Pictures by h7o7films (Hadi Moussally & Olivier Pagny)
di Federico Ledda pictures by Alessandro Levati
La moda può essere eco sostenibile? E’ questa la domanda che si è posto Guido Dolci, fondatore della Green Fashion Week, la prima settimana della moda che strizza l’occhio all’ambiente. Giunta alla quinta edizione, avvenuta tra la California e il Nevada lo scorso aprile, la settimana della moda ha visto sfilare brand emergenti e non, che utilizzano esclusivamente materiali e tessuti che non danneggiano il nostro ambiente perché come diceva un antico detto indiano: ”Questa terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”.
Beverly Hills, Death Valley Junction e Las Vegas sono state le suggestive location scelte per questa edizione. I fortunati ospiti sono stati a vero e proprio contatto con la natura grazie a location mozza fiato come la distesa di sale in Nevada, il deserto della California o, il parco nazionale della Death Valley. Il tutto condito dalle presentazioni delle nuove collezioni degli stilisti partecipanti.
Il team di The Eyes Fashion ha seguito l’iniziativa e ha catturato alcuni momenti dei backstage delle sfilate e degli shooting. La Green Fashion Week è in costante sviluppo, per rimanere sempre aggiornati visitate: www.greenfashionweek.org
More to come.
Il mese di aprile è stato per noi un momento importante. L’abbiamo speso tutto alla conquista della West Coast. Tanti gli impegni e tanti i contenuti sviluppati per voi, il primo di cui vi parliamo, è la serie MADE IN AMERICA. Durante le prossime settimane vi presenteremo la nostra visione degli Stati Uniti, attraverso scatti di alcuni dei personaggi che più ci hanno fatto innamorare di questo paese.
La coverstory è dedicata a Sarah Duque Lovisoni, femme fatale che ha fatto innamorare tre paesi interi. Il Venezuela, che è quello da dove proviene, l’Italia che è quello dove ha mosso i primi passi e appunto l’America, dove ha trovato la stabilità. Quello che mi ha colpito di Sarah è stata la sua voglia costante di rinnovarsi, senza limitarsi mai. Infatti la sua carriera partita in Italia come modella/showgirl, l’ha portata oggi a Los Angeles, dove è diventata interior designer, fondando la compagnia SDL Design.
L’uragano Sarah è unstoppable e continua a macinare idee diverse nella testa. Le abbiamo chiesto in quale zona volesse portarci per scattare, ha scelto la spiaggia di Venice Beach, il quartiere Bohémien di Los Angeles.
To know Her better: Instagram – @Sarahduquel, @sdldesign_us
di Federico Ledda
È da tempo ormai che il mondo dell’hip hop è bombardato dalla musica trap. Dagli Stati Uniti all’Italia, da Travi$ Scott a Sfera Ebbasta, sono sempre di più gli artisti che emergono grazie a questa nuova contaminazione dell’hip hop. Sia chiaro, nuova per l’Italia, “normale” ormai per gli States. Lo sa bene Laïoung, il “personaggino” che trovate sulla copertina di The Eyes Fashion. Classe 1992, nato a Bruxelles da mamma sierraleonese e papà pugliese, Giuseppe Bockaire Consoli questo il vero nome, sta davvero facendo parlare di sé. Partiamo dall’inizio.
Fammi un esempio
Pictures by: h7o7Films (Hadi Moussally & Olivier Pagny). For more: www.h7o7Films.com & www.HadiMoussally.com
Dalla foto storica ritraente Steve Jobs utilizzata perfino da Apple, al poster di Kill Bill, siamo tutti familiari con i lavori di Albert Watson. Fotografo scozzese che dalla fine degli anni 70 ha creato vere e proprie opere d’arte che hanno rivoluzionato il mondo della fotografia per sempre. Alfred Hitchcock, Queen Elizabeth, 2Pac, Jay Z, Kate Moss, David Bowie, sono solo alcuni dei personaggi con cui Watson ha collaborato nel corso degli anni. Quello che rende la sua fotografia così riconoscibile, è il tratto essenziale, semplice, con il quale ritrae tutti i suoi soggetti.
