#STAYLILLY – VOLARE SEMPRE, NON FARCELA MAI

di Liliana Riva
Picture taken by #StayLilly

Bentornati amici!

Nella scorsa puntata avevo accennato al fatto che avrei ricominciato a scrivere ad Aprile…e lo so lo so che è Maggio e sono in ritardo e vi vedo tutti lì con quei ditini puntati stile santa inquisizione MA avevo anche detto che avrei scritto quando e se il sole fosse rispuntato in quel di Londra (consecutio temporis giusta si?). Ecco, siccome il sole non si è visto fino a 10 giorni fa mi sento di essere nel giusto amici quindi ritirate le vostre J’ACCUSE e ci si vede ad una puntata di quarto grado un’altra volta.

Facendo un rapido recap del mio ultimo anno mi sono resa conto di aver preso un botto di voli e li ho anche contati (ho finito gli esami pensate quante infinite opzioni ho per perdere tempo). Non vi dirò quanti sono perché ovviamente non me lo ricordo e figuriamoci se mi rimetto a contarli. Chi sono la cantante con la erre moscia della sigla di ‘’Paso Adelante’’? NO.

Quindi ho deciso di parlarvi oggi di *rullo di tamburi*: IL DISAGIO DA AEREO.

Airport Business Travel, Young Woman Checking Phone, Copy Space

Vivendo a Londra sono nell’ eterno stato sociale da piccola fiammiferaia super povera come ben sapete, e quindi il mio pane quotidiano sono i voli Ryanair a/r a 30£ in giorni a caso e in aeroporti che atterrare a Malta è quasi più comodo.

Partiamo dalla premessa che io non giudico nessuno (AHAHAHAHAHAH) però davvero raga facciamocela a farcela che prendere un aereo non è come scalare il monte Everest.

Ma andiamo per gradi perché il disagio lo si percepisce appena varchi le porte scorrevoli dell’aeroporto.

STEP 1: Il controllo di sicurezza per il bagaglio a mano 

Questa è la fase in cui VOI amici, dotati di un minimo di senso comune azionate il radar per individuare i dementi da evitare, cosi da garantirvi un quasi piacevole volo.

Due le categorie di persone da evitare come la peste:

  • I gruppi di scolaresche che fanno gli spacconi creando il panico tra le guardie con conseguente rallentamento della fila e conseguente giramento personale di palle + bonus maestre che più di tutte sembrano non aver mai preso un aereo in vita loro e sono lì a chiedere se la soppressata calabrese è considerata un liquido sotto i 100ml o no.
  • I vecchietti che sono un po’ come le maestre di cui sopra ma rilanciano con una raffica di domande tipo “mi scusi signore ma è sicuro che ci stiamo tutti nell’ aereo siamo tanti eh!”, “eh ma con questo tempaccio non si può mica partire”, “eh ma guardi ma quanto ci vuole qua? che noi perdiamo il volo si sbrighi con queste valige”.

STEP 2: Il gate 

Essere un’esperta di voli low-cost significa essere consapevole di due cose 1) che viaggerai solo col bagaglio a mano che per le leggi della natura sarà di dimensione di un carro armato 2) in qualsiasi ora del giorno e della notte il volo che hai scelto sarà sistematicamente TUTTO PIENO. E quindi direte voi? E QUINDI LA TUA NUOVA MISSIONE NELLA VITA SARA’ QUELLA DI ARRIVARE PRIMA AL GATE PER NON FARTI IMBARCARE I TUOI 80 KILI DI VALIGIA DA QUELLE DISSENNATRICI MEGLIO CONOSCIUTE COME HOSTESS DI VOLO.

Perché se ci perdo giornate intere a fare il Tetris nel mio bagaglio a mano mettendo anche nel sacchettino 5x5cm 8 litri di roba COL CAZZO CHE LA MIA VALIGIA FINISCE IN STIVA BITCH!!!

STEP 3: Il volo 

A parte il signore ciccione che occupa il tuo sedile, quello della tua vicina e quello delle 3 file dietro che CHIARAMENTE è seduto vicino a te, una nuova e affascinante categoria di persone allietano i miei voli ultimamente: LE FASHION BLOGGER.

