EXCLUSIVE: YOUNGER AND BETTER

di Federico Ledda
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Dal sound trascinante e puramente elettronico, la band milanese Younger And Better si sta facendo conoscere attraverso un intensivo tour che per tutta l’estate li ha portati in giro per l’Italia. Li abbiamo incontrati e ci hanno fatto sentire in anteprima il loro primo disco in uscita a ottobre…

Parlatemi del vostro nome. Che cosa è Younger and Better?
Il nostro nome è ispirato direttamente da una canzone dei 65daysofstatic, chiamata appunto ”When we were younger and better”. E siccome l’età media del gruppo è di 24 anni ci sentiamo ancora liberi di non essere a disagio a portarlo. Un giorno, tra un po’ di anni, potremo buttarla sull’ironia.

Avete appena finito un tour di venti date senza aver ancora rilasciato un album vero e proprio ma solo degli EP, come ha reagito il pubblico?
Molto bene. Siamo assolutamente soddisfatti. Era importante per noi testare i nuovi brani direttamente sul palco. Abbiamo portato in giro solamente pezzi tratti dal nuovo disco e il pubblico ha risposto alla grande.
E’ sempre stimolante portare dei lavori inediti davanti a qualcuno, è importantissimo vedere le reazioni di chi ti ascolta e paragonarle a quelle che ti aspettavi tu.

Come definireste il vostro sound?
E’ sicuramente il risultato naturale di una serie di input che ci sono arrivati durante il periodo di transizione dall’uscita di “Take Care EP” e l’inizio della nuova fase di scrittura.
C’è molta più elettronica, abbiamo inserito percussioni e loop di chitarra. Non c’è un modo per definire e racchiudere il genere che vuole essere questo disco, se volesse esserne solamente uno. L’unica cosa da fare è venire ad ascoltarlo dal vivo prima ancora di sentirlo su Spotify.

Chi vi ha ispirato?
Una serie di fattori ci hanno portato a voler fare ancora qualcosa di diverso rispetto al suono concreto che avevamo trovato per “Take Care EP”.
Abbiamo sentito il bisogno di risputare fuori tutto quello che abbiamo immagazzinato negli ultimi due anni.
Quindi persone, situazioni, luoghi.

Siamo molto soddisfatti perchè pensiamo che questo disco sia la perfetta sintesi del nostro pensiero. Del modo di vedere la musica, di farla.

Se ci sono delle band dalle quali abbiamo preso di più per questo sound non possiamo che fare il nome di Battles ed Errors.

A ottobre uscirà il vostro album, come vi state preparando?
Suonando. Suonando tanto, e modificato il live set di data in data. Abbiamo come obiettivo quello di arrivare ad ottobre con un live set perfetto, e poter portare in giro uno show di qualità.

Descrivete l’album utilizzando un solo termine e spiegatemi il motivo.
Colori. E’ un album pieno di colori. Colori caldi. Ce ne sono tantissimi, dall’utilizzo di determinati synth al suono dei loop di chitarra. E questo sul palco si avverte. Lo avvertiamo noi, lo avverte chi ci ascolta.

BIG BANG FESTIVAL: A CHAT WITH GAZZELLE

di Federico Ledda

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Un’artista che mi piace particolarmente ascoltare durante questo periodo di pausa è sicuramente Gazzelle. Cantautore romano che mi ha interessato per il suo sound fresco e per la scelta di non rivelare la sua identità a inizio carriera. Risale infatti a poco prima dell’estate la scelta di esporsi anche a livello ”visivo”.
Anche lui, come altri grandi artisti quali Mudimbi, Lo Stato Sociale e Canova, Gazzelle faceva parte degli artisti presenti al Big Bang Festival di Nerviano. Manifestazione gratuita dalla grande line up alle porte di Milano giunto ormai alla quinta edizione. Tra una birra e un live abbiamo scambiato due chiacchiere con l’artista che ci ha raccontato come ci si sente ad essere uscito allo scoperto…

E’ uscito a marzo Superbattito, il tuo primo disco. Come sta reagendo il pubblico?
Una bomba! Sto facendo un tour molto intenso, le date sono super, il pubblico è sempre caldo. Sta andando meglio di ogni mia aspettativa.

Da cosa è stata dettata la scelta di nascondere l’identità agli inizi della tua carriera?
In generale per il semplice fatto che non mi piace tanto apparire. Non in modo estremo, non mi voglio nascondere…Non so come cazzo dirlo, voglio che escano prima le canzoni. Voglio stare un passo indietro rispetto alla mia musica, specialmente nella fase iniziale, in cui me lo potevo permettere.

Come sta evolvendo la cosa, adesso che comunque ti si vede per forza?
Beh infatti, ai live mi si vede…Ma mi si vede di più rispetto prima. Ovviamente sui social, non farò mai i selfie in bagno o cose del genere. Spero solo che andrà bene, sempre così, a duemila. Adesso stanno anche uscendo delle canzoni nuove. Sono molto felice.

Qual è la canzone che più ti piace suonare live?
Non sei tu.

Perché?
E’ la più vecchia che c’è nel disco, l’ho scritta circa tre anni fa. Ci sono molto legato. Le voglio bene.

L’estate sta finendo, così come le tue date esiste, cosa ci sarà dopo?
Ancora date. Andremo avanti tutto l’inverno a suonare. Non so cosa ci sarà dopo, per il momento mi sto focalizzando a spaccare durante le date. Il resto si vedrà.