Siamo stati al Museo della Permanente dove Watson stava lavorando alla preparazione della preview di KAOS, la sua mostra che sarà presentata poi al Palais De Tokyo di Parigi. Estremo perfezionista, il fotografo ha personalmente curato ogni singolo dettaglio della mostra. Dalle musiche (alcune dalla serie Gomorra, ndr.) alla disposizione delle opere.
Come mai decidere di fare una preview a Milano di una mostra che sarà invece a Parigi?
Sì, la mostra completa sarà a Parigi, ma tornerà poi a Milano e aprirà al pubblico. Adesso ci sono solo 40 opere ma al suo ritorno saranno 300.
In quale modo hai deciso le 300 stampe e le 40 per la preview?
Ho cominciato da una selezione di 1000 immagini. Organizzandole in gruppi sono riuscito a eliminarne 100 e poi altre 100. Da quelle 800 la scelta è stata dura ma con calma sono arrivato a 300. Una volta selezionate, per esserne certo ho controllato ancora quelle eliminate. Sceglierne poi 40 per la preview è stato estremamente istintivo
Da dove deriva il titolo Kaos?
Rappresenta semplicemente la frenesia che ha avuto un periodo della mia vita. Mi trovavo alla Couture Week di Parigi e un momento dopo al Cairo per scattare i pezzi di Tutankhamon. In Scozia a fotografare paesaggi, e poi a Hollywood a lavorare al poster di Kill Bill. Quello che fotografavo era caotico. Era moda, erano diamanti, erano paesaggi. Poteva essere tutto. Ecco da dove viene il termine. Rappresenta la mia vita.
Cosa preferisci fotografare di solito?
Se lavoro per due settimane con delle modelle, sono contento se poi devo stare in studio a scattare still life. Mi permette di staccare la mente e di concentrarmi su oggetti inanimati. Di solito cerco di alternare ogni mio lavoro in modo da avere sempre lo stesso piacere per ogni progetto.
Qual è stata la persona con cui hai lavorato, che più ti ha ispirato?
Ce ne sono state diverse. Mi è piaciuto molto lavorare con Jeff Koons. E’ intellettuale, sofisticato e divertente come un bambino. E’ davvero intelligente. Ogni volta che ho la possibilità di passare del tempo con lui, è sempre un’esperienza unica. Un’altra persona che mi è piaciuta particolarmente è stata 2Pac.
David Bowie?
Una persona estremamente premurosa e di un’intelligenza disarmante. Un grande attore. Era capace a interpretare qualsiasi personaggio davanti all’obiettivo. Ho imparato tanto da lui. Un’altra persona che mi ha colpito tanto è stata Marilyn Manson.
Come mai?
Prima di diventare cantante era un mimo. In realtà si chiama Brian, ha creato Marilyn Manson per sfuggire dal mondo reale. L’ha fatto in un modo estremo, fuori dagli schemi. Geniale.
Che cambiamenti hai notato da quando hai iniziato a lavorare come fotografo?
Adesso è tutto molto più spontaneo. In tanti hanno una macchina fotografica e tutti hanno un telefono che scatta fotografie. Mi piace tantissimo l’iPhone. Ti permette di scattare in modo semplice e immediato. Inoltre credo abbia avvicinato molte più persone alla fotografia.
Possiamo quindi dire che la fotografia è diventata mainstream?
Credo che sia ovunque. Per creare una grande fotografia hai comunque bisogno di una reale macchina fotografica e soprattutto, di saperla utilizzare. Vedo tanti fotografi improvvisati ultimamente. Lo fanno sembrare facile come guardare la tv…
E’ cambiato il tuo modo di fotografare?
Sì, ma non nel modo in cui credi. Una macchina fotografica digitale o a pellicola, non fa differenza per me. La digitale è come se fosse un auto sportiva mentre quella a pellicola è come la Rolls Royce. Sono diverse. La cosa interessante secondo me, è come sono cambiati i computer. Adesso puoi manipolare la realtà come un pittore può controllare l’olio su una tela. E’ davvero affascinante.