Il teorema della fashion blogger secondo il mio modesto parere recita così: il livello di popolarità di una blogger è inversamente proporzionale alla capture “influencer” nella bio di Instagram. ENFATTI le influencerzzzz VERE viaggiano Alitalia con gran fighi al loro fianco e borsoni di pelle con le iniziali, non su Easyjet con speedy boarding per darsi un tono.

Le fashion blogger finte fighe invece le vedi in aereo struccate, con cappuccio in testa, occhiali da sole E felpone grigio topo preso su Asos Marketplace mentre si aggirano nell’ombra. Roba che Lupin SPOSTATEEE. Poi però quanto atterri apri i loro profili social e vedi foto di nuvole rosa, tramonti pazzeschi, oceani cristallini con un’inquadratura che TOH! non si vede la scritta Ryanair. BUSTEEEED!

Un saluto mitiche siete le mie prefe.

STEP 4: Il controllo passaporti 

Esci dall’ aereo, inizi a camminare verso l’uscita…dopo un primo momento di calma apparente ecco che quello affianco a te accelera, camminata da podista per non dare nell’occhio, trotto, galoppo, e via scatta “la corsa matta”. Spintoni, gente che cade, valige per terra, documenti volanti, bambini dispersi…il tutto perché se abiti in UK LO SAI cosa c è in fondo a quel lungo corridoio di cui non vedi mai la fine, l’incubo di tutti i viaggiatori, il CONTROLLO PASSAPORTI.

Dopo quei i 10 chilometri di fila e quelle 2 ore di vita perse è il tuo turno.

Avanzi verso il gabbiotto, il tipo ti guarda impassibile, tu cerchi di essere normale ma ti senti sotto pressione manco all’ orale di maturità, inizi a sudare freddo, ti guardi in giro nervosamente, il tuo chip del passaporto machevvelodicoaffare non funziona e bisogna digitare a mano, il tipo ti scruta con aria sospettosa, guarda la foto del documenti, ti guarda in faccia e tu sei brutta manco cristo dopo i 3 giorni del sepolcro. Nel frattempo il tempo passa e la gente ti odia, il tuo livello di stress sale a livello Britney 2007 e non sei più in grado di articolare una frase in inglese tanto che alla semplicissima domanda “perché sei qui a Londra?” la tua risposta è…………………“K, K, un’altra K e il simbolo di Batman”.

#STAYLILLY IN LONDON – IL MESE DEL LAMENTO: LE 5 COSE CHE ODIO DI LONDRA

di Liliana Riva 
foto di: Liliana's own iPhone

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Febbraio, sono finite le feste, abbiamo detto addio a pranzi e cene di 20 portate e ora via di digiuno forzato e tisane a base di terra e bacche. L’ università è ricominciata, con conseguente mal di vivere. Fortunatamente è passato anche San Valentino e le nostre home page di FB sono finalmente libere da rose multicolor pucciate nel cioccolato e pizze tuttiigusti+1 con alimenti vari che formano la scritta TI AMO. Febbraio, fa ancora freddo, qua a Londra fa un freddo che manco all’Ice bar di Stoccolma e quindi è un mese di merda. Per me in particolare è anche il mese dell’anno più atteso perché mi consente di lamentarmi su TUTTO e TUTTI avendo un discreto consenso popolare. Accogliamo sul palco cari amici il tanto atteso MESE DEL LAMENTO.

Dopo sei mesi in quel di Londra, ho potuto costatare che la vita non è tutto rosa e fiori. Non trovare mai le fette biscottate da Sainsbury’s è una delle più grandi sfide che la vita mi abbia mai sottoposto e, soprattutto, mi sono rassegnata al fatto che non troverò MAI il punto di grigio perfetto per il mio copripiumone così da avere la perfetta camera stile Pinterest. THE STRUGGLE IS REAL e ne siamo pienamente coscienti.

Ma non perdiamo altro tempo e diamo il via alla carrellata delle 5 cose che odio di Londra, così sti 3 minuti in mia compagnia passano in fretta.

  1. Il tempo

Una delle cose che odio di più di Londra è il tempo (Ma dai?). Essendo meteoropatica più di un gatto, la mia psiche risente veramente un casino del tempo londinese caratterizzato da un susseguirsi infinito di pioggerellina/leggera brezza/cielo grigio/UN raggio di sole segno dell’altissimo/bora di Trieste/apocalypse now/sereno. Il tutto in un tempo massimo di 8 minuti.