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BIG BANG FESTIVAL: A CHAT WITH CANOVA

di Federico Ledda

La musica italiana sta vivendo un bel periodo. Finalmente si è incominciato ad apprezzare la musica indie a livello mainstream: la suonano le radio, la gente l’ascolta , va a sentirla dal vivo e sempre più festival, nascono con l’idea di portare sul palco freschezza. Così come ha fatto lo scorso giugno il BIG BANG Festival. Manifestazione gratuita alle porte di Milano, con una line up più che indie. Tra questi Lo Stato Sociale, Gazzelle e i Canova. Band milanese che sta conquistando un pubblico sempre più vasto grazie alla qualità dei loro live che, infatti, li sta facendo viaggiare da nord a sud nei festival più importanti. È uscito Avete Ragione Tutti, il loro primo disco e noi li abbiamo incontrati dopo il loro live, su un divano gigante dietro il palco del Big Bang. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Siete appena scesi dal palco: com’è andata là sopra?
Pazzesco, la gente era tanta e interagiva. Io ho pure un po’ di febbre oggi, però vaffanculo.

Questa estate è veramente fortunata per voi. Come state gestendo questo exploit?
Se stessimo a casa tutti i giorni, la vedremmo in maniera più lucida. Essendo in tournée da mesi, ci concentriamo sui live…Il resto è un contorno.

Parlando del vostro album, qual è la canzone di cui andate più fieri?
Avendo all’attivo un solo disco di nove tracce, più Threesome che è uscita due mesi fa, è impossibile scegliere. Le consideriamo come un insieme, si completano.

Com’è nata la copertina del disco? 
E’ stato un caso…Volevamo che avesse un appeal pop, che venisse capita dalla gente. Abbiamo quindi cercato in base a dei tag alcune foto su Instagram selezionandone una cinquantina che ci piacevano, scattate da comuni utenti dell’app. Alla fine abbiamo scelto la foto che poi è diventata la copertina dell’album. L’immagine, fatta da una ragazza, fa parte di una serie di sei foto.

E le altre come sono?
Sono sempre queste due ragazze nude…In diverse posizioni, diciamo. La cosa ci è stata utile perché le abbiamo utilizzate per tutto il resto: foto promozionali, tour etc…

Com’è andata la cosa? Le avete scritto su Instagram?
Sì, le abbiamo un messaggio privato dicendo: ”ciao, complimenti (ride, ndr.) per le foto, ci sentiamo?” e lei non capiva ovviamente e mi fa: ”ma per cosa?” così ci siamo visti e le ho spiegato la nostra idea.

E non è successo altro?Eh no…Solo le fotografie (ride, ndr.).

Anche la stampa ha parlato e sta parlando bene di voi. Che effetto vi fa?
Guarda, di base non ce ne frega un cazzo. Nel senso che qualunque sia l’opinione, il nostro approccio alla musica non cambia. Appunto per questo il disco si intitola ”avete ragione tutti”.

Come si formano i Canova?
Boh, non mi ricordo. Sai, se fossimo una coppia, saremmo una di quelle coppie che si sono innamorate alle elementari e mai si sono lasciate. Ci conosciamo da sempre e siamo sempre stati noi, non siamo stati i ricambi di qualcuno. Noi. Siamo una banda più che una band. Fratelli.

Come avete unito i vari background della band per creare il vostro sound?
Non sono poi così diversi. Essendo cresciuti insieme abbiamo tutti gli stessi gusti. Ci definiamo vecchi dentro. Non siamo tipi da dj set ma da vinili e birre. Ascoltiamo Battisti e i Beatles come se fossero adesso in radio, in nostro background è proprio questo.

Qual è il vostro obiettivo?
Aspiriamo a una carriera tipo quella di Brunori Sas. Lui è partito dal niente ed è diventato quello che è oggi grazie all’affetto del pubblico e alle sue canzoni. E’ quello che vorremmo succedesse a noi.

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BLACK ANGELS AND DARK SOULS

di Federico Ledda

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Non conoscevo i Black Angels molto bene, anzi, non li conoscevo proprio. Fino a quando, un paio di mesi fa, spulciando per bene il mio Spotify ho scoperto il loro singolo Currency. È stato amore a prima vista.

La band di Austin, Texas mi ha colpito per il loro stile realmente psichedelico, non wannabe come funziona oggi. Sembra quasi di ascoltare le produzioni di una band di metà degli anni 70, quelle che sei convinto abbiano suonato a Woodstock. Non a caso, infatti, la band ha come riferimento iconiche band come Doors o Velvet Undeground, da dove appunto, prende spunto il nome della band.  

Reduci da due date-trionfo in Italia, abbiamo incontrato Christian Bland e i Black Angels per chiacchierare del loro nuovo disco “Death Song” e di quanto la morte influisca nei loro lavori.


Come descrivereste il vostro ultimo album? Quale è stata l’ispirazione?
E’ un istruzione manuale alla vita e alle sue insidie. L’ispirazione è semplicemente stata la vita.
 
Quali sono le differenze dal vostro precedente lavoro Indigo Meadown?
Death Song ha avuto un processo creativo più lungo. Le canzoni sono maturate e sbocciate con il tempo. Indigo Meadown è stato un album più impulsivo.

 

Currency, il vostro nuovo singolo, ha un sound quasi infausto. Riflette il modo in cui vi sentite adesso?
Assolutamente. 
Siete in tour. Com’è essere tornati on the road?
Indescrivibile. Amiamo suonare dal vivo.

Quale canzone di Death Song è la vostra preferita? Perché?
Cambia in base al nostro umore. Adesso è Grab As Much (As You Can). Il groove che ha il basso di Alex in quel pezzo è da brividi.
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