Pictures by: h7o7Films (Hadi Moussally & Olivier Pagny). For more: www.h7o7Films.com & www.HadiMoussally.com
Siamo stati nel backstage della sfilata Haute Couture di Julien Fournié a Parigi. Lo stilista ha presentato la prossima Primavera-Estate nello storico Oratoire Du Louvre. Sofisticata bellezza mischiata a estrema femminilità, hanno fatto dello stilista un’icona ammirata perfino da Victoria’s Secret, che spesso collabora con lo stilista per le sue sfilate.
di Federico Ledda
Si chiama Lindsey Pelas e con il suo corpo mozzafiato (tutto naturale, ci tiene a precisare, ndr.) sta facendo innamorare tutto il mondo del web. Cresciuta in una fattoria a Ruston, nel Louisiana, Lindsey ha sin da sempre il sogno di fare carriera e di trasferirsi a Los Angeles. Durante il liceo crea una bucket list con i punti: –Trasferirsi a Los Angeles, –Diventare Playmate. Finita la scuola infatti, armata di coraggio, riesce a trasferirsi a LA. Appena arrivata, quasi per caso, viene invitata a una festa nella Playboy Mansion, dove incontra il campione di poker-Instagram Star Dan Bilzerian che rimane estasiato dalla sua bellezza e decide di promuoverla come influencer. Da lì a poco ottiene una parte al fianco di Bruce Willis in Extraction e, indovinate un po’? A maggio 2014 riesce a diventare la covergirl di Playboy. Grazie a Instagram e ai Social Network in generale, Lindsey è sempre più in ascesa e sarà anche la star della seconda stagione di Famously Single, reality molto seguito negli Stati Uniti.
Com’è stato crescere in Louisiana per spostarsi poi in una realtà più grande, come quella di Los Angeles?
Crescere a Ruston è stata un’esperienza unica. Arrivare a Los Angeles con la semplicità che mi è stata insegnata dai miei genitori nel sud, mi ha veramente fatto apprezzare le piccole cose. Adoro vivere in una città così grande dove tutti pensano cose diverse. E’ un’ispirazione continua.
Puoi descrivere Los Angeles a qualcuno che non ci è mai stato? E’ davvero il posto dove i sogni si avverano?
LA è la città dei sognatori. Il clima è praticamente perfetto, il panorama è mozzafiato. Sono le persone che ci vivono però, a renderla così unica. Tutti hanno una storia diversa. Quello che li accomuna è la passione che mettono nelle cose che fanno. E’ bellissimo.
Sei mai stata in Italia?
Purtroppo no! Ma non vedo l’ora di venirci. Tutti dicono che è pazzesca.
Ti definisci un influencer?
Credo che sia inevitabile, sì.
Fai parte del cast della seconda stagione di Famously Single su E!. Come è andata?
Mi frequentavo con un ragazzo inglese. Non era una cosa stabile. Lui era nel cast della prima stagione, ed è stato contattato anche per la seconda. La produzione sapeva del nostro rapporto, che ormai era finito, e ha voluto invitare anche me. Dopo un po’ di tentennamenti, ho deciso di buttarmi. E’ stato surreale parlare dei nostri sentimenti davanti a così tante telecamere.
In che modo credi che i Social Media abbaino cambiato le nostre vite? Quanto invece, hanno cambiato la tua?
La mia l’hanno cambiata completamente! Grazie ai Social ho avuto e sto avendo tutt’ora enormi opportunità che di sicuro non mi sarebbero mai arrivate. Dalla mia vita amorosa al mio lavoro da modella, passando a quello in televisione, ci sono stati cambiamenti abissali. Non nego che ci sono lati negativi, come in ogni cosa, ovviamente. I Social sono una finestra sul mondo e se siamo abili ad usarli, possono davvero cambiarci la vita.
Com’è una tua giornata tipo?
Non esiste! Ogni giorno è diverso per me. Può essere che rimanga dodici ore nel deserto per un servizio fotografico, che giri un video musicale o che faccia riunioni tutto il giorno e che la sera vada a un evento. I’m all over the place.
So che sei molto coinvolta in progetti di beneficienza…
Negli ultimi anni, a Natale ho prestato volontariato aiutando i bambini meno fortunati. L’organizzazione che preferisco è Babes In Tonyland che si occupa tutto l’anno di raccogliere soldi per donare durante le feste natalizie giochi a bambini meno fortunati. Babes In Tonyland ha anche un’altra divisione, che si occupa di finanziare organizzazioni più piccole specializzate nel soccorso di animali indifesi.