Lo stesso fa il mio umore che passa da livello “Pimpa” a livello “Izma” (vedi: le follie dell’imperatore) in 0,7 secondi netti. E direte voi: “Ma cretina perché sei andata a vivere a Londra?”. La risposta è una e una sola: TOPSHOP. (e voi allora direte “Aaaaaaahhhh” con cenno di approvazione)

  1. Le lunghe distanze

Londra non è una città, Londra è una regione. Ci sono 9 zone concentriche, le prime 2 sono considerate “centro”, il resto io lo considero al pari della terra di mezzo. Ora, vi faccio un esempio: per andare da una parte all’altra della città passando da zona 2 ovest a zona 2 est ci si mette in metro un 50 minuti tutti. Per andare in università in zona 6 (che a rigor di logica è al pari di Mordor) dal centro ci metto un’ora e un quarto. Ripeto per le file in fondo alla sala se vi è sfuggito, UN ORA E UN QUARTO.

E ok che figata la metro di Londra fatta a tubo “uuuuu so exciting”, ma io in quel tempo vado da Milano in montagna. In quelle 3 ore di a/r io vado in Spagna, dove per altro (VEDI SOPRA) c’è anche più sole.

Quindi sì, vai a vivere a Londra, ma sappi che metà del tuo tempo liberò lo passerai su un mezzo pubblico.

  1. La gente lenta

Da buona milanese imbruttita, non sopporto la gente che cammina lenta, come se fosse perennemente in passeggiata sul lungomare di Chiavari, o ad una processione di paese. Allora le cose sono due: o fratelli ci diamo le mani e diciamo il padre nostro tutti insieme, o vi dovete levare che IO ho da fare.

Che poi magari non è neanche vero, magari sto solo andando a scroccare il cappuccino da Waitrose vicino casa MA NON IMPORTA. Io ggna faccio, mi irrita nelle viscere proprio. Agire come se si dovesse perennemente salvare il mondo il milanese ce l’ha nel sangue so, “What did you expect?”

  1. Il lavandino

Nonostante sia la patria della Regina Elisabetta e dei suoi deliziosi tailleur color pastello così avant-gard, il Regno Unito si aggiudica il primo premio nella categoria “breaking Amish 2016” grazie ai suoi must-have lavandini.

Non troverete mai un lavandino come dio comanda in cui si ha il potere di passare da acqua calda ad acqua fredda contemplando tutte le sfumature di temperature possibili. No, QUA NO. Qui ci sono due lavandini distinti e staccati, uno per l’acqua fredda e uno per la calda. Le scelte quindi sono due: o ti provochi un’ustione di 18esimo grado, o vai di paralisi ibernando. Leonardo DiCaprio in ”The Revenant”, I FEEL YOU.

  1. L’ università

Cominciamo col dire che mi sono un po’ rotta le palle di studiare, ma questo lo sapevamo già da quando, a 10 anni a scuola, spacciavo permessi falsi di uscita come caramelle. Other then that, ci sono diverse cose delle università inglesi che mi irritano e che non comprendo; più di tutte, la loro disarmante abilità nel trattarti da ritardato per cose basilari e lasciarti al tuo destino per cose realmente importanti.

Mi spiego meglio: nel mio piano di studi per ogni corso serio di master, ne ho altri 3 di supporto per dementi. E la cosa si fa anche divertente perché sembra un videogioco a livelli, che so, un SuperMario Bros da 16 crediti.

Per vincere il gioco e arrivare al corso serio, devi prima superare il corso introduttivo, preceduto dal corso “come si legge una slide”, preceduto dal corso “cos’è un corso universitario”, preceduto dal corso “cos’è un’ università” … e via dicendo in un vortice senza fine.

Se poi però OSI chiedere al professore, che STELLINO ti ha SOLO assegnato un saggio di 458459 parole, indicazioni su come si fa, non otterrai nessuna risposta. Nel suo silenzio tombale misto a indifferenza, sarai pure in grado di sentire il suono del vento fare corrente nel tuo cervello.

Seguirà un post con le cose che amo di Londra, probabilmente ad Aprile. Quando ci sarà il sole e una temperatura decente o forse quando sarò abbastanza ricca da non dover più prendere la metro, quindi BOM ci riaggiorniamo nel giorno del mai.

