’ottantenne raggrinzita, sempre vestita con tutine fluo e fascette per capelli più che discutibili, non ha eguali. Passa le giornate tra i corsi di Acquagym, Gag e Step, ha più muscoli e resistenza di quanta ne avrai mai tu nella vita ed è agguerrita come una tartaruga ninja. Non sfidarla.2. Il Body Builder
Gigantesco essere delle dimensioni di tre armadi, è vanitoso come un pavone; gira per la palestra a testa alta, sfoggiando i suoi muscoli scolpiti sotto una canottierina striminzita (che starebbe piccola anche a mia cugina di dodici anni) e provandoci con tutte le fanciulle presenti.
3. L’Instagram Addict
Selfie pre-allenamento, selfie durante l’allenamento, video degli esercizi che fa e foto della bibita energetica che sta bevendo per recuperare sali minerali, selfie post-allenamento.
Insomma, alla fine ha allenato più il suo smartphone che se stessa.
4. I Fashion Victims
Un/una “fashion victim”, uomo o donna che sia, non va in palestra per allenarsi, ma per sfoggiare tutti i propri outfit sportivi! Immancabile il nuovo modello di scarpe da corsa Nike, abbinato a un meraviglioso completo sportivo che sarà costato più dell’abbonamento alla palestra.
5. Le Chiacchierone
Solitamente in coppia, le chiacchierone passano qualche ora sul tapis roulant a raccontarsi le proprie giornate, a parlare di cos’hanno mangiato a pranzo, del loro ultimo e meraviglioso acquisto, della laurea dei propri figli e del colore delle nuove tende della stanza d’ospizio delle proprie trisavole.
Beh, comunque nel frattempo si fanno un’ora e passa di camminata, no?
Certo, se tra una chiacchiera e l’altra si ricordano di accendere il tapis roulant.
6. La MILF
Impossibile capire la sua età, ha più silicone che sangue in corpo e un’abbronzatura da lampada sempre impeccabile. Viene tanto sfottuta per la sua paura di invecchiare, ma mentre tu riesci a malapena a fare una o due serie di addominali da 50 tre volte a settimana, lei solleva 70kg di pesi e fa Crossfit tutti i giorni.
7. L’Ossessiva Compulsiva dell’Igiene
Salviettine e spray igienizzante sono sempre con lei ovunque vada, figuriamoci in palestra, con tutti quei germi e quella puzza di sudore. Prima di sdraiarsi sul materassino per fare gli addominali, passa almeno dieci minuti a pulirlo. Vediamola così: brucia il doppio delle calorie che brucerebbe se non lo facesse.
8. Le Banshee
Per chi non lo sapesse, una Banshee è uno spirito leggendario che urla in maniera assordante; le “Banshee da palestra” sono invece quei personaggi che mentre alzano i pesi cacciano urla incredibili, come se alzassero un tir per braccio.
Il problema è che lo fanno anche gli stecchini che sollevano 2 kg.
Insomma, non andate mai nella zona pesi senza tappi per le orecchie.
9. Le Top Model
Arrivi in spogliatoio e vedi questo gruppetto di ragazzine che si stanno mettendo tutte in tiro; spazzola, fon, piastra, mascara, fondotinta e rossetto. “Staranno uscendo”, pensi tu.
E invece no: truccate e tirate a lucido, si infilano un reggiseno sportivo e degli shorts push-up e sono pronte ad “allenarsi”.
10. La Pera Cotta
Aria disorientata, magliettona del pigiama, capelli legati a caso e faccia struccata (in caso fosse una femmina) e rossa per il caldo. Forse è l’unico tipo da palestra che ha capito il vero senso di quel posto, ma è comunque poco abituato allo sforzo e di sicuro non è felice di essere lì.
Tra questi rientro anche io, tra parentesi.
Insomma, la palestra è un carnevale di gente di ogni tipologia, in quale rientrate voi?
E se non vi siete identificati in nessuno di questi “stereotipi”, come vi definireste?
Fatemi sapere!
LouB
P.S.
Mi chiamo Ludovica, ho diciott’anni e sono un’eclettica fanciulla che non è ancora riuscita a etichettarsi in alcun modo (non per niente la mia rubrica qui si chiama “What the Fuck”); ho anche un mio blog, www.belou.wtf, quindi se volete anche farvi un’idea più chiara degli argomenti di cui di solito tratto, passare a dare un’occhiata!