Solitamente, nelle introduzioni delle mie interviste, cerco sempre brevemente di spiegare chi è l’intervistato. Ma veramente, chi non conosce Chef Rubio? Al secolo Gabriele Rubini, guadagna popolarità grazie al programma sullo street food Unti e Bisunti. Da lì il boom, che lo fa approdare di recente su Canale 9 con l’irriverente programma Il Ricco e Il Povero. Impegnato anche in diverse attività benefiche, quello che emerge conoscendolo di persona è il suo cuore grande. Grande quanto la sua passione per il Rugby che lo accompagna da tutta la vita. Gabriele è anche il commentatore a bordo campo durante i match del torneo Sei Nazioni, in diretta questo mese su Canale NOVE. Dove potevamo portarlo quindi, se non a fare due lanci?
Chi è Chef Rubio? Dove finisce il personaggio e, dove inizia Gabriele?
Chef Rubio è Gabriele. Si alternano. Quando c’è bisogno di sfacciataggine esce Rubio, quando invece deve emergere discrezione, ci pensa Gabriele. Adesso è diventata però una cosa abbastanza ibrida, non c’è praticamente più distinzione tra i due. Prima c’era una necessità di racconto che con la crescita è diventata appunto, meno importante.
Se dovessi descriverti con una parola?
Ossimoro. Sono fatto di contrasti.
La tua passione principale quindi? Cucina o Rugby?
La cucina è una necessità vitale. Il Rugby è uno sport che mi rimarrà dentro tutta la vita.
Ti ha segnato?
Più che segnato mi ha formato.
Sei l’inviato a bordo campo del Sei Nazioni. E’ la prima volta che ti viene affidato un simile compito?
E’ la prima volta che mi dedico totalmente a questo. E’ una bella esperienza.
Come la stai affrontando?
Di sicuro non con il dolcevita! (Siamo sul set e siamo pronti a scattare, ndr.) L’affronto tranquillamente, conoscendo buona parte dei giocatori. Anzi, con alcuni di loro c’è un grande rapporto di amicizia da anni. Quando sono a bordo campo, cerco di fare emergere il loro lato umano, non tanto quello da giocatori.
Ami viaggiare. Il tuo ultimo programma Il Ricco e il Povero è infatti, basato anche su questo. Quanto cambia la mentalità viaggiare?
Credo si nasca con l’attitudine al viaggio. Di sicuro crescendo la si affina. Sin da ragazzino ho avuto la passione di andare in giro, di scoprire posti, cultura e persone diverse da me.
Qual è la meta dove andare almeno una volta nella vita?
Nuova Zelanda, Islanda o Azzorre. Sono le migliori realtà paesaggistiche che abbia mai visto. Sicuramente la Nuova Zelanda è più completa ed è quella dove ho più ricordi. L’Islanda e le Azzorre hanno dei paesaggi che sono quasi fantascientifici dalla bellezza. E’ impossibile sceglierne solo una. Da vedere tutte e tre. Assolutamente.
Il posto dove non andare mai?
Cuba. Ci sono stato di recente. E’ un discorso molto complesso che non si riuscirebbe a riassumere in una risposta. E’ un’isola in cui qualcuno ha giocato con il popolo e lo ha reso schiavo. E lo è tutt’ora. Non incoraggerei un sistema del genere andandoci a fare il turista.
Quali sono i tuoi gusti musicali?
Vengo dal Metal, cresco in parallelo con Punk e Grunge, interessandomi poi all’hip hop e al mondo rap. Ho sempre sentito tutto. Avendo adesso amicizie che cantano in gruppi hip hop, rock, indie etc. mi viene spontaneo ascoltare ancora di più ogni genere musicale. Non mi precludo nulla. C’è tanta bella roba, ma c’è pure tanta ‘monnezza.
Dopo il torneo cosa farai?
Sicuramente tanto lavoro. Ho tanti progetti da continuare e da terminare. Non sarà un momento di riposo. Riposare è difficile quando il tuo lavoro è la tua passione.
È tempo di cambiare musica.
E’ il proposito principale di The Eyes Fashion per il nuovo anno. Siamo cresciuti. Sono cresciute le persone che credono in questo progetto, e sono cresciuti anche i lettori. Per numero ed età.