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#STAYLILLY: Get the London look, dove tutto è cominciato

di Liliana Riva
foto di: Liliana's own iPhone

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Come anticipato nella puntata precedente, la sottoscritta ha lasciato la terra natia e gli spritz da milanese imbruttita al Radetzky per salpare alla volta del Regno Unito, patria della rivoluzione industriale di fine ‘700 e dell’earl grey tea, ma soprattutto d’illustrissime personalità dei tempi moderni quali Cara Delevingne, Vivienne Westwood e non ultimo quel grandissimo pezzo di manzo di David Beckham.

In particolare mi sono trasferita a Londra, L’ HONDON, “the big smoke” com’è notoriamente soprannominata questa fantastica città.

Come potreste intuire dal titolo, o magari no, questo terzo articolo per #theeyesfashion “da il La” ad una nuova rubrica intitolata “get the london look” in cui, di tanto in tanto, vi delizierò con racconti in diretta dalla city; perché ho sempre pensato che essere cretina fosse un talento che andava sfruttato in qualche modo. INFATTI ECCOMI QUA.

Ma andiamo al dunque darlings, perchè il topic di questo nuovo ed entusiasmante articolo sarà il seguente: Quanto acciderbolina si conciano strano in questa città?!

Bene. Partiamo dal presupposto che a Londra NON ESISTONO STILI. Mi spiego meglio; Se siete di Milano o comunque di qualsiasi città d’Italia noterete che a livello stilistico il popolo si divide in 3 grandi categorie:

Eliminando quelli che non si sanno vestire e gli zarri di Quarto Oggiaro perché vabbè non c è neanche da parlarne, quelli che vengono considerati vittime della MUOODA sono:

  1. I fashion blogger
  2. Gli hipster (risvoltino + camicia a quadri chiusa fino all’ultimo bottone + occhiali da demente)
  3. Le suore laiche (immancabile combo pantalone a zampa acqua in casa + scarpa ortopedica).

A LONDRA NO. Londra non ha uno stile. Il trend è non seguire un trend…oppure seguirli TUTTI, da cinquant’anni a questa parte, con un mix and match pazzesco.image2

Penserete voi “bhe che m****!”, e in effetti avete anche ragione MA amici, fidatevi, ci sono dei risvolti interessanti.

Parliamo di: trucco e parrucco

È mooolto molto molto frequente che in qualsiasi parte di Londra, dalla più posh alla più underground troviate donne di ogni genere ed età anagrafica dai capelli tinti con colori pazzi, ma mica un paio di ciocche rosa su un capello biondo perché (cito) “voglio fare quella avanguardista in Cattolica” MA VA.

I capelli diventano l’equivalente di una parrucca, l’influenza “My little pony” è qui e si fa sentire prepotentemente.

Vogliamo parlare della mamma in coda al super con i capelli fucsia fluo? Sei figa anche mentre compri i broccoli surgelati in offerta!

E la nonna di 80 anni con metà testa argento e metà testa arancione? Andiamo, la più giusta in town, soprattutto per halloween. image3

Oltre ai capelli ovviamente si parla anche di trucco. Avete presente quella bellezza naturale, acqua e sapone, la ragazza dalla porta accanto un po’ principessa Disney che ci piace tanto? Ecco, scordatevela.

I must have sono:

  • 10 kili di fondotinta
  • Ciglia finte che qua in UK sono come il pane proprio.
  • Countouring che Kim Kardashian spostati.
  • Illuminante catarifrangente, un faro nella notte se ti perdessi da qualche parte.

E così niente, si parte per nuove avventure, che so’ la coda in posta, la lezione in università, la spesa da “tutto 1pound”.

Per quanto riguarda il vestiario poi ce n è veramente per tutti i gusti.

Sparate un trend che andava negli ultimi anni a Milano e dintorni, QUA C’E’.

Il punkabbestia/emo degli anni 2009 che girava in colonne quando ancora le colonne erano considerate al pari del regno di mordor? CELO

La ragazza vestita da Barbie magia delle feste 1998? CELO

La pin-up anni ’50? CELO

La perfetta riproduzione di una Britney Spears che con serpente al collo canta “i’m a slave 4 you”? MA OVVIO CHE SI’

E onestamente io tutto ciò lo reputo una gran figata. Primo perché ti fa tornare alla memoria un sacco di vecchi trend che tu, schiava della moda già allora avevi rimosso dalla mente e ,secondo, perché qua c è una libertà d’espressione assurda.