La scelta di iniziare il 2017 senza soggetti in copertina, è una decisione coraggiosa, ma voluta con determinazione. Una scelta di evoluzione.
Lo strillo “Make The Eyes Fashion great again“, fa infatti il verso al più noto slogan di campagna elettorale utilizzato dal, purtroppo, nuovo presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Gli ultimi mesi dello scorso anno non sono stati facili per il mondo intero che, oltre alla Trump-presidenza, ha visto spegnersi tante icone musicali che da sempre hanno influenzato l’espressione artistica del magazine e, più nel profondo, di tutti .
Serviva quindi una nuova rinascita: a new beginning tanto per stare in tema.
Per rendere The Eyes Fashion great again, ci impegneremo tanto, e tanti saranno i cambiamenti.
Aspettatevi tutto. Non aspettatevi niente.
Siamo stati insieme alla deejay (e nostra ex covergirl) Barbara Alesini alla data zero di ESSENZA, l’evento-esperienza che punta il coinvolgimento di tutti i sensi (dal tatto a, soprattutto, l’udito) come non li avete mai utilizzati. Ecco il nostro racconto attraverso l’ombra di Barbara.
Non siete venuti?
Non temete, ESSENZA torna presto.
(foto Alesandro Levati)
Eleganza, fashion e buona musica. E’ questo il mix perfetto creato dal duo che sta facendo impazzire e ballare tutta la nightlife milanese e non solo. Con la loro musica Sem&Stènn stanno riuscendo a trasmettere un nuovo messaggio di unità e di parità farcito con musica prodotta in modo impeccabile. Gli abbiamo conosciuti fuori dal concerto di Dua Lipa e ci hanno catturato con la loro musica!
Come nascono Sem&Stènn?
Nasciamo nel lontano 2006, conoscendoci in un blog di musica, quando praticamente uscivamo dalla scuola materna. Nel 2011 ci incontriamo (finalmente) fisicamente a Milano, dove sboccia l’amore e ci trasferiamo per studiare e lavorare. Da li a poco è emersa timidamente la voglia di fare musica insieme. Ci iscriviamo al corso di Electronic Music Production, in NABA. In occasione di una festa dell’Accademia ci troviamo per la prima volta una console davanti per fare un djset di fronte a un centinaio di persone. Non avevamo mai pensato all’idea di fare i dj, eravamo li per imparare a produrre. Pur non conoscendo il 90% dei tasti di quella macchina è andata discretamente bene e ci siamo divertiti molto. Pensavamo che, finché non avessimo pronte delle nostre produzioni, potesse essere un modo carino per condividere la nostra musica. Da li si sono presentate diverse occasioni. Poco meno di due anni fa abbiamo preso in mano la nostra tastiera midi e avevamo capito che era il momento giusto di fare la nostra musica.
Quanto la cultura pop influenza la vostra musica?
Siamo noi stessi fatti di sostanza pop. Essere pop spesso è una pessima nomea, come se si fosse cheap, banali, o meno “arte” . Molti artisti si distaccano da questo attributo, quasi inorriditi. A noi non dà fastidio, anzi. In realtà essere pop, e farlo bene, è difficile, richiede capacità di rinnovarsi, di trovare ispirazioni nuove ogni volta, di soddisfare un pubblico molto più ampio. Il pop non è tutto per noi, c’è anche dell’altro, in realtà c’è un po’ di tutto. Nel momento di produzione ci si muove d’istinto e il risultato finale non sai bene da dove venga…ma sai che l’hai fatto tu.
Il vostro duo nasce a Milano. Altre città che vi ispirano?
Abbiamo avuto la possibilità di viaggiare poco, a dire il vero. Ma sicuramente, ragionando per immaginari, direi New York – se ci fosse una macchina del tempo che ci riportasse a fine degli anni ’70, con il boom della DiscoMusic, la nascita del Vogueing e della Black Music, ancora meglio – e Parigi, per lo scenario di musica elettronica contemporaneo che ammiriamo molto.
Che musica influenza maggiormente il vostro sound?
Il nostro album celebra la nostra identità e come tale ha qualche rimando agli anni ’80, ma anche alla scena dance dei primi anni ’90 e a quella elettronica del nuovo millennio. E’ di grande ispirazione il Synth pop degli anni ’80, la musica elettronica francese e quella nord-europea di artisti come i Pet Shop Boys, Depeche Mode, Basement Jaxx, Robyn, Sebastian, MGMT, Years & Years, Daft punk e molti altri.
Partirà un tour del vostro progetto?
Siamo in fase di programmazione. Molto presto annunceremo le prime date. Nel frattempo, usciranno i remix di Baby Run e Jewels&Socks. E’ stato bello collaborare con altri produttori e sentire i nostri brani mescolarsi con nuovi sound.
Di chi è la voce ammaliante che canta insieme a Salmo nel suo ultimo singolo Don Medellín? Chi sentendo la canzone, o magari, vedendo il video non si è posto questa domanda almeno una volta? Il video, che su YouTube ha raggiunto oltre tre milioni di visualizzazioni in sole due settimane, vanta la collaborazione di un volto fresco, nuovo. Il suo nome è Rose Villain, è del 1989, di Milano e vive a New York. Abile nello scrivere si sta facendo conoscere per l’originalità dei suoi testi che insieme a degli arrangiamenti cosmici la rendono di rilevanza internazionale. Per adesso ha rilasciato due canzoni sul suo canale VEVO: ”Get The Fuck Out Of My Pool” e ”Gheisha”. The Eyes Fashion l’ha incontrata per capire meglio chi è e qual è il suo background. Per farlo però le abbiamo fatto interpretare una nuova versione di Patrick Bateman, protagonista di American Psycho, suo film preferito.
Si sa ancora poco su chi è Rose Villain. Racconta chi sei, Rose Villain è il tuo vero nome?
Il mio vero nome è Rosa ma fin da piccola mi chiamano tutti Rose, colpa di Titanic. Villain invece viene dal nome di una cover band punk che avevo a Los Angeles, The Villains e, alla Ramones, avevo assegnato a tutti il cognome.
Sei di Milano ma vivi a New York, come ci sei arrivata?
Appena dopo il liceo mi sono iscritta al conservatorio di musica di LA. Poi, dopo qualche anno, ho fatto studi di teatro e musical a Broadway e mi sono innamorata di NY, dove vivo da sette anni.
Quali sono le differenze più grandi tra l’Italia e l’America? So che è sbagliato chiedertelo, ma dove ti senti a casa?
Mi sento a casa a NYC. Sono cresciuta a Milano ma le vere esperienze le ho fatte lì: casa da sola, lavoro, musica, amore… l’italia è un gioiellino tra cibo, natura e città, davvero unica. New York, che è molto diversa dal resto dell’America, è un centro pulsante di ambizione, energia e passione. In Italia manca un po’ la morsa ma in America manca un po’ la cultura.
Come è iniziata la tua carriera? Che tipo di collaborazione c’è con Machete?
Sono un paio d’anni che scrivo pezzi con producer americani ma, finché non ho incontrato a Manhattan l’italianissimo Sixpm, il mio producer, non ho trovato il mio suono. Lui ha veramente capito chi sono, cosa voglio trasmettere e ha trasformato le mie idee in musica. Infatti mi ci sono fidanzata. Tramite lui ho iniziato a registrare alcuni pezzi negli studi Machete ed è nata una bella sinergia: in Italia mi rappresentano loro.
Ti sei fatta conoscere dal mondo rilasciando “Get the fuck out of my pool”, “Geisha”, e ora la collaborazione “Don Medellín” con Salmo. Qual è il processo di nascita di una tua canzone?
Inizio sempre da un concept, un titolo che spesso è suscitato da sogni, immaginari, film e libri. Mi piacciono il pulp e l’horror, il kitsch e l’eleganza, e ogni pezzo deve essere bilanciato alla perfezione come una ricetta.
Qual è la risposta che sta dando il pubblico alla tua musica? Da dove arriva il maggiore supporto?
Beh, devo dire che ho l’approvazione di molti. Sono molto felice che si sia capito che voglio fare qualcosa di grande ed eventualmente portare in italia una ventata di internazionalità. Su Spotify i maggiori ascolti arrivano dagli USA, da Hong Kong e dal Brasile.