Nessuno ti dirà mai che sei troppo stana, che con quei capelli sembri uscita da un Cosplay a Tokyo, o che con quel rossetto blu sembri deficiente. Ma cosa più importante: nessuno ti vieterà di andare in giro in pigiama.

CVD risvolti positivi, poi non venitemi a dire che non ve l’ avevo detto..
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EVERYBODY COMES TO MEXICO – #THEEYESFASHIONONHOLIDAY

di Liliana Riva

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Disclaimer: nessuno mi ha pagato per scrivere questo, né per citare l’agenzia, né per l’offerta che ho trovato io, né niente di niente (magari lo fosse). È semplicemente un racconto della mia esperienza e come mi sono trovata, non state ad impazzire thankyouuuuu.

Iniziamo dal principio. Io e il mio da poco ragazzo fuori di testa all’alba del 20 giugno 2015 decidiamo di andare in vacanza insieme, complice il mio imminente trasferimento a Londra e il più che imminente suo trasferimento in Svezia (bel casino, i know, ma questa cari miei è un’altra storia).

Destinazione: Messico

Bene, ovviamente nessuno si è mai fidato della sottoscritta manco per ordinare la cena al cinese sotto casa, FIGURIAMOCI prenotare una vacanza intera dall’altra parte del mondo; Ha fatto tutto lui, infatti.

Alcune info di base per i milioni di italiani che mi stanno leggendo:

Agenzia: Franco Rosso Italia, gruppo Alpitour

Pacchetto: 2500€ a testa comprensivo di volo A/R + soggiorno in un resort all inclusive 4 stelle + visto turistico. Non male direte voi, e avete ragione.

Durata: 2 settimane, 14 notti

Destinazione: Messico, Riviera maya, Playa del Carmen

*TIPS aggiuntive: MAI MAI MAI fare un volo cosi lungo stando svegli tutta la notte e ubracandovi la sera prima il tutto per evitare il jet-leg. (indovinate chi ha pensato questa genialata? Esatto, io).

Presi armi e bagagli, partiamo alla volta del nuovo continente. Il paese offre veramente tantissime opportunità: arte, cultura, archeologia, relax, panorami mozzafiato, spiagge paradisiache, escursioni, movida c’è tutto quello che potete desiderare ed è proprio per questo che l’abbiamo scelta come meta per le nostre vacanze.

Essendo un paese che affaccia sul mar dei Caraibi, potete immaginare che tipo di paesaggi vi troverete davanti: spiagge con distese di sabbia bianchissima (non vi scotterete mai i piedi: 100 punti bonus), acqua cristallina, palme ovunque, colori pazzeschi; Se siete dei social-addicted come la sottoscritta manco ve lo sto a dire come vengono le foto…perché LO SO che è questo che volevate sapere.

Le spiagge in assoluto più belle che vi lasceranno a bocca aperta sono sicuramente Playa Delfines a Cancún e Playa Paraiso (un nome una garanzia) a Tulum.


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A proposito di Tulum da vedere sono sicuramente le rovine Maya che si affacciano sul mare e il sito archeologico di Cobá che, con la sua piramide alta 42 metri, offre una vista mozzafiato sulla foresta pluviale.

NOTA BENE: se soffrite di vertigini, non è decisamente il posto per voi, si sale a piedi attraverso la scalinata maya originale quindi sgarrupata ma soprattutto ripida. Rischio infarto molto alto.

Il più famoso sito archeologico è però quello di Chichén Itzá. Dichiarato patrimonio dell’umanità UNESCO, racchiude le rovine di un’intera città maya. L’attrazione principale è sicuramente la piramide alta 55 metri ai piedi della quale, battendo le mani, si può sentire un suono simile al canto di un quetzal, uccello sacro ai Maya. (Loro sì che ne sapevano veramente un sacco).


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Ma andiamo avanti. Per la rubrica “che fantastica avventura”ci sono un sacco di attività da fare tipo snorkeling e immersioni nella barriera corallina (se siete degli appassionati è il paese dei balocchi), nuotare con animali vari (tartarughe, delfini, squali) , portare il vostro partner a schiantarsi guidare il quad, che così la buona azione l’avete fatta ,e via dicendo.

Una cosa DA FARE è il bagno nei Cenotes, “piscine” naturali formate dallo sprofondamento del suolo calcareo. Dall’esterno sembrano delle semplici aperture nel terreno colme d’acqua ma sul fondo si trova un vero e proprio mondo subacqueo fatto di gallerie che si estendono per chilometri nel sottosuolo.