Hai di recente dichiarato di avere firmato un contratto con Universal Europa, what’s next?
Eh, adesso inizio a farmela sotto. Lavoreremo un paio di singoli, probabilmente GTFOOMP per primo e verrà spinto in tutta Europa. Germania, Francia, UK si alleano per la terza guerra “musicale”.
Cosa significa per te essere la covergirl del mese di dicembre di The Eyes Fashion?
È la mia prima copertina, quindi The Eyes Fashion rimarrà nel mio cuore e se faccio il botto vero rimarrà nella storia!
Ieri sera a Milano si è svolto uno dei concerti più attesi di tutta la stagione: quello dei vent’anni di carriera dei Placebo.
Live celebrativo per festeggiare ”il loro compleanno” come Brian Molko e soci hanno definito più volte durante la serata, è stato uno show con la quale il titolo del loro ultimo disco, un best of, si sposa benissimo: ”A Place For Us To Dream”, e così è stato.
Lo show è durato oltre due ore, e la scaletta è stata un viaggio che ha fatto sognare i numerosi fan. La setlist, iniziata con ”Pure Morning” e finita con la cover di Kate Bush ”Running Up That Hill”, ha anche saputo sorprendere con canzoni come ”Space Monkey” e ”Without You I’m Nothing” che la band non eseguiva dal vivo da tempo, ma c’è stato tempo anche per le loro hit più famose come ”Special K” e ”Bitter End”.
Il concerto è stato uno show fatto bene, quasi impeccabile, come non se ne vedevano da tempo. Si vede che la band non ha perso la passione, così come non la hanno persa i fan che hanno cantato dalla prima all’ultima parola.
La promessa di Molko è stata quella di tornare con il prossimo tour, noi ci speriamo.
di Giorgio Zampollo (from YMW.com)
Malpensa Terminal 2, sto andando a Londra e il mio aereo è in ritardo, per fortuna ho il mio portatile a portata di mano e posso ripensare e riascoltare quello che ci siamo detti io e Tommaso dei Thegiornalisti qualche giorno fa. Il gruppo mi piace molto e il nuovo album “Completamente Sold Out” è un disco prodotto con metodo e che non ha una canzone fuori posto. Ogni canzone è al centro del progetto, c’è un’unità compositiva e di concetto che lo rendono veramente credibile.
Sapete cosa funziona dei Thegiornalisti? La capacità di superare gli stereotipi, la totale accettazione della parola “Pop” e la semplicità con cui rendono fruibili le loro canzoni.
L’album è un concentrato di idee, espresse volutamente nel modo più diretto e semplice possibile, Tommaso in questo album si spoglia di tutte le metafore, non usa inutili parole che aiutino ad esprimere un concetto; usa solo le più dirette, quelle strettamente necessarie. Il disco sarà seguito da un Tour che toccherà le principali città italiane: il 17 Novembre Milano all’Alcatraz, data che si preannuncia piena di emozioni dato l’amore che i milanesi mostrano verso il gruppo romano, e continuerà a Torino, Bologna, Firenze, Pozzuoli e Roma.
La mia introduzione è un’apertura per avvicinarmi al format di The Eyes Fashion, in questo caso sono ospite e cerco di trasportare e rendere accessibile la passione che mettiamo su YMW in ogni intervista.
Le collaborazioni Young Music Writers e The Eyes Fashion non iniziano in questa sede e non finiranno qui, per cui, senza perderci in troppi proclami auto celebrativi incominciamo con le domande e con le risposte
Il disco è bello, è centrato ed ha una sua forma sia estetica che contenutistica che reputo forte
Grazie, partiamo bene, mi fa veramente piacere.
Vorrei parlare dei momenti che hanno caratterizzato il disco, delle sensazioni che ti hanno accompagnato durante la creazione di questi brani: La prima caratteristica che mi viene in mente è che il disco è notturno, solare nei contenuti ma notturno nella stesura, arrivi a casa e cosa racconti?
Il disco è molto notturno hai ragione, ci sono momenti in cui mi emoziono molto, sono un sentimentale, mi capita di piangere anche al cinema per una commedia, ho la lacrima facile. Avendo la valvola un po’ spanata delle sensazioni spesso godo molto da un lato ma dall’altro soffro, soffro fisicamente molto. Questa cosa cerco di tradurla in canzoni, ma parte tutto da una gioia incontrollata.