È uno spettacolo veramente suggestivo se non fosse per l’acqua ovviamente fredda, il buio, simpatici pipistrelli che fanno gare di formula 1 sopra la vostra testa e l’attacco di panico dietro l’angolo (ah la claustrofobia, che cosa magica)

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Per finire, nightlife. Playa del Carmen è come essere sul molo di Jersey shore. La strana principale, l’ avenida 5, è piena zeppa di locali, ristoranti, bar, discoteche tutti accomunati da un senso dell’estetica chiaramente discutibile: luci al neon ovunque e su qualunque cosa, arredamenti che vanno oltre il kitsch, buttadentro pescivendoli ecc…però hanno molta moltissima tequila, per cui non si può rifiutare il loro gentile invito, pare brutto insomma.


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Se vuoi farti una fantastica vacanza in Messico il mio consiglio spassionato è quello di andare tramite agenzia e prenotando in un resort possibilmente, perché non è che sia il paese più sicuro al mondo da quello che ho potuto vedere e sentire. Ad esempio : se voi prendete un taxi dal vostro resort al povero cristo del tassista chiederanno nome (Pablo o Pedro il 99% delle volte), cognome, indirizzo, n. di scarpa, mq della sua casa, come si chiama suo cugino di 2 grado e probabilmente anche cosa ha mangiato a pranzo. Da notare, inoltre, le simpaticissime guardie armate fino ai denti che ad ogni posto di blocco vi faranno , senza costi aggiuntivi, una radiografia a 360°.

Come se non bastasse in molti ci ha detto che più ti addentri nel cuore del paese (zone meno turistiche) più le cose si fanno pericolose tanto che i turisti vanno in giro con la scorta. LA S-C-O-R-T-A.

Quindi direi che vagare all’avventura non è proprio una grandissima idea ma se sai dove andare non c è pericolo, i messicani sono molto amichevoli e disponibili, sono sempre a mangiare e a far caciara, un po’ come i terroni italiani (e ai miei parenti, un saluto ai mitici). Tipo che in spiaggia si piazzano in prima fila, 4 ombrelloni, 18 sedie, svariati tavolini e cibo da sfamare un esercito, Mi casa es tu casa insomma.

PITTI WHAT?

ALE_9008 di Liliana Riva
foto Alessandro Levati @ Showbit Agency 

Dal 16 al 19 giugno 2015 a Firenze si è tenuta a Fortezza da Basso l’88esima edizione del Pitti uomo. Sulla carta, la più grande manifestazione fieristica al mondo riservata alla moda maschile e ai percorsi del lifestyle contemporanei nonché la promozione del migliore “Made in Italy”. Ma se vi state chiedendo VERAMENTE che cos’è il Pitti, la risposta è la seguente: la fiera dei dandy.

ALE_0060Ogni sei mesi per quattro giorni Firenze diventa la capitale dello stile richiamando in città il popolo della moda per scoprire in esclusiva le collezioni in vendita l’anno prossimo. Dalla stazione di Santa Maria Novella è una processione di gentlemen che, non si sa per quale motivo, girano sempre in gruppi di 4/5. Sarà l’influenza delle boy band anni ‘90? Chi può dirlo, fatto sta che quando camminano spavaldi verso di te è un attimo che nella tua testa parta un “Backstreet’s back, alright!”

Una volta entrata in fiera è il caos, un tripudio di stand di ogni genere e dimensione. Impossibile vederli tutti e osservare tutte le nuove collezioni ; Tra i più particolari però sicuramente lo stand di Happiness con il suo giardino segreto a metà tra il labirinto del torneo tremaghi di Harry Potter e Alice nel paese delle meraviglie, veramente suggestivo.

La maison Scoth & Soda, con la perfetta riproduzione di oasi nel deserto tra tavole tonde e quadrate, grandi cuscini su stuoie orientali e tappeti etnici per un momento di relax; ed infine Mc2 Saint Barth porta una ventata d’ estate trasformando lo stand in un enorme cabina bianca da spiaggia, con tanto di sdraio per prendere il sole.

Ma parliamo di persone e soprattutto di vestiti che è quello che ci interessa per davvero. Nei miei due giorni di Pitti ho osservato tre categorie principali di fashion addicted:

  1. Dandy moderni. Rigorosamente in completo di colori sgargianti e/o pastello, frequentissimo il check su pantaloni o giacche che fa subito dettaglio edgy e di tendenza. Per gli uomini il nero è bandito, sia perché tu dandy moderno, vestito di strati a fine Giugno, non puoi permetterti di avere caldo e lucidarti la fronte che poi nelle foto vieni male; Sia perché, diciamocelo, col nero nessuno ti si fila.

Barba e capelli diventano un accessorio per stupire; il “face style” richiede baffi in sù alla Dalì o arricciati “ a manubrio”, barbe lunghe personalizzate con treccine, riccioli o code donando un’aria di austerità, ricercatezza ma con quel “personal touch” che non può mai mancare.

Per completare il look una cascata di gioielli; anelli, collane, bracciali in stile etnico e floreale, must haves per l’estate ed infine, il mocassino ovviamente in pendant con l’ outfit.

  1. Lo sciatto troppa moda. Oltre al classico completo delizioso, su misura, elegante e raffinato gli uomini scelgono il tipico outfit che ti confonde; pantaloni corti oversize, tunica orientaleggiante giallo senape, cappello di paglia alla Sampei , empty pocket pochette e il sandalo aperto che tuo zio Peppe usa per la passeggiata in paese a Castellammare. Tu, con un minimo di gusto e senso estetico ti poni una sola domanda: Si è vestito al buio, o è così avanguardista e troppa moda da non essere compreso da menti comuni e mortali? La risposta è: entrambi. Lo scopo del Pitti e di tutte le manifestazioni nel campo della moda, è quello di farsi notare, essere fotografati per poi ritrovarsi su blog o articoli che trattano di street style e nuove tendenze e ormai si sa, la moda non ha regole né confini.ALE_9869
  1. Indiana Jones e il tempio maledetto. Un po’ come indiana Jones che combatte i suoi nemici, l’uomo del Pitti deve far fronte ad una competizione feroce nel magico mondo del glamour e dello stile e lo fa a colpi di cinture di pelle e cappelli da esploratore. Beige, bianco, grege e verde militare sono le palette cromatiche da seguire, l’outfit è composto da camicia di lino leggera, zaino in spalla di pelle o bauletto squadrato in legno intrecciato, accessori etnici once again e immancabile gilet etnico; queste le basi per un perfetto look da esploratore della natura selvaggia.

Per quando riguarda l’atteggiamento tipico al Pitti, la cosa veramente curiosa è che chiunque tu sia e qualsiasi cosa tu faccia lì passerai una buona metà del tuo tempo seduto su una panchina, un muretto o una ringhiera in attesa che qualche fotografo o cacciatore di street style ti faccia una foto immortalando il tuo look e la posa da gnorri, guardando l’infinito con aria sognante.

 

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M COLLECTIVE STORE – MUCH, MORE, OR MINUS?

di Federico Ledda
foto Alessandro Levati

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Ha aperto in Viale Regina Giovanna (Porta Venezia) a Milano, la prima interactive experience del mondo, si chiama M COLLECTIVE STORE.

Situato nel cuore di Milano, L’M Collective, non è un semplice negozio, ma un collettivo di designers, artisti e stylist, che divisi in tre categorie, hanno dato vita a una vera e propria esperienza sensoriale che da totalmente un nuovo significato alla parola shopping. Non solo vestiti, ma un camaleontico bazar fashion che diviso in MINUS, MUCH e MORE, ti permette di fare shopping in base alle tue emozioni.
Radical, essenziale, pulita è la parte più sobria dello store, denominata MINUS. MUCH, è un’esatta via di mezzo: sofisticata, basic chic, charmant. Esagerata, pazza e swag è invece MUCH, la parte più inaspettata del collettivo, capace di fare stupire e divertire chiunque.

Totalmente multimediale e interattivo, L’M COLLECTIVE, dispone di diversi schermi touch ad alta tecnologia che permettono, avvicinando il cartellino del prodotto al monitor touch, di comunicare ed interagire con il Collettivo.
Lo schermo, infatti, restituisce una descrizione del brand, le taglie e i colori disponibili in store e il suggerimento
di abbinamenti da parte di fashion stylist e blogger che compongono lo staff.

MINUS. MUCH. MORE. Voi in quale vi identificate? Scopritelo facendo un salto da M COLLECTIVE!

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