Ti parte dalla pancia?
In realtà è un brivido di tutto il corpo, dalle gambe alla pancia. Sono sensazioni naturali che vengono scritte.
È possibile che questo essere così spontanei nelle canzoni intercetti delle persone che si rivedono molto in quello che fai, dall’andare in giro di notte al vedere il mondo in un’altra prospettiva. La notte, scusami l’ossimoro, ti illumina le risposte?
Certo, è così in più il discorso è legato alle persone: ci sono delle persone che hanno un potere su di me incredibile, passo dallo stare male a non avere nessun problema, mi passa tutto, tutto. Nessuna ansia, nessun mal di testa, mi viene voglia di uscire e di andare a scoprire qualcosa.
Vasco (Rossi) lo sento tanto nel disco, mi sbaglio? Correggimi se sbaglio, la batteria di “Guarda dove vai” in Disperato, c’è altro?
Questo ti dico la verità non lo so, però Vasco c’è senza dubbio, abbiamo messo la tromba di Giocala, la citazione è completa, è letterale proprio.
Il rapporto con ragazzi di altre regioni e dagli stili di vita differenti ti aiuta? Ti “vedo” molto romano come appartenenza artistica. Ti senti parte di un gruppo di artisti provenienti dalla tua città?
Non lo so, la magia si crea quando incontro persone che hanno abitudini diverse dalla mia. Con le persone romane ho meno possibilità di creare qualcosa di magico attraverso dei dialoghi, siamo molto “settati”; invece quando sono a Milano loro sono attratti da me e dal mio accento, e io lo stesso, si crea un vortice di energia. È un momento veramente bello.
La scrittura ti aiuta a mettere giù queste sensazioni?
La scrittura è l’unica cosa che conta in questo senso.
Con Matteo (“C-loop Cantaluppi” ndr.) che rapporto avete? È un rapporto artista produttore o c’è qualcosa di più?
Con Matteo abbiamo un rapporto che purtroppo sta andando oltre l’artistico, e questo non è sempre un bene, ci siamo trovati talmente bene e ci emozioniamo troppo insieme, non lo vedo come una figura distaccata. Abbiamo una stima reciproca ed un feeling incredibile.
Dal punto di vista artistico avete delegato molto a lui?
Abbiamo lavorato di squadra, lui io e Marco il chitarrista, abbiamo lavorato molto.
La sintesi è forse uno dei punti cardini di tutto quello che hai scritto in ”Completamente Sold Out”. Non è così?
È così, una delle mie canzoni preferite proprio a livello di testi è “Fatto di Te” perché è proprio questo. “Sto bene solo quando faccio sport, sto bene solo quando è sabato, sto bene solo quando arrivi tu, sto male solo quando te ne vai tu“, è Prima Elementare ma è giornalismo puro. La prosa più diretta, nessuna secondaria. Magari non potrò fare tutti i dischi così anche perché davvero rischi di distruggerti, ma per scrivere questo disco ho cercato di spingermi oltre anche con le sensazioni. ”Fuoricampo” (il disco precedente ndr.) era più armonioso, meno dionisiaco. Se fuoricampo è apollineo, il nuovo è dionisiaco.
Grazie Tommaso.
Grazie a te. Grazie di non avermi chiesto di spiegarti le canzoni, se te le spiego poi la gente non ci può più volare.
di Federico Ledda
Si è concluso ieri sera il tour Europeo dell’inglese DUA LIPA.
Si è concluso a Milano al Tunnel, registrando il 9 sold out di 12 show.
L’HOTTER THAN HELL TOUR è proprio come si preannuncia: hot.
La cantante, seppur non con un vasto repertorio ha saputo appassionare e ammaliare il suo pubblico, accorso numeroso. Aiutata dal pre rec (cori della sua voce pre registrati) Dua ha comunque regalato una performance tecnicamente impeccabile.
La scaletta ha ripercorso tutto il suo primo anno di successi, da Be The One all’ultima Blow Your Mind (Mwuah).
Visto tanto trasporto dai fan, Dua ha fatto la promessa di tornare presto in Italia. Magari in una venue più capiente?